Mani Tese aderisce alla Fashion Revolution Week 2020

Dal 20 al 26 aprile, in occasione dell’anniversario della tragedia del Rana Plaza, torna la Fashion Revolution Week. Nel momento in cui la pandemia globale sta avendo conseguenze drammatiche sui lavoratori dell’intera filiera, l’appello per un cambiamento radicale nell’industria dell’abbigliamento è oggi più che mai attuale.

di Riccardo Rossella, Area Advocacy, Educazione e Campagne

Il 24 aprile 2013 segna una data indelebile per il settore della moda. Nella periferia occidentale di Dacca, capitale del Bangladesh, l’edificio del Rana Plaza subisce un cedimento strutturale, collassando su sé stesso. 1.133 persone perdono la vita nel crollo, oltre 2.500 rimangono ferite. La maggior parte di esse erano lavoratori e lavoratrici dell’industria tessile: il palazzo di otto piani ospitava infatti diverse fabbriche che realizzavano prodotti di abbigliamento per i grandi brand occidentali, tra questi Benetton, Inditex (gruppo proprietario di marchi come Zara, Bershka e Pull and Bear) e Primark.

La tragedia assume un sapore ancora più amaro se si considera che poteva essere facilmente evitata. Proprio nel giorno precedente al crollo, infatti, nel corso di una verifica erano state rilevate delle preoccupanti crepe all’interno dell’edificio, che avevano portato gli ispettori a chiederne l’immediata evacuazione e chiusura. Un avvertimento ignorato dai proprietari degli stabilimenti tessili.

Quanto accaduto accese i riflettori sul problema delle condizioni di estrema precarietà e insicurezza di chi lavora nelle fabbriche del Sud del mondo che producono i nostri vestiti. Un primo, tangibile passo in avanti fu l’“Accordo per la prevenzione degli incendi e sulla sicurezza degli edifici in Bangladesh”. Siglato dalle principali unioni sindacali e da oltre 200 marchi di abbigliamento, ha consentito, almeno finora, di alzare il livello di attenzione e ridurre alcuni dei rischi più ricorrenti.

Dalle macerie del Rana Plaza ha avuto origine il movimento globale Fashion Revolution, che invoca un profondo cambiamento nell’industria della moda improntato a una maggiore trasparenza lungo le filiere produttive e al miglioramento delle condizioni dei lavoratori e delle lavoratrici che ne fanno parte. Il movimento ha la sua massima visibilità in occasione della Fashion Revolution Week che, una volta all’anno, intorno al 24 aprile,  chiama a raccolta milioni di attivisti, cittadini e consumatori in tutto il mondo per chiedere ai brand del settore maggiore trasparenza e maggiore responsabilità, attraverso l’iconico hashtag #WhoMadeMyClothes?.

Quest’anno l’appuntamento assume una rilevanza ancora maggiore dal momento che il comparto dell’abbigliamento si trova a fronteggiare una crisi le cui conseguenze appaiono sempre più drammatiche. La pandemia globale causata dal Covid-19 sta infatti paralizzando una filiera globale caratterizzata da elevata complessità, frammentazione e interdipendenza. La sospensione delle attività nelle fabbriche, prima in Cina e poi nel resto del mondo, Italia compresa, unita alla successiva chiusura dei negozi fisici, sta causando un vero e proprio disastro a catena. Mentre crollano gli acquisti da parte dei consumatori, i brand si trovano a fare i conti con magazzini che scoppiano di capi invenduti e con l’impossibilità di programmare le prossime collezioni.

Una crisi che sta colpendo quindi l’intero settore della moda, senza eccezioni, ma le cui ripercussioni più gravi ricadono, ancora una volta, sulle spalle delle categorie più vulnerabili. È il caso, ad esempio, degli artigiani e degli stilisti indipendenti, che hanno una minore capacità di resistere allo shock economico, o dei dipendenti dei grandi marchi in Europa e Stati Uniti, costretti alla cassa integrazione. Nel Sud del mondo la sospensione degli ordini dai Paesi ricchi sta invece compromettendo l’esistenza di centinaia di migliaia di “padroncini”, costretti già normalmente a operare con margini risicati e tempi di consegna proibitivi.

