IN KENYA TESTIAMO I NUOVI IMPIANTI SOLARI

Fra il 23 e il 28 giugno è venuto a trovarci in Kenya, Rodolfo Pasinetti di Climate and Development Foundation, partner del progetto “Imarisha! Energie rurali per la lotta al cambiamento climatico e la salvaguardia ambientale” , cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. La missione di Rodolfo, incentrata sulle attività riguardanti l’energia solare […]

Fra il 23 e il 28 giugno è venuto a trovarci in Kenya, Rodolfo Pasinetti di Climate and Development Foundation, partner del progetto “Imarisha! Energie rurali per la lotta al cambiamento climatico e la salvaguardia ambientale” , cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

La missione di Rodolfo, incentrata sulle attività riguardanti l’energia solare prodotta da pannelli fotovoltaici, è una bella occasione per raccontare a che punto siamo con questa importante componente del progetto.

Innanzitutto, insieme a Rodolfo sono state ispezionate le scuole nelle quali abbiamo portato la luce, grazie alla posa di impianti fotovoltaici.

Ci siamo poi spostati presso la località di Mariashoni per testare l’impianto fotovoltaico del solar kiosk, un piccolo negozio che vende energia e servizi ad essa connessi alla popolazione del villaggio e per le attività dell’associazione locale MACODEV, realizzato il mese scorso. L’impianto da 4,5 KW permetterà lo svolgersi delle attività del kiosk, fra cui la ricarica dei cellulari e un piccolo internet point. Ma servirà anche a dare energia alla guest house e alla radio locale di Mariashoni. Il tutto sarà gestito dalla comunità locale, raccolta appunto nell’associazione MACODEV.

Infine, la missione di Rodolfo si è concentrata sui sistemi solari famigliari, partecipando alle formazioni e al lavoro svolto dal Molo Youths Solar Group. Quest’ultimo è una piccola impresa sociale, nata grazie al progetto, che sarà responsabile di promuovere la vendita di kit solari per l’illuminazione delle abitazioni e la ricarica di cellulari. Alcuni di questi kit sono autoprodotti per adattarsi ad esigenze particolari degli utenti, altri sono forniti da Greenlight Planet e certificati Lighting Global.

 

testando impianto mani tese 2019;
Test impianti fotovoltaici in Kenya.

UN FUTURO PER I GIOVANI DI GABU FRA API E PANNELLI SOLARI

I corsi di formazione di Mani Tese in Guinea-Bissau per favorire l’occupazione giovanile

Orticoltura, apicoltura, medicina tradizionale, ma anche energie rinnovabili: sono solo alcuni fra i corsi di formazione organizzati nella regione di Gabù, in Guinea-Bissau, ai quali hanno partecipato i giovani fra i 15 e i 35 anni. Sono i ragazzi e le ragazze coinvolti nel progetto “Ripartire dai giovani: pro-motori dello sviluppo locale e della migrazione consapevole” (AID011.472), cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e promosso da ACRA e Mani Tese. Tutti ambiti di formazione scelti perché garantiscono impieghi immediati o favoriscono le iniziative imprenditoriali.

Lo scopo? Sensibilizzare le comunità sulle opportunità di lavoro locali, in una regione in cui il tasso di impiego per ragazzi e ragazze fra i 15 e i 35 anni raggiunge appena il 30%, e che molti giovani scelgono di abbandonare. Ma anche permettere alla società civile di colmare, pur parzialmente, il vuoto lasciato dalle istituzioni statali in ambito formativo: i corsi, infatti, sono gestiti da organizzazioni della società civile locale, sotto la supervisione di Mani Tese e del partner di progetto PONGAB.

Così, fra marzo e aprile, ben 80 persone fra i 15 e i 35 anni hanno potuto beneficiare di 160 ore di formazione e migliorare le proprie competenze professionali di base. Successivamente, a maggio e a giugno, sono stati realizzati altri quattro corsi, fra cui uno sulla produzione e il trattamento delle piante, con un focus sulla frutticoltura.

