Tratta e schiavitù: il grande business delle mafie

Armi, droga, merce contraffatta, tabacco… ma soprattutto esseri umani. Gruppi criminali internazionali, ma anche mafie italiane, si stanno arricchendo sulla pelle di milioni di persone spesso in condizioni di grande vulnerabilità. Uomini, donne e, sempre più spesso bambini e bambine, vengono trafficati e ridotti in condizioni di vera e propria schiavitù per lo sfruttamento lavorativo […]

Armi, droga, merce contraffatta, tabacco… ma soprattutto esseri umani. Gruppi criminali internazionali, ma anche mafie italiane, si stanno arricchendo sulla pelle di milioni di persone spesso in condizioni di grande vulnerabilità. Uomini, donne e, sempre più spesso bambini e bambine, vengono trafficati e ridotti in condizioni di vera e propria schiavitù per lo sfruttamento lavorativo e sessuale, ma anche per accattonaggio forzato, servitù domestica, matrimoni precoci, espianto d’organi, adozioni illegali e molto altro ancora. Quello della tratta è uno dei business illegali più redditizi al mondo. Anche in Europa. Ma è ancora molto difficile da contrastare. E da raccontare…

CONVEGNO APERTO A TUTTI – INGRESSO LIBERO

CENTRO PIME MILANO – VIA MOSÈ BIANCHI 94 – 9.30/13.30

Il convegno è accreditato per la formazione permanente di giornalisti e assistenti sociali. Esonero per insegnanti

9.00 / 9.30: REGISTRAZIONE

PRIMA PARTE: IL QUADRO INTERNAZIONALE

9.30 / 10.15: UN MONDO DI SCHIAVI

Maria Grazia Giammarinaro, relatrice speciale Onu sul traffico di persone

SECONDA PARTE: MAFIE E CONTRASTO

10.15 / 10.45: MAFIA NIGERIANA E MAFIE ITALIANE

Leonardo Palmisano, etnologo e scrittore, insegna Sociologia Urbana al Politecnico di Bari autore di: “Ascia Nera, la brutale intelligenza della mafia nigeriana”

10.45 / 11.15: TUTELA DEI DIRITTI UMANI E CONTRASTO ALLA CRIMINALITÀ

David Mancini, magistrato della Dda dell’Aquila, collabora con l’Organizzazione per la sicurezza e cooperazione in Europa (Osce) nell’ambito del contrasto alla criminalità organizzata e alla tratta di persone, nonché sulla tutela dei diritti umani delle vittime

11.15 / 11.30: PAUSA  

TERZA PARTE: I CASI

11.30 / 12.00: AGROMAFIE E CAPORALATO

Federica Cattaneo, Flai-Cigl Milano

12.00 / 12.30: ROTTA BALCANICA E RACCONTO MEDIATICO

Valerio Cataldi, giornalista RAI3 e presidente Associazione Carta di Roma

12.30 / 13.00: LE POSSIBILI VIE LEGALI

Luciana Forlino,Caritas Italiana, Corridoi umanitari

CONCLUSIONI

Scarica qui il programma:

Info:      

Pime Milano: 02.43822313 / centropime@pimemilano.com / www.pimemilano.com                            

Mani Tese: 02.4075165 / eventi@manitese.it / www.manitese.it

Caritas Ambrosiana: 02.76037353 / donne@caritasambrosiana.it / www.caritasambrosiana.it 

Iscrizioni giornalisti: SIGEF

Amazon: uno smaltimento al di sopra di ogni sospetto

On line l’inchiesta vincitrice del Premio Mani Tese per il Giornalismo Investigativo e Sociale. A breve la seconda edizione del Premio.

Amazon, uno smaltimento al di sopra di ogni sospetto. Dalla distruzione di massa dei beni invenduti a una nuova economia circolare” è il titolo dell’inchiesta vincitrice del Premio Mani Tese per il Giornalismo Investigativo e Sociale, da ieri liberamente consultabile on line sul sito Manitese.it all’indirizzo https://manitese.it/amazon-smaltimento-sopra-ogni-sospetto.

Un estratto dell’inchiesta è andato in ondata ieri, 20 gennaio 2019, su RaiTre nella puntata di PresaDiretta dedicata all’e-commerce.

