GUINEA-BISSAU, IL FESTIVAL CULTURALE DELLE MIGRAZIONI GIUNGE ALLA 2A EDIZIONE

Dopo il successo della prima edizione, torna il Festival Culturale delle Migrazioni che “ha messo in scena”, attraverso l’arte, i rischi della migrazione irregolare

Negli ultimi anni la migrazione irregolare in Guinea-Bissau è diventata un fenomeno sempre più diffuso, con un crescente numero di giovani che rischiano di divenire preda dei trafficanti e di mettere a repentaglio la propria vita cercando di attraversare il deserto e il Mediterraneo.

Per questo motivo, il progetto “Terra Ricca!” di Mani Tese, finanziato da OIM Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, intende sensibilizzare la popolazione in Guinea-Bissau sui rischi della migrazione irregolare.

Nell’ambito del progetto, dopo il successo della prima edizione, si è tenuto il 13 e il 14 dicembre del 2019, in prossimità della Giornata Internazionale del Migrante, il secondo “Festival Culturale delle Migrazioni”.

Attraverso il festival, la cultura, veicolando informazioni sui rischi della migrazione irregolare e sulle possibili alternative, è divenuta il mezzo con cui accrescere la consapevolezza delle persone rispetto a tematiche complesse e spesso ignorate, influendo positivamente anche sui loro comportamenti.

“Terra Ricca!” è il nome di progetto che si chiama così anche per valorizzare la qualità di questo Paese, emersa con forza proprio durante il festival.

Parlare della Guinea-Bissau come una “terra ricca” potrebbe sembrare una forzatura, riferendosi a un Paese che, nel 2019, si è posizionato a un basso livello dell’Indice di Sviluppo Umano, collocandosi al 178° posto su 188, in cui il 67% della popolazione ancora oggi vive sotto la soglia di povertà. La ricchezza di un popolo e di una nazione, però, va misurata anche in termini culturali e, durante i due giorni del festival, la Guinea-Bissau ha mostrato uno dei suoi volti migliori, mettendo in scena la propria ricchezza e diversità culturale tramite musica, arte, tradizioni e folklore.

Cornice dell’evento è stata Gabu, capoluogo dell’omonima regione che confina con Senegal e Repubblica di Guinea. Secondo i dati forniti dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, la regione registra infatti il tasso più alto di emigrazione dell’intero Paese.

Nell’ambito dell’edizione 2019 del Festival è stato organizzato un torneo di calcio che ha visto affrontarsi squadre composte da giovani guineensi e migranti di ritorno e sono andate in scena delle rappresentazioni teatrali sul tema della partenza. Sono stati inoltre organizzati dei Djumbai, raggruppamenti di cittadini in cui riflettere come comunità sulle questioni legate alla migrazione.

Al termine si è tenuta infine una marcia di sensibilizzazione, alla quale hanno partecipato autorità locali e nazionali, gruppi culturali e associazioni, ONG e organizzazioni internazionali, che si è snodata per le strade di Gabu.

Il festival si è concluso con due serate di musica, danza e ritmo del folklore tradizionale e di espressioni artistiche più moderne, durante le quali è stato possibile condividere, con un ampio pubblico, messaggi in lingua creola e fula per sensibilizzare su una migrazione più consapevole e contribuire ad accrescere la coesione tra i migranti di ritorno e le comunità di appartenenza.

Il Festival, finanziato grazie al Fondo Fiduciario dell’Unione Europea e dell’OIM, è stata un’espressione di partecipazione attiva, impegno e mobilitazione della popolazione. La Comunità di Gabu crede fortemente nel potenziale dell’evento e intende impegnarsi affinché possa diventare un appuntamento fisso per celebrare il 18 dicembre, la Giornata Internazionale per i Diritti dei Migranti.

Un desiderio ambizioso ma non impossibile, che Mani Tese cercherà di supportare affinché la cultura possa continuare ad essere sinonimo di inclusione, futuro e speranza.