In alcuni casi i grandi marchi si stanno rifiutando anche di ricevere e pagare gli ordini già effettuati settimane o mesi fa, ora pronti per la consegna. Tutto questo, unito al “lockdown” imposto in paesi come Bangladesh, India, Cambogia e Myanmar, sta facendo sì che milioni di lavoratori e lavoratrici vengano lasciati a casa senza uno stipendio e senza accesso a forme di protezione sociale. Non va d’altronde meglio in quei casi in cui gli opifici e i laboratori continuano a rimanere aperti, dato che l’assenza o insufficienza delle misure di protezione necessarie espone i lavoratori e le lavoratrici a un altissimo rischio di contagio.

L’emergenza Coronavirus sta rendendo esplicite tutte le storture di un modello di design, creazione e consumo strutturalmente insostenibile, in cui all’acquisto sempre più frenetico di nuovi capi di abbigliamento fa da contraltare lo sfruttamento di milioni di persone, in particolare donne e bambini, e un enorme impatto ambientale. La necessità di avviare una vera Fashion Revolution, che superi gli slogan e prenda corpo nel modo di pensare e concretizzare la moda, appare più impellente che mai.

Mani Tese si batte da decenni per questa causa e, a partire dalla prossima settimana rivoluzionaria, farà di tutto perché la crisi che stiamo vivendo si trasformi nell’opportunità di cui tutti parlano ma di cui, purtroppo, ancora troppo pochi si vogliono fare carico.

Per saperne di più sull’impegno di Mani Tese nel promuovere nuovi modelli di business rispettosi di ambiente e diritti umani visitate la pagina MADE IN JUSTICE: https://manitese.it/made-in-justice

Per scoprire il progetto Cambia MODA!, volto a sensibilizzare sugli impatti del sistema fast fashion, visitate la pagina del progetto: https://manitese.it/progetto/cambia-moda

Per maggiori informazioni e materiali sulla Fashion Revolution Week 2020: https://www.fashionrevolution.org/resources/free-downloads/

IN GUINEA-BISSAU FACCIAMO PREVENZIONE AL CORONAVIRUS CON LA RADIO

“Guiné-Bissau i Terra Rico” è un programma radiofonico che informa la popolazione sulle modalità di diffusione del COVID-19 e sulle pratiche di prevenzione. Un intervento capillare che, in un Paese privo di strutture e servizi sanitari, potrebbe fare la differenza per contenere gli effetti della pandemia.

di Giulia Inguaggiato, Responsabile progetto “Terra Ricca: Sensibilizzazione sui rischi di migrazione irregolare”

La radio è uno strumento di comunicazione molto diffuso e a basso costo, divenuto parte integrante della quotidianità degli abitanti della Guinea-Bissau. Per questo motivo rappresenta un mezzo utilissimo per informare, sensibilizzare, stimolare riflessioni e generare cambiamenti negli ascoltatori.

La radio è anche uno strumento utile per raggiungere le comunità rurali più isolate e le persone più vulnerabili condividendo informazioni in maniera semplice e diretta.

Per questo motivo, Mani Tese ha spesso incluso le attività radiofoniche negli interventi realizzati nei Paesi in cui opera. In particolare, in Guinea Bissau, nell’ambito del progetto “Terra Ricca! Sensibilizzazione sui rischi di migrazione irregolare”, finanziato dal Fondo Fiduciario dell’Unione Europea e dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, ha realizzato la trasmissione radio “Guiné-Bissau i Terra Rico”. La trasmissione è composta da nove puntate ed è promossa in partenariato con Radio Sol Mansi di Bissau. È registrata in creolo ed è arricchita dal teatro radiofonico del Gruppo Culturale Netos de Bandim.

Pensato per informare i guineensi sui rischi della migrazione irregolare e promuovere una migrazione cosciente e sicura, oggi, in un momento storico nel quale ci troviamo a fronteggiare una pandemia mondiale che sembra avere abbattuto qualunque frontiera, il programma assume una valenza ulteriore. Risalgono, infatti, al 24 marzo i primi due casi confermati di Coronavirus nel Paese. Da allora, secondo una crescita esponenziale simile a quella osservata in altri contesti – sebbene ad un ritmo apparentemente più contenuto – il numero di persone contagiate è aumentato e, con esso, le difficoltà che la Guinea-Bissau, già indebolita da una situazione politica instabile, sta affrontando.

