Neary vuole studiare

La storia della piccola Neary che, dopo una vita di sfruttamento e di violenza, è stata accolta presso il centro di Damnok Toek in Cambogia, dove si sta rifacendo una vita.

Prima di essere accolta al Centro di Accoglienza di Damnok Toek nell’agosto del 2019, Neary[1], 11 anni, viveva nel villaggio di Poipet con sua madre, il suo patrigno e i fratelli.

Insieme ai suoi fratelli più giovani, trascorreva notte e giorno a frugare nella spazzatura e a chiedere l’elemosina nella zona vicino al casino Star Vegas nella città di Poipet e vicino al Psa Akkeak Market.

A casa, quando la mamma di Neary non c’era, la bambina era purtroppo vittima di violenze sessuali da parte del patrigno, il quale venne poi fortunatamente arrestato dalla polizia e mandato nella prigione provinciale di Banteay Meanchey.

Quando gli assistenti sociali di Damnok Toek ricevettero una telefonata dal numero verde ChildSafe che li allertava del caso, il centro di accoglienza si attivò immediatamente cooperando con le autorità locali e il Consiglio Comunale per le Donne e i Bambini per fare in modo che la bambina venisse accolta presso il centro.

Da quando è arrivata, Neary qui si sta riprendendo. Sta studiando molto ed è decisa a essere una buona scolara e ad avere successo nel suo futuro. È molto grata, infatti, di avere l’opportunità di ricevere un’educazione a Damnok Toek.

Il personale del Centro di Accoglienza ha visitato la famiglia della bambina e ha incontrato la madre, che ha detto loro che non desiderava che la figlia tornasse a casa e che preferiva che cogliesse invece l’opportunità di studiare e di assicurarsi un futuro migliore. Neary stessa, del resto, non ha espresso alcun desiderio di tornare dalla sua famiglia o di rivedere sua madre.

Tuttavia, per mantenere vivo il legame madre-figlia e per facilitare la riconciliazione familiare, Damnok Toek ha organizzato delle visite mensili e bimestrali della madre a Neary presso il Centro di Accoglienza.

Siamo sicuri che Neary, grazie alle cure ricevute presso il centro, potrà riprendere in mano la sua vita e avere di fronte a sé un futuro assai più luminoso.

Nella foto, I Bambini del Centro di Accoglienza e del Centro di Assistenza Temporanea imparano a campeggiare in montagna durante una gita nella provincia di Pursat

[1] Il nome della bambina è stato cambiato per proteggere la sua identità.

È uscito il bando del Servizio Civile Universale, candidati con noi!

Cambia il presente e riscrivi il futuro del pianeta: fai il servizio civile a Mani Tese!

Cambia il presente e riscrivi il futuro del pianeta: fai il servizio civile a Mani Tese!

È uscito il bando per operatori volontari del Servizio Civile Universale. Se hai fra i 18 e i 28 anni, candidati a uno dei progetti di Mani Tese: LA VIA GIUSTA È CAMBIARE STRADA!” E “FACCIAMO LA PACE, SEMINIAMO GIUSTIZIA”.

Puoi candidarti fino al 10 febbraio 2023

Dal 9 gennaio al 9 febbraio, è attivo un nostro sportello telefonico e whatsapp per informazioni sui progetti DI SERVIZIO CIVILE con MANI TESE:

. Infoline 373 746 3996

. Lunedì, mercoledì e venerdì dalle 10.00 alle 12.00

Trova tutte le informazioni QUI

Istruzione è libertà in Benin

In Benin i progetti puntano sull’educazione e il contrasto all’abbandono scolastico per rafforzare la posizione delle ragazze e delle donne del Paese.

Di Judith N’BORA, Coordinatrice attività di educazione e sensibilizzazione di Mani Tese in Benin

