Essere ed insegnare ai tempi del coronavirus

Gli insegnanti dell’Istituto Sansepolcro hanno partecipato a un incontro online per riflettere su come riorganizzare la didattica e comunicare con gli alunni in questo periodo delicato.

Le attività del progetto “Piccoli che Valgono!” sono proseguite anche durante la quarantena e il 23 marzo l’Associazione Il Timone ha realizzato un incontro online rivolto agli insegnanti della scuola primaria e secondaria di primo grado dell’Istituto Sansepolcro, in modo da fornire spunti di riflessione e strumenti pratici per riorganizzare positivamente la propria vita e il rapporto con gli alunni

La relatrice, la psicologa e psicoterapeuta Gaia Luzzi, che fa parte degli esperti del progetto, aveva già condotto a febbraio due incontri su un argomento che era stato suggerito dagli insegnanti: la competenza emotiva dei bambini e dei ragazzi preadolescenti.

Il tema dell’appuntamento di marzo era “Essere ed insegnare ai tempi del Coronavirus”. Dopo un’introduzione del concetto di disastro collettivo e del trauma che ne può derivare, il focus dell’incontro si è posto sulle varie risposte emotive e sulle conseguenti strategie positive e negative che possono essere attivate da ciascuno. La seconda parte, psicoeducazione per insegnanti, è stata dedicata a come comunicare con i bambini e i ragazzi, quali informazioni dare e come mantenere un contatto anche oltre la didattica.

All’incontro, durato due ore, hanno partecipato 62 insegnanti.

Piccoli che Valgono!” è un progetto selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile promosso da Mani Tese insieme ad altri partner.

MOZAMBICO, ANCHE COL CORONAVIRUS CONTINUA LA DISTRIBUZIONE DI CIBO

Nel distretto di Chinde, abbiamo adottato tutte le misure di contenimento del contagio per continuare a garantire il nostro supporto alla popolazione con consegne di alimenti di prima necessità.

Il distretto di Chinde, nella provincia della Zambezia (Mozambico), è stata una delle aree più colpite un anno fa dal ciclone Idai.

Mani Tese, con il progetto “Food assistance for assets – EMERGENZA CIBO DOPO IL CICLONE IDAI” finanziato dal World Food Programme, è quindi intervenuta in questa zona per migliorare le condizioni di vita della popolazione fornendo alimenti di prima necessità e rilanciando le attività produttive.

Raggiungere circa 4.000 famiglie per donare loro mais, fagioli e olio non è però semplice e, a causa dell’emergenza Coronavirus, è ancora più complicato.

Per garantire la sicurezza dei beneficiari e dello staff, infatti, è necessario adottare diverse misure di contenimento del contagio, come il distanziamento sociale, la protezione del viso con le mascherine, il lavaggio delle mani e l’igienizzazione dei pacchi alimentari (vedi foto).

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GUATEMALA, LA VITA DOVE REGNA LA SICCITÀ

Un video documenta la tecnica di coltivazione che stiamo utilizzando in Guatemala per garantire la sicurezza alimentare delle popolazioni colpite dalla siccità e dalla deforestazione.

Kuxur Rum nella lingua locale ch’orti’ significa “la mia terra umida”. È il nome di una tecnica di coltivazione che prevede l’uso di varietà arboree locali per il mantenimento dell’umidità necessaria alle coltivazioni in zone di grande siccità estiva.

Questa tecnica è utilizzata in Guatemala, nel Chiquimula, attraverso l’uso della pianta madre del cacao (molto diffusa in quella zona), per aiutare le popolazioni locali a combattere la siccità ed è ben descritta nel video Vita dove la siccità regna – Il sistema agroforestale del Kuxur Rum.

 

Tomas Rodrigo Etcheverry Gonzalez, l’autore, ha trascorso alcuni mesi a Jocotàn, nel Chiquimula e ha effettuato le riprese del video (con il supporto tecnico del Laboratorio Multimediale dell’Università degli Studi di Firenze) per la sua tesi di laurea magistrale in “Natural resources management for tropical rural development”, dal titolo Agrobiodiversity and plant use in the Kuxur rum agroforestry system.