Qui sotto una bellissima gallery fotografica dedicata al festival:

Un viaggio di scambio per la federazione di donne rurali del Burkina Faso

Le donne del Boulkiemdé e di Ouagadougou hanno raggiunto Tenkodogo, dove hanno trascorso due intensi giorni di attività insieme alle loro colleghe della provincia del Boulgou.

Di Giulia Polato, Responsabile Paese Burkina Faso

“Le donne sono la vera forza di questo paese” diceva l’ex presidente del Burkina Faso Thomas Sankara. E noi di Mani Tese lo sappiamo bene, lavorando ogni giorno al fianco delle donne e accompagnandole nel processo di crescita e nel raggiungimento dell’autonomia lavorativa e nello sviluppo di attività imprenditoriali.

Coerentemente con questo intento, nel mese di dicembre, nell’ambito del progetto “Imprese sociali innovatrici e partecipazione dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso” cofinanziato da AICS e Fondazione Maria Enrica, la Fenafer-B, la federazione delle donne rurali del Burkina Faso, partner di progetto, con il supporto di Mani Tese, ha organizzato un viaggio di scambio nelle tre regioni toccate dall’intervento, coinvolgendo le proprie iscritte.

Grazie a questa iniziativa, le donne del Boulkiemdé e di Ouagadougou hanno raggiunto Tenkodogo, dove hanno passato due intensi giorni di attività insieme alle loro colleghe della provincia del Boulgou. Prima di tutto si sono confrontate su un’analisi FFOM (forze-debolezze-opportunità-minacce) della loro organizzazione, poi hanno incontrato un’impresa femminile di successo del territorio (dedita al riso) per avere nuovi stimoli e idee d’azione, infine si sono ritrovate in piccoli gruppi per elaborare nuove strategie di crescita e sviluppo.

Sono state due giornate di attività intense, che hanno offerto una grande possibilità di scambio per queste donne, che normalmente sono sparse in tutto il Burkina Faso, mentre questa volta si sono potute confrontare di persona sulle varie sfide della loro quotidianità.

MANI TESE E IL WORLD FOOD PROGRAMME INSIEME PER L’EMERGENZA CIBO DOPO IL CICLONE IDAI

Il 4 marzo del 2019, a largo della costa orientale del Mozambico, una depressione tropicale in pochi giorni provocò quello che oggi può essere definito come il più grave disastro ambientale dell’emisfero meridionale. Il ciclone IDAI colpì più di 2 milioni e mezzo di persone in Mozambico, Zimbabwe, Malawi e Madagascar e provocò oltre 1000 […]

Il 4 marzo del 2019, a largo della costa orientale del Mozambico, una depressione tropicale in pochi giorni provocò quello che oggi può essere definito come il più grave disastro ambientale dell’emisfero meridionale. Il ciclone IDAI colpì più di 2 milioni e mezzo di persone in Mozambico, Zimbabwe, Malawi e Madagascar e provocò oltre 1000 vittime, di cui almeno 600 in Mozambico.

In questo Paese, le zone più colpite sono state, oltre alla Zambezia, le province di Sofala, Manica e Inhambane. Più di 700.000 ettari di coltivazioni sono stati spazzati via mettendo a rischio la sicurezza alimentare delle popolazioni colpite, dal momento che la distruzione è avvenuta proprio durante il periodo della raccolta.

Nel distretto di Chinde, che si trova sulla foce del fiume Zambezi, il ciclone IDAI è stato particolarmente violento e ha portato forti piogge e numerosi allagamenti, distruggendo abitazioni, infrastrutture e coltivazioni.

Il distretto sta ora affrontando la delicata fase di ripresa post-emergenza, ed è proprio qui che si colloca il programma del World Food ProgrammeAssistenza alimentare in cambio di beni strumentali” (Food Assistance for Assets – FFA) in cui Mani Tese partecipa come partner.

