A Milano arriva la School Week!

Dal 18 al 22 ottobre 2019 si tiene la prima settimana dedicata alle scuole organizzata dal Municipio 8 del Comune di Milano.

Non solo Fashion Week, Design Week, Movie Week…A Milano non poteva mancare la School Week, la settimana dedicata alle scuole organizzata dal Municipio 8!

L’intento di questa prima iniziativa, per ora su scala municipale, è mettere al centro dell’attenzione il mondo delle scuole non solo come luoghi di formazione per eccellenza ma come presidi culturali di tutto il territorio.

La School Week è promossa da Municipio 8 Comune di Milano, Sistema Bibliotecario Milano, Mani Tese e Università degli Studi di Milano Bicocca con il patrocinio del Comune di Milano.

Le scuole della zona con le loro attive associazioni dei genitori, supportate dal Municipio 8, propongono diverse iniziative per creare un momento di riflessione collettiva sulle tante buone pratiche formative già presenti e sui modi per estenderle.

Dal 18 al 22 ottobre 2019 verranno coinvolti bambini/e e ragazzi/e in una serie di attività e laboratori in tutte le biblioteche scolastiche e civiche della zona.
La giornata clou della settimana sarà la giornata del 19 ottobre presso il Centro Civico di Via Quarenghi 21 con la mattina, dalle 9.00, dedicata a dibattiti su edilizia scolastica e metodi educativi e all’animazione e laboratori gratuiti per bambini/e. Il pomeriggio, dalle 14.30, sarà dedicato a un open day di tutte le scuole superiori del Municipio 8 e un World Cafè sulle Scuole Aperte con quattro aree tematiche.

Clicca sull’immagine e scarica il programma dettagliato degli eventi:

Il programma della giornata del 19 ottobre:

NAPOLI, RIPETUTE INTIMIDAZIONI A MANI TESE: NOI ANDIAMO AVANTI

Ben tre atti intimidatori in 10 giorni. Sono quelli che hanno colpito, nelle scorse settimane, la sede di Mani Tese a Napoli. Vetri rotti, immobili danneggiati, scritte con spray, il furto di un modesto incasso (150 euro) che l’associazione Mani Tese Campania devolve in progetti di sviluppo sociale per chi ha poco o nulla. “Non […]

Ben tre atti intimidatori in 10 giorni. Sono quelli che hanno colpito, nelle scorse settimane, la sede di Mani Tese a Napoli.

Vetri rotti, immobili danneggiati, scritte con spray, il furto di un modesto incasso (150 euro) che l’associazione Mani Tese Campania devolve in progetti di sviluppo sociale per chi ha poco o nulla.

“Non siamo arrabbiati, siamo solo molto tristi – sono stati i commenti a caldo dei volontari e delle volontarie all’indomani di uno degli ennesimi atti vandalici – Mani Tese ha una missione: la giustizia sociale, e ci aspettiamo che ognuno possa sentirsi partecipe e coinvolto in questa lotta per il benessere e la pace di tutti. Quando ciò non succede, possiamo solo rimboccarci le maniche e ricominciare”.

Diverse le ipotesi sull’origine delle intimidazioni. Si pensa alla pista della rete degli usurai per via dell’importante lavoro anti usura che l’associazione svolge sul territorio: Mani Tese, attraverso le sue iniziative sociali e di micro credito, di fatto sottrae decine di vittime agli strozzini nel quartiere.

Di certo Mani Tese a Napoli è scomoda, come lo sono tutte le organizzazioni che si occupano degli ultimi, dando vita a un contesto sociale in cui prevalgano la solidarietà e l’integrazione.

Mani Tese Campania è presente da 25 anni in piazza Cavour, anche con un mercatino dell’usato. “La sede in piazza Cavour rimane. – Ne è certo Paolo Greco, Presidente di Mani Tese CampaniaResta per erogare servizi per tutte le persone, senza distinzione, e per ospitare organizzazioni anche contro l’usura”.

Agli atti intimidatori e di vandalismo rispondiamo con l’azione su e per il territorio – aggiunge Paolo confermando l’apertura verso l’intera cittadinanza e avvalendoci di percorsi di co-progettazione per rispondere sempre di più ai bisogni che ci giungeranno da chi vive la piazza e il quartiere”.