#RipartireRestando

#APRIAMOGLIORTI: L’ORTO SOCIALE DI FINALE EMILIA CHE PRODUCE ACCOGLIENZA

Sono più di 7.000 i chilometri che separano la città di Quelimane, in Mozambico, dalla città di Finale Emilia. Eppure, per i volontari finalesi di Mani Tese, oggi questa distanza sembra essersi accorciata: due località tanto diverse sono oggi accomunate dalla scoperta (o riscoperta!) di quanto sia importante produrre e consumare cibo locale, imparando e […]

Sono più di 7.000 i chilometri che separano la città di Quelimane, in Mozambico, dalla città di Finale Emilia. Eppure, per i volontari finalesi di Mani Tese, oggi questa distanza sembra essersi accorciata: due località tanto diverse sono oggi accomunate dalla scoperta (o riscoperta!) di quanto sia importante produrre e consumare cibo locale, imparando e scambiandosi buone pratiche di produzione. Un legame, quello fra il Mozambico e l’Emilia-Romagna creato grazie al progetto di Mani Tese “Cibo locale, cibo sano”, cofinanziato dalla Regione Emilia-Romagna.

La sede di Mani Tese a Finale Emilia

La sede di Mani Tese di Finale Emilia è un posto speciale dove accadono cose speciali. Si basa sull’attività volontaria di una trentina di persone che ogni giorno lavorano sui temi della Giustizia sociale, ambientale ed economica.

A Finale Emilia il tema del consumo critico è molto sentito. Chi frequenta abitualmente la sede di Mani Tese come attivista o come ospite del mercato vintage #ioscelgosolidale costruisce nuove comunità dove praticare ogni giorno i temi della sostenibilità ambientale, del diritto al cibo, dell’inclusione sociale, del reinserimento lavorativo, del rispetto per l’ambiente.

La banda Rulli Frulli

La sede ospita gratuitamente banda Rulli Frulli, che si riunisce dal 2012 nei locali di Mani Tese dopo che il sisma aveva distrutto la sede della banda. Nata da un piccolo gruppo di percussionisti, la banda oggi è composta da ben settanta membri tra bambine, bambini, adolescenti e giovani, tra cui diciotto ragazzi con disabilità. Anche loro, con le proprie famiglie, seguono e partecipano ai progetti di Mani Tese, dalla bottega vintage alla condivisione delle tante attività che si svolgono.

L’orto sociale

Mani Tese Finale Emilia, in linea con la vocazione di giustizia ambientale e con la filosofia agro-ecologica della Ong, è fermamente convinta che “mettere le mani nella terra”: ogni persona almeno una volta nella vita dovrebbe sperimentare la coltivazione della terra! Per questo motivo da circa un anno i volontari di Finale hanno intrapreso un’ennesima, nuova avventura, spinti soprattutto dai più giovani: la creazione di un orto orientato ai valori sociali e all’inclusione socio-lavorativa di persone in difficoltà.

Un orto che produce accoglienza, che possa diventare sempre più grande e capace di auto-sostenersi.

Un orto dove le persone siano volti, sguardi e porte aperte in una società che spesso esclude e chiude.

Un p’orto aperto, insomma.

 

(Nicolas Cavanna Mani Tese Finale Emilia)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La diaspora che sostiene lo sviluppo: l’indagine sui Burkinabé

Le associazioni di migranti Burkinabé in Italia che sostengono i giovani e le donne del loro Paese

Sono da oggi disponibili i risultati della ricerca sull’associazionismo della diaspora burkinabé in Italia realizzata dal CeSPI nell’ambito del progetto “Imprese sociali innovative e partecipazione dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso” promosso da Mani Tese.

Il progetto è realizzato in partenariato con Fondazione ACRA, CeSPI, Chico Mendes, Ital-Watinoma, Comune di Milano, Comune di Ouagadougou, Associazione Watinoma, FIAB (Federazione nazionale delle industrie agroalimentari e di trasformazione del Burkina Faso) e FENAFERB (Federazione nazionale delle donne rurali del Burkina Faso) ed è co-finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

La comunità burkinabé in Italia

La comunità burkinabè in Italia è composta da circa 14.000 persone residenti, in buona misura appartenenti all’etnia bissà, nota per la spiccata vocazione alla mobilità come anche per il forte legame con il proprio territorio (soprattutto la Provincia del Boulgou). Poco numerosi rispetto ad altri gruppi di migranti in Italia, purtuttavia i burkinabè rivestono un ruolo significativo per lo sviluppo del loro paese d’origine, non solo a fronte delle rimesse individuali inviate alle famiglie d’origine, ma anche per le rimesse collettive e solidaristiche inviate tramite le associazioni create in Italia.

migranti_burkinabe_cespi_mani tese_2019

I risultati della ricerca

Lo studio ha interessato oltre 40 organizzazioni burkinabè con 20 rappresentanti di associazioni intervistati, 3 focus group e 4 incontri territoriali.