Con lo scopo di limitare la propagazione del virus in un Paese privo di strutture e servizi sanitari e dei mezzi necessari per fornire trattamenti adeguati a chi dovesse ammalarsi, “Guiné-Bissau i Terra Rico” oggi informa la popolazione sulle modalità di diffusione del COVID-19 e la sensibilizza rispetto alle pratiche di prevenzione da seguire. “Mantieni la distanza di sicurezza”, “Lavati spesso le mani” e “Copri bocca e naso se starnutisci o tossici” sono alcuni dei messaggi diffusi nel corso della trasmissione dagli speaker radiofonici o attraverso un brano musicale realizzato in lingua locale da un gruppo di artisti che vive a Bissau.

In-Guinea-Bissau-prevenzione-Coronavirus-con-la-radio_mani-tese-2020

Il programma, già in onda nella capitale Bissau dal 28 di marzo, nei prossimi giorni verrà trasmesso in tutto il Paese dalle maggiori radio comunitarie delle regioni di Gabú, Oio, Cacheu, Bafatá, Quinara, Tombali e sulle isole Bijagόs, con lo scopo di assicurarne una diffusione capillare.

Si tratta di un piccolo intervento che però, in un contesto come quello guineense, potrebbe davvero fare la differenza perché il Paese non può certamente permettersi che il virus raggiunga i livelli di diffusione registrati in Europa o in altre parti del mondo. La prevenzione, quindi, diventa più che mai la migliore cura per affrontare e contenere gli effetti negativi della pandemia. 

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IN GUINEA-BISSAU ANCHE MANI TESE SI ATTIVA PER RISPONDERE ALL’EMERGENZA COVID19

In un Paese con una economia precaria e di sussistenza, il confinamento porterà presto alla mancanza di cibo. Mani Tese è pronta per distribuire cibo e beni primari e per fare prevenzione presso i villaggi.

di Sara Gianesini, responsabile progetto “Integrazione dei richiedenti asilo e dei rifugiati senegalesi”

Anche la Guinea-Bissau in queste settimane sta affrontando l’emergenza COVID19. Alla data del 12 di aprile 2020, secondo i dati forniti dal COES-GB (Centro de Operações de Emergência em Saúde na Guine’-Bissau), 40 sono i casi positivi, di cui 37 sono casi in trattamento e 3 sono i guariti. Dal 28 marzo 2020 il Governo ha dichiarato lo Stato di Emergenza e la popolazione sta cercando, con difficoltà, di rispettare le restrizioni imposte.

In un Paese con una economia precaria e di sussistenza come quella guineense, il problema maggiore, tra qualche tempo, riguarderà la mancanza di cibo. La maggior parte della popolazione vive di ciò che riesce a vendere giornalmente ma, con le restrizioni del confinamento obbligatorio, sarà difficile proseguire con questa attività e al problema del contagio pandemico si sommerà anche il problema alimentare.

Con il Progetto “Protection and Durable solution for Refugees and Asylum Seekers in Guinea Bissau” (Integrazione dei richiedenti asilo e dei rifugiati senegalesi) finanziato da UNHCR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) come Mani Tese abbiamo in programma di supportare i villaggi che ospitano i rifugiati con consegne di beni primari quali prodotti ed equipaggiamenti per l’igiene e cibo.

Mani Tese interviene nella zona di São Domingos che confina con il Senegal, paese con il quale le frontiere via terra sono chiuse e molti, a causa di questo, stanno già sperimentando l’impatto negativo sul commercio e l’economia comunitaria: non possono andare in Senegal a vendere i loro prodotti e non possono neanche ricevere i prodotti di cui normalmente si approvvigionano attraverso il commercio informale nei villaggi di frontiera.

Parte dello staff di Mani Tese che si occuperà della distribuzione di beni e di cibo, in questi giorni ha ricevuto una formazione sulla prevenzione al Coronavirus. La formazione è stata realizzata grazie al supporto di una ONG sanitaria portoghese presente in Guinea-Bissau e di un loro collaboratore, l’infermiere responsabile dell’area sanitaria nel distretto di São Domingos.

Diversi gli argomenti su cui lo staff è stato formato. Fra questi, le modalità di trasmissione e i sintomi del virus, le misure di prevenzione (come il lavaggio corretto delle mani, il distanziamento sociale e le buone norme comportamentali per non diffondere il contagio), l’uso corretto dei guanti e della maschera.