Obiettivo principale dell’intervento è quello di migliorare le condizioni di vita della popolazione colpita dal ciclone, fornendo alimenti di prima necessità e, al tempo stesso, rilanciando attività produttive come la costruzione di pozzi, latrine e strade di collegamento.

Ogni mese, e per cinque mesi, saranno distribuiti 40 kg di cereali, 6 kg di fagioli e 5 litri di olio a 4.000 famiglie, per un totale di circa 20.000 persone, che verranno coinvolte in attività in grado di ridurre il rischio e l’impatto di shock climatici, aumentando la produttività alimentare e rafforzando la resilienza ai disastri naturali.

Non ci resta che augurare buon anno e buon lavoro ai nostri operatori e ai destinatari del progetto, nella speranza che a Chinde e in tutte le zone colpite dal ciclone la situazione si ristabilizzi prima possibile.

MOZAMBICO: DOPO I DISASTRI CLIMATICI, LA ZAMBEZIA SI RIALZA

A marzo del 2019 la provincia della Zambezia, in Mozambico, è stata duramente colpita da una serie di piogge tropicali che hanno compromesso la produzione agricola dell’intero territorio. Alle piogge si è in seguito aggiunto il ciclone tropicale Idai, che il 14 marzo si è abbattuto sulle coste del Paese provocando morti e devastazioni. Il […]

A marzo del 2019 la provincia della Zambezia, in Mozambico, è stata duramente colpita da una serie di piogge tropicali che hanno compromesso la produzione agricola dell’intero territorio. Alle piogge si è in seguito aggiunto il ciclone tropicale Idai, che il 14 marzo si è abbattuto sulle coste del Paese provocando morti e devastazioni.

Il forte vento e le piogge torrenziali hanno fatto esondare numerosi fiumi costringendo le popolazioni locali ad allontanarsi dalle loro abitazioni per raggiungere luoghi più sicuri. Inoltre la produzione di mais, manioca e batata, base dell’alimentazione delle popolazioni rurali, è stata seriamente compromessa mettendo a rischio la sicurezza alimentare dell’intero paese.

Mani Tese, già presente nel territorio, nei mesi scorsi ha attivato un progetto di emergenza per scongiurare la crisi alimentare nei distretti della Zambezia in cui è attiva.

Grazie al progetto RIPARTIAMO SEMINANDO e alle donazioni ricevute, abbiamo acquistato e distribuito nelle comunità locali 107 kg di semi di fagiolino, 15 kg di ortaggi, alcuni dei quali sono stati trapiantati con l’aiuto dei nostri tecnici, e 2400 kg di mais a ciclo corto, prodotto in grado di produrre quantitativi soddisfacenti nonostante il ritardo nella semina.

Oltre 300 produttori agricoli hanno potuto avere una seconda chance di produzione che, nel periodo di siccità, si traduce in sicurezza alimentare e in una piccola fonte di reddito.

Abbiamo acquistato dei teli per far seccare manioca e batata, riso, mais e sesamo, una coltura ad alto rendimento che abbiamo contribuito a diffondere. Sono stati costruiti due sistemi di essicazione del sesamo e della manioca in due comunità.

Nei tre distretti dove Mani Tese è presente con il progetto “Quelimane agricola”, infine, abbiamo organizzato attività di formazione per promuovere e diffondere tecniche di conservazione della manioca più razionali ed efficaci.

Vogliamo ringraziare chi ci ha sostenuto e permesso di scongiurare la crisi alimentare fra le popolazioni della Zambezia.

In Mozambico c’è ancora molto da fare e il nostro impegno prosegue con nuovi altri progetti nel Paese per ridurre la fame e favorire lo sviluppo sostenibile delle comunità locali.

Di seguito una gallery fotografica che illustra ciò che è stato fatto grazie al progetto “Ripartiamo Seminando”:

 

LA POVERTÀ EDUCATIVA SPIEGATA PER IMMAGINI

Nell’ambito del progetto “Piccoli che valgono” abbiamo creato un kit di illustrazioni per sensibilizzare sul complesso fenomeno della povertà educativa.