L’indagine ha preso in esame una presenza di lungo periodo di cittadini burkinabé ben integrata dal punto di vista economico-occupazionale e socio-culturale: persone con una occupazione stabile, con figli e famiglia in Italia, nelle condizioni di potersi dedicare a forme di associazionismo con finalità di integrazione e co-sviluppo.

Sono state coinvolte associazioni (di stampo nazionale, regionale o provinciale) che riuniscono burkinabé dello stesso territorio in Italia, gruppi di mutuo aiuto e sostegno al processo di integrazione e Associazioni di Villaggio familiari.

“La componente di legame e contributo allo sviluppo con il Paese di origine è molto più forte e solida tra queste ultime – dichiara Anna Ferro, ricercatrice del CeSPILe associazioni di villaggio ricostituiscono all’estero legami locali, etnici, religiosi e familiari radicati a un preciso luogo di origine in Burkina Faso, garantendo nel tempo un aiuto costante alla comunità locale”.

“Alcune di queste sono molto semplici e piccole, generalmente poco professionalizzate, ma ricche di motivazione, – prosegue Ferropoche altre sono organizzate su scala globale attraverso reti e commissioni che sfruttano le potenzialità delle tecnologie social e mobilitano risorse e competenze in più Paesi dove la diaspora vive”.

L’indagine rivela che i progetti sostenuti dalla diaspora in patria sono tradizionalmente votati a fornire infrastrutture di base (scuole, pozzi, supporto a centri di salute). Tuttavia alcune associazioni di migranti, anche come risultato della propria esperienza migratoria e di una diversa visione del mondo e dello sviluppo, hanno iniziato a pianificare interventi diversi per modalità e per contenuto coinvolgendo soprattutto i giovani e le donne. Da attività circoscritte come la costruzione di un pozzo o la raccolta di viveri e vestiti da inviare in un container, alcune associazioni burkinabé hanno iniziato a dare sostegno economico ad altre istituzioni in loco (ad esempio una scuola rurale per l’acquisto di materiali, un orfanotrofio e una casa per donne).

Alcuni si dedicano ad attività di sensibilizzazione sulla migrazione, spiegando i rischi della rotta libica.

“Auto-sostenendoci riuscivamo a mettere una quota di 150 euro al mese da ridistribuire a 7 famiglie, anche per le cure mediche – ha dichiarato uno dei rappresentanti delle associazioni intervistatiL’anno dopo invece di mandare i soldi ogni mese abbiamo pensato all’ipotesi di comprare dei telai e fare formazione, per non renderli dipendenti dai soldi…La formatrice era già una donna beneficiaria che sapeva usare il telaio, noi abbiamo investito per comprare il materiale”.

Dalle interviste con i rappresentanti dell’associazionismo burkinabé viene rilevata come significativa la diffusione della connessione Internet in Burkina Faso e la conseguente facilità nello scambio di comunicazioni tra i due paesi: in particolare, Whatsapp è citato come il mezzo preferito tra i “partner” perché consente di mandare foto e video che attestino anche l’avanzamento del progetto.

Il progetto di cooperazione

L’indagine sulla diaspora burkinabé in Italia è stata svolta nell’ambito del progetto “Imprese sociali innovative e partecipazione dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso” che ha come obiettivo lo sviluppo di piccole imprese in ambito rurale con la partecipazione dei migranti burkinabé in Italia, lo sviluppo di applicazioni tecnologiche per le attività agricole, il supporto all’impresa sociale Ke de Burkinabé nella commercializzazione di prodotti agricoli locali  e la promozione di politiche agro-alimentari in ambito urbano nella città di Ouagadougou nel quadro del Milan Urban Food Policy Pact.

