Premio Mani Tese per il giornalismo investigativo e sociale: al via la II edizione!

In giuria: Federica Angeli, Riccardo Iacona, Gad Lerner, Gianluigi Nuzzi, Tiziana Ferrario, Eva Giovannini, Francesco Piccinini, Stefania Prandi, Emilio Ciarlo. Margherita Rebuffoni, mamma di Nadia Toffa, consegnerà il Premio in ricordo della figlia.

Dopo il successo della prima edizione, che ha visto la pubblicazione dell’inchiesta “Amazon, uno smaltimento al di sopra di ogni sospetto”, torna il Premio Mani Tese per il giornalismo investigativo e sociale, di cui sono ufficialmente aperte le candidature.

Il Premio Mani Tese per il giornalismo investigativo e sociale intende sostenere la produzione di inchieste originali su tematiche concernenti gli impatti dell’attività di impresa sui diritti umani e sull’ambiente in Italia e/o nei Paesi terzi in cui si articolano le filiere globali di produzione.

Obiettivo del Premio è portare alla luce fatti e storie di interesse pubblico finora ancora poco noti e/o dibattuti, con un taglio sia di denuncia sia di proposta.

La prima edizione ha permesso la realizzazione dell’importante inchiesta Amazon, uno smaltimento al di sopra di ogni sospetto – Dalla distruzione di massa dei beni invenduti a una nuova economia circolare, il cui estratto è stato mandato in onda da Presa Diretta. In seguito all’inchiesta, il Ministero dell’Ambiente ha messo sotto osservazione la legge vigente sull’e-commerce, la Regione Lazio si è impegnata ad offrire un’alternativa verde e solidale nei confini di sua competenza e il Governo, con il decreto del 28 febbraio scorso, ha introdotto agevolazioni fiscali per le imprese che donano merci al non profit.

L’edizione 2020

Il tema della II edizione del Premio è l’impatto dell’industria dell’abbigliamento sui diritti umani e sull’ambiente, in Italia e/o nei Paesi terzi in cui si articola la filiera globale del tessile.

Il premio consiste in un contributo a copertura delle spese di realizzazione dell’inchiesta vincitrice fino a un massimo di 10.000 euro.

A chi è rivolto

La partecipazione è aperta a giornalisti indipendenti/freelance anche non iscritti all’Ordine dei Giornalisti e non pubblicisti, di ogni età e nazionalità.

Come partecipare

La partecipazione al premio è gratuita.

Per concorrere al Premio è necessario compilare il form di iscrizione on line nella pagina dedicata al premio sul sito di Mani Tese presentando il proprio progetto di inchiesta e la biografia dei partecipanti.

La scelta del formato dell’inchiesta (articoli, fotoreportage, video, web-doc, web serie, graphic novel ecc…) è libera.

Il termine di scadenza per l’invio dei progetti è il 4 maggio 2020.

La giuria

Composta da giornalisti ed esperti del settore, la giuria selezionerà 5 finalisti tra una shortlist stilata dalla Commissione Tecnica, formata da membri dello staff di Mani Tese. I finalisti saranno annunciati e invitati a presentare i loro progetti durante l’evento di premiazione che si terrà nel mese di giugno 2020.

La selezione finale avverrà nel corso dell’evento con l’annuncio del/i vincitore/i che sarà rimesso all’insindacabile giudizio della Giuria.

Consegnerà il Premio Margherita Rebuffoni, madre di Nadia Toffa, in ricordo dell’impegno nell’ambito del giornalismo d’inchiesta da parte della figlia.

I membri della giuria, composta da giornalisti e/o esperti del settore, sono, in ordine alfabetico:

Federica Angeli

Cronista di nera e giudiziaria, dal 1998 scrive sulle pagine del quotidiano La Repubblica. Nota per le sue inchieste sulla mafia romana per le quali, in seguito alle minacce ricevute, vive sotto scorta dal 17 luglio 2013. Nel 2019 la sua storia è protagonista del film A mano disarmata.

Emilio Ciarlo

Direttore comunicazione dell’AICS. Avvocato, giurista internazionale d’impresa, pubblica su diverse testate articoli su politica estera, cooperazione e diritti umani. Dal 2013 al 2015 è stato Consigliere politico del Vice Ministro degli Esteri e della Cooperazione.

Tiziana Ferrario

Giornalista, già inviata e conduttrice RAI. Dopo essersi occupata di politica estera, guerre e crisi umanitarie, ha deciso di dedicarsi al tema della parità di genere. Nel 2006 pubblica Il vento di Kabul (Baldini Castoldi Dalai). Nel 2017 Orgoglio e Pregiudizi (Chiarelettere).