Grazie a questa formazione il nostro staff è ora in grado di adottare le misure necessarie di prevenzione per la protezione personale e di fare attività di prevenzione e sensibilizzazione fornendo le informazioni necessarie ai villaggi per combattere la diffusione del virus all’interno delle comunità.

Lo staff di Mani Tese a São Domingos è ora pronto per dare una risposta umanitaria all’emergenza COVID19!

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Una foto dalla formazione sulla prevenzione al Coronavirus

5. ANTONIO E LA FIERA AGROECOLOGICA

António vende i suoi prodotti e può mantenere la sua famiglia.

Nel mese di marzo siamo tornati nel distretto di Nicoadala per andare a trovare Alberto António Ubre, beneficiario del progetto “Quelimane agricola” cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

Di António vi avevamo già parlato nella terza puntata del nostro videoblog “Le storie di Quelimane agricola”, raccontandovi in particolare dei benefici che aveva potuto trarre dalle formazioni a cui aveva partecipato e dalle biciclette che erano state donate alla comunità.

Ora António partecipa alle fiere agroecologiche organizzate da Mani Tese e, vendendo i suoi prodotti, ottiene un ricavato di cui può beneficiare la sua famiglia.

Inoltre, sta sviluppando la produzione di riso per ampliare la sua offerta di prodotti – anche in vista della prossima fiera che si avvicina.

Guardate il video e ascoltate il suo racconto:

 

CONTINUA A SEGUIRE IL VIDEOBLOG “LE STORIE DI QUELIMANE AGRICOLA”

IL COVID19 IN BURKINA FASO: «SE FAREMO IL LOCKDOWN, LA GENTE MORIRÀ DI FAME»

No, in Burkina Faso non andrà tutto bene: la drammatica descrizione della situazione nel Paese a cura di Giulia, la nostra cooperante in Burkina Faso.

Prendete 364 casi di Covid-19 dichiarati ufficialmente, frontiere aeree chiuse, principali città in quarantena, coprifuoco dalle 19 alle 5, raggruppamenti vietati sopra le 50 persone e i più grossi mercati chiusi. Aggiungete una desertificazione crescente, attacchi terroristici sempre più frequenti con conseguente aumento costante degli sfollati interni e condite il tutto con una temperatura che si aggira tra i 42 e i 46 gradi (di notte 38-40)…Ecco la situazione del Burkina Faso ai primi di aprile 2020.

La gestione della pandemia non è semplice, da nessuna parte, ma quando si vive in un Paese che affronta ogni giorno molte difficoltà di base, la faccenda si complica ulteriormente. Qui non possiamo pensare a un lockdown come in Italia o rischieremmo di far morire letteralmente di fame un numero incredibilmente elevato di persone. E poi con quale esercito terremmo monitorato il rispetto di questa misura? Dovremmo spostare i soldati che arginano le incursioni terroristiche dalle zone rosse alle città…Siamo sicuri che sarebbe una buona idea?

Quando parlo di morire di fame, non sono esagerata: già con la chiusura dei mercati nella capitale da una decina di giorni, molte persone si ritrovano sul lastrico. Chi lavora al mercato infatti sono tendenzialmente donne, molto spesso con un livello di istruzione basso o inesistente, che guadagnano sui 3/4 euro al giorno vendendo frutta e verdura e che, con i loro introiti, contribuiscono al mantenimento di famiglie numerosissime (15-20 persone).

Altra condizione di difficoltà in questo periodo sono i bambini che devono stare a casa scuola per evitare i contagi. Ma siamo ad aprile e, con il caldo che fa e l’assenza di elettricità nella maggior parte delle abitazioni (quindi niente ventilatori o aria condizionata), come li si può tenere in casa? Bisogna lasciarli andare fuori, ma ciò significa che staranno tutto il giorno in giro a giocare con altri bambini, aumentando i rischi per tutta la famiglia.

Lo stesso dicasi per il coprifuoco, che evita che le persone si radunino in massa nei maquis, ma come trovare refrigerio durante la notte se si vive sotto un tetto di lamiera?

Bisogna stare dentro, ma bisogna stare fuori; bisogna far rispettare le misure, ma non bisogna farlo superando i limiti…Che fare, allora?

La polizia reagisce molto duramente con chi prova a infrangere le regole, tanto che il Procuratore della Repubblica ha già intimato di evitare forme di violenza.