Particolare valore aggiunto del progetto è stato il coinvolgimento della diaspora del Burkina Faso in Italia – che già in precedenza aveva caratterizzato il programma finanziato da Fondazioni for Africa Burkina Faso di cui questo progetto si pone in continuità – gestito in Italia dal CeSPI che, insieme a Mani Tese, nei mesi scorsi ha organizzato degli incontri con le sei associazioni burkinabé che hanno scelto di supportare lo sviluppo di altrettante micro imprese di trasformazione agricola in Burkina Faso. Gli incontri si sono svolti a Milano e nelle tre sedi delle associazioni: Treviso, Napoli e Fiorenzuola.

“Mani Tese nella provincia del Boulgou, da dove provengono le associazioni coinvolte di migranti in Italia, sta concludendo in questi giorni un percorso di incubazione allo sviluppo di micro imprese – spiega Giovanni Sartor, Responsabile della Cooperazione Internazionale di Mani Tese – all’interno di questo percorso un paio di esperti hanno incontrato le organizzazioni coinvolte per lavorare con loro alla preparazione di un business plan. Le migliori realtà imprenditoriali, nel corso della seconda annualità del progetto, riceveranno un contributo finanziario per acquistare gli strumenti necessari alla realizzazione del loro piano di sviluppo. Al finanziamento dei soggetti collettivi che stanno sostenendo contribuiranno anche le associazioni della diaspora”.

SCARICA L’INDAGINE

Con Mani Tese in equilibrio sulla ciambella!

La nuova proposta formativa di Mani Tese: esercizi di Educazione alla Cittadinanza Globale per studenti di tutte le età

Cosa sai di economia? Di che cosa parla davvero una pubblicità? Quanta acqua c’è nella tua maglietta? Esistono ancora gli schiavi?

Sono solo alcune domande “tipo” che poniamo ai gruppi di bambini e ragazzi che incontriamo nei nostri laboratori di Educazione alla Cittadinanza Globale. Domande volte a provocare una riflessione nuova su temi quotidiani, per puntare l’attenzione sui problemi globali senza “cadere” nella paura e nell’ignoranza.

Per rispondere a questa sfida, è stata elaborata la nuova offerta formativa per l’A.S. 2019-2020 che abbiamo chiamato “IN EQUILIBRIO SULLA CIAMBELLA: esercizi di Educazione alla Cittadinanza Globale per studenti di tutte le età”.

La “Ciambella” che dà il titolo alla nuova proposta è quella elaborata dall’economista Kate Raworth: una metafora che ci permette di allontanarci dalle rappresentazioni tradizionali di sviluppo, intraprendendo piuttosto un esercizio collettivo di prosperità in equilibrio fra un tetto ambientale, ovvero i limiti ecologici del pianeta, e un pavimento sociale, cioè i diritti di base universali.

La nuova offerta formativa si articola, allora, in otto “esercizi”, rielaborati a partire dalla Ciambella e seguendo la scia dei Sustainable Development Goals, per allenare in gruppo il nostro equilibrio. Sono tutti percorsi concordabili di volta in volta con il docente o il referente del gruppo, strutturati per studenti di tutte le età, con una particolare attenzione alla fascia dai 6 ai 18 anni. Ogni “esercizio” affronta un tema diverso: dal cambiamento climatico alla cittadinanza economica, dalle schiavitù moderne alle migrazioni, passando per l’acqua, il cibo, lo sfruttamento ineguale delle risorse naturali e l’energia in Africa.

Sono previste anche proposte “su misura”: corsi per docenti e animatori, progetti di Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento (ex alternanza scuola – lavoro) e, per la prima volta, incontri in preparazione all’esame di maturità per la sessione orale dedicata a “Cittadinanza e Costituzione”.

COME ADERIRE:

Scrivici a ecg(at)manitese.it o chiamaci al numero di telefono 02.4075165. Concorderemo insieme un percorso che tenga conto delle specifiche esigenze del gruppo-classe e della fascia d’età dei destinatari.

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in equilibrio sulla ciambella locandina mani tese 2019

Inaugurata a Milano “The fashion experience”!

