14. Zalissa, l’unione fa la forza!

La cooperativa Languem Taaba la Tongo produce pomodori e cipolle e li fa seccare per renderli disponibili tutto l’anno.

Laguem Taaba la Tongo, in lingua mooré, significa “l’unione fa la forza” e di forza, le donne di questa cooperativa, ne hanno molta. Tra tutte le 20 imprese sostenute dal progetto Imprese sociali innovative e partecipazione dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso” cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e da Fondazione Maria Enrica, Laguem Taaba la Tongo è infatti quella che ha più sofferto. Dopo la costruzione della sede e del centro di trasformazione, grazie a un finanziamento ottenuto nell’ambito del citato progetto, un fortissimo vento ne ha scoperchiato il tetto. Ma le donne della cooperativa non si sono arrese e si sono rimboccate le maniche per poter provvedere alla riparazione.

Zalissa Kabore, la presidente, ci racconta che la cooperativa è nata da un gruppo di coltivatrici di pomodoro e cipolla, che si erano rese conto che questi prodotti, utilizzatissimi nella cucina burkinabé, subivano troppe variazioni di prezzo sul mercato. Si tratta infatti di prodotti stagionali e deperibili in poco tempo, pertanto ci sono periodi durante i quali una cassetta di pomodori costa pochissimo e altri in cui il prezzo diventa quasi inaccessibile. Per questo Zalissa e le altre socie della cooperativa hanno pensato di occuparsi dell’essiccazione dei propri ortaggi, per poterli mettere a disposizione della comunità tutto l’anno, anche “fuori stagione”.

Ecco quindi che nasce Laguem Taaba La Tongo che, come ci dice Zalissa, è potuta crescere molto grazie alle occasioni formative offerte nell’ambito del progetto, in particolare la recentissima formazione sulla qualità dei prodotti, ma anche tramite i vari incontri con gli imprenditori di successo da prendere come esempio e con gli istituti di microfinanza a cui di norma si ha paura di approcciarsi. In particolare Zalissa racconta che la lezione che più le sta servendo è stata quella su come presentare bene e vendere i propri prodotti in mezzo ai tanti concorrenti, una cosa che ha imparato anche grazie alla partecipazione alle giornate agroalimentari organizzate dal partner Fiab nel 2019.

E siccome siamo all’inizio di un nuovo anno, Zalissa ci saluta facendoci e facendosi degli auguri: che il 2021 sia un anno di pace sociale, di prosperità e di buona salute, e che Laguem Taaba La Tongo possa crescere ancora e avere molto successo, trasformando magari anche dei nuovi prodotti!

Qui di seguito alcune foto delle donne nei campi e della sede danneggiata:

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IN BURKINA FASO SUPPORTIAMO LA PRODUZIONE DI RISO

Centinaia di donne vengono seguite nella coltivazione del riso locale per aumentare la produzione con tecniche agroecologiche.

Siamo alla fine del primo anno di lavoro con le donne produttrici e trasformatrici di riso selezionate dal “Progetto per il miglioramento delle condizioni nutrizionali di donne e bambini nei distretti sanitari di Garango e Tenkodogo, Burkina Faso” cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e che vede capofila l’ONG AES-CCC (Associazione Amici dello Stato brasiliano Espirito Santo – Centro di Collaborazione Comunitaria).

In questo arco di tempo abbiamo accompagnato 100 gruppi di risicoltrici a coltivare riso di qualità locale fornendo loro sia gli strumenti di lavoro, sia momenti formativi su tecniche agroecologiche molto semplici e interessanti. Tra le tecniche proposte vi è stata quella per la produzione del compost en tas, che alterna strati di concime naturale a erbe e acceleratori naturali, per avere una produzione di riso quantitativamente più importante, ma soprattutto sana e senza il bisogno di fertilizzanti chimici di sintesi.

Inoltre abbiamo costruito i primi tre centri di trasformazione del riso per altrettanti gruppi di donne, a cui sono stati forniti materiali di lavoro e macchinari, quali la decorticatrice e la selezionatrice, utilizzati per ottenere un riso più pulito riducendo la fatica fisica.

