Moda e consumi: ancora scarso l’interesse alla sostenibilità

I risultati del sondaggio di Mani Tese realizzato durante l’installazione “The fashion experience” nella capitale della moda

Disattenti e poco interessati al modo in cui un capo è stato prodotto. È la fotografia del consumatore di moda che emerge dal sondaggio realizzato da Mani Tese durante l’installazione interattiva “THE FASHION EXPERIENCE – la verità su quello che indossi sottoposto a oltre 4000 visitatori e visitatrici prima del loro ingresso all’evento.

I risultati del sondaggio

 
Dall’indagine di Mani Tese emerge che il 56% dei consumatori si chiede poco o per nulla in che modo siano stati prodotti i capi. C’è tuttavia un maggiore interesse per la provenienza, a cui pone attenzione il 60% del campione.

Ben il 79% non acquista capi usati mentre, per quanto riguarda le motivazioni d’acquisto, solo il 35% degli intervistati cita, fra le motivazioni della scelta di acquistare un capo, se questo sia prodotto in modo sostenibile. La maggior parte delle persone acquista un capo perché gli sta bene addosso (82%), perché è economico (56%) o perché è alla moda (47%).

“Quando abbiamo deciso di realizzare THE FASHION EXPERIENCE volevamo rivolgerci al grande pubblico per sensibilizzarlo sulle conseguenze sociali e ambientali della cosiddetta fast fashion, la moda ‘usa e getta’ – dichiara Giosuè De Salvo, Responsabile Advocacy, Educazione e Campagne di Mani Tese I dati del questionario non sono per noi inattesi ma di certo neppure confortanti. Ci auguriamo che, in seguito alla visita alla nostra installazione, il grado di consapevolezza sulla sostenibilità delle proprie scelte di consumo sia cresciuto. Di certo l’interesse suscitato e la presa di coscienza sull’impatto della filiera tessile è stato palpabile ed evidente”.

“Colpisce – prosegue De Salvoche il 60% del campione sia risultato attento alla provenienza geografica del capo. Un dato che forse rispecchia la convinzione diffusa che l’attenzione alla provenienza, da sola, sia sinonimo di attenzione ai diritti dei lavoratori e dell’ambiente. Purtroppo non è così in quanto le filiere tessili sono globali dunque le fasi di lavorazioni risultano dislocate in decine di Paesi differenti”.

“Altro dato significativo è la scarsa percentuale di persone che acquistano abiti usati – conclude De SalvoC’è sicuramente un grande lavoro da fare per far conoscere questa buona pratica, evidentemente ancora scarsamente diffusa anche in una grande città come Milano”.

Il decalogo della Slow Fashion secondo Mani Tese

 
Durante l’installazione THE FASHION EXPERIENCE, Mani Tese ha diffuso un decalogo con pochi e semplici e consigli per poter iniziare un percorso di consumo consapevole anche nell’ambito della moda.

  1. Compra meno cose e indossale molto di più. Puoi farlo se acquisti capi di qualità e fatti per durare nel tempo.
  2. Il tuo stile personale è come te: unico! Non devi per forza seguire le mode stagionali per esprimere la tua identità.
  3. Evita l’acquisto d’impulso: nella maggioranza dei casi è destinato al fondo dell’armadio!
  4. Impara a leggere le etichette e le certificazioni di qualità ambientale e sociale, sapendo che non potranno mai dire tutto del capo che stai per acquistare.
  5. Informati sulle tue marche d’abbigliamento preferite e fai sapere loro che per te sostenibilità e trasparenza sono importanti.
  6. Scegli tessuti in fibre naturali e, se proprio devi comprare tessuti sintetici, preferisci quelli ottenute dal riciclo di materiali plastici.
  7. Evita lunghi spostamenti in auto da un negozio all’altro: muoviti a piedi o in bici per fare shopping oppure acquista on line in modo consapevole.
  8. Scopri il fascino dei negozi vintage, dell’usato e delle nuove proposte del commercio equo e solidale.
  9. Indossa capi re-fashion, rimodellando e rimodernando i tuoi vecchi capi.
  10. Scegli se vuoi applicare uno o più di questi suggerimenti e ricorda che non esiste un modo unico di essere consumatori consapevoli. Proprio come non c’è un modo unico di vestirsi e di dare il proprio contributo affinché il mondo diventi un posto migliore.