Mani Tese realizza da qualche anno, in Benin, un programma di intervento che prevede la promozione e il sostegno alla scolarizzazione delle ragazze e l’empowerment femminile. In quest’ambito si colloca il progetto “Prevenzione dell’abbandono scolastico e sensibilizzazione di comunità e autorità riguardo ai diritti dei bambini e delle bambine in Benin”, avviato da luglio 2022 e cofinanziato dalla Fondazione Maria Enrica e dai fondi 8 per 1000 della chiesa valdese. Coscienti del fatto che nessuna emancipazione, e più ancora alcuna liberazione della donna, è concepibile senza l’istruzione e l’educazione, i direttori delle scuole primarie pubbliche e la autorità locali dei villaggi coinvolti hanno aderito positivamente e fin da subito a questo intervento che coinvolge 20 scuole primarie pubbliche di quattro comuni del Dipartimento dell’Atacora, per un totale di circa 700 studentesse. Negli istituti coinvolti vengono realizzate attività di sensibilizzazione delle comunità sulle conseguenze del traffico di bambini e lo sfruttamento del loro lavoro; forme di pressione verso le autorità pubbliche responsabili della protezione dei bambini; sessioni di formazione e giochi educativi sull’importanza della scolarizzazione nelle scuole stesse; trasmissioni radiofoniche per far conoscere con linguaggio accessibile la legge relativa al codice dell’Infanzia della Repubblica del Benin. E ancora: sostegno in attrezzi agricoli e sementi per le famiglie più vulnerabili in cui è presente una ragazza in età scolare. Nella società del Benin la donna ha sempre svolto e continua a svolgere un ruolo molto importante ed essenziale in tutte le opere di promozione dello sviluppo comunitario sia a livello di base, a partire dal nucleo famigliare di appartenenza, sia ai diversi livelli amministrativi e decisionali del Paese. La presenza indispensabile della donna in seno alla società richiede di accordarle un’attenzione particolare e favorire il suo protagonismo in tutte le tappe della sua esistenza. In questo senso, il progetto in corso si pone lo scopo di creare le condizioni favorevoli a far emergere donne capaci di assumere responsabilità tanto sul piano sociale, che economico, culturale e politico. Si può dunque comprendere il motivo per il quale i direttori delle scuole, i genitori degli alunni e delle alunne e le autorità locali abbiano accolto con favore il progetto e lo stesso si può dire per gli studenti e le studentesse di tutte le scuole coinvolte, come Orou N’Gobi Farida che spiega: “Molto spesso molte ragazze vengono ritirate dalla scuola dai loro genitori poveri per condurle verso matrimoni precoci e forzati o per mandarle nei campi di cotone o ancora in Nigeria dove vengono sfruttate”. La sua speranza è che Mani Tese continui a sostenere la sua scuola affinché possa continuare a studiare e diventare una persona importante un domani.

Bambine n Benin

Per il direttore della scuola primaria pubblica di Tigninti, Félix Okotey questo progetto risponde a un bisogno reale ed evidente nel contesto sociale, culturale economico e anche politico del Paese. In particolare, Okotey ha evidenziato come sia importante la fornitura di sementi e attrezzi agricoli alle famiglie più vulnerabili. Tutte le ragazze che appartengono a famiglie indigenti che ne hanno beneficiato hanno potuto migliorare la loro dieta alimentare quotidiana e questo ha un impatto fondamentale anche sulla frequenza a scuola. “La mia grande speranza – ha detto – è che Mani Tese possa trovare le risorse per estendere queste azioni a molte altre scuole del dipartimento dell’Atacora e questo per un tempo tale da permettere un impatto duraturo e non reversibile”. Infine Basile Mane, capo dell’arrondissement (quartiere) di Pêporiyakou ci ha detto: “questo progetto è veramente il benvenuto. In effetti l’anno scorso sono passato di casa in casa nei villaggi del mio arrondissement per esigere che le ragazze in età scolastica fossero mandate a scuola e quelle che già erano a scuola la continuassero. Ho anche seguito il caso di una ragazza alla quale i genitori avevano fatto abbandonare la scuola per andare a lavorare in Nigeria. Ho ottenuto il ritorno della ragazza e la sua ripresa del cammino scolastico. Francamente questo progetto è come un salvagente per noi.

Bambine Benin

Articolo pubblicato nel numero di dicembre 2022 del Giornale di Mani Tese: LINK

Dalla parte delle donne dell’Africa occidentale… anche a Natale!

“Molto più di un pacchetto regalo”
da 15 anni coinvolge migliaia
di volontari e volontarie nelle
librerie per sostenere i progetti
di Mani Tese nel Sud del mondo,
quest’anno dedicati alle donne
in Benin, Burkina Faso e
Guinea-Bissau

Di Domenica Mazza, Responsabile sensibilizzazione e promozione del volontariato di Mani Tese

“Molto più di un pacchetto regalo!” è la campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi di Mani Tese realizzata in partnership con laFeltrinelli. Dal 2007 a oggi, nel mese di dicembre, migliaia di volontari e volontarie di Mani Tese si sono attivati e hanno messo a disposizione il proprio tempo per confezionare i pacchetti regalo dei clienti in decine e decine di librerie sparse su tutto il territorio nazionale. Allo stesso tempo, centinaia di migliaia di persone sensibili e attente hanno accolto questa proposta di solidarietà avvicinandosi ai nostri volontari, informandosi sui temi della cooperazione e della giustizia e offrendo il loro contributo attraverso libere donazioni. Ogni singolo volontario e ogni singolo sostenitore sono i protagonisti e gli artefici di un cambiamento che, anno dopo anno, sostiene i popoli delle terre più povere del pianeta contribuendo a creare un mondo migliore.

“Molto più di un pacchetto regalo!” ha raccolto, in questi 14 anni, un totale di 4.339.798,05 euro coi quali Mani Tese ha sostenuto 39 partner locali, associazioni e organizzazioni del Bangladesh, Guatemala, Messico, Nicaragua, Ecuador, Benin, Brasile, Burkina Faso, Guinea-Bissau, Sudan, Mozambico, Kenya, Sud Sudan, India, Cambogia per la realizzazione di 49 progetti di cooperazione internazionale.