Aperta l’installazione interattiva a ingresso libero che spiega l’impatto ambientale e sociale della fast fashion e promuove una moda #madeinjustice

Si è tenuta oggi a Milano l’inaugurazione di “THE FASHION EXPERIENCE – la verità su quello che indossi”, l’installazione interattiva di Mani Tese visitabile gratuitamente in Piazza XXIV Maggio fino al 30 giugno. Il taglio del nastro, alla presenza di Cristina Tajani, Ass. alle politiche del lavoro, commercio, moda e design del Comune di Milano, partner del progetto, ha dato il via a un’esperienza che si propone di sensibilizzare sul vero costo della fast fashion, la moda “usa e getta” che ha avuto una grande diffusione negli ultimi anni.

Tre grandi dome, strutture geodetiche a pianta circolare, campeggeranno da oggi nella piazza milanese pronte ad accogliere migliaia di visitatori alla scoperta di ciò che si nasconde dietro agli indumenti che vengono indossati tutti i giorni.

“Il tema della sostenibilità e dell’economia circolare è sempre più centrale nel settore della moda, sia per una maggiore attenzione dei produttori che per una accresciuta consapevolezza da parte dei consumatori – ha dichiarato l’Ass. Cristina TajaniMilano, capitale della moda, conferma la sua vocazione di città dell’innovazione sostenibile promuovendo un’imprenditorialità rispettosa dell’ambiente e dei diritti attraverso una serie di iniziative virtuose come THE FASHION EXPERIENCE. Si tratta di un’installazione aperta a tutti e a tutte, innovativa sia nei contenuti che nelle modalità di fruizione, che si inserisce in un progetto di promozione di modelli di business sostenibile di cui il Comune è partner, e che abbiamo ospitato con grande entusiasmo”.

“Mani Tese si è sempre caratterizzata, in oltre 55 anni di attività, per aver saputo coniugare il suo impegno di cooperazione nel Sud del mondo con la sua attività di sensibilizzazione e di educazione per cambiare le cosiddette “regole del gioco” a livello globale – ha dichiarato Barbara Cerizza, Direttrice di Mani TeseMani Tese ha sempre compreso come le cause delle ingiustizie subite nelle cosiddette periferie del mondo andassero ricercate in un sistema economico e sociale globale iniquo, al quale tutti noi contribuiamo e che tutti noi possiamo cambiare. È attraverso questo spirito di cambiamento possibile che si inserisce l’installazione che oggi apriamo al pubblico”.

Il percorso interattivo

Il percorso “ad alto impatto emotivo”, in cui i volontari e le volontarie di Mani Tese guidano i visitatori di THE FASHION EXPERIENCE, si snoda in tre differenti ambienti.

Il primo dome è dedicato all’impatto ambientale della filiera tessile. In questa prima tappa le persone possono sperimentare gli effetti ambientali delle proprie scelte di consumo. THE FASHION EXPERIENCE ci rivela che per produrre un singolo paio di jeans è necessario impiegare 3.800 litri d’acqua, 12 m2 di terreno e 18,3 Kw/h di energia elettrica, a fronte di un’emissione di 33,4 kg di CO2 equivalente durante l’intero ciclo di vita del prodotto. Un impatto che assume dimensioni impressionanti se si considera che ogni anno in tutto il mondo vengono prodotti 3 miliardi e mezzo di jeans.

Il secondo dome si concentra sulle problematiche sociali legate alla filiera del tessile affrontando il tema dello sfruttamento del lavoro minorile attraverso dei video in realtà aumentata che illustrano la vita di una bambina come dovrebbe essere e come invece è in molte realtà del cosiddetto Sud del mondo. Nell’industria dell’abbigliamento i casi di sfruttamento minorile riguardano tutta la filiera, ricorda Mani Tese, e i bambini possono lavorare fino a 12 ore al giorno.

Nel terzo dome i visitatori hanno una triplice possibilità d’interazione. Possono mettere a confronto una filiera etica con una filiera non sostenibile attraverso la voce di due capi d’abbigliamento (un cappellino e un paio di sneakers) che raccontano il loro viaggio dai campi di cotone fino agli scaffali dei negozi. Possono accedere al data base Good News – Si può fare” in cui sono raccolte le migliori storie di innovazione etica di alcune imprese. Possono, infine, interagire con i propri brand preferiti, facendosi promotori di un’evoluzione positiva del mercato attraverso l’invio di una mail di proposta di cambiamento in direzione sostenibile.