Ogni anno in Italia circa 130.000 minori abbandonano precocemente la scuola.

Nell’ambito del progetto “Piccoli che valgono”, abbiamo creato un piccolo kit di illustrazioni per sensibilizzare sul complesso fenomeno della povertà educativa.

Il progetto “Piccoli che valgono” è cofinanziato dall’impresa sociale Con i bambini e intende affrontare il tema della dispersione scolastica in termini di prevenzione attraverso il coinvolgimento di tutti i soggetti della comunità educante, in primis le scuole.

Da gennaio 2020 ne sentirete parlare spesso!

Scopri di più sul progetto e sfoglia la gallery qui sotto:

PREMIO MANI TESE PER NEOLAUREATI: VINCE FEDERICA LEO

Federica Leo ha vinto con un elaborato dal titolo: “Who made my clothes: analisi degli impatti della fast fashion e la rivoluzione della moda etica”.

Federica Leo ha vinto il premio Mani Tese dedicato ai neolaureati con l’elaborato dal titolo “Who made my clothes: analisi degli impatti della fast fashion e la rivoluzione della moda etica”.

Il premio, promosso da Mani Tese con il contributo dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, è dedicato alle migliori tesi di laurea con un’idea in grado di coniugare sviluppo economico, giustizia sociale e ambientale, e consiste in un contributo monetario fino a un massimo di 3.500 euro a copertura delle spese di iscrizione a master o corsi di specializzazione in partenza nell’anno 2020.

L’elaborato è stato selezionato da una Giuria composta da esperti del settore di Mani Tese, Oxfam Italia, Fondazione Finanza Etica, Fondazione Sodalitas e Comune di Milano, che si è basata sui seguenti criteri di valutazione: l’aderenza al tema, l’originalità dello studio, la qualità scientifica, il grado di visionarietà della tesi proposta.

Federica Leo si è laureata in Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale all’Università Sapienza di Roma. “La collaborazione e l’azione di volontariato presso associazioni che si occupano di cooperazione internazionale – scrive Federica nella sua bio – mi hanno portata a implementare sul campo le competenze teoriche apprese durante il percorso universitario, da sempre rivolto all’ambito interculturale e internazionale. Le esperienze svolte all’estero (Sierra Leone, Senegal, Spagna, Francia) mi hanno permesso di entrare a contatto con ambiti interculturali e dinamici. La scoperta di programmi europei e corsi di formazione aventi come tematica la promozione dei diritti umani, mi hanno condotta verso un’analisi più approfondita del concetto che si è traslata finalmente nel mio lavoro di ricerca tesi sulla violazione de diritti lavorativi, ambientali e umani di coloro che sono impegnati nel settore tessile”.

Qui di seguito l’abstract del suo elaborato:

“La ricerca svolta mira all’analisi degli impatti dell’attuale sistema produttivo di abbigliamento (fast fashion) e alla definizione di un modello alternativo, quale quello del commercio equo e solidale, che tiene conto del principio di sostenibilità e dei diritti umani delle persone impiegate nel settore. Dopo aver introdotto il principio di sostenibilità ed aver analizzato l’esistenza o meno di norme vincolanti che regolino gli impatti ambientali e rispettino i diritti dei lavoratori del tessile, si è proceduto all’analisi di Report che indagano sulle conseguenze che l’attuale modello produttivo e consumistico improprio sta avendo a livello umano e di disponibilità delle risorse naturali. Comprendendo che la sostenibilità non può essere perseguita senza che i vari fattori dello sviluppo siano tra loro interdipendenti, si rende necessario modificare le modalità di produzione e le abitudini di consumo. Negli ultimi anni, ad un modello insostenibile, si è andato ad opporre quello del commercio equo e solidale, sistema produttivo alternativo che ha non solo a cuore la tutela della natura, ma che tiene soprattutto conto della giustizia sociale e della garanzia di un lavoro dignitoso. Esso diventa, quindi, il modello alternativo che sta cercando di contrapporsi ad un sistema capitalistico e consumistico noncurante dei propri impatti. Se si pensa al settore della moda, il secondo più inquinante dopo quello petrolifero, vien da sé comprendere perché il commercio equo abbia sentito come necessaria la rivoluzione della moda etica. All’assenza di informazioni sul Chi fa i nostri vestiti, esso ha opposto la trasparenza dei vari brand etici, i quali , inoltre, ritengono necessario cercare nelle loro collaborazioni con i produttori presenti in tutto il mondo un compromesso tra creatività/identità e le tendenze dei consumatori occidentali, facendo prevalere le relazioni umane sul profitto. Si analizzeranno i punti forza e le debolezze di un settore che cerca di porsi come competitor dei brand unfair. L’attuale sistema produttivo è diventato ormai insostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico. Diviene, quindi, necesario per il commercio equo lavorare sulle criticità che presenta (comunicazione, riconoscibilità presso il consumatore, adattabilità al cambiamento, creazione di una rete tra cooperative) per imporsi realmente come modello alternativo di produzione da attuare negli anni a seguire.”

Qualche dato sull’iniziativa: i partecipanti al premio Mani Tese per neolaurati sono stati 39, di questi il 77% donne e il 23% uomini. La città più rappresentata è Milano, col 26% delle partecipazioni, a seguire Roma, Napoli, Torino, Firenze e Bologna. La maggior parte dei candidati proviene da un percorso di studi in Economia (nel 26% dei casi), Scienze Politiche (13%) o Architettura (8%). Le tematiche più affrontate sono state invece la sostenibilità dei processi produttivi, l’economia circolare applicata e la rigenerazione urbana.

Federica Leo

SENSIBILIZZAZIONE E MIGRAZIONE: LA CONSAPEVOLEZZA PASSA ANCHE DALLE DEFINIZIONI

L’importanza di tutelarsi e di difendere i propri diritti attraverso la migrazione regolare nei workshop organizzati in Guinea-Bissau.

“Se migri attraverso i canali legali puoi chiedere protezione quando i tuoi diritti non vengono rispettati”. Sono le parole di un giovane volontario di RENAJ – Rede Nacional de Associacoes Juvenis, che a novembre ha partecipato a un evento di formazione a Bissau sul tema della migrazione.

L’attività di formazione è stata realizzata nell’ambito del progetto “TERRA RICCA! SENSIBILIZZAZIONE SUI RISCHI DI MIGRAZIONE IRREGOLARE finanziato dal Fondo Fiduciario dell’Unione Europea e dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni e implementato da Mani Tese, in partenariato con l’Associazione locale Netos de Bandim, che prevede la sensibilizzazione riguardante i rischi e le alternative della migrazione irregolare

Durante il workshop, sono stati organizzati dibattiti, proiezioni e attività di teatro, attraverso i quali parlare dei temi legati alla migrazione con lo scopo di approfondire i concetti base e interrogarsi sui rischi che si possono correre tramite la migrazione irregolare e quali invece le opportunità offerte da quella regolare.

L’entusiasmo dei giovani di RENAJ ha trasformato un momento di formazione in un dibattito stimolante. Così, durante lo scambio di opinioni, è emerso che per parlare di chi si sposta o soggiorna in un Paese diverso dal proprio, al di fuori delle regole giuridiche, non dovrebbe essere usato il termine “clandestino” così come la migrazione dovrebbe essere definita “irregolare” e mai “illegale”, in ragione dell’offesa alla dignità umana che tali termini possono arrecare.

Riflessioni profonde e interessanti che saranno trasmesse da RENAJ ai tanti altri attivisti della rete di associazioni giovanili guineensi durante gli incontri che organizza per formare e informare gli adolescenti sui diritti umani, con lo scopo di accrescere il senso civico dei giovani cittadini della Guinea-Bissau.