Volontari Mani Tese

Anno dopo anno, i numeri parlano di una campagna vincente, di migliaia di volontari impegnati per una grande causa, della sensibilità e generosità di tantissime persone che, ogni anno, accolgono e sostengono la nostra missione. “Molto più di un pacchetto regalo!” non è solo impacchettamento di regali, è anche l’opportunità di incontrare gli studenti per formarli su temi importanti e di discutere con loro delle sfide degli obiettivi dell’agenda 2030. È l’opportunità per coinvolgere associazioni e cooperative che si occupano di minoranze, di persone con disabilità o vulnerabili. È l’opportunità per tante aziende di coinvolgere i propri dipendenti in un’esperienza di volontariato unica. È un appuntamento atteso da tanti pensionati, che vogliono dedicare il proprio tempo per qualcosa di importante, e da tutti quei giovani che ci hanno conosciuto a 16 anni e che sono cresciuti con noi. Quest’anno l’obiettivo di “Molto più di un pacchetto regalo” è ancora più straordinario: quello di favorire l’emancipazione delle donne in Africa Occidentale contrastando la violenza di genere, l’abbandono scolastico delle ragazze e favorendo l’autonomia economica delle donne in tre Paesi: Benin, Burkina Faso e Guinea-Bissau.
“Donne al centro”, infatti, è il nome che abbiamo deciso di dare alla campagna di quest’anno. In Africa troppe donne non possono decidere del proprio futuro. Su di loro pesa ancora il carico della famiglia – 1/3 delle donne ha un figlio prima dei 18 anni – che faticano a mantenere a causa della loro scarsa scolarizzazione e delle difficoltà ad accedere a opportunità lavorative. Il 51% delle donne in ambito rurale, inoltre, vive all’interno di un nucleo familiare dove il marito prende tutte le decisioni. Eppure le donne africane sono considerate come le più attive economicamente al mondo, soprattutto in campo agricolo dove rappresentano il 52% della forza lavoro, ma che, a causa della forte disparità di genere generano solo il 30% del PIL.

Volontari Mani Tese

Per contrastare tutto questo, Mani Tese inizia il suo impegno dalle più piccole, in Benin, dove l’abbandono scolastico è elevato soprattutto tra le ragazze. Qui interviene nelle scuole, coinvolgendo istituzioni e direttori scolastici per sensibilizzarli sull’importanza del diritto all’istruzione oltre che sulle conseguenze della dispersione scolastica. In Guinea-Bissau, Mani Tese si impegna a fornire assistenza educativa, psicosociale e legale alle donne ospitate in due centri di accoglienza per vittime di violenza di genere e a favorirne il loro reinserimento sociale attraverso percorsi di formazione (in sartoria e panificazione) per poterne garantire l’indipendenza economica. A questo lavoro si affianca anche la creazione di nuove opportunità economiche per le donne, in particolare giovani e con disabilità, attraverso attività di formazione professionale, borse di studio, tirocini, apprendistati e il sostegno di microimprese femminili.
In Burkina Faso, Mani Tese si impegna per l’autonomia delle donne lavorando per il rafforzamento dell’imprenditoria femminile e supportando la formazione sulla gestione amministrativa e finanziaria delle loro cooperative, sulle tecniche di produzione agroecologica e di trasformazione e conservazione dei prodotti e mettendo a disposizione terreni, sementi e attrezzi potenziando le capacità produttive e di trasformazione di prodotti della tradizione locale.


“AIUTARE LE PERSONE MI FA SENTIRE BENE” Intervista a Marina Piras, volontaria di “Molto più di un pacchetto regalo”.

Marina, cosa ti ha spinta a partecipare a “Molto più di un pacchetto regalo”?
Il periodo natalizio a me piace molto anche perché ho la passione di fare i pacchetti regalo. Dove abitavo prima mi capitava di vedere associazioni che facessero i pacchetti con scopi di beneficenza. Non ho mai partecipato ma era una cosa che mi ha sempre incuriosita. Allora ho cercato su Internet un modo per farli a Milano e ho trovato subito voi, che mi avete accolta e formata spiegandomi i veri motivi per cui l’associazione fa questa attività. Sapere di aiutare delle persone mi faceva sentire bene e utile e così ho cominciato questa grande avventura e, da allora, partecipo tutti gli anni!

Consiglieresti questa esperienza?
“Molto più di un pacchetto regalo” è un’esperienza che mi ha dato tanta consapevolezza: il sapere di poter dare un aiuto concreto per consentire che un mondo diverso potesse crescere, grazie al fatto del mio essere volontaria, ha fatto crescere me stessa. Quindi consiglierei a tutti questa esperienza perché partecipare a “Molto più di un pacchetto regalo” è un modo per vivere il Natale in maniera diversa.

Come sono stati i rapporti con gli altri volontari?
È molto interessante incontrare gli altri volontari e avere modo di parlare con loro, conoscerli, scoprire perché ognuno ha deciso di partecipare all’iniziativa e condividere i momenti al banchetto e divertirsi insieme, anche solo per le 4 ore del proprio turno…Ogni persona che ho incontrato mi ha lasciato dei
bei ricordi.

C’è un episodio in particolare che ricordi?
Ricordo ancora un nonno che ha comprato la discografia completa dei Queen per il nipote. Lo ricordo per l’emozione che aveva lui stesso nel farcelo impacchettare…Allo stesso tempo lui ci ha ascoltati ed era interessato al motivo per cui stavamo facendo i pacchetti regalo e ai progetti di Mani Tese che gli abbiamo raccontato. Salutandoci ci ha fatto i complimenti per quello che stavamo facendo…Può essere una cosa scontata ma è stato bello vedere la gentilezza e la gratitudine nei sui occhi.