Eva Giovannini

Giornalista e inviata RAI. Ha condotto l’edizione 2017 del Premio Strega. Membro del “Comitato di Saggi” sull’Europa, ha scritto Europa Anno Zero – Il ritorno dei Nazionalismi (Marsilio, 2015). In TV ha lavorato per Annozero, Piazzapulita, Skytg24. Ha condotto il programma Popolo Sovrano.

Riccardo Iacona

Giornalista e conduttore televisivo, si occupa di giornalismo d’inchiesta. Ha lavorato per diversi programmi televisivi sia in Rai che in Mediaset, fra cui Samarcanda, Il Rosso e il Nero, Tempo Reale, Moby dick, Moby’s, Circus, Sciuscià. Ha realizzato numerose trasmissioni come W gli sposi, W il mercato, W la ricerca e la serie di inchieste W l’Italia. Dal 2009 conduce il suo programma di inchiesta Presa diretta, in onda su Rai Tre.

Gad Lerner

Giornalista e autore di numerosi libri, ha collaborato con Radio Popolare, L’Espresso, Corriere della sera, Repubblica, La stampa, Nigrizia. In RAI ha condotto Profondo Nord, Milano, Italia, Pinocchio e L’Approdo. Su LA7 è stato direttore del tg e conduttore di Otto e mezzo e L’Infedele.

Gianluigi Nuzzi

Giornalista autore di diverse inchieste e scoop che hanno avuto vasta eco come Vaticano S.p.A. (Chiarelettere, 2009) e Metastasi (Chiarelettere 2015). Ha ideato e condotto la trasmissione Intoccabili su La7. Attualmente conduce su Rete4 Quarto Grado.

Francesco Piccinini

Direttore responsabile di Fanpage. Ha lavorato come digital manager di Caltagirone Editore Digital, direttore di AgoraVox Italia e docente presso l’École Supérieure de Gestion di Parigi. Tra gli autori di Novantadue. L’anno che cambiò l’Italia (Castelvecchi, 2012).

Stefania Prandi

Giornalista e fotogiornalista, si occupa di questioni di genere, lavoro, diritti umani, società e ambiente. Ha realizzato reportage collaborando per Al Jazeera, El País e altre testate. È autrice di Oro rosso. Fragole, pomodori, molestie e sfruttamento nel Mediterraneo (Settenove, 2018).

A proposito del Premio Mani Tese

Il Premio Mani Tese per il giornalismo investigativo e sociale è un’iniziativa di Mani Tese, ONG che da oltre 55 anni si occupa di contrastare le ingiustizie nel mondo, e rientra nel programma MADE IN JUSTICE di Mani Tese, che mira a mettere i diritti umani e l’ambiente al centro della governance delle imprese e delle scelte dei consumatori.

L’edizione 2020 del Premio si inserisce all’interno del progetto “Cambia MODA! Dalla fast fashion a una filiera tessile trasparente e sostenibile”, realizzato con il contributo dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS).

È possibile visionare il regolamento completo del Premio alla pagina dedicata sul sito di Mani Tese. Per ricevere informazioni sul Premio è inoltre possibile scrivere all’indirizzo advocacy@manitese.it.

8 MARZO: GLI AUGURI DELLE DONNE DEL BENIN

Dal 2009 a oggi Mani Tese ha sostenuto in Benin più di 50 gruppi di donne nella produzione, trasformazione e vendita di prodotti agricoli locali. Oggi circa 1000 donne lavorano organizzate in cooperative di primo e secondo livello in tre comuni del Dipartimento dell’Atacora: Kouandé, Natitingou e Toucountouna. Grazie a un accordo di partnership firmato […]

Dal 2009 a oggi Mani Tese ha sostenuto in Benin più di 50 gruppi di donne nella produzione, trasformazione e vendita di prodotti agricoli locali.

Oggi circa 1000 donne lavorano organizzate in cooperative di primo e secondo livello in tre comuni del Dipartimento dell’Atacora: Kouandé, Natitingou e Toucountouna. Grazie a un accordo di partnership firmato da Mani Tese con un istituto di microfinanza, presso il quale è stato depositato un fondo di garanzia, possono avere accesso al credito.

Il sostegno alle donne ha permesso, inoltre, a 100 famiglie povere di intraprendere attività di coltivazione e commercializzazione anche di colture tradizionali scomparse o in via d’estinzione come fonio, mais giallo, igname giallo, souchet, sesamo e patata dolce. 

Mani Tese promuove inoltre la cittadinanza attiva delle donne attraverso attività di sensibilizzazione sull’esercizio dei loro diritti e la loro partecipazione alla vita civile.

Dal 2018, inizialmente in tre e oggi in nove villaggi dei già citati comuni, promuove il diritto all’istruzione delle bambine e sensibilizza sui pericoli dell’abbandono scolastico per ridurre le disparità di accesso alla scuola tra ragazzi e ragazze.