Qui di seguito alcune foto dall’evento di formazione:

2. IL SOGNO DI VIVERE CON I PROPRI FIGLI

Rakiatou è un’infaticabile lavoratrice che, insieme ad altre donne, trasforma cereali e produce biscotti che vuole esportare all’estero. Il suo sogno è quello di vivere con i proprio figli.

di Giulia Polato, Responsabile Paese Burkina Faso

Rakiatou lavora nell’associazione KOMALE, nel Boulgou. Si occupa della trasformazione di cereali, produce biscotti e, come ogni donna burkinabè, fa mille attività diverse, nel tentativo di “se débrouiller”, cercando di far quadrare i conti e di contribuire al benessere della famiglia.

L’associazione dei produttori agroecologici di Rakiatou nacque nel 2002 proprio da una sua idea. Rakiatou si era resa conto che le donne che lavoravano individualmente faticavano molto e avevano tante spese da sostenere mentre i ricavi erano minimi. Propose quindi alle sue vicine e conoscenti di mettersi insieme e creare un’associazione per dividere e condividere fatiche, spese, ma anche i risultati!

Nacque così Komale, che letteralmente significa “impegniamoci”, “diamoci da fare” e che rappresenta lo spirito con cui Rakiatou ancora oggi porta avanti la sua attività. La vergogna più grande, ci racconta Rakiatou, sarebbe infatti che qualcuno le dicesse che è pigra: lei non ama perdere tempo e vuole lavorare sempre, finché ne avrà la possibilità.

Komale iniziò a occuparsi di trasformazione del sapone mettendo da parte, goccia dopo goccia, un po’ di denaro per espandere la propria attività. Vedendo le coltivazioni di sorgo, miglio e mais nella sua zona, Rakiatou comprese infatti poi che quello era un settore che le avrebbe portato benefici. Insieme ad alcuni partner, comprò dunque l’attrezzatura per iniziare questa nuova attività. Komale oggi ha anche un piccolo pollaio, donato dalla Maison de l’Entreprise, e un orto, di cui le donne si occupano a turno.

Nell’ultimo anno, inoltre, grazie all’appoggio del progetto “Imprese sociali innovative e partecipazione dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso” (cofinanziato da AICS e Fondazione Maria Enrica),  Rakiatou ha avuto la possibilità di ricevere una formazione per alfabetizzarsi ed iniziarsi alla contabilità di base. Il progetto, però, poteva finanziare la formazione solo di una persona. Senza arrendersi, Rakiatou, dopo le nozioni apprese durante il corso, è riuscita, da sola, a formare anche tutte le altre persone interessate della sua associazione. 

Rimane però ancora un problema, in particolare nell’attività di pasticceria (Komale produce anche biscotti): il forno. Nel villaggio non ce n’è uno. Bisogna percorrere in moto, o se va male in bici, 20 km per andare e tornare dalla città, con tutto il materiale e gli ingredienti pesantissimi sulle spalle, per cercare di approfittare al meglio della giornata e cuocere più biscotti possibile.  Spesso si torna a casa a notte inoltrata, con il pericolo di percorrere le strade al buio.

Usando un forno “comune”, inoltre, non si può sempre garantire la pulizia  e la non contaminazione dei biscotti, e questo a Rakiatou fa molta rabbia, perché lei tiene molto al fatto che il suo prodotto sia perfetto: vorrebbe addirittura ottenere una certificazione per esportare all’estero. Per questo sta lavorando anche di notte, anche col supporto del progetto di Mani Tese che darà a Komale la possibilità di costruirsi un proprio forno, cercando sempre nuovi mercati e utilizzando i social per espandere la sua attività.

Alla domanda “Perché fai tutto questo?”, Rakiatou ci risponde sicura: “Molto semplice: io abito in un villaggio, ma la mia famiglia, i miei ragazzi, sono tutti in città, a Tenkodogo. Il mio sogno è di potermi comprare una casa lì e vivere vicino a loro”.

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