Articolo pubblicato nel numero di dicembre 2022 del Giornale di Mani Tese: LINK

Sognare l’impossibile con una sartoria sociale

Il progetto “ManiGOLDe”
coinvolge le donne donando
nuova vita a cose e persone

Di Gaia Barbieri, Volontaria di Mani Tese Finale Emilia

L’Associazione Mani Tese di Finale Emilia ha avviato, da oltre 2 anni, una sartoria sociale che esprime un’economia circolare, inclusiva e d’integrazione a tutto tondo. “ManiGOLDe” nasce per tante ragioni:
dall’accumulo di abiti e accessori nel magazzino di Finale Emilia, dalla la necessità di leggere e accogliere i bisogni della nostra comunità, da vent’anni di impegno associativo per generare beni e condivisioni… Oggi “ManiGOLDe” accoglie oltre 30 volontarie, 4 inserimenti di donne con diverse fragilità (psichiatriche, sociali, disabilità) con tirocini formativi regionali e una figura professionale di educatore. L’idea alla base del progetto di sartoria sociale “ManiGOLDe” è stata quella di utilizzare i materiali usati e di scarto per
produrre capi di abbigliamento “nuovi” e realizzare azioni di inclusione socio-lavorativa per persone vulnerabili. “Lavoriamo per le nuove vite e possibilità di persone e cose; guardiamo gli scarti come risorse e diamo valore alle loro profonde ricchezze e significati; crediamo nelle nuove opportunità e ci ‘ricuciamo’ in uno spazio che è anche luogo per l’ascolto e la speranza” dice il nostro manifesto. Il progetto parte a novembre 2019. Grazie alla donazione di Mantovani Benne, possiamo acquistare le macchine professionali. Poche settimane dopo, però, tutto si chiude: inizia la pandemia e il lockdown e, per tenere “acceso” questo progetto, ci si incontra al massimo in video. La sartoria è pronta ma ci si scoraggia e si
pensa di fermarsi. Due però sono le Fondazioni che credono in noi e che appoggiano non solo economicamente il progetto: la Fondazione Cattolica Assicurazioni, che dà la spinta importante iniziale, e la Fondazione Cassa di Risparmio di Mirandola, che ci supporta nell’acquisto dei macchinari.
Per abitare questo tempo sospeso e di emergenza, decidiamo di confezionare e recuperare mascherine, incontrandoci distanziate e per pochi minuti, e recuperiamo così la carica di pensare e progettare.

©Antonio Mantovani

Appena possibile, inauguriamo lo spazio vendita nella sede. Ricominciamo a cucire e a costruire insieme. Mani Tese Padova ci mette in contatto con una merceria di Trento che ci dona tutti i mobili e i materiali: un patrimonio inestimabile. La proprietaria, Rita Postal, ci trasmette la sua vita, la sua passione per la moda, l’aggiustare, la dedizione a un lavoro di mani e creatività. Tutto arriva a Finale Emilia e ogni angolo di Mani Tese straripa di bottoni, gancetti, stoffe, colori e pizzi. Impariamo cos’è il gos grain, il tombolo, il merletto. E decidiamo di sfidare l’impossibile: apriamo un temporary store a Finale Emilia che, dopo 6 mesi di prova, sta proseguendo con successo la sua avventura. Con Mani Tese ONG otteniamo un finanziamento dalla Cassa di Risparmio di Modena e nasce il gemellaggio con un progetto di cooperazione in Guinea-Bissau che unisce le donne vittime di violenza alle “ManiGOLDe”. Durante collegamenti online molto emozionanti, ci scambiamo tutorial, segreti e vite. Attiva da anni, si sviluppa poi con più intensità la collaborazione con i servizi sociali dell’Unione comuni Area Nord, con il tribunale dei Minori e con l’Ufficio Esecuzione Penale esterna di Modena per accogliere diverse persone in percorsi finalizzati all’inserimento lavorativo e sociale. Con il progetto legato alla sartoria ci si spinge oltre all’aspetto puramente assistenziale e d’integrazione: lo scopo è quello di promuovere un insieme di pratiche che coniughino l’aspetto pratico del recupero creativo con un programma di sviluppo orientato a trasferire competenze, etica del lavoro, sensibilità ambientale e cultura della solidarietà. Quello che “ManiGOLDe” offre è quindi un’opportunità di crescita professionale che diventa dignità.