“Per cambiare l’attuale modo di fare impresa serve il coinvolgimento di tutti. Ognuno deve fare la sua parte – ha dichiarato Giosuè De Salvo, Responsabile Advocacy, Educazione e Campagne di Mani Tesell nostro compito come società civile è quello, da una parte, di alimentare la coscienza critica dei cittadini, giovani in primis, rendendoli protagonisti attivi nella costruzione di un mondo più equo e sostenibile. Dall’altra, è quello di monitorare gli impatti delle attività di impresa sulle comunità più svantaggiate e promuovere una cultura imprenditoriale che metta finalmente al centro i diritti umani e l’ambiente.

“I segnali sono incoraggianti soprattutto nel settore tessile, che è stato infatti scelto per la nostra installazione, ma il tempo scarseggia – ha proseguito De SalvoIl 2030 è l’anno fissato dalle Nazioni Unite per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, tra cui dimezzare la povertà, eliminare la fame ed evitare la catastrofe climatica. Per rendere sistemiche tutte le buone pratiche di produzione e consumo servono quindi istituzioni politiche forti e credibili che guidino la transizione e perseguano il bene comune”.

Al termine dell’installazione ai visitatori viene distribuito un breve decalogo per diventare dei consumatori consapevoli e responsabili di slow fashion. Per chi vuole infine manifestare il proprio desiderio di cambiamento anche “mettendoci la faccia”, THE FASHION EXPERIENCE mette inoltre a disposizione, all’esterno del percorso, un pannello con la scritta “Voglio una moda “#madeinjustice” con il quale potersi fare fotografare.

A proposito di THE FASHION EXPERIENCE

THE FASHION EXPERIENCE è un’iniziativa co-organizzata con il Comune di Milano e rientra nell’ambito del progetto “New Business 4 Good. Educare, informare e collaborare per un nuovo modo di fare impresa” promosso da Mani Tese in collaborazione con altri partner e cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. Per informazioni: www.manitese.it/fashionexperience.

Foto di Carlo Prevosti

Il vero costo della Fast Fashion in mostra a Milano

Dal 21 al 30 giugno arriva in Piazza XXIV Maggio l’installazione interattiva “THE FASHION EXPERIENCE – La verità su quello che indossi”.

Arriva a Milano “THE FASHION EXPERIENCE – La verità su quello che indossi”, l’installazione multimediale a ingresso libero promossa da Mani Tese, che racconterà ai visitatori, attraverso un percorso ad alto impatto emotivo, le conseguenze sociali e ambientali legate alla filiera produttiva dell’abbigliamento.

L’installazione, aperta a tutti, sarà visitabile dalle ore 10.00 alle 22.00 a Milano, in Piazza XXIV Maggio, dal 21 al 30 giugno 2019.

I volontari e le volontarie di Mani Tese accompagneranno il pubblico all’interno di una struttura che si snoderà in tre differenti ambienti alla scoperta del mondo nascosto che spesso si cela dietro a un nostro paio di jeans o a una nostra maglietta.

L’inaugurazione è prevista il 21 giugno alle ore 11.00 alla presenza di Cristina Tajani, Ass. Politiche del lavoro, Attività produttive, Commercio e Risorse umane del Comune di Milano, partner dell’evento.

Le conseguenze della Fast Fashion

L’industria dell’abbigliamento ha avuto una crescita vertiginosa a livello mondiale negli ultimi 15 anni. La produzione di capi di abbigliamento è quasi raddoppiata, mentre la durata media del ciclo di vita dei prodotti ha conosciuto un declino inversamente proporzionale. Si stima infatti che l’utilizzo medio di vestiti e accessori sia diminuito del 36% nel periodo 2000 – 2015, con i capi più economici che vengono indossati solo 7 o 8 volte prima di essere scartati. Fra le cause di tutto ciò, vi è sicuramente l’esplosione del fenomeno della fast fashion, caratterizzato da un’offerta ogni anno sempre più frequente di nuove collezioni di vestiti e accessori a prezzi ridotti.