decalogo fashion experience mani tese 2019

INDIA, IN TAMIL NADU NASCE LA ZONA LIBERA DA LAVORO MINORILE

“Nessun bambino/a dovrebbe lavorare; ogni bambino/a deve andare a Scuola!” (“No child should work; every child must be in school”). Con questo slogan il municipio di Tiruppur in India, nello Stato del Tamil Nadu, ha siglato la Dichiarazione di Zona Libera dal Lavoro Minorile (Child Labour Free Zone). La Dichiarazione è stata siglata il 27 […]

“Nessun bambino/a dovrebbe lavorare; ogni bambino/a deve andare a Scuola!” (“No child should work; every child must be in school”). Con questo slogan il municipio di Tiruppur in India, nello Stato del Tamil Nadu, ha siglato la Dichiarazione di Zona Libera dal Lavoro Minorile (Child Labour Free Zone).

La Dichiarazione è stata siglata il 27 giugno e celebrata con un grande evento, che ha coinvolto molte delle maggiori personalità politiche delle dieci circoscrizioni del Consiglio Municipale di Tiruppur.

Un’iniziativa resa possibile grazie all’impegno del nostro partner storico in India, la ONG SAVE con cui promuoviamo il progetto “Combattere e prevenire le schiavitù moderne in Tamil Nadu”  e con cui quest’anno abbiamo organizzato uno scambio culturale fra ragazze italiane del Liceo Cairoli di Vigevano e ragazze indiane sul tema della filiera tessile. SAVE ha facilitato questo processo di consapevolezza da parte di una comunità che ora condanna il lavoro minorile, che si preoccupa e si occupa di far sì che tutte le bambine e i bambini frequentino la scuola.

L’India è il Paese con il più elevato numero di lavoratori sotto i 14 anni e la più alta percentuale di lavoro in industrie pericolose per gli adolescenti in età compresa tra i 15 e i 17 anni.

Più in generale, in India i bambini di età compresa tra i 5 e i 14 anni sono 259.6 milioni. Di questi, 10.1 milioni (3,9% del totale) stanno lavorando, svolgendo questa attività sia come occupazione principale sia come occupazione marginale. Inoltre, più di 42.7 milioni di bambini e bambine in India non sta frequentando la scuola. La filiera del tessile è la seconda al mondo per rischio di lavoro forzato e di lavoro minorile e il Tamil Nadu è uno dei maggiori produttori di filato al mondo con 2.297 impianti di filatura. (Fonte dei dati: ILO).

Il lavoro minorile impedisce ai bambini, alle bambine, ai ragazzi e alle ragazze di formarsi le abilità e guadagnarsi le competenze che hanno bisogno per crescere e per cogliere quelle opportunità, che consentiranno loro di avere un lavoro dignitoso da adulti!

La Dichiarazione siglata rappresenta quindi un messaggio importante, che vuole educare e coinvolgere TUTTI i cittadini: i genitori, i rappresentanti politici, i dirigenti delle imprese, i gestori dei negozi, i proprietari di casa, gli insegnanti. Tutti devono contribuire, a livelli diversi, a un impegno costante affinché le bambine e i bambini di Tiruppur abbiano l’opportunità di diventare grandi senza sfruttamento.

I punti della dichiarazione:

La nostra AREA è LIBERA dal Lavoro MINORILE, perché:

  • Nella nostra area, bambine e i bambini in età scolastica vanno a scuola;
  • I nostri genitori si preoccupano maggiormente dell’educazione delle loro figlie e dei loro figli;
  • Le nostre aziende NON assumeranno mai bambini e bambine;
  • I bambini e le bambine non vengono impiegati nei negozi;
  • Le nostre scuole assicurano il rispetto dei diritti delle bambine e dei bambini;
  • I nostri insegnanti non fanno nessuna discriminazione rispetto alle minoranze linguistiche dei propri alunni;
  • I rappresentanti dei Parlamenti dei ragazzi/e assicurano che tutti i bambini/e vadano a scuola;
  • I membri del forum di protezione dei diritti del bambino monitorano i diritti di educazione dei bambini e delle bambine;
  • I proprietari di casa si assicurano che i bambini e le bambine che abitano nelle loro case vadano a scuola;
  • VERGOGNA! I guadagni familiari che provengono dal lavoro dei bambini/e sono una disgrazia per le nostre famiglie!
  • I profitti portati dalle tenere manine di bambine e bambini recano vergogna all’intera famiglia.