©Antonio Mantovani

Nel passato recente dell’avventura di “ManiGOLDe” c’è anche la relazione con il gruppo dei ragazzi con disabilità dell’Istituto Calvi di Finale Emilia per un’esperienza educativa e formativa molto importante.
Ogni mercoledì, per molti mesi, i ragazzi accompagnati dai loro educatori hanno frequentato la nostra sede, collaborando attivamente con i volontari dell’emporio solidale e della sartoria sociale.
Possiamo certamente dire che “ManiGOLDe” oggi è molto più di una sartoria sociale. È un laboratorio concreto e quotidiano per la sostenibilità ambientale, sociale ed economica; un network territoriale che unisce sinergie già esistenti sviluppando ambiti imprenditoriali innovativi; un modo per dare e ridare il giusto valore all’uso consapevole delle risorse e all’ambiente che ci circonda; un mezzo per professionalizzare le competenze sartoriali di persone che, per diverse ragioni, hanno difficoltà a inserirsi nel mondo del lavoro; uno spazio di relazioni e incontri significativi dove trovare e sperimentare i significati profondi della cura del Bene e dell’Altro, facendo economia.
Oggi “ManiGOLDe” produce sartoria di qualità e di alto valore ambientale e sociale. Al tempo stesso è spazio che accoglie le persone nei propri percorsi di disagio e difficoltà attraverso una visione che valorizza le loro competenze e il loro vissuto e restituisce dignità attraverso l’inclusione e il lavoro.
Perché l’impossibile, a volte, è possibile.

©Antonio Mantovani

Articolo pubblicato nel numero di dicembre 2022 del Giornale di Mani Tese: LINK

Burkina Faso: piccole imprenditrici, grandi sogni

La transizione agroecologica
come processo di indipendenza
ed emancipazione delle donne

Di Giulia Tringali, cooperante di Mani Tese in Burkina Faso

“Sono nata nel 1984 e ho frequentato la scuola elementare, non c’era possibilità di continuare, così ho iniziato, un po’ alla volta, a lavorare” racconta Kotine. “Ho cominciato a seguire alcune formazioni sull’agricoltura e l’alimentazione all’interno di vari progetti. Non ho mai smesso di imparare e ora sto cominciando a vendere i miei prodotti, specialmente le verdure e la pasta di arachidi”.
Kotine Compaore è una delle 70 donne dell’Association de soeurs burkinabé de Poedogo, Koubri. Dal 2021 ha cominciato a seguire le formazioni del progetto “Donne al Centro per la Transizione Agroecologica” cofinanziato dalla Regione Emilia Romagna. Lavoratrice intraprendente, madre di quattro figli, collabora attivamente al reddito famigliare e alla gestione della casa. “Ci sono molte ragazze, qui a Koubri, che non hanno lavoro e stanno a casa – afferma Kotine – a volte le famiglie non hanno abbastanza soldi per mandarle a scuola e quindi fanno ancora più fatica poi ad avviare un’attività economica”. In Burkina Faso, in effetti, il tasso di sottoutilizzo della manodopera femminile è del 41,9% rispetto al 30% degli uomini e nelle zone rurali questa percentuale aumenta (INSD, 2018 – Institut National de la Statistique et de la Démographie).

La realtà raccontata da Kotine riguarda molte donne di Koubri. Eveline Rouamba, la presidente dell’Associazione dichiara: “Qui ci sono molte donne che non lavorano anche perché il mercato centrale è lontano, quindi molte si limitano a raccogliere la legna per poi andarla a vendere al mercato di Koubri in modo da ricavare qualche soldo. Altre coltivano a casa propria per sopravvivere e dar da mangiare alla famiglia, ma non a tutte basta il proprio perimetro, soprattutto in una zona come questa, colpita dalla siccità”.

Il dipartimento di Koubri (60.802 abitanti secondo l’ultimo censimento nazionale del 2020) si trova, infatti, in una situazione particolarmente drammatica dal punto di vista dei cambiamenti climatici, essendo una zona particolarmente colpita dalla scarsità di precipitazioni. La regione non può più contare sulle piogge stagionali e la terra è diventata meno fertile. Anche l’accesso all’acqua potabile è difficile: secondo il Programma nazionale di approvvigionamento di acqua potabile (MEA, 2020), il tasso di accesso è del 68,4% e solo il 16,4% dell’acqua utilizzata viene recuperata e trattata correttamente. Tutto questo si ripercuote sulle abitudini alimentari delle famiglie e, in particolare, delle donne nella provincia di Kadiogo, dove si trova il dipartimento di Koubri, le quali hanno un tasso di malnutrizione in età fertile del 4,8% e solo il 25,9% di loro consuma tutti i gruppi alimentari (dati dell’indagine nazionale SMART 2020, Ministero della Salute, Burkina Faso).

Il lavoro portato avanti con l’Association de soeurs cerca di superare il problema permettendo alle donne del gruppo di coltivare, oltre che il proprio orto di casa, anche un ulteriore perimetro fornito di pompa a energia solare, bacini idrici e un edificio adibito a magazzino e sede associativa costruiti grazie al progetto “Donne al centro per lo sviluppo inclusivo e sostenibile” cofinanziato dalla Regione Veneto. “Se avessimo dovuto acquistare da sole un perimetro come questo – afferma Eveline – ci sarebbe costato molto caro, ma grazie al progetto possiamo coltivarlo e piano piano guadagnare qualcosa in più per la nostra famiglia”.