E non c’è da ben sperare, visto che tra un paio di settimane circa inizierà il Ramadan con i consueti ritrovi notturni di convivialità.

Considerate anche che stiamo parlando di una popolazione con un tasso di scolarizzazione al di sotto del 40% (secondo il CIA World Factbook), dove comprendere e far comprendere l’importanza di certi provvedimenti è difficilissimo.

Vi faccio un esempio: come Mani Tese, non appena sono stati dichiarati i primi casi di Covid-19 nel Paese, abbiamo sospeso tutte le attività che prevedessero la presenza di più di 5 persone nello stesso posto e abbiamo iniziato a diffondere tra partner e beneficiari dei nostri progetti buone pratiche di igiene e prevenzione. Perché sì, il provvedimento nazionale prevede il divieto di assembramenti di più di 50 persone, ma se consideriamo un tasso di contagio di 2,5 a persona (dato medio in Italia ma, date le condizioni promiscue di vita, in Burkina Faso andrebbe addirittura aumentato), anche se siamo in 10 in una stanza, con un solo caso positivo ne avremmo 35 in poche ore!

Però giusto ieri ero sotto casa e mi ferma un signore che voleva parlarmi per avere un contributo per un torneo di calcio organizzato nel terreno dietro casa. Io, che di lavorare non smetto nemmeno quando porto il cane a passeggio, di norma gli avrei risposto chiedendogli budget e preventivi firmati e timbrati, ma data la situazione mi sono limitata semplicemente a ricordargli che la misura presa dal governo contro gli assembramenti cozzava con il suo programma. La sua risposta è stata: “madame, ma non saremo più di 25!”. Ora, io non sono una sportiva accanita, ma mi risulta che le squadre di calcio siano composte da 11 persone. Facciamo che abbia sbagliato e che non sia un torneo, ma una singola partita: ci saranno dunque almeno 11+11 giocatori, le riserve (stiamo bassi e facciamo solo 4), 1 arbitro, 2 allenatori e un solo amico per ogni giocatore, quindi 22 spettatori. Siamo già a 51 persone ovvero 178,5 persone potenzialmente contagiate in un attimo.

Sappiamo bene, inoltre, che ogni giorno esce una fake news diversa su prodotti miracolosi che guarirebbero o preverrebbero dal virus. Ho letto di aglio, canarini (il famoso acqua e limone), tisane, rituali e chi più ne ha più ne metta. Se avete in mente quanto grave sia il fenomeno dell’analfabetismo funzionale in Italia, pensate a quanti danni possa fare in un paese con il 64% di analfabeti veri, che si bevono un bel bicchierone di acqua calda e limone e se ne escono a far festa pensando di essere immuni.

E ancora: in un Paese dove ci sono meno di 2000 tamponi disponibili, non si trova più gel igienizzante da settimane tranne dagli sciacalli che rivendono una bottiglietta da 1200 fcfa (meno di 2 euro) a 10.000 (oltre 15 euro) e ora si stanno stampando i respiratori con le stampanti 3D.

Quindi che si fa? Si spera e si prega molto.

Noi di Mani Tese stiamo continuando a lavorare ai nostri progetti per non interrompere il supporto alle popolazioni locali e garantire la sicurezza alimentare e l’autosostentamento delle comunità attraverso lo sviluppo sostenibile. Ma, come ho spiegato, non possiamo far finta di nulla quindi se, da un lato, abbiamo sospeso le attività che potevano esporre a rischi i nostri beneficiari, dall’altro abbiamo incrementato la vendita dei prodotti agro-ecologici del nostro partner di Loumbila, l’unione di produttori agro-ecologici NANGLOBZANGA (un’unione di cooperative di contadini), prevedendo la consegna a domicilio in sicurezza. Abbiamo anche iniziato a dotare la sede dei produttori di Loumbila con un nuovo impianto d’irrigazione goccia a goccia e con una stalla per l’allevamento di buoi, che ci stiamo procurando in questi giorni. Inoltre continuiamo a supportare lo sviluppo di 20 imprese locali nel Boulgou e nel Boulkiemdé tramite il sostegno finanziario per gli acquisti e le costruzioni.