All’aumentare del volume di produzione e di consumo sono aumentati anche gli enormi impatti di cui questa filiera è responsabile – dichiara Giosuè De Salvo, Responsabile Advocacy, Campagne ed Educazione di Mani Tesetanto dal punto di vista ambientale che da quello sociale. L’installazione “THE FASHION EXPERIENCE” punta a diffondere la consapevolezza e sensibilizzare rispetto al rovescio della medaglia del modello della fast fashion”.

L’impatto ambientale e sociale

Durante l’installazione sarà possibile sperimentare la pressione che l’industria del tessile esercita sull’ambiente. THE FASHION EXPERIENCE rivela che, in media, per produrre un singolo paio di jeans – capo scelto per la sua ampia diffusione nella popolazione di ogni età e provenienza –  è necessario impiegare 3.800 litri d’acqua, 12 m2 di terreno e 18,3 kWh di energia elettrica, a fronte di un’emissione di 33,4 kg di CO2 equivalente durante l’intero ciclo di vita del prodotto. Tali impatti assumono una dimensione impressionante se rapportati su scala globale: ogni anno, infatti, in tutto il mondo vengono prodotti 3 miliardi e mezzo di jeans, vale a dire 6.650 al minuto, 3.325 ogni 30 secondi, per soddisfare una domanda d’acquisto di 2 miliardi di capi all’anno.

Sul versante degli impatti sociali, si stima che la filiera rappresenti la seconda industria maggiormente esposta al rischio di forme di schiavitù moderna, in particolare di donne e minori. Si stima che in tutto il mondo siano 152 milioni i bambini costretti a lavorare, 73 milioni di questi alle prese con lavori pericolosi. Nell’industria dell’abbigliamento i casi di sfruttamento riguardano tutta la filiera, dalla raccolta nei campi di cotone fino al confezionamento nei laboratori artigianali e nelle grandi fabbriche. I bambini possono lavorare fino a 12 ore al giorno, nella speranza di guadagnare, una volta che saranno adulti, uno stipendio medio che non supera i 200 dollari al mese.

La consapevolezza dei consumatori

“Nell’ultimo decennio la consapevolezza di questa insostenibilità ha portato allo sviluppo di alcune innovazioni sui processi produttivi – continua De Salvoin un’ottica prevalentemente di circolarità, di risparmio delle risorse e di estensione del ciclo di vita del prodotto. Occorre però incidere in maniera più rapida e significativa sulle basi stesse del modello di business, in particolare su consumo e produzione eccessivi attraverso un cambiamento sistemico.” 

L’installazione THE FASHION EXPERIENCE intende contribuire ad apportare questo cambiamento attivando in primis i consumatori sensibilizzando sui rischi del business as usual e promuovendo modelli positivi d’impresa. Anche gli operatori del settore abbigliamento, calzature ed accessori avranno l’opportunità di scoprire le esperienze più innovative e sentirsi motivati ad agire loro stessi il cambiamento necessario a coniugare la reddittività con il rispetto dei diritti umani e dell’ambiente.

THE FASHION EXPERIENCE è un’iniziativa co-organizzata con il Comune di Milano e rientra nell’ambito del progetto “New Business 4 Good. Educare, informare e collaborare per un nuovo modo di fare impresa” promosso da Mani Tese in collaborazione con altri partner e cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

Per informazioni: www.manitese.it/fashionexperience.

Il vero costo di una t-shirt

Oltre 2.000 lbottiglie di plastica per mostrare il vero costo umano e ambientale di una singola T-Shirt di cotone realizzate dalle classi del liceo Cairoli.

Sono oltre 2.000 le bottiglie di plastica che scandiscono, passo dopo passo, l’installazione fatta dalle classi 1D e 3B del Liceo Cairoli di Vigevano. Insieme a Mani Tese, sono state raccolte per mostrare il vero costo umano e ambientale di una singola T-Shirt di cotone.

Siamo una grande squadra.” dice il prof. Di Bernardo. Si tratta infatti di una squadra che mira a coinvolgere le classi e i cittadini in un percorso di consapevolezza dei propri consumi e per creare alternative possibili.

L’installazione rientra nell’ambito dell’evento conclusivo dei laboratori del progetto “New business for good” promosso da Mani Tese insieme ad altri partner e realizzato con il contributo dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

L’installazione realizzata presso il Castello Di Vigevano (Sala Dell’affresco) sarà visitabile dal pubblico durante la giornata di domani.