Il tema dell’inchiesta

Secondo le testimonianze raccolte dagli autori, in Italia il gigante del commercio on-line Amazon distrugge mensilmente fino a 100 mila prodotti nuovi nei poli logistici del territorio. Si tratta di resi danneggiati e beni invenduti: solo una minima parte di questi trova una seconda vita sugli scaffali o diventa un dono. Secondo il tariffario in vigore tra il 2017 e il 2018 le tariffe dello smaltimento rendevano immensamente più conveniente distruggere invece che restituire. Dal 3 settembre 2019 in Italia Amazon ha equiparato i costi di rimozione e smaltimento per i piccoli oggetti. Ma la distruzione dei prodotti inutilizzati non è ancora stata vietata.

Secondo alcuni lavori scientifici, l’e-commerce potrebbe lasciare un’impronta meno dannosa di un esercito di consumatori che si dirige al centro commerciale ciascuno con la propria automobile. Ma la promessa di consegna in giornata non permette una piena razionalizzazione dei processi.

Il Premio Mani Tese

Il Premio Mani Tese per il Giornalismo Investigativo e Sociale, lanciato nel 2019 e promosso da Mani Tese con il contributo dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS), aveva come obiettivo quello di portare alla luce storie e inchieste relative all’impatto dell’attività d’impresa sui diritti e sull’ambiente.

A vincerlo era stato il team composto da Roberto Pisano, Elisabetta Muratori e Rosario Daniele Guzzo con il progetto d’inchiesta “Amazon: indagine su uno smaltimento al di sopra di ogni sospetto”, che si proponeva di identificare i meccanismi di smaltimento della merce invenduta da parte di Amazon, uno degli attori protagonisti dell’e-commerce a livello globale.

I tre autori erano stati scelti durante la cerimonia di premiazione, tenutasi il 2 maggio 2019 presso la Fondazione Feltrinelli, fra una rosa di sei finalisti da una giuria composta dai giornalisti Gad Lerner, Tiziana Ferrario, Gianluigi Nuzzi, Francesco Loiacono e dal Direttore Comunicazione di AICS Emilio Ciarlo.

Alla selezione dei finalisti del premio avevano contribuito, inoltre, le giornaliste Eva Giovannini e Stefania Prandi e il direttore di Fanpage.it Francesco Piccinini.

A breve la seconda edizione del premio

Il Premio Mani Tese per il Giornalismo Investigativo e Sociale è stato realizzato nell’ambito del progetto “New Business for Good” con il contributo dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo all’interno del programma MADE IN JUSTICE di Mani Tese. Dopo il successo della prima edizione, è previsto a breve il lancio di una seconda edizione.

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3. Didier, un imprenditore ambizioso

Il giovane presidente della cooperativa Zaak Songo di Ramongo nel Boulkiemdé, che produce e vende confettura di papaya biologica.

Rigoroso, puntuale e amante del lavoro fatto come si deve. Così si descrive Didier, giovane presidente della cooperativa Zaak Songo di Ramongo nel Boulkiemdé, che produce e vende confettura di papaya certificata biologica dall’ente nazionale di riferimento.

E in effetti Didier è così: una persona precisa, che va dritta al punto. Non perde tempo, quando chiacchieriamo, a chiederci se, nel caso finisse anticipatamente i lavori per la recinzione del suo perimetro agricolo prevista da progetto, possa iniziare subito con l’impianto irriguo, perché ha già calcolato i tempi per la messa in funzione dello stesso in relazione al periodo del raccolto.

Didier è un vero professionista del settore ed è stato anche consultato come esperto agro-ecologico per il programma “Ouagadougou 2050”, un piano di sviluppo della cintura verde di Ouagadougou.

Ha messo in piedi una cooperativa seguendo tutti gli step necessari dal punto di vista burocratico, ma aggiungendo anche tante idee creative. La confettura di Zaak Songo (che in mooré significa “la casa buona”), infatti, non solo è certificata biologica, ma contiene anche l’artemisia, una pianta locale utilizzata per la prevenzione dalla malaria.

E Didier vuole davvero fare le cose come si deve perché, ci dice, è felice dell’aiuto che sta ricevendo da Mani Tese tramite il progetto “Imprese sociali innovative e partecipazione dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso”, ma vuole che tra 5 anni Zaak Songo sia indipendente e autonoma e non abbia più bisogno del supporto di nessuno, potendo dare lavoro a tante persone.

In questo modo, Didier potrà avere anche più tempo da dedicare alla più grande gioia della sua vita: sua figlia Ilesdor (tradotto dal francese “lei è d’oro”), una bambina di 6 anni.