Ecco gli auguri delle donne di Tampègré e di Maka:

Alcune foto delle attività:

PRESSE-DE-FARINE-DE-MANIOC-HUMIDE-AVANT-TORREFACTION-1
PASSAGE-DU-MANIOC-A-LA-RAPEUSE-1
LAVAGE-DE-RACINES-DE-MANIOC-APRES-EPLUCHAGE-1
Donne Benin

Per l’8 marzo – Giornata internazionale dei diritti della donna – scegli un dono solidale e sostieni i nostri progetti in Benin: https://regalisolidali.manitese.it/dettaglio.php?prodotto=padrone-del-proprio-destino

FUGGITA DA UN MATRIMONIO FORZATO, SOGNO DI DIVENTARE UNA DOTTORESSA

La storia di Fatumata, ragazza ospite del centro di accoglienza per vittime di matrimoni forzati e violenza di genere sostenuto da Mani Tese in Guinea-Bissau, dove più della metà delle ragazze fra i 15 e i 19 anni è sposata con uomini più vecchi di almeno 10 anni.

Fatumata (nome di fantasia) è una ragazzina vittima di matrimonio forzato e da ottobre dell’anno scorso è ospite del centro di accoglienza per bambine e donne vittime di violenza di genere e matrimoni forzati e precoci di Bissau. Il centro è sostenuto da Mani Tese nell’ambito del progetto “Libere dalla violenza” finanziato dall’Unione Europea.

Fatumata insieme a un’assistente sociale del centro di accoglienza per bambine e donne vittime di violenza di genere e matrimoni forzati e precoci di Bissau

Fatumata proviene dal Sud della Guinea-Bissau, una zona che presenta tra le più alte percentuali di matrimoni forzati e precoci del paese, le cui cause sono legate soprattutto a questioni culturali e all’impossibilita delle famiglie di mantenere il numero elevato di figli. Nel caso delle ragazze, la “donazione” in matrimonio oggi assume una vera e propria fonte di entrata per la famiglia e l’abbandono scolastico è altissimo, proprio perché sono vittime dei matrimoni precoci, ma anche perché occupate nel lavoro agricolo e a volte vittime di rituali etnici come la mutilazione genitale femminile. Secondo dati del 2014, la percentuale di donne tra i 15 ed i 19 anni sposate con uomini più vecchi di almeno 10 anni sul territorio nazionale è del 59,6%.

Fatumata ci ha raccontato la sua storia.

“Sono nata a Bissau, dove ho vissuto i primi anni con mia madre, mio padre e le mie tre sorelle.

I miei genitori si sono separati e mio ​​padre è andato a lavorare sull’isola di Bolama. Da allora non abbiamo più avuto contatti con lui.

Mia madre non lavorava e aveva quattro figlie da mantenere, così ha deciso di mandarmi a vivere con mia nonna materna a Buba, città del sud del paese Avevo 5 anni, all’epoca, e tutto andava bene: la nonna mi trattava molto bene, frequentavo l’asilo ed ero felice.

L’incubo è iniziato a 10 anni, quando la sorella di mia nonna è venuta a prendermi per andare a vivere con lei in un villaggio che si trovava a due ore di distanza da Buba. Questa mia zia però mi picchiava, mi urlava addosso e mi faceva lavorare duramente per ore e ore nelle faccende domestiche: ero la prima a svegliarmi e l’ultima ad andare a dormire[i].

Io volevo tornare a frequentare la scuola come le altre ragazze e, dopo tante insistenze, mia zia mi ha finalmente iscritto, ma non avevo nemmeno un quaderno. Per pagarmi il materiale didattico, i vestiti e quello di cui avevo bisogno per andare in classe, sono stata mandata a raccogliere la castagna dell’anacardo nei campi.

Nonostante la stanchezza, frequentavo regolarmente le lezioni, ma all’età di 15 anni, un giorno, verso le 5 di mattina, mia zia, mia nonna e alcune altre donne del villaggio sono venute a prendermi per portarmi via. “Dove mi state portando e perché?”, ho chiesto. “Ti stiamo portando da tuo marito.”, è stata la risposta.

All’inizio ho pensato che si trattasse di uno dei figli di mia zia…Invece era suo marito, un uomo di 70 anni. Ho iniziato a piangere e a urlare. Le donne hanno preso a colpirmi sui piedi, sulla schiena e su tutto il corpo. Poi mi hanno tagliato i capelli e mi hanno vestito da sposa.

Nei sei giorni che precedono il matrimonio non ho mai lasciato che quell’uomo mi toccasse. Mia madre è stata chiamata a Bissau per assistere alla cerimonia, ma appena mi ha vista ha iniziato a piangere ed è scappata a Buba a denunciare il fatto alla polizia.