Il lavoro è stato realizzato grazie all’accordo di mobilità internazionale extra UE, tra DAGRI (Unifi), Cunori (Centro Universitario de Oriente a Chiquimula), e Usac (Università di San Carlos del Guatemala) nell’ambito del progetto “Lotta alla denutrizione nel dipartimento di Chiquimula” promosso da Mani Tese e DAGRI.

Il progetto si propone di migliorare la disponibilità, l’accesso e il consumo di alimenti di 40 famiglie del municipio di Camotán, nel dipartimento di Chiquimulaincrementando la disponibilità di cibo autoprodotto e migliorando le condizioni igienico-sanitarie della comunità.

Nel dipartimento di Chiquimula in estate, infatti, le temperature possono arrivate ai 44 gradi provocando siccità prolungate. La situazione climatica incide direttamente sulla sussistenza di una popolazione già vulnerabile, traducendosi in una grave insufficienza alimentare.

Per saperne di più: https://www.unifimagazine.it/sistema-agroforestale-del-kuxur-rum/

Emergenza coronavirus: gli aggiornamenti dai nostri paesi

Cosa sta succedendo in Guinea-Bissau, Mozambico, Burkina Faso, Kenya e negli altri Paesi in cui operiamo?

Se l’emergenza COVID-19 ha provocato una situazione drammatica in Italia, provate a immaginare le sue conseguenze nel Sud del mondo.

L’Africa e l’India, dove operiamo, sono alcune tra le aree più povere del pianeta e si trovano ora ad affrontare un’emergenza non solo sanitaria, ma anche alimentare ed economica.

In questi Paesi come Mani Tese siamo impegnati a prevenire la diffusione del contagio migliorando le condizioni igieniche, sensibilizzando sui comportamenti da tenere e distribuendo mascherine, guanti e tutto il necessario per evitare la diffusione del virus.

Nel contempo stiamo anche cercando di garantire cibo e beni di prima necessità alle comunità che, già poverissime, sono ora messe in ginocchio dalla crisi economica dovuta alla chiusura delle attività.

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Webinar internazionale sui sistemi idrici in Mozambico

Venerdì 24 aprile si terrà un webinar gratuito sulla gestione delle risorse idriche in Mozambico.

Qual è l’impatto della deforestazione sulle risorse idriche? Cosa si intende per economic water scarcity? Come fornire acqua potabile e servizi igienico-sanitari agli agricoltori del Mozambico?

Si parlerà di questo e molto altro durante il webinar “Integrated Water Resources Management in the Rural-Urban Transition of Mozambique” organizzato dal Water Harvesting Lab dell’Università degli Studi di Firenze, Politecnico di Milano e Università degli Studi di Urbino, con approfondimenti sui progetti “Foreste” e “Quelimane agricola”, entrambi co-finanziati dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

Il webinar si terrà venerdì 24 aprile dalle 9.30 alle 14 e sarà possibile partecipare gratuitamente registrandosi qui: ISCRIVITI

Mani Tese aderisce alla Fashion Revolution Week 2020

Dal 20 al 26 aprile, in occasione dell’anniversario della tragedia del Rana Plaza, torna la Fashion Revolution Week. Nel momento in cui la pandemia globale sta avendo conseguenze drammatiche sui lavoratori dell’intera filiera, l’appello per un cambiamento radicale nell’industria dell’abbigliamento è oggi più che mai attuale.

di Riccardo Rossella, Area Advocacy, Educazione e Campagne

Il 24 aprile 2013 segna una data indelebile per il settore della moda. Nella periferia occidentale di Dacca, capitale del Bangladesh, l’edificio del Rana Plaza subisce un cedimento strutturale, collassando su sé stesso. 1.133 persone perdono la vita nel crollo, oltre 2.500 rimangono ferite. La maggior parte di esse erano lavoratori e lavoratrici dell’industria tessile: il palazzo di otto piani ospitava infatti diverse fabbriche che realizzavano prodotti di abbigliamento per i grandi brand occidentali, tra questi Benetton, Inditex (gruppo proprietario di marchi come Zara, Bershka e Pull and Bear) e Primark.