Anche questi gruppi di donne hanno seguito un percorso di formazione, in particolare sulla legge OHADA (la legge sulle società cooperative del Burkina Faso), la contabilità e la gestione dei centri di trasformazione. Inoltre sono state accompagnate nella redazione di un piano d’affari, strumento che sarà loro utile per poter pianificare il proprio sviluppo ed eventualmente richiedere finanziamenti agli istituti di microfinanza del territorio.

L’équipe di Mani Tese si è occupata e continua a occuparsi di seguire i percorsi formativi e l’accompagnamento delle donne, ma il nostro lavoro non si ferma qui e nei prossimi due anni realizzeremo altri sette centri di trasformazione per poter rispondere alle esigenze di tutte le produttrici e faremo anche alcune sperimentazioni su una varietà di riso pluviale locale che sarebbe molto interessante per questo territorio.

Il riso ha infatti un ruolo da protagonista nella dieta burkinabé, ma per ora il fabbisogno interno della nazione dipende dalle importazioni estere, spesso di bassa qualità, ed è quindi importante valorizzare e appoggiare la produzione locale.

Due donne coinvolte nel progetto appoggiate a un macchinario in uno dei centri di trasformazione del riso costruiti da Mani Tese
Un gruppo di donne coinvolte nel progetto
Due donne hanno messo in pratica la tecnica del “compost en tas”, che alterna strati di concime naturale a erbe e acceleratori naturali

APICOLTURA E AGROSILVICULTURA: LE DUE PASSIONI DI JOSEPH

Grazie al progetto AGRI-CHANGE, che Mani Tese sta realizzando in Kenya, Joseph spera di aumentare il proprio reddito con l’apicoltura e di difendere l’ambiente con l’agrosilvicultura.

Joseph Chelimo è una delle persone che Mani Tese ha coinvolto nel progetto “Agri-change: piccole imprese grandi opportunità. Sviluppo di filiere agro-alimentari nel bacino del fiume Molo”, cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la cooperazione allo sviluppo, che ha fra gli obiettivi il rafforzamento delle capacità produttive degli apicoltori nella Contea di Baringo.

Joseph proviene dalla zona di Rabai, situata lungo la strada che porta al lago Bogoria, un’area ricca di alberi di acacia. Grazie alle piogge di questi mesi, molti alberi hanno iniziato a fiorire e a produrre abbondante nettare per le api e questa è una buona notizia per gli apicoltori della zona che sperano in una grande produzione di miele. Tuttavia, a causa dei cambiamenti climatici, le piogge sono sempre più irregolari e rendono difficile ogni previsione.

Joseph, fin da giovane, si è dedicato all’apicoltura, ma la mancanza di risorse economiche per investire ha sempre frenato lo sviluppo della sua attività. Inizialmente, infatti, possedeva sette arnie, ma per processare il miele doveva recarsi fino ad una raffineria distante molte ore di cammino dagli alberi dove le aveva installate. Mani Tese, grazie al progetto Agri-change, ha fornito a Joseph altre sette arnie e ha costruito una raffineria proprio presso la località di Rabai, che Joseph può raggiungere in brevissimo tempo riducendo drasticamente il tempo che gli è necessario per portate il miele a processare e a vendere.

La famiglia di Joseph dipende al momento solo dall’agricoltura per quel che riguarda i bisogni alimentari, ma la speranza è quella di aumentare il proprio reddito grazie all’apicoltura sia per garantire la sopravvivenza alla famiglia anche in caso di scarsi raccolti (purtroppo frequenti a causa del cambiamento climatico) sia per dedicarsi all’agrosilvicultura, l’altra grande passione di Joseph.

L’agrosilvicultura è un sistema agricolo che prevede la piantumazione di alberi associata a colture agricole e/o pascoli e, fra i tanti vantaggi che offre, ha anche quello di proteggere il suolo dall’erosione e di conseguenza migliorare la produzione agricola.

La fattoria di Joseph si trova in un’area fortemente interessata dall’erosione, in quanto situata a valle di una collina dove l’acqua va a depositarsi in seguito alle piogge, ma Joseph ha dimostrato fin da subito una grande determinazione per la conservazione dell’ambiente.