Così sono arrivati i poliziotti e hanno portato via i responsabili, ma il processo è ancora in corso e mia madre ha ricevuto minacce per essere andata contro la decisione della famiglia.

È per questo che mi hanno portato al centro di accoglienza per vittime di violenza, per proteggermi fino a che la situazione non sarà migliorata. Pare che ora, dopo 4 mesi, lo sia e dovrei tornare da mia madre a marzo.

Al centro di accoglienza sto continuando a frequentare la scuola e sto seguendo i corsi di cucina e di sartoria. La mia vita è cambiata molto da quando sono arrivata qui, perché mi stanno aiutando a essere una persona migliore, a pensare che posso avere un futuro insieme a mia madre e un giorno avere una professione. Io desidero continuare a studiare per diventare dottoressa.

Vorrei dire a tutti i genitori che non devono permettere l’allontanamento dei propri figli dalla famiglia per essere cresciuti in condizioni di schiavitù e a tutti coloro che obbligano una ragazza a sposarsi contro la sua volontà che dovrebbero essere puniti secondo la legge”.

Corso di sartoria al centro di accoglienza per bambine e donne vittime di violenza di genere e matrimoni forzati di Bissau

Djenabu Balde, assistente sociale di Mani Tese, racconta che Fatumata ritornerà in famiglia dopo un percorso di reinserimento iniziato già all’interno del centro, con l’accompagnamento di Mani Tese e secondo un piano di vita e familiare pensato per lei.


[i] Il fenomeno di cui parla Fatumata è quello dei “minino di Kriason”, bambini che vengono “affidati” ad altre famiglie perché non desiderati o per mancanza di mezzi di sostentamento, che li utilizzano nel lavoro o in servizi forzati che rasentano la schiavitù. Secondo dati UNICEF del 2014 più di un bambino su 3 in Guinea-Bissau tra i 5 e i 17 anni è occupato in attività economiche e di questi l’85% in lavori non remunerati. I principali luoghi di lavoro per i bambini sono le piantagioni familiari (71,1%).

Alcuni prodotti realizzati durante i corsi di sartoria

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IN MOZAMBICO, DOPO IL CICLONE IDAI, SI LAVORA SULLE INFRASTRUTTURE

Proseguono i lavori per il rilancio delle attività produttive nel distretto di Chinde duramente colpito dal ciclone Idai nel marzo 2019.

Il progetto “Food assistance for assets – EMERGENZA CIBO DOPO IL CICLONE IDAI”, finanziato dal World Food Programme, è nato con l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita della popolazione mozambicana colpita dal ciclone Idai, fornendo alimenti di prima necessità e rilanciando le attività produttive.

Dopo i primi mesi di progetto in cui sono stati distribuiti cereali, fagioli e olio a 4.000 famiglie, circa 20.000 persone, adesso i beneficiari stanno portando avanti i lavori previsti per il rilancio delle attività produttive.

In particolare, ci si sta concentrando sul distretto di Chinde, alla foce del fiume Zambezi, dove il ciclone Idai è stato estremamente violento provocando forti piogge e numerosi allagamenti, oltre a distruggere abitazioni, coltivazioni e infrastrutture.

Nell’ultimo mese sono state realizzate diverse attività da parte dei beneficiari, fra queste la ricostruzione di un ponte, l’edificazione di due strutture destinate al mercato del pesce e allo svolgimento di incontri e riunioni e la costruzione di semplici tippy taps per il lavaggio delle mani nelle comunità.

Inoltre è stata effettuata un’opera di bonifica e manutenzione delle strade inagibili da tempo a causa del fango portato dalle piogge.

Qui di seguito alcune immagini dal progetto

L’edificazione delle strutture destinate al mercato del pesce

 

 

L’opera di bonifica e manutenzione delle strade

 

 

La costruzione di tippy taps per il lavaggio delle mani nelle comunità

BURKINA FASO: I MIGRANTI BURKINABÉ PARTECIPANO ALLO SVILUPPO DELL’IMPRENDITORIA LOCALE

I rappresentanti della diaspora burkinabé in Italia si sono recati in missione nel loro Paese d’origine per sostenere la nascita e lo sviluppo di imprese locali agroalimentari

di Giulia Polato, Responsabile Paese Burkina Faso

Per il team del progetto Imprese sociali innovative e partecipazione dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso il 2020 è iniziato con un incontro davvero importante fra i destinatari delle attività del progetto e alcuni migranti Burkinabé residenti in Italia.

Il progetto, cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS), mira infatti a favorire lo sviluppo dell’imprenditoria locale in Burkina Faso attraverso il coinvolgimento dei migranti per sostenere, insieme a Mani Tese, la nascita e lo sviluppo di imprese locali di produzione e trasformazione di prodotti agroalimentari.