La tragedia assume un sapore ancora più amaro se si considera che poteva essere facilmente evitata. Proprio nel giorno precedente al crollo, infatti, nel corso di una verifica erano state rilevate delle preoccupanti crepe all’interno dell’edificio, che avevano portato gli ispettori a chiederne l’immediata evacuazione e chiusura. Un avvertimento ignorato dai proprietari degli stabilimenti tessili.

Quanto accaduto accese i riflettori sul problema delle condizioni di estrema precarietà e insicurezza di chi lavora nelle fabbriche del Sud del mondo che producono i nostri vestiti. Un primo, tangibile passo in avanti fu l’“Accordo per la prevenzione degli incendi e sulla sicurezza degli edifici in Bangladesh”. Siglato dalle principali unioni sindacali e da oltre 200 marchi di abbigliamento, ha consentito, almeno finora, di alzare il livello di attenzione e ridurre alcuni dei rischi più ricorrenti.

Dalle macerie del Rana Plaza ha avuto origine il movimento globale Fashion Revolution, che invoca un profondo cambiamento nell’industria della moda improntato a una maggiore trasparenza lungo le filiere produttive e al miglioramento delle condizioni dei lavoratori e delle lavoratrici che ne fanno parte. Il movimento ha la sua massima visibilità in occasione della Fashion Revolution Week che, una volta all’anno, intorno al 24 aprile,  chiama a raccolta milioni di attivisti, cittadini e consumatori in tutto il mondo per chiedere ai brand del settore maggiore trasparenza e maggiore responsabilità, attraverso l’iconico hashtag #WhoMadeMyClothes?.

Quest’anno l’appuntamento assume una rilevanza ancora maggiore dal momento che il comparto dell’abbigliamento si trova a fronteggiare una crisi le cui conseguenze appaiono sempre più drammatiche. La pandemia globale causata dal Covid-19 sta infatti paralizzando una filiera globale caratterizzata da elevata complessità, frammentazione e interdipendenza. La sospensione delle attività nelle fabbriche, prima in Cina e poi nel resto del mondo, Italia compresa, unita alla successiva chiusura dei negozi fisici, sta causando un vero e proprio disastro a catena. Mentre crollano gli acquisti da parte dei consumatori, i brand si trovano a fare i conti con magazzini che scoppiano di capi invenduti e con l’impossibilità di programmare le prossime collezioni.

Una crisi che sta colpendo quindi l’intero settore della moda, senza eccezioni, ma le cui ripercussioni più gravi ricadono, ancora una volta, sulle spalle delle categorie più vulnerabili. È il caso, ad esempio, degli artigiani e degli stilisti indipendenti, che hanno una minore capacità di resistere allo shock economico, o dei dipendenti dei grandi marchi in Europa e Stati Uniti, costretti alla cassa integrazione. Nel Sud del mondo la sospensione degli ordini dai Paesi ricchi sta invece compromettendo l’esistenza di centinaia di migliaia di “padroncini”, costretti già normalmente a operare con margini risicati e tempi di consegna proibitivi.

In alcuni casi i grandi marchi si stanno rifiutando anche di ricevere e pagare gli ordini già effettuati settimane o mesi fa, ora pronti per la consegna. Tutto questo, unito al “lockdown” imposto in paesi come Bangladesh, India, Cambogia e Myanmar, sta facendo sì che milioni di lavoratori e lavoratrici vengano lasciati a casa senza uno stipendio e senza accesso a forme di protezione sociale. Non va d’altronde meglio in quei casi in cui gli opifici e i laboratori continuano a rimanere aperti, dato che l’assenza o insufficienza delle misure di protezione necessarie espone i lavoratori e le lavoratrici a un altissimo rischio di contagio.

L’emergenza Coronavirus sta rendendo esplicite tutte le storture di un modello di design, creazione e consumo strutturalmente insostenibile, in cui all’acquisto sempre più frenetico di nuovi capi di abbigliamento fa da contraltare lo sfruttamento di milioni di persone, in particolare donne e bambini, e un enorme impatto ambientale. La necessità di avviare una vera Fashion Revolution, che superi gli slogan e prenda corpo nel modo di pensare e concretizzare la moda, appare più impellente che mai.