 

 

IL FORUM DELLE DONNE RURALI DEL BURKINA FASO

Si è tenuto a maggio a Ouagadougou il forum delle donne della Fenafer-B, la Federazione delle donne rurali del Burkina Faso.

Di Giulia Polato, Rappresentante Paese Burkina Faso

 

I mesi di maggio e giugno in Burkina Faso sono stati particolarmente intensi. Per carità, il lavoro sul campo non annoia mai, ma gli ultimi tempi sono stati un vero tour de force…Tutto il contrario della filosofia “doucement doucement” (piano piano), così cara ai burkinabé!

A maggio, infatti, è avvenuto il passaggio di consegne tra la Rappresentante Paese di Mani Tese uscente, Wendy Lenarduzzi, e la nuova arrivata, ovvero io: Giulia Polato.

Tante cose da dirsi, da raccontarsi, da vedere e da spiegare, procedure da condividere, esperienze da riportare… Il tutto nel flusso costante di un progetto importante che continua, e che è arrivato alla fine della prima annualità: si tratta del progetto “Imprese sociali innovative e partecipazione dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso”, cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e dalla Fondazione Maria Enrica.

Sono molte le attività che stiamo realizzando o sono in corso di chiusura in questo periodo: i corsi di alfabetizzazione, le formazioni sull’accesso al credito e la progettazione del business plan per le 40 piccole e medie imprese selezionate dal progetto. Stiamo inoltre completando lo studio cartografico sui produttori agricoli urbani, la realizzazione di un impianto di irrigazione nel quartiere di Tanghin a Ouagadougou e al forum di Niamey nel mese di giugno è avvenuta la firma del Milan Urban Food Policy Pact da parte del comune di Ouagadougou.

Fra le attività svolte, rientra anche il forum annuale della Fenafer-B, la Federazione delle donne rurali del Burkina Faso, nostra partner nel progetto, che ha rappresentato un momento di scambio davvero importante per le aderenti alla Federazione. Essendo la Fenarfer-B una grande entità presente su tutto il territorio burkinabé attraverso numerose sottosezioni, è infatti faticoso trovare occasioni d’incontro a livello nazionale.

Il Forum, che si è tenuto il 29 maggio nella capitale, aveva come titolo “il consolidamento del ruolo istituzionale della Fenafer-B nelle regioni del Burkina Faso” e ha rappresentato un momento prezioso di confronto, durante il quale le partecipanti hanno condiviso i dubbi, le incertezze, i problemi, ma soprattutto le strategie, le possibilità e le soluzioni adottabili per continuare a lavorare insieme per far crescere la Fenafer-B.

Le donne hanno partecipato numerose (ben più delle 150 previste) con entusiasmo e voglia di mettersi in gioco, consce del proprio ruolo e del loro potenziale e consapevoli dell’importanza vitale dell’occasione che veniva loro offerta. Prese dalla frenesia quotidiana, infatti, e dai mille problemi concreti e urgenti (d’altra parte… c’est l’Afrique!), solitamente si fa fatica a prendersi del tempo per fermarsi e avere uno sguardo d’insieme.  Momenti come questo sono dunque preziosi per rafforzare lo spirito di gruppo e valorizzare l’importante lavoro, che spesso non viene riconosciuto, delle donne in ambito rurale.

Grazie al Forum, le donne hanno potuto fare un bilancio concreto e ad ampio respiro delle proprie possibilità, di ciò che sono state capaci di realizzare (anche grazie al progetto) e di ciò che potranno creare in futuro.

IN KENYA TESTIAMO I NUOVI IMPIANTI SOLARI

Fra il 23 e il 28 giugno è venuto a trovarci in Kenya, Rodolfo Pasinetti di Climate and Development Foundation, partner del progetto “Imarisha! Energie rurali per la lotta al cambiamento climatico e la salvaguardia ambientale” , cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. La missione di Rodolfo, incentrata sulle attività riguardanti l’energia solare […]

Fra il 23 e il 28 giugno è venuto a trovarci in Kenya, Rodolfo Pasinetti di Climate and Development Foundation, partner del progetto “Imarisha! Energie rurali per la lotta al cambiamento climatico e la salvaguardia ambientale” , cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

La missione di Rodolfo, incentrata sulle attività riguardanti l’energia solare prodotta da pannelli fotovoltaici, è una bella occasione per raccontare a che punto siamo con questa importante componente del progetto.

Innanzitutto, insieme a Rodolfo sono state ispezionate le scuole nelle quali abbiamo portato la luce, grazie alla posa di impianti fotovoltaici.

Ci siamo poi spostati presso la località di Mariashoni per testare l’impianto fotovoltaico del solar kiosk, un piccolo negozio che vende energia e servizi ad essa connessi alla popolazione del villaggio e per le attività dell’associazione locale MACODEV, realizzato il mese scorso. L’impianto da 4,5 KW permetterà lo svolgersi delle attività del kiosk, fra cui la ricarica dei cellulari e un piccolo internet point. Ma servirà anche a dare energia alla guest house e alla radio locale di Mariashoni. Il tutto sarà gestito dalla comunità locale, raccolta appunto nell’associazione MACODEV.

Infine, la missione di Rodolfo si è concentrata sui sistemi solari famigliari, partecipando alle formazioni e al lavoro svolto dal Molo Youths Solar Group. Quest’ultimo è una piccola impresa sociale, nata grazie al progetto, che sarà responsabile di promuovere la vendita di kit solari per l’illuminazione delle abitazioni e la ricarica di cellulari. Alcuni di questi kit sono autoprodotti per adattarsi ad esigenze particolari degli utenti, altri sono forniti da Greenlight Planet e certificati Lighting Global.

 

testando impianto mani tese 2019;
Test impianti fotovoltaici in Kenya.

UN FUTURO PER I GIOVANI DI GABU FRA API E PANNELLI SOLARI

I corsi di formazione di Mani Tese in Guinea-Bissau per favorire l’occupazione giovanile

Orticoltura, apicoltura, medicina tradizionale, ma anche energie rinnovabili: sono solo alcuni fra i corsi di formazione organizzati nella regione di Gabù, in Guinea-Bissau, ai quali hanno partecipato i giovani fra i 15 e i 35 anni. Sono i ragazzi e le ragazze coinvolti nel progetto “Ripartire dai giovani: pro-motori dello sviluppo locale e della migrazione consapevole” (AID011.472), cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e promosso da ACRA e Mani Tese. Tutti ambiti di formazione scelti perché garantiscono impieghi immediati o favoriscono le iniziative imprenditoriali.

Lo scopo? Sensibilizzare le comunità sulle opportunità di lavoro locali, in una regione in cui il tasso di impiego per ragazzi e ragazze fra i 15 e i 35 anni raggiunge appena il 30%, e che molti giovani scelgono di abbandonare. Ma anche permettere alla società civile di colmare, pur parzialmente, il vuoto lasciato dalle istituzioni statali in ambito formativo: i corsi, infatti, sono gestiti da organizzazioni della società civile locale, sotto la supervisione di Mani Tese e del partner di progetto PONGAB.

Così, fra marzo e aprile, ben 80 persone fra i 15 e i 35 anni hanno potuto beneficiare di 160 ore di formazione e migliorare le proprie competenze professionali di base. Successivamente, a maggio e a giugno, sono stati realizzati altri quattro corsi, fra cui uno sulla produzione e il trattamento delle piante, con un focus sulla frutticoltura.

#RipartireRestando

#APRIAMOGLIORTI: L’ORTO SOCIALE DI FINALE EMILIA CHE PRODUCE ACCOGLIENZA

Sono più di 7.000 i chilometri che separano la città di Quelimane, in Mozambico, dalla città di Finale Emilia. Eppure, per i volontari finalesi di Mani Tese, oggi questa distanza sembra essersi accorciata: due località tanto diverse sono oggi accomunate dalla scoperta (o riscoperta!) di quanto sia importante produrre e consumare cibo locale, imparando e […]

Sono più di 7.000 i chilometri che separano la città di Quelimane, in Mozambico, dalla città di Finale Emilia. Eppure, per i volontari finalesi di Mani Tese, oggi questa distanza sembra essersi accorciata: due località tanto diverse sono oggi accomunate dalla scoperta (o riscoperta!) di quanto sia importante produrre e consumare cibo locale, imparando e scambiandosi buone pratiche di produzione. Un legame, quello fra il Mozambico e l’Emilia-Romagna creato grazie al progetto di Mani Tese “Cibo locale, cibo sano”, cofinanziato dalla Regione Emilia-Romagna.

La sede di Mani Tese a Finale Emilia

La sede di Mani Tese di Finale Emilia è un posto speciale dove accadono cose speciali. Si basa sull’attività volontaria di una trentina di persone che ogni giorno lavorano sui temi della Giustizia sociale, ambientale ed economica.

A Finale Emilia il tema del consumo critico è molto sentito. Chi frequenta abitualmente la sede di Mani Tese come attivista o come ospite del mercato vintage #ioscelgosolidale costruisce nuove comunità dove praticare ogni giorno i temi della sostenibilità ambientale, del diritto al cibo, dell’inclusione sociale, del reinserimento lavorativo, del rispetto per l’ambiente.

La banda Rulli Frulli

La sede ospita gratuitamente banda Rulli Frulli, che si riunisce dal 2012 nei locali di Mani Tese dopo che il sisma aveva distrutto la sede della banda. Nata da un piccolo gruppo di percussionisti, la banda oggi è composta da ben settanta membri tra bambine, bambini, adolescenti e giovani, tra cui diciotto ragazzi con disabilità. Anche loro, con le proprie famiglie, seguono e partecipano ai progetti di Mani Tese, dalla bottega vintage alla condivisione delle tante attività che si svolgono.

L’orto sociale

Mani Tese Finale Emilia, in linea con la vocazione di giustizia ambientale e con la filosofia agro-ecologica della Ong, è fermamente convinta che “mettere le mani nella terra”: ogni persona almeno una volta nella vita dovrebbe sperimentare la coltivazione della terra! Per questo motivo da circa un anno i volontari di Finale hanno intrapreso un’ennesima, nuova avventura, spinti soprattutto dai più giovani: la creazione di un orto orientato ai valori sociali e all’inclusione socio-lavorativa di persone in difficoltà.

Un orto che produce accoglienza, che possa diventare sempre più grande e capace di auto-sostenersi.

Un orto dove le persone siano volti, sguardi e porte aperte in una società che spesso esclude e chiude.

Un p’orto aperto, insomma.

 

(Nicolas Cavanna Mani Tese Finale Emilia)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La diaspora che sostiene lo sviluppo: l’indagine sui Burkinabé

Le associazioni di migranti Burkinabé in Italia che sostengono i giovani e le donne del loro Paese

Sono da oggi disponibili i risultati della ricerca sull’associazionismo della diaspora burkinabé in Italia realizzata dal CeSPI nell’ambito del progetto “Imprese sociali innovative e partecipazione dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso” promosso da Mani Tese.

Il progetto è realizzato in partenariato con Fondazione ACRA, CeSPI, Chico Mendes, Ital-Watinoma, Comune di Milano, Comune di Ouagadougou, Associazione Watinoma, FIAB (Federazione nazionale delle industrie agroalimentari e di trasformazione del Burkina Faso) e FENAFERB (Federazione nazionale delle donne rurali del Burkina Faso) ed è co-finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

La comunità burkinabé in Italia

La comunità burkinabè in Italia è composta da circa 14.000 persone residenti, in buona misura appartenenti all’etnia bissà, nota per la spiccata vocazione alla mobilità come anche per il forte legame con il proprio territorio (soprattutto la Provincia del Boulgou). Poco numerosi rispetto ad altri gruppi di migranti in Italia, purtuttavia i burkinabè rivestono un ruolo significativo per lo sviluppo del loro paese d’origine, non solo a fronte delle rimesse individuali inviate alle famiglie d’origine, ma anche per le rimesse collettive e solidaristiche inviate tramite le associazioni create in Italia.

migranti_burkinabe_cespi_mani tese_2019

I risultati della ricerca

Lo studio ha interessato oltre 40 organizzazioni burkinabè con 20 rappresentanti di associazioni intervistati, 3 focus group e 4 incontri territoriali.

L’indagine ha preso in esame una presenza di lungo periodo di cittadini burkinabé ben integrata dal punto di vista economico-occupazionale e socio-culturale: persone con una occupazione stabile, con figli e famiglia in Italia, nelle condizioni di potersi dedicare a forme di associazionismo con finalità di integrazione e co-sviluppo.

Sono state coinvolte associazioni (di stampo nazionale, regionale o provinciale) che riuniscono burkinabé dello stesso territorio in Italia, gruppi di mutuo aiuto e sostegno al processo di integrazione e Associazioni di Villaggio familiari.

“La componente di legame e contributo allo sviluppo con il Paese di origine è molto più forte e solida tra queste ultime – dichiara Anna Ferro, ricercatrice del CeSPILe associazioni di villaggio ricostituiscono all’estero legami locali, etnici, religiosi e familiari radicati a un preciso luogo di origine in Burkina Faso, garantendo nel tempo un aiuto costante alla comunità locale”.

“Alcune di queste sono molto semplici e piccole, generalmente poco professionalizzate, ma ricche di motivazione, – prosegue Ferropoche altre sono organizzate su scala globale attraverso reti e commissioni che sfruttano le potenzialità delle tecnologie social e mobilitano risorse e competenze in più Paesi dove la diaspora vive”.

L’indagine rivela che i progetti sostenuti dalla diaspora in patria sono tradizionalmente votati a fornire infrastrutture di base (scuole, pozzi, supporto a centri di salute). Tuttavia alcune associazioni di migranti, anche come risultato della propria esperienza migratoria e di una diversa visione del mondo e dello sviluppo, hanno iniziato a pianificare interventi diversi per modalità e per contenuto coinvolgendo soprattutto i giovani e le donne. Da attività circoscritte come la costruzione di un pozzo o la raccolta di viveri e vestiti da inviare in un container, alcune associazioni burkinabé hanno iniziato a dare sostegno economico ad altre istituzioni in loco (ad esempio una scuola rurale per l’acquisto di materiali, un orfanotrofio e una casa per donne).

Alcuni si dedicano ad attività di sensibilizzazione sulla migrazione, spiegando i rischi della rotta libica.

“Auto-sostenendoci riuscivamo a mettere una quota di 150 euro al mese da ridistribuire a 7 famiglie, anche per le cure mediche – ha dichiarato uno dei rappresentanti delle associazioni intervistatiL’anno dopo invece di mandare i soldi ogni mese abbiamo pensato all’ipotesi di comprare dei telai e fare formazione, per non renderli dipendenti dai soldi…La formatrice era già una donna beneficiaria che sapeva usare il telaio, noi abbiamo investito per comprare il materiale”.

Dalle interviste con i rappresentanti dell’associazionismo burkinabé viene rilevata come significativa la diffusione della connessione Internet in Burkina Faso e la conseguente facilità nello scambio di comunicazioni tra i due paesi: in particolare, Whatsapp è citato come il mezzo preferito tra i “partner” perché consente di mandare foto e video che attestino anche l’avanzamento del progetto.

Il progetto di cooperazione

L’indagine sulla diaspora burkinabé in Italia è stata svolta nell’ambito del progetto “Imprese sociali innovative e partecipazione dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso” che ha come obiettivo lo sviluppo di piccole imprese in ambito rurale con la partecipazione dei migranti burkinabé in Italia, lo sviluppo di applicazioni tecnologiche per le attività agricole, il supporto all’impresa sociale Ke de Burkinabé nella commercializzazione di prodotti agricoli locali  e la promozione di politiche agro-alimentari in ambito urbano nella città di Ouagadougou nel quadro del Milan Urban Food Policy Pact.

Particolare valore aggiunto del progetto è stato il coinvolgimento della diaspora del Burkina Faso in Italia – che già in precedenza aveva caratterizzato il programma finanziato da Fondazioni for Africa Burkina Faso di cui questo progetto si pone in continuità – gestito in Italia dal CeSPI che, insieme a Mani Tese, nei mesi scorsi ha organizzato degli incontri con le sei associazioni burkinabé che hanno scelto di supportare lo sviluppo di altrettante micro imprese di trasformazione agricola in Burkina Faso. Gli incontri si sono svolti a Milano e nelle tre sedi delle associazioni: Treviso, Napoli e Fiorenzuola.

“Mani Tese nella provincia del Boulgou, da dove provengono le associazioni coinvolte di migranti in Italia, sta concludendo in questi giorni un percorso di incubazione allo sviluppo di micro imprese – spiega Giovanni Sartor, Responsabile della Cooperazione Internazionale di Mani Tese – all’interno di questo percorso un paio di esperti hanno incontrato le organizzazioni coinvolte per lavorare con loro alla preparazione di un business plan. Le migliori realtà imprenditoriali, nel corso della seconda annualità del progetto, riceveranno un contributo finanziario per acquistare gli strumenti necessari alla realizzazione del loro piano di sviluppo. Al finanziamento dei soggetti collettivi che stanno sostenendo contribuiranno anche le associazioni della diaspora”.

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Con Mani Tese in equilibrio sulla ciambella!

La nuova proposta formativa di Mani Tese: esercizi di Educazione alla Cittadinanza Globale per studenti di tutte le età

Cosa sai di economia? Di che cosa parla davvero una pubblicità? Quanta acqua c’è nella tua maglietta? Esistono ancora gli schiavi?

Sono solo alcune domande “tipo” che poniamo ai gruppi di bambini e ragazzi che incontriamo nei nostri laboratori di Educazione alla Cittadinanza Globale. Domande volte a provocare una riflessione nuova su temi quotidiani, per puntare l’attenzione sui problemi globali senza “cadere” nella paura e nell’ignoranza.

Per rispondere a questa sfida, è stata elaborata la nuova offerta formativa per l’A.S. 2019-2020 che abbiamo chiamato “IN EQUILIBRIO SULLA CIAMBELLA: esercizi di Educazione alla Cittadinanza Globale per studenti di tutte le età”.

La “Ciambella” che dà il titolo alla nuova proposta è quella elaborata dall’economista Kate Raworth: una metafora che ci permette di allontanarci dalle rappresentazioni tradizionali di sviluppo, intraprendendo piuttosto un esercizio collettivo di prosperità in equilibrio fra un tetto ambientale, ovvero i limiti ecologici del pianeta, e un pavimento sociale, cioè i diritti di base universali.

La nuova offerta formativa si articola, allora, in otto “esercizi”, rielaborati a partire dalla Ciambella e seguendo la scia dei Sustainable Development Goals, per allenare in gruppo il nostro equilibrio. Sono tutti percorsi concordabili di volta in volta con il docente o il referente del gruppo, strutturati per studenti di tutte le età, con una particolare attenzione alla fascia dai 6 ai 18 anni. Ogni “esercizio” affronta un tema diverso: dal cambiamento climatico alla cittadinanza economica, dalle schiavitù moderne alle migrazioni, passando per l’acqua, il cibo, lo sfruttamento ineguale delle risorse naturali e l’energia in Africa.

Sono previste anche proposte “su misura”: corsi per docenti e animatori, progetti di Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento (ex alternanza scuola – lavoro) e, per la prima volta, incontri in preparazione all’esame di maturità per la sessione orale dedicata a “Cittadinanza e Costituzione”.

COME ADERIRE:

Scrivici a ecg(at)manitese.it o chiamaci al numero di telefono 02.4075165. Concorderemo insieme un percorso che tenga conto delle specifiche esigenze del gruppo-classe e della fascia d’età dei destinatari.

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