Alcuni rappresentanti della diaspora, grazie al progetto e a seguito di un percorso formativo in Italia tenuto dal partner CeSPI (Centro studi di politica internazionale),  si sono recati in missione qui in Burkina Faso, nel loro Paese d’origine, per sostenere queste imprese. Delle venti organizzazioni collettive sostenute dal progetto, quattro in particolare hanno un forte legame con la diaspora burkinabé in Italia, che le sta aiutando attraverso consigli tecnici, supporto economico e, durante il soggiorno, anche manovalanza all’occorrenza!

Questa missione ha rappresentato un’occasione molto importante per i rappresentanti della diaspora per rendersi realmente conto di quanto si stia realizzando nel loro Paese e per rafforzare i legami con le quattro associazioni sopracitate che lavorano nel territorio del Boulgou, regione centro-orientale del Burkina Faso.

I rappresentanti che hanno incontrato le imprese, hanno svolto insieme a loro un’analisi FFOM (forze, debolezze, opportunità e minacce) della propria organizzazione e del progetto che stanno realizzando, hanno valutato gli investimenti necessari, hanno elaborato strategie di comunicazione e discusso di come le associazioni della diaspora in Italia possano continuare a fornire il proprio appoggio. Ma hanno anche lavorato insieme a questi imprenditori, con impegno e soddisfazione.

Non possiamo che augurarci che questa collaborazione continui a dare i suoi frutti!

Qui di seguito alcune foto dei rappresentanti della diaspora insieme all’impresa che stanno sostenendo. In ordine da sinistra a destra: l’impresa Sabtenga col sostenitore More, l’impresa Zubawanki col sostenitore Bambara, Idriss sostenitore dell’impresa Koumare e Lucien sostenitore dell’Union des jeunes leaders du Boulgou (UJLB).

Abbandono scolastico: in Italia a rischio un bambino su sette

I risultati dell’indagine sul benessere scolastico realizzata nell’ambito del progetto “Piccoli che Valgono!” promosso da Mani Tese con il contributo di Con i Bambini.

Ogni sette bambini che frequentano la scuola dell’obbligo ce n’è uno che porta i sintomi della disaffezione scolastica. È quanto confermano i primi dati dell’Indagine sul Benessere Scolastico condotta da Mani Tese e Giunti Psycometrics in cinque regioni italiane.

L’indagine è stata realizzata nell’ambito di Piccoli che Valgono!”, un progetto selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, promosso da Mani Tese insieme ad altri partner.

L’indagine ha riguardato 1.277 bambini tra i 9 e i 13 anni, che hanno risposto individualmente (senza mediazioni da parte dei genitori e dei docenti) a 31 domande studiate dagli esperti di Giunti Psychometrics assieme a Stefano Taddei e Bastianina Contena, docenti presso l’Università degli studi di Firenze per valutare la percezione degli studenti rispetto ai fattori del disagio scolastico: lo stile genitoriale, l’atteggiamento e la fiducia degli adulti nello studio, le emozioni che emergono dalle relazioni all’interno della scuola, l’engagement scolastico, la discriminazione, il benessere fisico, i tentativi di evitamento, il contesto extrascolastico e l’appropriazione degli spazi.

L’abbandono scolastico in Italia

Gli ultimi dati Eurostat (2019) mostrano come, nonostante i progressi, l’Italia continui a collocarsi negli ultimi posti in Europa quando si considera il tasso di abbandono scolastico con un preoccupante incremento verificatosi nel 2018 in controtendenza rispetto ai dati degli ultimi anni (dal 14% al 14.5%).

A questo si aggiungono i preoccupanti dati relativi all’abbandono scolastico implicito, ovvero a quella non trascurabile percentuale di persone (circa il 7%) che pur andando a scuola e conseguendo i titoli di studio non acquisisce le competenze richieste (Ricci, 2019) come evidenziabile dai risultati delle recenti prove Invalsi (2019).

I risultati dell’indagine

Il risultato che emerge con più evidenza è una sorta di costante fissa del disagio, che riguarda una fascia di minori in una percentuale che si attesta sempre intorno al 15%.

“È la regola del settimo nano – dichiara Giacomo Petitti, Responsabile Educazione e Formazione di Mani Tese –  circa un bambino su sette manifesta un malessere fin dagli ultimi anni della scuola elementare che, se non intercettato per tempo, può facilmente trasformarsi in dispersione e contribuire alle ragioni dell’abbandono, su cui l’Italia continua a mostrare valori preoccupanti rispetto alla media europea”.