Dove possibile, infatti, ha cercato di evitare l’erosione costruendo dei terrazzamenti tradizionali. A fianco alla fattoria ha invece creato un bacino per raccogliere l’acqua che scende dalla collina e utilizzarla per piantare gli alberi.

La sfida è quella di ricavarne in quantità sufficiente per la sua fattoria poiché il fiume Perkerra, l’unica fonte d’acqua permanente della zona, è piuttosto distante. Inoltre l’area è spesso colpita dalla siccità. Joseph sta inoltre già progettando di acquistare una pompa dell’acqua e di tubi per facilitare l’irrigazione dei suoi perimetri agricoli.

Nonostante le criticità Joseph ha grandi speranze per il futuro e si augura di poter sostenere sempre più la sua famiglia grazie all’apicoltura e all’agrosilvicultura.

Joseph nella sua fattoria
Terrazzamenti tradizionali per controllare l’erosione del suolo

Mozambico: sempre più frequenti I cicloni a causa del cambiamento climatico

Fortunatamente non sono molti i danni del ciclone Eloise nelle zone dove opera Mani Tese, ma preoccupa la maggiore frequenza di questi fenomeni meteorologici.

Sabato 23 gennaio il ciclone tropicale Eloise si abbatteva sul Mozambico e in particolare sulla provincia di Sofala, a sud della Zambezia dove opera Mani Tese. 

Moltissimi i danni causati dai venti e dalle piogge che hanno distrutto case e devastato campi agricoli in una regione già in forte sofferenza.

Purtroppo non si tratta del primo ciclone che mette in ginocchio il Mozambico: a marzo 2019, infatti, il ciclone Idai si abbatteva sul Paese causando danni gravissimi e circa 1.000 morti.

Due anni fa, la Zambezia fu una delle province più colpite, mentre per fortuna questa volta solo alcune case sono state colpite nei distretti di Quelimane e Nicoadala, in cui Mani Tese è presente con il progetto “Quelimane agricola” (foto in fondo all’articolo).

Preoccupa però l’aumento di questi fenomeni atmosferici che, se una volta si ripetevano a una decina di anni di distanza l’uno dall’altro, ora avvengono con grande frequenza, come ha dichiarato ad Avvenire don Claudio Dalla Zuanna, vescovo italiano di Beira

Come fatto in passato, Mani Tese continuerà a contrastare i cambiamenti climatici in Mozambico e sarà pronta a intervenire in caso di emergenza come avvenuto nel 2019 insieme al WFP

Per approfondire sul ciclone Eloise: https://www.africa-express.info/2021/01/29/ciclone-tropicale-eloisa-devasta-mozambico/ 

Per maggiori informazioni sui nostri progetti in Mozambico: https://manitese.it/paese/mozambico 

Qui sotto, invece, alcune foto delle case danneggiate nella comunità in cui operiamo.

MOZAMBICO: LA CONSEGNA DI CIBO È SOSTENIBILE CON LE NUOVE BICICLETTE

Le biciclette verranno utilizzate nella città di Quelimane per la consegna di prodotti alimentari locali e sani a hotel, bar, ristoranti e cittadini privati.

Quelimane è la capitale delle biciclette in Mozambico; ce ne sono più di 5.500 e spesso vengono utilizzate come ciclo-taxi visto che sono pochi i taxi convenzionali a quattro ruote.

Grazie al progetto Sostenibilità Urbana: valorizzazione delle buone pratiche in Italia e Mozambico, co-finanziato dal Comitato Lecchese per la pace e la cooperazione tra i popoli, in questi giorni sono state consegnate 4 biciclette attrezzate, che verranno utilizzate per la consegna di prodotti alimentari locali e sani a hotel, bar, ristoranti e cittadini privati.

Le consegne partiranno dai mercati Aquima e Central di Quelimane, in cui Mani Tese è intervenuta con diversi progetti di riqualificazione, e conterranno, fra le altre cose, anche frutta e verdura coltivata da alcuni produttori coinvolti in prima persona nei progetti di Mani Tese.