Gli chiediamo come mai si sia lanciato proprio in questo settore. La domanda lo fa sorridere perché il ricordo più bello di quando era piccolo è legato alle ore di gioco con i suoi fratelli nei campi di mais, sorgo e miglio della famiglia, dove andavano a lavorare ma approfittavano anche per scatenarsi come pazzi nel gioco.

Il legame di Didier con la terra è infatti molto forte e dura da quando era bambino.

Qui sotto le foto di Didier con le sue piante di papaya e durante un incontro organizzato da Mani Tese.

 

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GUINEA-BISSAU, IL FESTIVAL CULTURALE DELLE MIGRAZIONI GIUNGE ALLA 2A EDIZIONE

Dopo il successo della prima edizione, torna il Festival Culturale delle Migrazioni che “ha messo in scena”, attraverso l’arte, i rischi della migrazione irregolare

Negli ultimi anni la migrazione irregolare in Guinea-Bissau è diventata un fenomeno sempre più diffuso, con un crescente numero di giovani che rischiano di divenire preda dei trafficanti e di mettere a repentaglio la propria vita cercando di attraversare il deserto e il Mediterraneo.

Per questo motivo, il progetto “Terra Ricca!” di Mani Tese, finanziato da OIM Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, intende sensibilizzare la popolazione in Guinea-Bissau sui rischi della migrazione irregolare.

Nell’ambito del progetto, dopo il successo della prima edizione, si è tenuto il 13 e il 14 dicembre del 2019, in prossimità della Giornata Internazionale del Migrante, il secondo “Festival Culturale delle Migrazioni”.

Attraverso il festival, la cultura, veicolando informazioni sui rischi della migrazione irregolare e sulle possibili alternative, è divenuta il mezzo con cui accrescere la consapevolezza delle persone rispetto a tematiche complesse e spesso ignorate, influendo positivamente anche sui loro comportamenti.

“Terra Ricca!” è il nome di progetto che si chiama così anche per valorizzare la qualità di questo Paese, emersa con forza proprio durante il festival.

Parlare della Guinea-Bissau come una “terra ricca” potrebbe sembrare una forzatura, riferendosi a un Paese che, nel 2019, si è posizionato a un basso livello dell’Indice di Sviluppo Umano, collocandosi al 178° posto su 188, in cui il 67% della popolazione ancora oggi vive sotto la soglia di povertà. La ricchezza di un popolo e di una nazione, però, va misurata anche in termini culturali e, durante i due giorni del festival, la Guinea-Bissau ha mostrato uno dei suoi volti migliori, mettendo in scena la propria ricchezza e diversità culturale tramite musica, arte, tradizioni e folklore.

Cornice dell’evento è stata Gabu, capoluogo dell’omonima regione che confina con Senegal e Repubblica di Guinea. Secondo i dati forniti dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, la regione registra infatti il tasso più alto di emigrazione dell’intero Paese.

Nell’ambito dell’edizione 2019 del Festival è stato organizzato un torneo di calcio che ha visto affrontarsi squadre composte da giovani guineensi e migranti di ritorno e sono andate in scena delle rappresentazioni teatrali sul tema della partenza. Sono stati inoltre organizzati dei Djumbai, raggruppamenti di cittadini in cui riflettere come comunità sulle questioni legate alla migrazione.

Al termine si è tenuta infine una marcia di sensibilizzazione, alla quale hanno partecipato autorità locali e nazionali, gruppi culturali e associazioni, ONG e organizzazioni internazionali, che si è snodata per le strade di Gabu.

Il festival si è concluso con due serate di musica, danza e ritmo del folklore tradizionale e di espressioni artistiche più moderne, durante le quali è stato possibile condividere, con un ampio pubblico, messaggi in lingua creola e fula per sensibilizzare su una migrazione più consapevole e contribuire ad accrescere la coesione tra i migranti di ritorno e le comunità di appartenenza.

Il Festival, finanziato grazie al Fondo Fiduciario dell’Unione Europea e dell’OIM, è stata un’espressione di partecipazione attiva, impegno e mobilitazione della popolazione. La Comunità di Gabu crede fortemente nel potenziale dell’evento e intende impegnarsi affinché possa diventare un appuntamento fisso per celebrare il 18 dicembre, la Giornata Internazionale per i Diritti dei Migranti.