Mani Tese si batte da decenni per questa causa e, a partire dalla prossima settimana rivoluzionaria, farà di tutto perché la crisi che stiamo vivendo si trasformi nell’opportunità di cui tutti parlano ma di cui, purtroppo, ancora troppo pochi si vogliono fare carico.

Per saperne di più sull’impegno di Mani Tese nel promuovere nuovi modelli di business rispettosi di ambiente e diritti umani visitate la pagina MADE IN JUSTICE: https://manitese.it/made-in-justice

Per scoprire il progetto Cambia MODA!, volto a sensibilizzare sugli impatti del sistema fast fashion, visitate la pagina del progetto: https://manitese.it/progetto/cambia-moda

Per maggiori informazioni e materiali sulla Fashion Revolution Week 2020: https://www.fashionrevolution.org/resources/free-downloads/

IN GUINEA-BISSAU FACCIAMO PREVENZIONE AL CORONAVIRUS CON LA RADIO

“Guiné-Bissau i Terra Rico” è un programma radiofonico che informa la popolazione sulle modalità di diffusione del COVID-19 e sulle pratiche di prevenzione. Un intervento capillare che, in un Paese privo di strutture e servizi sanitari, potrebbe fare la differenza per contenere gli effetti della pandemia.

di Giulia Inguaggiato, Responsabile progetto “Terra Ricca: Sensibilizzazione sui rischi di migrazione irregolare”

La radio è uno strumento di comunicazione molto diffuso e a basso costo, divenuto parte integrante della quotidianità degli abitanti della Guinea-Bissau. Per questo motivo rappresenta un mezzo utilissimo per informare, sensibilizzare, stimolare riflessioni e generare cambiamenti negli ascoltatori.

La radio è anche uno strumento utile per raggiungere le comunità rurali più isolate e le persone più vulnerabili condividendo informazioni in maniera semplice e diretta.

Per questo motivo, Mani Tese ha spesso incluso le attività radiofoniche negli interventi realizzati nei Paesi in cui opera. In particolare, in Guinea Bissau, nell’ambito del progetto “Terra Ricca! Sensibilizzazione sui rischi di migrazione irregolare”, finanziato dal Fondo Fiduciario dell’Unione Europea e dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, ha realizzato la trasmissione radio “Guiné-Bissau i Terra Rico”. La trasmissione è composta da nove puntate ed è promossa in partenariato con Radio Sol Mansi di Bissau. È registrata in creolo ed è arricchita dal teatro radiofonico del Gruppo Culturale Netos de Bandim.

Pensato per informare i guineensi sui rischi della migrazione irregolare e promuovere una migrazione cosciente e sicura, oggi, in un momento storico nel quale ci troviamo a fronteggiare una pandemia mondiale che sembra avere abbattuto qualunque frontiera, il programma assume una valenza ulteriore. Risalgono, infatti, al 24 marzo i primi due casi confermati di Coronavirus nel Paese. Da allora, secondo una crescita esponenziale simile a quella osservata in altri contesti – sebbene ad un ritmo apparentemente più contenuto – il numero di persone contagiate è aumentato e, con esso, le difficoltà che la Guinea-Bissau, già indebolita da una situazione politica instabile, sta affrontando.

Con lo scopo di limitare la propagazione del virus in un Paese privo di strutture e servizi sanitari e dei mezzi necessari per fornire trattamenti adeguati a chi dovesse ammalarsi, “Guiné-Bissau i Terra Rico” oggi informa la popolazione sulle modalità di diffusione del COVID-19 e la sensibilizza rispetto alle pratiche di prevenzione da seguire. “Mantieni la distanza di sicurezza”, “Lavati spesso le mani” e “Copri bocca e naso se starnutisci o tossici” sono alcuni dei messaggi diffusi nel corso della trasmissione dagli speaker radiofonici o attraverso un brano musicale realizzato in lingua locale da un gruppo di artisti che vive a Bissau.