Di solito, nelle crisi di questo tipo, la risposta arriva dall’occidente, che corre in aiuto. Questa volta, però, siamo tutti sulla stessa barca e quindi bisogna aiutarsi un po’ tutti e un po’ da soli. Il che è una sfida ma, come dicono i burkinabé, “yel ka bé” (nessun problema), “inch’allah ça va aller, car on est ensemble” (se Dio vuole andrà tutto bene, perché siamo insieme).

Noi di Mani Tese ci crediamo e andiamo avanti.

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Operatori con tuta anti-covid igienizzano gli spazi pubblici della città
covid19_burkina faso_Il mercato chiuso
Il mercato chiuso
covid19_burkina faso_La desolazione fuori dal mercato
La desolazione fuori dal mercato
covid19_burkina faso_Un avviso affisso in strada
Un avviso affisso in strada
covid19_burkina faso_Segnaletica orizzontale per invitare i motociclisti a tenere la distanza agli stop
Segnaletica orizzontale per invitare i motociclisti a tenere la distanza agli stop

5. La storia di Antoinette

Antoinette, grazie a Mani Tese, sta sviluppando un’impresa di produzione di soumbala in Burkina Faso e sogna di aprire una fabbrica per crescere insieme alle donne dell’Associazione che ha contribuito a fondare.

Antoinette Sampebré Nitiema, fin da bambina, è sempre stata affascinata dalle proprietà del soumbala, il “dado” locale a base di semi di néré fermentati. Il suo patrigno, infatti, lo usava per prepararsi una zuppa che faceva bene alla sua ipertensione.

Antoinette, una volta cresciuta, si è resa conto che la produzione del soumbala poteva anche rappresentare un’interessante attività generatrice di reddito per le donne.

Per ottenere un prodotto realmente di qualità, tuttavia, non si poteva continuare a realizzarlo nella maniera tradizionale. Per lavorare bene il néré occorrevano formazione, acqua pulita e norme igieniche, condizioni spesso in contrasto con l’atteggiamento delle donne dei villaggi, basato per lo più sulle tradizioni e sul “si è sempre fatto così”.

Con le sue idee innovative Antoinette ha attratto intorno a sè un gruppo di donne ed insieme hanno creato Songmanègre, un’associazione che del soumbala ha fatto un business vero e proprio.

Il sogno di Songmanègre è avere un giorno una fabbrica che produca il soumbala in tutte le forme (palline, cubi, polvere, grani) e che dia beneficio a tutto il villaggio di Pousdore (Sakoinsé) nel Boulkiemdé. 

Per ora, grazie al contributo del progetto promosso da Mani Tese “Imprese sociali innovatrici e partecipazione dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso” cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e da Fondazione Maria Enrica, le donne di Songmanègre stanno realizzando il loro progetto di sviluppo d’impresa con l’acquisizione di materiali e di spazi idonei alla produzione.

Antoinette è molto contenta, soprattutto per le formazioni ricevute: se non si apprende, infatti, si lavora nella cecità e non si avanza mai! Il suo motto è che une femme épanouie est une femme heureuse! (Una donna realizzata è una donna felice!). E l’épanouissement (lo sviluppo) passa attraverso la formazione, perché non si smette mai di imparare.

Antoinette oggi ha 62 anni e guarda con speranza al futuro: si augura che i suoi figli e i suoi nipoti siano sempre capaci di guardare insieme nella stessa direzione, per crescere e svilupparsi nell’intesa e nell’unione.

Continua a seguire il blog “L’impresa di crescere insieme”

antoinette_mani tese 2020
Antoinette Sampebré Nitiema
soumbala_mani tese 2020
Il soumbala, il “dado” locale a base di semi di néré fermentati

IN MOZAMBICO PREVENIAMO LA DIFFUSIONE DEL COVID-19

Mani Tese, nell’ambito del progetto FORESTE, ha consegnato 20 pozzi e 20 sistemi di irrigazione a 10 comunità del distretto di Mocubela per migliorare le condizioni igieniche e favorire la produzione dei campi, condizioni estremamente importanti anche in ottica di prevenzione del COVID-19.

In questo momento di incertezza socioeconomica e lutti individuali in tutto il mondo, Mani Tese continua a lavorare a fianco delle comunità che non hanno mai smesso di soffrire e che vivono in una condizione di incertezza economica costante, come quelle della provincia della Zambezia, in Mozambico.

Lo scorso 22 marzo, in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua, Mani Tese, in collaborazione con ICEI – ONG capofila del progetto – e il partner locale UPC-Z, ha consegnato ufficialmente 20 pozzi e 20 sistemi di irrigazione portatili alle 10 comunità nell’ambito del progetto FORESTE (Florestas – “Fortalecimento das Organizações Rurais REsilientes e Sistemas Territoriais Ecologicamente Sustentaveis”) finanziato da AICS, nel distretto di Mocubela.

Le nuove opere si aggiungono alla manutenzione di altri 25 pozzi realizzati dal progetto nei mesi precedenti. In tempi di pandemie e di Coronavirus tutto questo lavoro ha un’utilità ancora più indispensabile nella provincia della Zambezia, dove la presenza di un virus letale si somma alle condizioni già precarie delle comunità agricole. La resistenza al virus, infatti, passa anche da una migliore igiene personale, consentendo alla popolazione l’accesso a fonti idriche sicure, e da una migliore nutrizione, che si acquisisce aumentando la produzione agricola, che è proprio quello che stiamo cercando di fare con il progetto FORESTE.

Avendo tra gli obiettivi l’incremento e la di diversificazione della dieta comunitaria, il progetto ha messo a disposizione fonti idriche e sistemi di irrigazione ai campi coltivati con sistema agroforestale promossi da ICEI e Mani Tese, garantendo così sia la produzione agricola che l’accesso all’acqua per 365 giorni all’anno.

L’evento inaugurale, promosso dalle autorità locali, si è svolto prima che entrassero in vigore le misure restrittive legate al COVID-19 nel Paese ed è stato organizzato nella comunità di Mocuna. La giornata si è aperta con l’arrivo dell’amministratore del distretto e con la cerimonia del mucutu, una celebrazione degli antenati a cui si offre cibo e del vino locale per rallegrarli. L’evento è proseguito con il taglio della fascia inaugurale e la consegna dei pozzi e dei sistemi alla comunità.

La cerimonia è stata anche un’occasione di confronto e sensibilizzazione sull’importanza dell’igiene per la prevenzione del COVID-19. Le comunità rurali sono spesso le ultime a ricevere gli aggiornamenti e, non potendo avere accesso a presidi sanitari adeguati, si rifugiano al loro interno cercando conforto con la religione o con rimedi curativi locali.

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La firma del modello di consegna dei pozzi e pompe alla comunità e una foto celebrativa

Taglio del nastro_mozambico mani tese 2020

Il taglio del nastro

Prove del sistema di irrigazione

Uno dei 20 pozzi consegnati_mozambico mani tese 2020

Uno dei 20 pozzi consegnati

Cerimonia del mucutu_mozambico mani tese 2020

La cerimonia del mucutu in cui si offre cibo e vino per rallegrare gli antenati

INAUGURATO IL MERCATO DI AQUIMA A QUELIMANE

Grazie al progetto “CIBO LOCALE, CIBO SANO”, finanziato dalla Regione Emilia-Romagna, è stato possibile riqualificare una parte del mercato di Aquima a Quelimane: settimana scorsa si è svolta la cerimonia d’inaugurazione.

Nell’ambito del progetto “CIBO LOCALE, CIBO SANO” finanziato dalla Regione Emilia-Romagna, Mani Tese sta lavorando nella città di Quelimane (Mozambico) per scambiare buone pratiche nel settore alimentare e per migliorare la commercializzazione di prodotti locali e sani.

Nei mesi scorsi vi avevamo aggiornato relativamente alla riqualificazione del mercato di Aquima, pubblicando una notizia sui lavori in corso e una sulla fine dei lavori.

Bene, qualche settimana fa* la struttura è stata inaugurata con una grande celebrazione alla presenza del sindaco di Quelimane, Manuel de Araujo, di associazioni locali e ovviamente della nostra cooperante Maria Vittoria Moretti.

Oltre alla presentazione e spiegazione dei lavori realizzati, l’inaugurazione è stata anche l’occasione per assistere a uno showcooking, a cura dell’associazione Nhenhele, e a una performance teatrale sulla gestione del mercato.

*La cerimonia d’inaugurazione si è svolta il 20 marzo prima che entrassero in vigore le misure restrittive legate al COVID-19 nel Paese.

Qui di seguito un video e le foto dell’inaugurazione.

La cerimonia di inaugurazione

Presentazione dei lavori e placca di visibilità dell’opera

Teatro di sensibilizzazione sulla gestione del mercato