Nel corso dell’anno, inoltre, le donne dell’Associazione, seguite da animatori e formatori, hanno appreso come trasformare alcuni ortaggi, come sviluppare un’alimentazione corretta con una dieta diversificata e come prendersi cura della casa e di ciò che portano a tavola, grazie a una formazione sulla pulizia e l’igiene. “Le tecniche apprese ora le uso anche a casa mia per coltivare il mio orto e ho migliorato anche il modo con cui preparo da mangiare. Ho scoperto che prima non pulivo abbastanza bene le pentole e la verdura e, spesso, mangiavamo le stesse cose. Oggi, invece, sto molto attenta alla pulizia degli spazi e, grazie anche ai risultati raggiunti con l’Associazione, posso cucinare un giorno il riso, quello dopo i fagioli e quello dopo ancora delle verdure, in casa sono tutti molto contenti” racconta Eveline. Le donne dell’Associazione, oltre che ad aver imparato a diversificare la dieta, sono diventate anche un esempio positivo per la loro comunità, delle leader che trasmettono quanto appreso anche agli altri, dando l’esempio e dando consigli ai vicini e alle amiche. “Ho mostrato quello che ho imparato ai miei vicini – racconta Kotine – Così, anche se loro non sono parte del progetto, possono essere informati e imparare. Piano piano vedo che anche da loro le cose stanno cambiando”.
Una transizione lenta ma costante verso l’agroecologia e la sostenibilità alimentare è ciò che le donne di Koubri stanno contribuendo a realizzare nel loro piccolo. Attraverso la coltivazione, l’utilizzo e la vendita dei frutti del loro lavoro, generano reddito per la famiglia e la mantengono in forma, grazie a una corretta alimentazione.

Non sono le sole in Burkina Faso a essersi rimboccate le maniche. Anche nella Provincia di Boulgou, regione di Centre-Est, le donne che fanno parte del progetto “Miglioramento della Sicurezza alimentare e promozione dello sviluppo rurale nella provincia del Boulgou” cofinanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, sono al centro dello sviluppo. Il progetto, in accordo con il Piano Nazionale di Sviluppo Economico e Sociale (PNDES), lavora con le organizzazioni contadine per promuovere alcuni prodotti agricoli in settori strategici come il riso, la cipolla e il pomodoro. Nel Boulgou le donne si sono organizzate in 4 cooperative agricole e stanno mettendo a frutto 10 ettari di terreno.
Inoltre, grazie alle formazioni sulla trasformazione e la commercializzazione dei prodotti, ciò che non viene utilizzato per l’autoconsumo, verrà venduto dalle donne, creando un’ulteriore fonte di reddito per la famiglia. La promozione della piccola imprenditoria è uno dei punti chiave del progetto, che attraverso il lavoro dignitoso punta a migliorare la sicurezza alimentare della provincia, duramente colpita dai cambiamenti climatici e dallo stato di insicurezza costante in cui versa gran parte del Paese.
Con perseveranza, nelle proprie comunità di appartenenza, molte donne Burkinabé stanno lavorando allo sviluppo del Paese. Piccole imprenditrici con il grande sogno di migliorare la propria vita e quella della propria famiglia, del proprio Paese e di lasciare un futuro più degno ai propri figli e figlie. “Molte donne Burkinabé stanno imparando a cavarsela da sole – afferma Eveline – capiscono che non devono essere pigre e aspettare che sia il marito a gestire tutto.
Bisogna, invece, lavorare e imparare a darsi da fare, nulla cambia se si sta sdraiate in attesa che gli uomini ci portino questo o quello. Per avanzare e migliorare la propria vita bisogna imparare a cavarsela con le proprie forze” e mentre conclude la frase ha già in mano l’innaffiatoio pronta a bagnare i nuovi germogli.

Articolo pubblicato nel numero di dicembre 2022 del Giornale di Mani Tese: LINK

Guinea-Bissau, empowerment femminile contro la violenza di genere

I progetti puntano da un lato
a sensibilizzare la popolazione
e dall’altro a rendere le donne
più autonome e consapevoli
favorendo il loro inserimento
sociale e lavorativo

Di Marika Sottile, cooperante di Mani Tese in Guinea Bissau

Mani Tese in Guinea-Bissau ha iniziato a occuparsi dei diritti delle donne dal 2008, focalizzandosi dapprima sul supporto ad attività di sviluppo economico femminile e successivamente abbracciando il tema della protezione e prevenzione nel quadro della violenza basata sul genere (VBG) con una strategia sempre più trasversale e multi-stakeholders che mira a sedimentare la prospettiva di genere nella società attraverso la presa in carico da parte delle istituzioni delle attività, degli strumenti e dei servizi elaborati nei progetti. La protezione e la prevenzione sulla VBG e lo sviluppo di attività economiche femminili costituiscono i due filoni principali di azione. Sebbene ciascuno abbia una propria peculiarità, è sempre presente un’interconnessione tra i due settori di intervento, poiché l’esperienza ha dimostrato che ’integrazione delle due componenti ha un impatto maggiore. Le azioni di Mani Tese sul tema in Guinea- Bissau si sviluppano tra il Settore Autonomo di Bissau e le regioni di Bafatà, Gabu, Cacheu, e Cachungo con un’estensione verso Oio, Tombalì e Quinara grazie alla cooperazione con i partner che operano in queste altre zone. Il primo filone, in modo particolare, ha visto l’implementazione di un progetto pilota “No na cuida de no vida, mindjer” tra il 2018 e il 2021 cofinanziato dall’Unione Europea sviluppato sugli assi della protezione attraverso l’accoglienza nei centri di Bissau e Sao Domingos delle vittime di VBG; reinserimento familiare e lavorativo attraverso accompagnamento psico-sociale, formazione e opportunità di stage; prevenzione con attività di sensibilizzazione sui temi della violenza di genere e dei diritti delle donne quanto per le beneficiarie dirette degli interventi quanto per le loro famiglie e le comunità di appartenenza.