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Il programma, già in onda nella capitale Bissau dal 28 di marzo, nei prossimi giorni verrà trasmesso in tutto il Paese dalle maggiori radio comunitarie delle regioni di Gabú, Oio, Cacheu, Bafatá, Quinara, Tombali e sulle isole Bijagόs, con lo scopo di assicurarne una diffusione capillare.

Si tratta di un piccolo intervento che però, in un contesto come quello guineense, potrebbe davvero fare la differenza perché il Paese non può certamente permettersi che il virus raggiunga i livelli di diffusione registrati in Europa o in altre parti del mondo. La prevenzione, quindi, diventa più che mai la migliore cura per affrontare e contenere gli effetti negativi della pandemia. 

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IN GUINEA-BISSAU ANCHE MANI TESE SI ATTIVA PER RISPONDERE ALL’EMERGENZA COVID19

In un Paese con una economia precaria e di sussistenza, il confinamento porterà presto alla mancanza di cibo. Mani Tese è pronta per distribuire cibo e beni primari e per fare prevenzione presso i villaggi.

di Sara Gianesini, responsabile progetto “Integrazione dei richiedenti asilo e dei rifugiati senegalesi”

Anche la Guinea-Bissau in queste settimane sta affrontando l’emergenza COVID19. Alla data del 12 di aprile 2020, secondo i dati forniti dal COES-GB (Centro de Operações de Emergência em Saúde na Guine’-Bissau), 40 sono i casi positivi, di cui 37 sono casi in trattamento e 3 sono i guariti. Dal 28 marzo 2020 il Governo ha dichiarato lo Stato di Emergenza e la popolazione sta cercando, con difficoltà, di rispettare le restrizioni imposte.

In un Paese con una economia precaria e di sussistenza come quella guineense, il problema maggiore, tra qualche tempo, riguarderà la mancanza di cibo. La maggior parte della popolazione vive di ciò che riesce a vendere giornalmente ma, con le restrizioni del confinamento obbligatorio, sarà difficile proseguire con questa attività e al problema del contagio pandemico si sommerà anche il problema alimentare.

Con il Progetto “Protection and Durable solution for Refugees and Asylum Seekers in Guinea Bissau” (Integrazione dei richiedenti asilo e dei rifugiati senegalesi) finanziato da UNHCR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) come Mani Tese abbiamo in programma di supportare i villaggi che ospitano i rifugiati con consegne di beni primari quali prodotti ed equipaggiamenti per l’igiene e cibo.

Mani Tese interviene nella zona di São Domingos che confina con il Senegal, paese con il quale le frontiere via terra sono chiuse e molti, a causa di questo, stanno già sperimentando l’impatto negativo sul commercio e l’economia comunitaria: non possono andare in Senegal a vendere i loro prodotti e non possono neanche ricevere i prodotti di cui normalmente si approvvigionano attraverso il commercio informale nei villaggi di frontiera.

Parte dello staff di Mani Tese che si occuperà della distribuzione di beni e di cibo, in questi giorni ha ricevuto una formazione sulla prevenzione al Coronavirus. La formazione è stata realizzata grazie al supporto di una ONG sanitaria portoghese presente in Guinea-Bissau e di un loro collaboratore, l’infermiere responsabile dell’area sanitaria nel distretto di São Domingos.

Diversi gli argomenti su cui lo staff è stato formato. Fra questi, le modalità di trasmissione e i sintomi del virus, le misure di prevenzione (come il lavaggio corretto delle mani, il distanziamento sociale e le buone norme comportamentali per non diffondere il contagio), l’uso corretto dei guanti e della maschera.

Grazie a questa formazione il nostro staff è ora in grado di adottare le misure necessarie di prevenzione per la protezione personale e di fare attività di prevenzione e sensibilizzazione fornendo le informazioni necessarie ai villaggi per combattere la diffusione del virus all’interno delle comunità.

Lo staff di Mani Tese a São Domingos è ora pronto per dare una risposta umanitaria all’emergenza COVID19!

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Una foto dalla formazione sulla prevenzione al Coronavirus