Questa seppur piccola iniziativa è una bella novità per Quelimane, la capitale mozambicana delle biciclette, che sta diventando sempre di più una città sostenibile.

Qui di seguito alcune foto della consegna delle biciclette:

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EDNA E L’APICOLTURA

Grazie al progetto AGRI-CHANGE, che Mani Tese sta realizzando in Kenya, Edna Sankok ha potuto sviluppare la sua attività di apicoltrice.

Nella zona di Bogoria, nella Contea di Baringo, la maggior parte degli abitanti dipende economicamente dall’allevamento del bestiame e dall’agricoltura ma la principale fonte d’acqua, il fiume Molo, è secco per una parte dell’anno.

In questi periodi gli uomini e le donne devono trovare altre attività generanti reddito per sopravvivere e un’alternativa è sicuramente l’apicoltura che ha un grande potenziale poiché l’area è ricoperta da alberi di acacia. Purtroppo, però, le persone non hanno i mezzi per investire in quest’attività e di conseguenza viene implementata con strumenti rudimentali con capacità produttive limitate.

Nell’ambito del progetto “Agri-change: piccole imprese grandi opportunità. Sviluppo di filiere agro-alimentari nel bacino del fiume Molo” cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la cooperazione allo sviluppo, Mani Tese ha conosciuto Edna Sankok, una delle persone più determinate che sono state coinvolte nell’intervento.

La sua principale fonte di reddito è l’allevamento delle capre dei vicini dai quali riceve una piccola somma di denaro a fine giornata. Spostandosi con le capre Edna ha scoperto un’area adatta all’apicoltura, con la presenza di molti alberi di acacia dai quali si produce un ottimo miele.

Nel corso del tempo, Edna è riuscita da sola ad acquistare cinque arnie e ha cominciato a produrre e vendere il miele nella città di Marigat. Con il ricavato ha comprato cibo per la famiglia, composta da otto persone, ma la mancanza di ulteriori risorse economiche non le ha permesso, nonostante la determinazione, di sviluppare l’attività e di aumentare la produzione.

Mani Tese ha deciso di sostenere l’attività di Edna e, grazie al progetto Agri-change che intende sviluppare la filiera del miele, ha ricevuto sette nuove arnie. Due di queste, che ci ha mostrato orgogliosamente durante una nostra visita, sono già colonizzate dalle api, le altre lo saranno presto e tra qualche mese il miele sarà pronto.

Sviluppare un’attività agricola, di allevamento o la stessa apicoltura, non è facile nella Contea di Baringo: le principali criticità sono la siccità e il cambiamento climatico che rende le stagioni sempre più imprevedibili.

Edna tuttavia è fiduciosa e si augura di dedicare sempre più tempo all’apicoltura grazie al sostegno ricevuto e che riceverà dal progetto, anche per le fasi successive alla produzione di raffinazione e commercializzazione del miele.

Edna presso l’apiario
Uno degli alveari colonizzati della fattoria di Edna

INDAGINE SUGLI IMPATTI DELLA PANDEMIA FRA LE COMUNITÀ DELLA GUINEA-BISSAU

Ridotto da tre a due pasti al giorno il consumo di cibo fra le famiglie. L’indagine di Mani Tese per capire criticità e bisogni generati dalle misure di prevenzione del virus imposte dal governo.

Anche la Guinea-Bissau, come il resto del mondo, è stata colpita dalla pandemia di Covid-19 e, precisamente, ha registrato i primi casi di positività il 25 marzo 2020. Pochi giorni dopo, il 28 marzo, veniva decretato lo stato di emergenza sanitaria e a luglio i casi Covid confermati avevano superato il migliaio.

Non bisogna farsi ingannare dal basso numero assoluto di contagiati, perché la popolazione della Guinea-Bissau è all’incirca quella di una città medio-grande (circa 1,9 milioni di persone) e, ovviamente, il monitoraggio dell’epidemia non può essere così puntuale come nei Paesi europei a causa della mancanza di strutture sanitarie.

In ogni caso, anche qui sono stati presi dei provvedimenti per fermare la diffusione del virus ed è stata nominata commissario per la gestione della pandemia Magda Robalo, in passato già in prima linea nella lotta contro colera, malaria, morbillo ed ebola.

In Guinea-Bissau, le principali misure di prevenzione sono state: l’imposizione del distanziamento sociale, la limitazione degli spostamenti, la chiusura delle frontiere, la riduzione degli orari dei negozi e la sospensione delle “Lumos”, ovvero delle fiere dedicate al commercio.

Mani Tese è attiva in Guinea-Bissau in diversi progetti e regioni del Paese. In particolare nella regione di Cacheu, col progetto “Protezione e soluzioni durevoli per rifugiati e richiedenti asilo in Guinea-Bissau” cofinanziato da UNHCR, fra maggio e giugno 2020 ha deciso di avviare un’indagine, in collaborazione con le comunità locali, per capire quali siano gli effetti delle misure preventive sulla vita delle persone e quali possano essere i bisogni primari in questo periodo di emergenza.

Metodologia dell’indagine

Per mantenere il distanziamento sociale, Mani Tese ha optato per un’indagine tramite sondaggio telefonico da realizzare in 34 villaggi della regione Cacheu che ospitano un totale di 4.957 rifugiati e naturalizzati. In seguito, i villaggi sono diventati 33 a causa di problemi riscontrati nelle comunicazioni telefoniche con il villaggio di Bagui.

Sono state intervistate 3 persone per villaggio per un totale di 99 persone. Il criterio di selezione era 2 donne e 1 uomo e di queste/i 2 dovevano essere rifugiati e 1 cittadino. La privacy dell’intervistato era preservata poiché venivano registrati solo sesso, età e status (cittadino o rifugiato) e non l’identità.

Risultati dell’indagine

I risultati dell’indagine evidenziano un impatto importante delle restrizioni sull’economia delle comunità di intervento (regione di Cacheu). Da una parte, infatti, la sospensione delle fiere agricole ha la conseguenza di frenare il commercio locale; dall’altra parte la chiusura delle frontiere svantaggia i villaggi vicini al confine col Senegal che vivono del commercio trasfrontaliero. L’84,8% degli intervistati ha quindi affermato che la pandemia e le restrizioni governative hanno avuto un forte impatto sulla vendita dei prodotti.

Sempre secondo l’indagine un impatto particolarmente negativo l’hanno avuto le famiglie che vivono grazie alla commercializzazione degli anacardi, che rappresentano il principale prodotto della regione. Il 63,6% di queste famiglie, infatti, è stata costretta a vendere gli anacardi al di sotto del prezzo di mercato. Un altro 32%, invece, conserverà una parte significativa degli anacardi in attesa di prezzi migliori.

Le restrizioni per la prevenzione del Covid hanno quindi un impatto importante sulla situazione economica della maggior parte degli intervistati. La sospensione delle fiere e la chiusura delle frontiere, in particolar mondo, hanno determinato una contrazione del reddito familiare (perdite rispetto all’anno precedente tra il 20% e l’80%), con un impatto diretto e immediato sulle abitudini di consumo, soprattutto legate al cibo. Infatti, se prima della pandemia la maggior parte delle famiglie consumava tre pasti, ad aprile ne venivano consumati solo due nella quasi totalità dei casi.

Dal punto di vista sociale e comunitario, lo stato di emergenza decretato dal governo ha portato a un cambiamento significativo nel modo di vivere in tutte le comunità di intervento, poiché durante questo periodo, le persone hanno smesso di svolgere le attività socioculturali come feste di matrimonio, cerimonie tradizionali e tutto ciò che può far incontrare e riunire le persone. Inoltre, la maggior parte degli intervistati ha dichiarato di rispettare le misure preventive come il frequente lavaggio delle mani, il distanziamento sociale e l’uso delle mascherine.

Conclusioni: quali i bisogni delle comunità?

Agli intervistati è stato infine chiesto: quale aiuto chiederebbe al governo ora? 87 persone hanno risposto aiuti alimentari, in 16 hanno chiesto sementi agricole, e 12 degli intervistati hanno  richiesto un aumento dei materiali per la prevenzione del Covid-19 e di continuare con la sensibilizzazione nelle comunità.

Queste risposte e l’analisi complessiva dell’indagine ci hanno aiutato a capire le principali e prioritarie necessità delle comunità di intervento. Dopo una prima distribuzione di cibo e beni di prima necessità effettuata a maggio, quindi, ne è seguita un’altra nel mese di dicembre per rispondere in maniera ancora più efficace ai bisogni delle comunità.

In totale Mani Tese insieme a UNHCR hanno consegnato: 32.000 kg di sacchi di riso, 1.480 litri di olio vegetale, 1.000 kg di cipolle, 2.360 litri di aceto, 480 secchi per il lavaggio delle mani, 2.268 barre di sapone, 1.560 litri di candeggina e 2.600 mascherine di tessuto.

Qui di seguito alcune foto della consegna dei beni:

consegnati primi materiali prevenzione covid19 guinea bissau_mani tese 2020_1
consegnati primi materiali prevenzione covid19 guinea bissau_mani tese 2020_4

13. Mariam e i prodotti della tradizione

Mariam produce burro di karité e soumbala e vorrebbe che la sua cooperativa diventasse un punto di riferimento per l’intero villaggio.

Mariam Nombre è la presidente della cooperativa di donne Sabtenga Wambako, che prende il nome dal villaggio di appartenenza – Sabtenga – e dal quartiere – Wambako – che letteralmente significa “il luogo delle scimmie”.

L’attività principale della cooperativa è la trasformazione del burro di karité e del soumbala, due prodotti della tradizione burkinabè. Il soumbala, in particolare, è usato come insaporitore per condire i pasti e aiuta a regolare la pressione sanguigna; il burro di karité viene invece utilizzato come olio alimentare, unguento cosmetico o pomata da massaggio in caso di lussazioni o strappi muscolari. Inoltre, entrambi i prodotti vengono utilizzati in riti come matrimoni e funerali.

Una delle caratteristiche di Sabtenga, ci racconta Mariam, è che lei e le sue colleghe non comprano i prodotti da trasformare, ma li producono direttamente nel proprio terreno che hanno potuto predisporre alla coltivazione grazie al contributo di un’associazione della diaspora burkinabé in Italia, Solidarietà Sabtenga di Treviso, che dal 2013 le accompagna nelle loro attività.

Solidarietà Sabtenga e lo si capisce anche dal nome, è nata proprio per sostenere l’omonimo villaggio dal quale, negli anni, sono partite per cercare un futuro in Italia moltissime persone e molte di loro hanno trovato una “seconda casa” nella provincia di Treviso, dove Mani Tese è attiva con diverse attività che coinvolgono le diaspore non solo del Burkina Faso.

Nell’ambito del progetto Imprese sociali innovative e partecipazione dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Fasocofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e dalla Fondazione Maria Enrica, la cooperativa di donne Sabtenga Wambako e Solidarietà Sabtenga di Treviso hanno rinnovato il loro partenariato e questo ha permesso loro di partecipare al bando per il sostegno e finanziamento di un’attività di micro impresa in Burkina Faso nell’ambito del lotto riservato ai partenariati con la diaspora burkinabé in Italia.

Le due associazioni sono così rientrate fra i soggetti beneficiari del progetto e hanno avuto la possibilità di partecipare a percorsi formativi sia in Italia, grazie al partenariato con CeSPI, sia in Burkina Faso e nel paese africano Mariam e la sua cooperativa hanno partecipato a un percorso di incubazione di impresa e ottenuto un finanziamento  per costruire un locale per la preparazione di soumbalà e burro di karité con un piccolo impianto solare e un mulino.

Mariam ci confessa di voler diventare un punto di riferimento e un esempio per tutte le donne del villaggio che non credono di poter diventare economicamente autonome. In conclusione al nostro incontro, poi, si rivolge ai giovani della sua zona facendo un appello affinché non tentino la strada della migrazione irregolare. Mariam è infatti consapevole dei rischi che si corrono durante le migrazioni e l’esperienza di Sabtenga Wambako è la dimostrazione che anche in Burkina Faso si può riuscire.

Qui di seguito, alcune foto di Mariam nei campi e vicino ai macchinari della cooperativa.

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