Nel quadro dell’empowerment femminile in area rurale, invece, il progetto “Juntas” realizzato da Mani Tese insieme alla ONG italiana AIFO e cofinanziato dall’ Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo per il biennio 2019-2021, è l’ultimo di una serie di interventi precedenti in cui si è contribuito a consolidare l’agroecologia come strumento di sviluppo economico per le donne delle aree rurali. Da una ricerca che ho condotto per la mia tesi di Laurea Magistrale è emersa l’importanza delle attività economiche delle donne per il benessere proprio e della famiglia di appartenenza. Non soltanto le tecniche agro-ecologiche – e in primo luogo, la sostituzione degli input chimici con quelli naturali – si sono rivelate la prima fonte di sviluppo economico delle donne, non dovendo più queste investire denaro per l’acquisto degli fertilizzanti chimici, ma le attività di ©Flavio Gomes Sambù, FL Produções sviluppo economico hanno anche giovato alla realizzazione personale delle donne e a una valorizzazione a livello familiare e sociale.

Nelle interviste sul campo, le donne hanno raccontato come lavorando abbiano ottenuto molti benefici, tra cui riuscire a pagare le tasse scolastiche dei figli, acquistare cibo e vestiti o pensare a qualche nvestimento, come la casa. Allo stesso tempo, il progetto ha previsto l’inserimento di strumenti di protezione come il Sistema di Allarme Comunitario (SAC), e di prevenzione della violenza basata sul genere nelle stesse comunità del progetto attraverso azioni di sensibilizzazione quali i djumbai (dibattiti organizzati nelle comunità, ndr) e campagne di sensibilizzazione radiofoniche. Altrettanto eloquente è uno dei risultati di una ricerca compiuta nel quadro del progetto “Protection and Durable Solution for Refugees and Asylum Seekers in Guinea Bissau” cofinanziato da UNHCR tra il 2017-2022, che ha messo in luce che nelle comunità in cui le donne sono indipendenti dal punto di vista economico la frequenza della VBG è ridotta. Nell’ultimo anno, Mani Tese si è anche impegnata nell’introduzione della prospettiva di genere nel progetto Ianda Guiné Galinhas. In questo contesto, Mani Tese lavora a stretto contatto con
l’Unità di Coordinamento del programma UE per la formazione degli animatori del progetto sulle questioni di genere. Infine, un passo avanti rispetto ai progetti fin qui menzionati è stato compiuto nella progettazione di prossimo avvio con l’introduzione della componente di advocacy. “No na tene diritu a um vida sim violencia” e “Coinvolgiamo tuttə per costruire il nostro futuro: Politiche, formazione e lavoro
per un business inclusivo!” sono due futuri interventi, di cui Mani Tese è capofila, cofinanziati rispettivamente da UE e AICS che, oltre a dare continuità alle azioni di protezione e sviluppo
economico per le donne, creeranno dei tavoli di concertazione tra le organizzazioni nazionali, internazionali e istituzioni locali per sviluppare proposte e azioni di politica pubblica sinergiche che mettano le donne al centro, rispettandone il diritto all’auto-determinazione in tutte le sfere della vita quotidiana.

Articolo pubblicato nel numero di dicembre 2022 del Giornale di Mani Tese: LINK

Minacce di genere

La condizione delle donne nel mondo, tra violenze, discriminazioni e lotte.

Di Stefania Prandi, giornalista e fotografa (sito web)

La foto di Mahsa Amini, stretta tra le mani di migliaia di manifestanti per le strade di Teheran, è diventata l’emblema della resistenza delle donne iraniane, oppresse dalle rigide regole del potere maschile. L’arresto e l’uccisione di Mahsa Amini per mano della Polizia morale, perché aveva liberato dall’hijab delle ciocche di capelli, hanno provocato un movimento che sta scuotendo le coscienze in alcune parti del mondo. La reazione del regime è stata feroce: si stima che dall’inizio delle proteste, in Iran, siano state assassinate oltre 280 persone, con più di 14mila arresti (sui quali pende il rischio della pena di morte).
La lotta delle donne in Afghanistan, dove dallo scorso anno, con la presa del Paese dei talebani, è stato spazzato via il percorso di ricostruzione dei diritti femminili degli ultimi vent’anni, è diventata di nuovo di piazza dopo l’attacco suicida del settembre scorso al centro educativo Kaaj di Kabul. L’attentato, di probabile matrice talebana, avvenuto mentre le studentesse della minoranza hazara dovevano sostenere l’esame di ammissione all’università, ha provocato 53 vittime, la maggior parte delle quali ragazze, e centodieci feriti. Immediate le proteste nelle province di tutto l’Afghanistan, da Teheran a Ghazni e Nangarhar. Le autorità hanno risposto picchiando le manifestanti e usando armi per disperderle.
Negli Stati Uniti, lo scorso 24 giugno, la Corte suprema ha ribaltato la storica sentenza del 1973 che aveva riconosciuto il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza, legalizzandolo a livello federale. La cancellazione dell’accesso legale all’aborto – fondamentale per l’autodeterminazione individuale femminile – è un segnale inquietante e, di fatto, legittima le scelte antiabortiste di Paesi come l’Ungheria e
la Polonia.