Il 13% degli intervistati dell’indagine percepisce i genitori come non supportivi perché rimproverano sempre (4,9%), lasciano fare ai bambini tutto ciò che vogliono (5,3%) o più semplicemente si fanno gli affari loro (2,9%). Una percentuale analoga si ritrova nelle emozioni provate a scuola. A fronte di una maggioranza che prova stati emotivi positivi o neutri, il 15% degli studenti dichiara sentimenti negativi come rabbia, paura, tristezza e disperazione nel rapporto con gli insegnanti. La scuola in generale suscita emozioni negative nel 20% dei partecipanti, con un significativo aumento nel passaggio tra la primaria e la secondaria di primo grado. Il malessere si evidenzia anche attraverso le strategie di evitamento (al 15% capita di chiedere ai genitori di essere tenuto a casa da scuola) e le relazioni tra pari (il 9% non ha o ha pochissimi amici nel contesto scolastico). Se guardiamo al contesto extrascolastico le cose non migliorano. La percentuale di minori che fuori dalla scuola dichiarano di non provare stimoli piacevoli è, manco a dirlo, del 15%.

Questi dati sembrano essere in correlazione con la motivazione allo studio, da cui emerge che circa la metà degli intervistati dice di avere poco o nessun interesse per lo studio e, cosa ancor più allarmante trattandosi di una fascia di età tra i 9 e i 13 anni, dichiara di non essere particolarmente interessata ad imparare cose nuove.

Un dato positivo riguarda la fiducia negli adulti. Il 95% degli intervistati dichiara di fidarsi molto o moltissimo degli insegnanti e dei genitori, un numero quasi assoluto che indica una strada chiara per ridurre il disagio.

“Quanto è ricambiata questa fiducia? – prosegue Giacomo Petitti – Come è possibile valorizzarne il potenziale positivo e trasformarla, con il passaggio all’adolescenza, in fiducia in sé stessi? Gli insegnanti, i genitori e le figure che svolgono un ruolo educativo devono farsi corresponsabili di un patto educativo per restituire il più possibile ai bambini quella fiducia che è stata loro accordata, e farla diventare una risorsa. La scommessa, non solo della scuola ma dell’intera comunità educante, è tenerli tutti saldamente nel percorso scolastico. Anche quei ‘settimi nani’ che meritano di poter sfruttare fino in fondo l’occasione di apprendere, utilizzando il massimo delle loro capacità”.

Il progetto Piccoli che Valgono!

Piccoli che Valgono! intende promuovere azioni efficaci per contrastare il disagio minorile scolastico e per prevenire le cause di dispersione e abbandono agendo, in particolare, nella fase di passaggio tra il ciclo della scuola primaria e quello della secondaria (fascia di età 9-14 anni) attraverso il coinvolgimento di tutti i soggetti della comunità educante, in primis le scuole.

Quattro gli ambiti di intervento: la vulnerabilità dei minori, la fluidità nel passaggio tra il ciclo della primaria e quello della secondaria, l’impreparazione della comunità educante e l’anonimato degli spazi educativi.

Le sperimentazioni previste dal progetto contribuiranno all’elaborazione di una metodologia replicabile sul piano nazionale per contrastare l’aumento della povertà educativa in Italia.

Il progetto, della durata di tre anni, è promosso da Mani Tese in collaborazione con CIAI, Il Timone, Coop. Sociale Cellarius, Faber City, Centro Studi Villa Montesca, Giunti Psychometrics, Guardavanti, Lama Development And Cooperation Agency, Università Bicocca, Università Ca’ Foscari, le scuole e i comuni di 5 regioni italiane.

Il progetto Piccoli che Valgono! è stato selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Il Fondo nasce da un’intesa tra le Fondazioni di origine bancaria rappresentate da Acri, il Forum Nazionale del Terzo Settore e il Governo. Sostiene interventi finalizzati a rimuovere gli ostacoli di natura economica, sociale e culturale che impediscono la piena fruizione dei processi educativi da parte dei minori. Per attuare i programmi del Fondo, a giugno 2016 è nata l’impresa sociale Con i Bambini, organizzazione senza scopo di lucro interamente partecipata dalla Fondazione CON IL SUD.

Imarisha! Un convegno pubblico su cooperazione e lotta ai cambiamenti climatici

Martedì 18 febbraio 2020 si terrà un convegno pubblico sull’impatto dei cambiamenti climatici nella cooperazione internazionale con un approfondimento sui risultati del progetto IMARISHA! di Mani Tese in Kenya.

Mani tese è lieta di invitarvi, martedì 18 febbraio 2020 alle ore 9.00 presso la Sala Malliani dell’Università degli Studi di Milano, al convegno pubblico sull’impatto dei cambiamenti climatici nella cooperazione internazionale e sulle risposte possibili, con un’attenzione particolare alla gestione delle risorse forestali e alla promozione di energie rinnovabili.

Nel corso del convegno verranno presentati i risultati del progetto “IMARISHA! Energie rurali per la lotta al cambiamento climatico e la salvaguardia ambientale” promosso in Kenya da Mani Tese in partenariato con Network for Eco-Farming in Africa (NECOFA), Università degli Studi di Milano, Climate and Development Foundation (CDF), Cooperativa Eliante e WWF Italia e realizzato con il contributo dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

L’iniziativa rientra all’interno del progetto “IMARISHA! Energie rurali per la lotta al cambiamento climatico e la salvaguardia ambientale” realizzato con il contributo dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

 

SCOPRI IL PROGRAMMA

 

 

9.00 – 11.00 PRIMA PARTE: L’IMPATTO DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI NELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE E LE RISPOSTE POSSIBILI

 

Saluti iniziali a cura di Flavio Lucchesi, Presidente del Corso di Laurea in Scienze Umane dell’Ambiente, del Territorio e del Paesaggio dell’Università degli Studi di Milano, rappresentanti di Mani Tese e dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS)

 

Foreste e cambiamenti climaticiLuca Bonardi, Docente di Geografia dell’ambiente dell’Università degli Studi di Milano

 

La relazione tra giustizia ambientale, giustizia sociale e Agenda 2030Giosuè De Salvo, Responsabile advocacy, educazione e campagne di Mani Tese

 

Le energie rinnovabili in Africa: una sfida per la cooperazione internazionaleMatteo Leonardi, Curatore per WWF della pubblicazione “Energie rinnovabili in Africa: il caso del Kenya spunti per la cooperazione internazionale”

 

Moderazione e conclusioni a cura di Valerio Bini, Geografo dell’Università degli Studi di Milano e co-autore della pubblicazione “Combattere la deforestazione in Africa: la foresta Mau (Kenya)”

 

11.00 –  11.30 COFFEE BREAK

 

11.30 – 13.30 SECONDA PARTE: LE ATTIVITÀ REALIZZATE DAL PROGETTO IMARISHA! IN KENYA

 

Proiezione del video: IMARISHA! Lotta all’emergenza climatica in Kenya

 

L’idea di IMARISHA e i risultati ottenutiSamuele Tini, Capo progetto in Kenya, Mani Tese

 

La foresta di Mau e il fenomeno della deforestazione Stefania Albertazzi, Geografa dell’Università degli Studi di Padova e co-autrice della pubblicazione “Combattere la deforestazione in Africa: la foresta Mau (Kenya)”

 

La mappatura della biodiversità nella foresta di MauGuido Trivellini, Biologo e coautore della pubblicazione “Combattere la deforestazione in Africa: la foresta Mau (Kenya)”

 

Il fotovoltaico quale risposta ai bisogni di accesso all’energia elettrica della popolazione della foresta di Mau e come opportunità di reddito: il “Chiosco solare” di Mariashoni e i Solar home systemsLuca Zingale, Presidente di Climate and Development Foundation (CDF)

 

Moderazione e conclusioni a cura di Giovanni Sartor, Responsabile cooperazione internazionale di Mani Tese

 

Per ulteriori informazioni scrivere a cooperazione@manitese.it.

Tratta e schiavitù: il grande business delle mafie

Il convegno annuale sulla tratta quest’anno parlerà di come i gruppi criminali si arricchiscono con il traffico di persone. L’evento è promosso dal Centro Pime di Milano, Mani Tese e Caritas Ambrosiana con la collaborazione di Ucsi Lombardia.

Armi, droga, merce contraffatta, tabacco… ma soprattutto esseri umani. Gruppi criminali internazionali, ma anche mafie italiane, si stanno arricchendo sulla pelle di milioni di persone spesso in condizioni di grande vulnerabilità. Uomini, donne e, sempre più spesso bambini e bambine, vengono trafficati e ridotti in condizioni di vera e propria schiavitù per lo sfruttamento lavorativo e sessuale, ma anche per accattonaggio forzato, servitù domestica, matrimoni precoci, espianto d’organi, adozioni illegali e molto altro ancora. Quello della tratta è uno dei business illegali più redditizi al mondo. Anche in Europa. Ma è ancora molto difficile da contrastare. E da raccontare…

«La tratta è diventata un business internazionale estremamente redditizio – conferma Maria Grazia Giammarinaro, Special Rapporteur dell’Onu, che interverrà al convegno dell’8 febbraio -. Da intercettazioni telefoniche di boss della ‘ndrangheta emerge addirittura che alcuni di loro considerano lo sfruttamento sia sessuale che lavorativo ancora più redditizio del traffico di droga. Eppure nel contrasto siamo ancora agli albori».

Anche quest’anno, in occasione della Giornata mondiale contro la tratta (8 febbraio 2020), il Centro Pime di Milano, Mani Tese e Caritas Ambrosiana organizzano, con la collaborazione di Ucsi Lombardia, un convegno pubblico sul tema.

TRATTA E SCHIAVITÙ: IL GRANDE BUSINESS DELLE MAFIE” è il titolo dell’evento che parlerà di come i gruppi criminali, sia italiani che internazionali, stiano diventando sempre di più dei mercanti di schiavi. Ma anche di come i media possono e devono raccontare questo complesso e drammatico fenomeno (anche alla luce delle Carta di Roma).

Il convegno, a ingresso libero, si terrà l’8 febbraio 2020 presso il centro PIME di Milano in via Mosè Bianchi 94 alle ore 9.30.

I dati

Nel mondo sono 40 milioni le vittime di tratta. Tra queste, il 72% sono donne, mentre il 23% sono minori. Fra le principali finalità della tratta vi sono lo sfruttamento sessuale (quasi 60%) e il lavoro forzato (34%).

In questi ultimi anni il fenomeno della tratta è cresciuto soprattutto nei contesti di guerra e di migrazioni forzate e ha visto un aumento significativo dei minori – sia maschi che femmine – coinvolti (circa un terzo delle vittime). (Fonte: Unodc)

Il programma

Il convegno sarà aperto da Maria Grazia Giammarinaro, relatrice speciale Onu sul traffico di persone, che illustrerà il quadro internazionale del fenomeno della tratta.

La seconda parte del convegno sarà dedicata alle mafie e al loro contrasto con gli interventi di Leonardo Palmisano, sociologo e autore del libro “Ascia Nera”, sulla mafia nigeriana, e David Mancini, magistrato della Dda dell’Aquila, che collabora con l’Organizzazione per la sicurezza e cooperazione in Europa (Osce) nell’ambito del contrasto alla criminalità organizzata e alla tratta di persone, nonché sulla tutela dei diritti umani delle vittime.

La terza parte del convegno sarà dedicata ad alcuni casi che toccano anche il nostro Paese molto da vicino: Agromafie e caporalato con Federica Cattaneo, Flai-Cigl Milano; Rotta balcanica e racconto mediatico con Valerio Cataldi, giornalista RAI3 e presidente Associazione Carta di Roma; i “Corridoi Umanitari” attivati come possibili vie legali di accesso al nostro Paese nelle situazioni di emergenza con Luciana Forlino di Caritas Italiana.

L’impegno di Pime, Mani Tese e Caritas Ambrosiana

Pime, Mani Tese e Caritas Ambrosiana operano in contesti diversi per la prevenzione del traffico di esseri umani e la protezione delle vittime.

«Il Pime è presente in diversi Paesi di origine e transito delle vittime di tratta – spiega padre Mario Ghezzi, direttore del Centro Pime di Milano, rientrato in Italia dopo 18 anni in Cambogia -. Il nostro principale impegno è nell’ambito dell’educazione e della sensibilizzazione per cercare di prevenire la partenza di giovani senza prospettive e senza progetti migratori mirati, che li spingono quasi inevitabilmente nelle mani di trafficanti e sfruttatori. Grazie alla nostra rete di missionari e volontari, in diversi Paesi d’Africa, Asia e America Latina, e grazie al sostegno di molti amici e benefattori qui in Italia, cerchiamo di promuove istruzione e sviluppo, specialmente nei luoghi più poveri e abbandonati, e di offrire così ai giovani opportunità di vita dignitosa e prospettive di futuro».

Mani Tese ha lanciato, nel 2016, il programma di sensibilizzazione “I EXIST – say no to modern slavery” per prevenire e contrastare le cause delle schiavitù moderne, nell’ambito del quale ha promosso iniziative di sensibilizzazione e avviato progetti in India, Bangladesh, Cambogia e Nicaragua a sostegno delle vittime di lavoro minorile, trafficking e sfruttamento lungo le filiere produttive. Dal 2017 ha inoltre avviato in Guinea-Bissau una collaborazione con l’organizzazione locale AMIC per strutturare e rafforzare il sistema di protezione per donne e minori vittime di violenza, in particolare di matrimonio forzato e/o precoce, e per i minori trafficati talibè rimpatriati dal Senegal.

L’impegno di Caritas Ambrosiana sul tema della tratta è a tutto tondo. Promuove attività di ricerca e di sensibilizzazione attraverso studi, convegni e campagne sul tema. Inoltre l’organismo diocesano è attivo sul campo con l’offerta di diversi servizi alle vittime: dal primo incontro realizzato dall’unità di strada all’inserimento in percorsi di integrazione reso possibile da una rete di alloggi protetti presenti nel territorio. Inoltre Caritas Ambrosiana, con altre Caritas diocesane, assicura accoglienza ai richiedenti asilo che giungono nel nostro Paese attraverso “Corridoi Umanitari” attivati in alcuni contesti di particolare emergenza.

Il convegno è aperto a tutti. Ingresso libero.

Il convegno è accreditato per la formazione permanente di giornalisti e assistenti sociali. Esonero per gli insegnanti.

Iscrizioni giornalisti: SIGEF

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