Un desiderio ambizioso ma non impossibile, che Mani Tese cercherà di supportare affinché la cultura possa continuare ad essere sinonimo di inclusione, futuro e speranza.

Qui sotto una bellissima gallery fotografica dedicata al festival:

Un viaggio di scambio per la federazione di donne rurali del Burkina Faso

Le donne del Boulkiemdé e di Ouagadougou hanno raggiunto Tenkodogo, dove hanno trascorso due intensi giorni di attività insieme alle loro colleghe della provincia del Boulgou.

Di Giulia Polato, Responsabile Paese Burkina Faso

“Le donne sono la vera forza di questo paese” diceva l’ex presidente del Burkina Faso Thomas Sankara. E noi di Mani Tese lo sappiamo bene, lavorando ogni giorno al fianco delle donne e accompagnandole nel processo di crescita e nel raggiungimento dell’autonomia lavorativa e nello sviluppo di attività imprenditoriali.

Coerentemente con questo intento, nel mese di dicembre, nell’ambito del progetto “Imprese sociali innovatrici e partecipazione dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso” cofinanziato da AICS e Fondazione Maria Enrica, la Fenafer-B, la federazione delle donne rurali del Burkina Faso, partner di progetto, con il supporto di Mani Tese, ha organizzato un viaggio di scambio nelle tre regioni toccate dall’intervento, coinvolgendo le proprie iscritte.

Grazie a questa iniziativa, le donne del Boulkiemdé e di Ouagadougou hanno raggiunto Tenkodogo, dove hanno passato due intensi giorni di attività insieme alle loro colleghe della provincia del Boulgou. Prima di tutto si sono confrontate su un’analisi FFOM (forze-debolezze-opportunità-minacce) della loro organizzazione, poi hanno incontrato un’impresa femminile di successo del territorio (dedita al riso) per avere nuovi stimoli e idee d’azione, infine si sono ritrovate in piccoli gruppi per elaborare nuove strategie di crescita e sviluppo.

Sono state due giornate di attività intense, che hanno offerto una grande possibilità di scambio per queste donne, che normalmente sono sparse in tutto il Burkina Faso, mentre questa volta si sono potute confrontare di persona sulle varie sfide della loro quotidianità.

MANI TESE E IL WORLD FOOD PROGRAMME INSIEME PER L’EMERGENZA CIBO DOPO IL CICLONE IDAI

Il 4 marzo del 2019, a largo della costa orientale del Mozambico, una depressione tropicale in pochi giorni provocò quello che oggi può essere definito come il più grave disastro ambientale dell’emisfero meridionale. Il ciclone IDAI colpì più di 2 milioni e mezzo di persone in Mozambico, Zimbabwe, Malawi e Madagascar e provocò oltre 1000 […]

Il 4 marzo del 2019, a largo della costa orientale del Mozambico, una depressione tropicale in pochi giorni provocò quello che oggi può essere definito come il più grave disastro ambientale dell’emisfero meridionale. Il ciclone IDAI colpì più di 2 milioni e mezzo di persone in Mozambico, Zimbabwe, Malawi e Madagascar e provocò oltre 1000 vittime, di cui almeno 600 in Mozambico.

In questo Paese, le zone più colpite sono state, oltre alla Zambezia, le province di Sofala, Manica e Inhambane. Più di 700.000 ettari di coltivazioni sono stati spazzati via mettendo a rischio la sicurezza alimentare delle popolazioni colpite, dal momento che la distruzione è avvenuta proprio durante il periodo della raccolta.

Nel distretto di Chinde, che si trova sulla foce del fiume Zambezi, il ciclone IDAI è stato particolarmente violento e ha portato forti piogge e numerosi allagamenti, distruggendo abitazioni, infrastrutture e coltivazioni.

Il distretto sta ora affrontando la delicata fase di ripresa post-emergenza, ed è proprio qui che si colloca il programma del World Food ProgrammeAssistenza alimentare in cambio di beni strumentali” (Food Assistance for Assets – FFA) in cui Mani Tese partecipa come partner.

Obiettivo principale dell’intervento è quello di migliorare le condizioni di vita della popolazione colpita dal ciclone, fornendo alimenti di prima necessità e, al tempo stesso, rilanciando attività produttive come la costruzione di pozzi, latrine e strade di collegamento.