©Stefania Prandi

Secondo le Nazioni Unite, l’impatto della pandemia Covid-19, le conseguenze del global warming e i conflitti geopolitici rappresentano una minaccia per l’uguaglianza di genere e i diritti delle donne in tutto il mondo. Ma, nonostante diversi rapporti internazionali abbiano sollecitato interventi a livello governativo, la maggior parte dei Paesi non ha prestato sufficiente attenzione alle dinamiche di genere.
I dati sull’occupazione femminile restano poco incoraggianti: le donne lavorano in molti casi ancora part-time per “conciliare” vita familiare e pubblica, continuano a svolgere la maggior parte delle attività domestiche e di cura e sono retribuite meno degli uomini. Il 75% della forza lavoro femminile nel Sud globale appartiene all’economia informale, dove è più difficile avere contratti regolari, diritti legali o protezione sociale; spesso le paghe non sono sufficienti per sfuggire alla povertà. Nei paesi a basso reddito solo un terzo delle ragazze conclude la scuola secondaria, contro quasi la metà dei ragazzi.
Durante i numerosi lockdown, le bambine e le adolescenti sono state le più penalizzate anche per il carico delle faccende domestiche, tra pulizie, preparazione dei pasti e cura dei fratelli.
Le gravidanze precoci tra le under quattordici, dovute alle violenze sessuali, sono aumentate di circa il 25% tra il 2020 e il 2021, con conseguente abbandono scolastico. Nel mondo 736 milioni di donne – quasi una su tre – hanno subito, almeno una volta nella vita, una violenza maschile. I tassi di depressione, disturbi d’ansia, suicidi, gravidanze non pianificate, infezioni sessualmente trasmesse e HIV sono più alti in chi ha vissuto abusi, molesti e stupri. La maggior parte degli “abusanti” sono partner o mariti. Al fenomeno non sfuggono le nuove generazioni: quasi una ragazza adolescente su quattro che ha avuto una relazione, è stata maltrattata, picchiata o violentata dal fidanzato. Lo stupro continua a essere uno dei crimini più diffusi nei conflitti in corso. Le Nazioni Unite, l’Unione Europea e molte associazioni hanno chiesto di indagare e punire le violenze sessuali utilizzate dai russi in Ucraina come arma da guerra. Il problema è l’estrema difficoltà di raccogliere prove e ottenere giustizia.

©Stefania Prandi

I movimenti internazionali delle donne da quasi un decennio prendono spunto da quelli dall’America latina che registra i tassi di femminicidio – termine con cui si intende l’uccisione di una donna a causa del suo genere di appartenenza, per motivi di odio, disprezzo, piacere o senso del possesso – più alti al mondo. Dal 2015, quando a Buenos Aires c’è stata la prima manifestazione femminista che ha dato origine al movimento Ni una menos, le mobilitazioni hanno coinvolto diversi paesi sudamericani, raggiungendo in poco tempo il resto del mondo.
Nel 2019 una ripresa della lotta è giunta dal Cile, con gli slogan del collettivo cileno Las Tesis: “La colpa non è mia, né di dov’ero, né di come ero vestita”; “lo stupratore sei tu”. Ma le azioni delle attiviste causano sempre dei contraccolpi, i cosiddetti “backlash”. Nel 2020, appena approvata la legge sull’“aborto sicuro” in Argentina, paesi come l’Honduras hanno blindato la costituzione
in chiave antiabortista.

L’ultimo rapporto dell’European Institute for Gender Equality (Eige) indica che nemmeno in Italia la situazione è rosea, per usare un eufemismo. In certi ambiti, come quello del lavoro, i dati italiani sono tra i peggiori dell’Unione Europea: soltanto circa il 30% delle donne è occupata a tempo pieno rispetto alla metà degli uomini. Le donne italiane continuano a guadagnare meno, con un salario medio mensile inferiore del 16%, che sale al 35% tra le laureate. Nonostante per la prima volta nella storia d’Italia una donna sia diventata presidente del Consiglio, la percentuale femminile in Parlamento è scesa del 3% rispetto alla legislatura precedente e soltanto un ministro su quattro è donna. Scrive la rivista online di informazione www.ingenere.it: “La destra di Giorgia Meloni ha già lanciato una serie di messaggi chiari e precisi sul fronte della libertà delle donne e dei diritti civili”, in nome di una certa retorica fondata sul mito
della “vera femminilità”, della “buona madre” e del perbenismo, “sulla difesa di una rinnovata idea di nazione che chiude le frontiere agli altri, chiunque siano”.

Articolo pubblicato nel numero di dicembre 2022 del Giornale di Mani Tese: LINK