A conferma di queste parole, la presentazione di Mani Tese delle nuove attività dell’Agenzia di cittadinanza per la Terza Municipalità, , avvenuta a poca distanza dagli atti vandalici. Tante le iniziative che verranno realizzate nel nuovo anno: assistenza agli anziani, progetti per i minori a rischio, corsi di italiano, percorsi di affiancamento per il reddito d’inclusione, arredo urbano per riscattare piazza Cavour…

“Siamo vicini alle amiche e agli amici di Napoli – dichiara Sara de Simone, Presidente di Mani TeseColpendo Napoli, hanno colpito tutti noi di Mani Tese impegnati in una comune lotta di impegno di giustizia. Un impegno che dura da oltre 55 anni e che non abbiamo nessuna intenzione di cessare o di ridimensionare. È dal 1964 che promuoviamo valori come solidarietà e integrazione a fianco degli ultimi. Non ci hanno fermati prima e non ci fermeranno adesso”.

“Per l’anno prossimo – conclude de Simonel’Ong sta progettando la realizzazione di un importante evento di sensibilizzazione sul tema della sostenibilità e sarà proprio Napoli la città in cui stiamo pensando di organizzarlo”.

ECUADOR: CAUSE E CONSEGUENZE DI UNA CRISI ANNUNCIATA

Da una settimana l’Ecuador è un paese fuori controllo: manifestazioni pacifiche represse nel sangue, governo in esilio e saccheggi.

di Tancredi Tarantino, cooperante e docente universitario, collaboratore storico di Mani Tese in Ecuador

Da una settimana l’Ecuador è un paese fuori controllo. Le manifestazioni di indigeni, lavoratori e studenti si susseguono in tutto il paese, mentre la repressione da parte di esercito e polizia si fa sempre più violenta e indiscriminata. Il Governo ha abbandonato la capitale e il Parlamento è chiuso da giorni. Lo stato d’emergenza, decretato dal Presidente Lenín Moreno, limita le libertà fondamentali dei cittadini mentre il coprifuoco riduce la mobilità nelle ore notturne. I saccheggi e le rapine sono numerosi in tutto il paese e lo Stato è assente.

Ad accendere le proteste della popolazione locale è stata l’adozione da parte del governo, lo scorso 2 ottobre, di una serie di misure di riduzione della spesa pubblica. L’esecutivo, senza nessun dialogo previo con le parti sociali, ha eliminato i contributi pubblici sulla benzina, ridotto il salario degli impiegati statali e dimezzato i giorni di ferie.

A dettare il nuovo corso della politica economica ecuadoriana è il Fondo Monetario Internazionale che, a fronte di un credito di oltre 4 miliardi di dollari, concesso per contrastare la recessione e la mancanza di liquidità che opprime il paese sudamericano, ha preteso una serie di aggiustamenti strutturali volti a ridurre la spesa pubblica, flessibilizzare il mercato del lavoro e privatizzare le aziende pubbliche che godono di buona salute.

Un accordo, quello con l’Fmi, le cui negoziazioni sono avvenute nella massima riservatezza, senza alcun dialogo con la popolazione e senza un passaggio formale in Parlamento, come previsto invece dalla Costituzione ecuadoriana.

A scendere in strada per primi sono stati i lavoratori del settore dei trasporti, che il 3 ottobre hanno indetto uno sciopero generale per protestare contro l’aumento del combustibile. Dalla sera alla mattina, la benzina è aumentata del 20% mentre il prezzo del diesel è raddoppiato, con conseguenze preoccupanti anche per la produzione e il trasporto delle merci.

Nei mercati, il prezzo dei prodotti è aumentato immediatamente, e in alcuni casi è più che raddoppiato. Con la conseguenza che, mentre i tassisti paralizzavano Quito, le organizzazioni indigene si riversavano in strada bloccando le principali arterie del paese e annunciando una marcia verso la capitale.

Così, quando in seguito ad un accordo con il governo che garantiva l’aumento delle tariffe, i tassisti e gli autisti d’autobus hanno annunciato la fine dello sciopero, gli indigeni e i contadini stavano già camminando verso Quito. E la protesta dilagava anche in altre città del paese.

Per fronteggiare una situazione che fin da subito è sembrata scappare di mano al governo, il presidente Moreno ha decretato lo stato d’emergenza, limitando il diritto di associazione, la libertà d’espressione e l’inviolabilità del domicilio. Successivamente, ha lasciato la capitale, spostando il governo a Guayaquil, principale centro economico del paese, e decretando il coprifuoco dalle 20:00 alle 5:00, in prossimità di edifici dello Stato e altri luoghi sensibili.

Nel frattempo, il 7 ottobre, gli indigeni hanno raggiunto la capitale e si sono uniti alle proteste cittadine, chiedendo al governo di ritirare il pacchetto di riforme approvato.

Con un atto dimostrativo, l’8 ottobre, i manifestanti hanno occupato per qualche ora il Parlamento e chiesto le dimissioni del presidente Moreno. Nelle stesse ore, un mandato di perquisizione veniva emesso contro la Radio Pichincha, una radio pubblica di opposizione al governo Moreno che sta raccontando le proteste di questi giorni. Una ventina di poliziotti ha fatto irruzione nella sede della radio, sequestrando prove relative alle trasmissioni degli ultimi giorni. Il giorno successivo, Arcotel, l’autoritá locale per le telecomunicazioni, ha sospeso le attività della radio, che è stata così costretta a chiudere.

A Quito, cuore delle manifestazioni di questi giorni, le proteste si concentrano soprattutto nel centro-nord della città, dove hanno sede alcune delle istituzioni principali dello Stato. Finora, la repressione da parte di esercito e polizia è stata violenta e indiscriminata, tanto da allertare anche alcuni organismi internazionali, come la Commissione Interamericana dei Diritti Umani che ha manifestato la propria preoccupazione per la violenza esercitata dalle forze dell’ordine contro i manifestanti.

Gas lacrimogeni e proiettili di gomma sono stati sparati ad altezza d’uomo da esercito e polizia, ferendo diversi manifestanti e prendendo di mira zone neutrali dove vengono assistiti i manifestanti e i feriti. È quanto accaduto nelle ultime ore nella Casa della Cultura Ecuadoriana e nelle università Cattolica e Salesiana. Secondo quanto riportano i volontari che stanno garantendo una prima assistenza medica in quei luoghi, due bambini e due anziani sarebbero morti per asfissia a causa dei gas lacrimogeni sparati tra i pazienti.

Di fronte alla persecuzione che sta subendo anche il personale medico, la Croce Rossa ha sospeso le proprie attività chiedendo al governo che si riconosca la neutralità dell’organizzazione umanitaria.

E mentre la ministra dell’Interno, María Paula Romo, si è scusata pubblicamente per la repressione nei centri di accoglienza e di prima assistenza medica, in alcune città si registrano saccheggi e atti di vandalismo contro negozi e case.

Al momento, sono circa 800 le persone arrestate e almeno due i morti. Ma gli scontri a Quito non accennano a diminuire. In un comunicato, diramato il 9 ottobre, l’esercito si deresponsabilizza per eventuali episodi violenti che possono accadere nel corso delle manifestazioni. “Gli unici responsabili – si legge nel comunicato – saranno coloro i quali attenteranno contro l’ordine pubblico”.

Intanto, le Nazioni Unite stanno dialogando con l’esecutivo e con la Conaie, la principale confederazione indigena del paese, per provare a mediare tra le parti e arrivare ad un accordo per riportare la calma nel paese. Accordo che, al momento, non è stato raggiunto.

DOPO LA VIOLENZA: L’ACCOGLIENZA DELLE DONNE IN GUINEA-BISSAU

Famiglie ospitanti e spazi di accoglienza: una rete informale di sostegno a chi ha il coraggio di denunciare episodi di violenza o di matrimoni forzati.

Di Paola Toncich, Rappresentante Paese in Guinea-Bissau, Mani Tese

 

Per “spazi informali di accoglienza” in Guinea-Bissau, Paese con un’alta incidenza di matrimoni forzati, si intendono persone e famiglie volontarie che accolgono nelle loro case ragazze e donne vittime di violenza sia nella capitale, Bissau, sia nelle regioni più isolate, dove non esistono centri di accoglienza formali. Questa definizione è stata adottata nell’ambito del progetto di Mani Tese e co-finanziato dall’Unione Europea e promosso insieme ad altri partner Libere dalla violenza: Emancipazione per donne e bambine in Guinea-Bissau (titolo originale: “No na cuida de no vida, mindjer“che in italiano significa “Ci prendiamo cura della nostra vita, donna”).

Per introdurre un nuovo approccio nella mobilitazione contro la violenza di genere, Mani Tese si sta occupando dell’identificazione e della mappatura di questi spazi, nonché del rafforzamento delle loro capacità materiali attraverso la consegna alle famiglie ospitanti di alcuni kit di appoggio alle vittime (che contengono generi alimentari, capi di abbigliamento, materiale scolastico e medicine) e sessioni formative sull’assistenza sociale di base e sugli strumenti legali contro la violenza domestica vigenti nel Paese.

 

Attualmente sono già stati identificati 12 spazi informali nelle regioni di Bafata, Gabu, Quinara e Tombali e nella città di Bissau, di cui 9 hanno ospitato o ospitano vittime di abusi e soprattutto vittime di tentativo di matrimonio precoce o forzato. Chi non ha ancora ospitato si rende disponibile per un anno, in attesa delle ragazze e delle donne che potrebbero aver bisogno di essere accolte.

Attualmente le vittime alloggiate sono 25 di cui 21 per matrimonio forzato e precoce e 4 per violenza domestica.

Le persone che ricevono una vittima sono per la maggior parte attiviste per i diritti umani, operatori del settore (poliziotti, assistenti sociali) o appartenenti ad alcuni credi religiosi (pastori evangelici). Ma ci sono anche persone che spontaneamente si offrono di accoglierla.

Dopo la denuncia alle autorità, le vittime di violenza sono accompagnate dalla polizia e dall’equipe di progetto nelle “strutture ospitanti”, che vengono supervisionate sia per quanto riguarda le loro esigenze che il corretto rapporto con le vittime.

Il progetto di Mani Tese dispone inoltre di un’assistente sociale che fornisce supporto psicosociale alle vittime ospitate dalle famiglie e che si occupa di accompagnarle attraverso colloqui e sessioni di assistenza per superare i traumi causati dalla violenza.

Nel caso di matrimonio forzato, il responsabile giuridico di Mani Tese identifica inoltre, insieme alla polizia, i famigliari della vittima per comprendere le ragioni dell’atto, per sensibilizzarli e tentare di conciliare le posizioni. Nel caso la famiglia d’origine non sia disposta a riaccogliere la ragazza, l’equipe identifica dei parenti prossimi non consenzienti al matrimonio che possano ospitarla.

Anche nel caso in cui la vittima abbia subito abusi o violenza domestica, dopo la denuncia (che non sempre porta a processo a causa dell’inadempimento della giustizia) e l’accoglienza temporanea negli spazi informali, lo staff di progetto cerca la soluzione migliore per reinserire la ragazza o la donna in società. La difficoltà del reinserimento dipende dal fatto che difficilmente la vittima accetta di uscire dalla propria comunità per ricominciare una vita altrove. Nella fase di reintegrazione, la cui durata dipende dalla gravità della violenza subita, le famiglie e le ragazze vengono seguite attraverso visite domiciliari e contatti telefonici.

Nei prossimi mesi verrà istituita una rete con lo scopo di mettere in contatto fra loro le famiglie ospitanti nelle regioni d’intervento. Una rete che crei interscambio, condivisione delle esperienze e delle necessità delle famiglie per garantire protezione a chi trova il coraggio di fuggire dalla violenza.

 

Bartolo: “Sulle migrazioni ci hanno raccontato menzogne”

Le parole del medico di Lampedusa al convegno di Mani Tese

Ci hanno raccontato bugie, menzogne”. Sono le parole di Pietro Bartolo, intervenuto sabato 28 settembre al convegno di Mani Tese “Diritti oltre i confini – La cooperazione internazionale per un mondo senza frontiere”.

Il medico di Lampedusa ora Eurodeputato è stato ospite alla festa della Federazione Mani Tese a Catania, tenutasi a distanza di 55 anni dalla costituzione della storica Ong.

Sono tante le menzogne che, per Bartolo, ci hanno raccontato in riferimento alla narrazione delle migrazioni.

“Ci hanno parlato di malattie infettive gravi, ma queste persone (ndr: i migranti arrivati per mare) non ne portano”. E poi ancora “Li chiamano clandestini, si dice di loro che sono terroristi, che ci vengo a rubare il lavoro, le case, che sono delle prostitute…Io penso che sono esseri umani e non mi stancherò mai dirlo”.

Esseri umani, persone. Le stesse persone che Bartolo ha curato. L’insistenza su questo punto è continua, come se il medico più noto di Lampedusa sentisse la necessità di riaffermare, anche nelle parole, un’umanità che abbiamo perduto.

“In questo momento stanno morendo dei bambini, delle donne, degli uomini, ora, in questo momento”.  Sono tante, troppe queste morti sulla coscienza che Bartolo, con implacabile resistenza, mostra nelle terrificanti immagini degli innumerevoli corpi che, da medico, ha dovuto toccare, valutare, identificare. Un compito terribile, di cui Bartolo porta tutto il peso addosso.

“Salvini ha detto che non abbiamo bisogno di bambini confezionati…Lui non sa che cosa sono i bambini confezionati, lo so io…Nei sacchi li ho visti i bambini. Morti…Vestiti a festa dalle mamme”.

La sua è una vera e propria chiamata alle armi al senso di umanità, quella stessa umanità di cui lui, invece, pare totalmente invaso.

“Sono stato un marinaio e sono stato un naufrago – racconta – So cosa significa stare in mezzo al mare per ore aspettando la morte. Io sono stato fortunato, ma molti di loro perdono la vita ed è inaccettabile che possa succedere tutto questo in un modo “civilizzato”, dove l’indifferenza ha preso il sopravvento.

Se pensiamo che l’Africa è il continente più ricco del mondo, ci sarà un motivo, ce lo siamo mai chiesti? Quel motivo siamo noi che abbiamo scambiato quel continente come un mercato da dove prendere tutto. Loro hanno tutto: hanno i diamanti, terre rare, il petrolio e noi gli abbiamo tolto tutto. Li abbiamo costretti ad andare via e adesso che loro sono venuti a chiederci un minimo di sopravvivenza, un lavoro anche il più umile, sarebbe opportuno dare loro quello che a loro spetta”.

Sulle migrazioni il pensiero di Bartolo è molto chiaro: “Il fenomeno delle migrazioni nasce con l’uomo. Non è un fatto temporaneo che riguarda solo l’Italia ma riguarda tutto il mondo. Le persone migrano a causa dei conflitti, delle persecuzioni o dei cambiamenti climatici. La migrazione non è un’emergenza, è un fatto strutturale. Il problema è saperlo gestire con intelligenza e lungimiranza”.

Non mancano, a questo proposito, gli affondi. All’Europa, prima di tutto, e al tradimento dei valori che stanno alla base della nostra civiltà.

“L’Europa è stata molto disattenta da questo punto di vista, la stessa Europa basata su principi e valori che stanno alla base della nostra vita, come accoglienza, solidarietà e rispetto dei diritti umani. Diritti umani che nascono con l’uomo, che sono stati riconosciuti a livello internazionale e oggi sono messi in discussione”.

“Una volta coloro che salvavano le persone erano eroi. Oggi chi salva le persone diventa un delinquente e deve pagare delle sanzioni”. Ma chi salva le persone per fortuna c’è, come le Ong o come i pescatori: “I porti non sono mai stati chiusi, grazie ai pescatori. Perché i pescatori non li puoi fermare”.

E tuttavia la situazione resta drammatica: “Migliaia di persone sono morte in questo mare. Più di quaranta mila persone muoiono sotto i nostri occhi, nel mare di Lampedusa. Il mare nostrum è diventato un cimitero”.

Rivedi l’intervento di Pietro Bartolo nel video del convegno

GIORNATA MONDIALE ALIMENTAZIONE: BURKINABÉ BOUNTY (24 OTTOBRE 2019)

Il 24 ottobre, in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione, Mani Tese vuole ancora una volta affermare e promuovere il suo impegno di giustizia in merito alla lotta al diritto al cibo nei paesi del Sud del mondo. Come? Attraverso la proiezione gratuita del documentario “Burkinabé Bounty” e contribuendo alla raccolta fondi per il nostro progetto […]

Il 24 ottobre, in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione, Mani Tese vuole ancora una volta affermare e promuovere il suo impegno di giustizia in merito alla lotta al diritto al cibo nei paesi del Sud del mondo.

Come? Attraverso la proiezione gratuita del documentario “Burkinabé Bounty” e contribuendo alla raccolta fondi per il nostro progetto Filiere corte e cibo sano per tutti in Burkina Faso”.

locandina film burkina faso mani tese 2019

Il documentario

Burkinabé Bounty” racconta come il Burkina Faso si stia riappropriando della sua terra e intenda difendere le proprie tradizioni in un contesto di intrusione dell’industria agroalimentare mettendo in luce anche le difficoltà riscontrate dai contadini burkinabè, come l’accesso all’acqua o l’avvento di fertilizzanti chimici.

Particolarmente importante, nel documentario, è l’esperienza di un contadino che racconta la sua transizione verso tecniche nuove di coltivazione agroecologia e il conseguente incremento della produzione.

Guarda il trailer del documentario:

Il progetto

Il progetto “Filiere corte e cibo per tutti in Burkina Faso”, cofinanziato da Regione Veneto, Fondazione Maria Enrica e Fondazione ACRA, si propone di sostenere lo sviluppo di prodotti orticoli in Burkina Faso attraverso l’introduzione di tecniche di produzione e conservazione secondo i principi dell’agroecologia. Il progetto, inoltre, intende sensibilizzare e formare i cittadini Italiani (in particolare della Regione Veneto) sui temi delle filiere corte, dell’agroecologia e dell’importanza del cibo sano.

Fra le iniziative principali del progetto, è prevista, fra le altre, la formazione dei produttori agricoli nell’ambito della produzione agroecologica e la creazione di una cooperativa di II livello dell’Unione dei produttori. È prevista una formazione, dedicata in particolare ai gruppi di donne, sulla trasformazione di prodotti come il pomodoro, la citronella, le foglie di moringa, la papaya e la Kenkeliba.

Il progetto prevede anche la realizzazione di un magazzino per la conservazione delle cipolle in laterite – grazie al quale i prodotti potranno essere conservati anche per sei mesi – e una campagna di sensibilizzazione per il consumo di cibo locale.

Cosa puoi fare tu per essere un promotore o un promotrice del nostro “impegno di giustizia”?

  • Organizza una proiezione del documentario nel mese di ottobre (scegli una data)
  • Cerca una sala per proiettarlo
  • Prepara un banchetto con i materiali di Mani Tese
  • Approfondisci il nostro progetto in Burkina Faso e raccontalo dopo la proiezione
  • Raccogli le offerte libere per sostenere progetto

Film, pagamento della Siae e materiali per la promozione ti verranno forniti da Mani Tese Nazionale!

Per informazioni, scrivi a mazza@manitese.it.

 

TOMATE REVOLUTION: IN BURKINA FASO L’INDIPENDENZA PASSA ANCHE DAL POMODORO!

Di Giulia Polato, Rappresentante Paese in Burkina Faso, Mani Tese   Il sostegno di Mani Tese all’Unione dei produttori di Loumbila NANGLOBZANGA continua! Nel mese di luglio, grazie al contributo del progetto “Filiere corte e cibo sano per tutti in Burkina Faso”, cofinanziato dalla Regione Veneto, sono iniziate diverse attività di formazione per i nostri […]

Di Giulia Polato, Rappresentante Paese in Burkina Faso, Mani Tese

 

Il sostegno di Mani Tese all’Unione dei produttori di Loumbila NANGLOBZANGA continua! Nel mese di luglio, grazie al contributo del progetto “Filiere corte e cibo sano per tutti in Burkina Faso”, cofinanziato dalla Regione Veneto, sono iniziate diverse attività di formazione per i nostri produttori (…anzi, produttrici!), che stanno rafforzando le proprie capacità.

Una di queste ha riguardato la trasformazione del pomodoro in passata.

Se non lo sapete, infatti, il Burkina Faso produce tantissimo pomodoro, che viene comprato, esportato e trasformato in fabbriche estere per poi essere rivenduto in Burkina con l’etichetta “made in Ghana”! Una cosa davvero incredibile! La formazione rivolta alle produttrici è quindi molto importante, perché ha come obiettivo quello di incrementare la produzione di pomodoro locale attraverso la coltivazione e commercializzazione di un prodotto buono, sano e, soprattutto, interamente made in Burkina Faso.

I nostri amici dell’Association Watinoma di Koubri, partner di progetto, sono venuti a dimostrare concretamente alle donne produttrici quali sono tutti gli step di una corretta trasformazione del pomodoro, dal prodotto appena raccolto al vasetto sigillato.

È stato molto significativo il fatto che la location in cui si è svolta la formazione fosse proprio la fattoria didattica dove gli stessi operatori di Watinoma, a loro tempo, avevano imparato questa preparazione. Persone formate diventate a loro volta formatrici!

Anche le nostre donne, quindi, adesso potranno insegnare la tecnica utilizzata ad altre persone. In fin dei conti si tratta di una tecnica molto semplice, che non prevede obbligatoriamente il consumo di elettricità (che qui, a volte, non è un problema banale).

Per di più la trasformazione del pomodoro, ingrediente alla base di moltissimi piatti tipici burkinabé, dà la possibilità di conservare il vegetale per periodi più lunghi, favorendo così l’impiego di cibi locali e sani nella preparazione dei pasti.

Che la tomate revolution, dunque, abbia inizio! 🙂

 

PROGETTO IMARISHA: ARRIVANO I PRIMI KIT SOLARI 100% GREEN

Quale modo migliore di festeggiare la Climate Week per i nostri beneficiari se non con l’arrivo dei Kit Solari di Sun King al Molo Solar Light Group, creato con il progetto IMARISHA (AID 10934/MATE/KEN) cofinanziato da AICS– Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo? Una serie di prodotti innovativi, certificati Lightening Global, saranno da oggi venduti alle […]

Quale modo migliore di festeggiare la Climate Week per i nostri beneficiari se non con l’arrivo dei Kit Solari di Sun King al Molo Solar Light Group, creato con il progetto IMARISHA (AID 10934/MATE/KEN) cofinanziato da AICS– Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo?

Una serie di prodotti innovativi, certificati Lightening Global, saranno da oggi venduti alle famiglie nelle zone forestali di Molo, dove non vi è luce elettrica.

 

dennis lampade solari kenya mani tese 2019
Dennis- Resp. Attività energia solare del progetto Imarisha

 

Qui infatti più di metà della popolazione utilizza i koroboi, le lampade tradizionali, che bruciano paraffina e kerosene.

Queste lampade non solo emettono gas serra, ma anche pericolosissime sostanze cancerogene. Inoltre erodono il reddito delle famiglie.

Da oggi, grazie al supporto di Mani Tese e NECOFA, esiste un’alternativa! Si tratta delle lampade solari 100% green, che forniscono luce, una presa di ricarica per il cellulare e alcune addirittura una radio!

Questo permette ai beneficiari di non dover più dipendere dai combustibili fossili, avere luce gratuitamente e poter quindi migliorare il proprio reddito oltre che la propria salute.

L’arrivo dei kit solari è certamente un ottimo modo per festeggiare la Climate Week anche qui in Kenya…

Un augurio a Dennis (nella foto in alto), il Responsabile attività energia solare del progetto Imarisha, e ai ragazzi del gruppo 🙂