Ogni mese, e per cinque mesi, saranno distribuiti 40 kg di cereali, 6 kg di fagioli e 5 litri di olio a 4.000 famiglie, per un totale di circa 20.000 persone, che verranno coinvolte in attività in grado di ridurre il rischio e l’impatto di shock climatici, aumentando la produttività alimentare e rafforzando la resilienza ai disastri naturali.

Non ci resta che augurare buon anno e buon lavoro ai nostri operatori e ai destinatari del progetto, nella speranza che a Chinde e in tutte le zone colpite dal ciclone la situazione si ristabilizzi prima possibile.

MOZAMBICO: DOPO I DISASTRI CLIMATICI, LA ZAMBEZIA SI RIALZA

A marzo del 2019 la provincia della Zambezia, in Mozambico, è stata duramente colpita da una serie di piogge tropicali che hanno compromesso la produzione agricola dell’intero territorio. Alle piogge si è in seguito aggiunto il ciclone tropicale Idai, che il 14 marzo si è abbattuto sulle coste del Paese provocando morti e devastazioni. Il […]

A marzo del 2019 la provincia della Zambezia, in Mozambico, è stata duramente colpita da una serie di piogge tropicali che hanno compromesso la produzione agricola dell’intero territorio. Alle piogge si è in seguito aggiunto il ciclone tropicale Idai, che il 14 marzo si è abbattuto sulle coste del Paese provocando morti e devastazioni.

Il forte vento e le piogge torrenziali hanno fatto esondare numerosi fiumi costringendo le popolazioni locali ad allontanarsi dalle loro abitazioni per raggiungere luoghi più sicuri. Inoltre la produzione di mais, manioca e batata, base dell’alimentazione delle popolazioni rurali, è stata seriamente compromessa mettendo a rischio la sicurezza alimentare dell’intero paese.

Mani Tese, già presente nel territorio, nei mesi scorsi ha attivato un progetto di emergenza per scongiurare la crisi alimentare nei distretti della Zambezia in cui è attiva.

Grazie al progetto RIPARTIAMO SEMINANDO e alle donazioni ricevute, abbiamo acquistato e distribuito nelle comunità locali 107 kg di semi di fagiolino, 15 kg di ortaggi, alcuni dei quali sono stati trapiantati con l’aiuto dei nostri tecnici, e 2400 kg di mais a ciclo corto, prodotto in grado di produrre quantitativi soddisfacenti nonostante il ritardo nella semina.

Oltre 300 produttori agricoli hanno potuto avere una seconda chance di produzione che, nel periodo di siccità, si traduce in sicurezza alimentare e in una piccola fonte di reddito.

Abbiamo acquistato dei teli per far seccare manioca e batata, riso, mais e sesamo, una coltura ad alto rendimento che abbiamo contribuito a diffondere. Sono stati costruiti due sistemi di essicazione del sesamo e della manioca in due comunità.

Nei tre distretti dove Mani Tese è presente con il progetto “Quelimane agricola”, infine, abbiamo organizzato attività di formazione per promuovere e diffondere tecniche di conservazione della manioca più razionali ed efficaci.

Vogliamo ringraziare chi ci ha sostenuto e permesso di scongiurare la crisi alimentare fra le popolazioni della Zambezia.

In Mozambico c’è ancora molto da fare e il nostro impegno prosegue con nuovi altri progetti nel Paese per ridurre la fame e favorire lo sviluppo sostenibile delle comunità locali.

Di seguito una gallery fotografica che illustra ciò che è stato fatto grazie al progetto “Ripartiamo Seminando”:

 

LA POVERTÀ EDUCATIVA SPIEGATA PER IMMAGINI

Nell’ambito del progetto “Piccoli che valgono” abbiamo creato un kit di illustrazioni per sensibilizzare sul complesso fenomeno della povertà educativa.

Ogni anno in Italia circa 130.000 minori abbandonano precocemente la scuola.

Nell’ambito del progetto “Piccoli che valgono”, abbiamo creato un piccolo kit di illustrazioni per sensibilizzare sul complesso fenomeno della povertà educativa.

Il progetto “Piccoli che valgono” è cofinanziato dall’impresa sociale Con i bambini e intende affrontare il tema della dispersione scolastica in termini di prevenzione attraverso il coinvolgimento di tutti i soggetti della comunità educante, in primis le scuole.

Da gennaio 2020 ne sentirete parlare spesso!

Scopri di più sul progetto e sfoglia la gallery qui sotto: