Che mondo sarebbe senza cooperazione?

Un mondo peggiore è possibile? Sì, senza cooperazione. Più frammentato, più insicuro, con più disuguaglianze. Un mondo peggiore per tutti.

CoLomba, la rete della cooperazione internazionale della Lombardia composta da 42 organizzazioni della società civile, promuove una campagna per immaginare gli scenari che si potrebbero configurare in un mondo senza cooperazione internazionale.

Quasi il 13% per cento della popolazione mondiale vive con meno di 1,90 dollari al giorno, percentuale che corrisponde, in valori assoluti, a 902 milioni di persone.

Questi sono solo alcuni dati che danno il quadro della diseguaglianza tra Nord e Sud del mondo, causa di guerre, violenza, crisi economiche e sociali che hanno inevitabili ricadute su tutti i paesi.

Un mondo così diviso alimenta guerre, violenza, crisi economiche e sociali che si riversano su tutti i paesi.

Tale situazione, però, può essere contrastata oltre che con politiche e riforme mirate, che spettano ai decisori politici nazionali e internazionali, con le azioni e le misure collettive promosse anche dalla società civile.

La Cooperazione Internazionale, impegnata su molti fronti per ridurre le disuguaglianze e migliorare le condizioni delle aree più vulnerabili del mondo, viene talvolta dimenticata da media e opinione pubblica. Spesso sono i pregiudizi e le fakenews che prendono il sopravvento e fanno sì che il vero valore della cooperazione internazionale sia sconosciuto ai più. Ma che mondo sarebbe se non esistesse? E su questo che la campagna di CoLomba vuole far riflettere.

“In questi mesi in cui il mondo è diventato più piccolo per via della pandemia di Covid 19 – afferma Alfredo Somoza, presidente di CoLomba – pensiamo sia importante ribadire il ruolo di ponte tra i diversi popoli della terra che storicamente hanno svolto le ONG di cooperazione e le associazioni di solidarietà internazionale. È ormai evidente a tutti che nessuno si salva da solo e che la lotta alla povertà, per il diritto alla salute e all’educazione, per la pace siano aspirazioni che ci accomunano. Le ONG e le associazioni che fanno parte di CoLomba lavorano da decenni per affermare questi principi e con questa campagna vogliamo parlare del nostro lavoro, farlo conoscere, coinvolgere i cittadini in un’impresa di portata globale. Tutti i nostri progetti, in Italia e nel Sud del mondo, contribuiscono a dare una prospettiva, a tracciare una strada di cooperazione reciproca, ad alimentare la speranza che sia possibile, insieme, costruire un mondo più giusto e più sostenibile”.

CoLomba – Cooperazione Internazionale Lombardia è l’Associazione delle Organizzazioni di Cooperazione e Solidarietà Internazionale della Lombardia. E’ attiva dal 2007 e attualmente riunisce 41 organizzazioni di cooperazione allo sviluppo e aiuto umanitario con sede in Lombardia, che intendono lavorare in rete per mettere in comune valori ed esperienze, in un settore decisivo per contrastare povertà e disuguaglianze.

In un contesto internazionale, sempre più complesso e sconvolto da guerre e pandemie, CoLomba vuole essere un punto di riferimento per le istituzioni, pubbliche e private, del proprio territorio in tema di cooperazione e solidarietà internazionale.

Con il nuovo Statuto e la costituzione dell’Associazione, possono far parte dell’Organizzazione tutte le associazioni, fondazioni, cooperative, imprese sociali, ETS o altri enti senza scopo di lucro che sono attivamente impegnate nel campo della cooperazione e della solidarietà internazionale.

I soci di CoLomba

ACEA – ACRA – Africa 70 – Altropallone – AMANI – AMI – ANPIL – ASPEm –Ass. Secco Suardo – AVSI – CAST – Celim MI – CESVI – CIAI – COE – COOPI – COSV – Deafal – Emergenza Sorrisi – Fondazione Cesar – Fondazione Ivo de Carneri – Fondazione PRO.SA – Fondazione Sipec – Fondazione Tovini – Guardavanti – Helpcode – ICEI – Il Sole – ISCOS – Istituto Oikos – IPSIA – Mani Tese – MLFM – NO ONE OUT – OVCI – MMI – Project for People – SMOM ONLUS – Waves Word – We World – VISPE – Perigeo

GUINEA-BISSAU, VISITA AGLI ORTI COMUNITARI NELL’AREA DI BOÉ

Il sopralluogo ci ha permesso di valutare quali opere idrauliche fossero necessarie per facilitare l’accesso all’acqua delle comunità.

Mani Tese è attiva in Guinea-Bissau con il progetto “JUNTAS: empowerment femminile nella regione di Gabu”, cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, che ha l’obiettivo di migliorare le condizioni economiche e sociali delle donne e contrastare le diseguaglianze di genere.

Nell’ambito di questo progetto, negli ultimi giorni di marzo, si è svolta una visita a Boé, una delle aree più povere della Guinea-Bissau al confine con la Guinea Conakry. Qui l’Ong AIFO, capofila del progetto, ha realizzato una serie di orti e Mani Tese, forte della sua lunga esperienza in materia, sta effettuando delle formazioni sull’agroecologia che vuole essere strumento di emancipazione femminile.

La visita ha toccato tre diverse comunità (Tchetché, Tchancum Sate e Malangari) e lo scopo principale della visita, ci racconta il nostro capo progetto Marco Cazzolla, era capire quali opere idrauliche potessero facilitare l’accesso all’acqua dei beneficiari e delle beneficiarie degli orti.

Il primo orto che abbiamo incontrato, ci racconta Marco, è l’orto della comunità di Tchetché che è gestito da sette donne e tre uomini. L’orto è piuttosto piccolo, ma si trova vicino al fiume e può quindi godere di un’ampia disponibilità d’acqua.

Qui l’ingegnere del gruppo, Eugenio Ampa Djalank dell’Associaçao Poceiros de Sao Domingos, ha consigliato l’utilizzo di una pompa idraulica per prelevare l’acqua dal fiume e la costruzione di una cisterna, posta a una decina di metri dal suolo, per raccogliere l’acqua. Il pompaggio dell’acqua potrebbe avvenire tramite l’utilizzo di un motore a benzina, oppure tramite pannelli solari posizionati sopra la cisterna, mentre per l’irrigazione degli orti servirebbe un rubinetto per regolare l’uso dell’acqua.

In alternativa alla cisterna, ha aggiunto l’ingegnere, si potrebbe costruire una specie di piscina dove finisca l’acqua pompata dal fiume. I/le contadini/e potrebbero così recuperare l’acqua con un secchio e irrigare i campi.

Dopo aver visitato la comunità di Tchetché, il viaggio è continuato verso Tchancum Sate nota per la produzione dell’olio di palma.

Qui l’orto comunitario è gestito da dodici donne e otto uomini e si trova in un’area con molta umidità e terreno fertile. È servito da un pozzo rudimentale (che presenta solamente un buco e nessuna costruzione in cemento) tramite il quale viene raccolta l’acqua con un secchio e una corda. La proposta dell’ingegnere è quella di costruire una cisterna sopra il pozzo in cui l’acqua possa essere immagazzinata tramite un sistema di pompaggio a pannelli solari e l’uso possa essere regolato tramite un rubinetto. Inoltre potrebbe essere costruito un muretto in cemento a protezione del pozzo.

Una curiosità su Tchancum Sate è che si tratta di una comunità nomade che, in alcuni momenti dell’anno, si sposta a vivere nei boschi alla ricerca di terreni per coltivare il riso e l’arachide.

Dopo la visita a Tchaum Sate, abbiamo deciso di passare la notte presso l‘albergo costruito dall’Ong olandese Chimbo, che si occupa della conservazione degli scimpanzé molto presenti in quest’area.

Il giorno seguente ci siamo diretti a Malangari che è la più isolata delle tre comunità: per raggiungere la destinazione, infatti, è stato necessario lasciare la macchina, attraversare un fiume in canoa e camminare per circa due chilometri.

Qui, l’orto è gestito da dodici donne e un solo uomo. Come a Tchancum Sate, anche a Malangari  troviamo un pozzo rudimentale e l’ingegnere idraulico Eugenio ha suggerito di aumentare la profondità e il diametro del pozzo e di costruire un muretto in cemento per evitare possibili incidenti. Purtroppo, la mancanza di una strada diretta a Malangari comporterà un aumento dei costi di trasporto del materiale, ma questi ostacoli non fermeranno il nostro lavoro!

Un ringraziamento a tutti coloro che hanno effettuato questa visita di monitoraggio. Di Mani Tese: Marco Cazzolla, capo progetto; Braima Baldé, agronomo; Malam Jau, autista. Di AIFO: Mamadu Djau, animatore agricolo e Moreira Mamadu Jalò autista. Dell’Associaçao Poceiros de Sao Domingos: l’ingegnere idraulico Eugenio Ampa Djalank.

Se vuoi contribuire alla realizzazione del progetto “JUNTAS: empowerment femminile nella regione di Gabu” clicca qui: https://manitese.it/progetto/juntas-empowerment-femminile-nella-regione-di-gabu

Qui di seguito alcune foto della visita agli orti di Boé:

Comunità di Malangari
Orto di Malangari
Orto di Tchetché
Orto di Tchancum Sate

Earth Day: Milano lancia “Food Wave”, la comunità di giovani attivisti che chiede cibo buono per il clima e per le persone

Un’iniziativa del Comune di Milano, in collaborazione con Mani Tese, Acra e Action Aid, che coinvolge migliaia di attivisti under-35 provenienti da tutta Europa per promuovere sistemi alimentari urbani equi e sostenibili entro il 2030.

Giovani, cambiamento climatico e attivismo: sono le tre parole chiave del nuovo progetto Food Wave, volto a sensibilizzare e coinvolgere i giovani dai 15 ai 35 anni, affinché possano guidare la transizione globale verso un sistema alimentare sostenibile entro il 2030.

Il progetto è cofinanziato dalla Commissione Europea con circa 8 milioni di euro attraverso il programma DEAR (Development Education and Awareness Raising) e guidato dal Comune di Milano in collaborazione con Mani Tese, ActionAid Italia, ACRA e partner stranieri.

Food Wave mira a raggiungere 15 milioni di giovani attraverso una piattaforma web e una campagna digitale dedicate. Nel corso del progetto, i giovani saranno coinvolti in un ampio programma di apprendimento formale e non formale, street action, forum di discussione, art contest e scambi internazionali incentrati su pratiche di produzione e consumo alimentare volte a mitigare il cambiamento climatico e finalizzate alla co-progettazione di un futuro verde e inclusivo per le nostre città.

Mani Tese, in particolare, in Italia si occupa dell’organizzazione delle scuole di attivismo sul tema CIBO, CLIMA E CITTÀ, di cui una già conclusa con successo e un’altra in partenza nelle prossime settimane.

“Le scuole di attivismo hanno l’obiettivo di ridare senso a parole abusate quali sostenibilità e biologico – dichiara Giosuè De Salvo, Responsabile Advocacy, Campagne ed Educazione di Mani Tese – di rafforzare il ruolo di changemaker dei giovani e di rivitalizzare l’azione del terzo settore attraverso la contaminazione con i movimenti giovanili per la giustizia climatica e sociale

L’Earth Day

In occasione dell’Earth Day, che quest’anno affronta in modo particolare il cambiamento climatico con il Summit globale negli Stati Uniti organizzato dal presidente Joe Biden, Food Wave lancia la sua community online, collegando attivisti di 17 paesi e 21 aree urbane, tra cui Londra, Madrid, Varsavia e San Paolo in Brasile. Il progetto coinvolge infatti 16 comuni e autorità locali e 13 organizzazioni della società civile, guidate dal Comune di Milano. Il Consorzio Food Wave comprende anche C40, il network internazionale di città impegnate nella lotta al cambiamento climatico.

Il sondaggio di Mani Tese e SWG

Secondo un’indagine promossa dal centro di ricerca SWG e Mani Tese nell’ambito del progetto Food Wave, i giovani in Europa mostrano un alto grado di attivabilità sulle tematiche ambientali, ma ancora poca conoscenza: oltre il 70% dei giovani intervistati ritiene infatti che i consumatori possano giocare un ruolo decisivo nel ridurre l’impatto sull’ambiente con le loro scelte alimentari; tuttavia, solo 1 giovane su 4 mostra una consapevolezza adeguata del nesso cibo-clima. Questo è il motivo per cui è così importante rafforzare le conoscenze e le competenze dei giovani europei e la loro capacità di promuovere e monitorare la transizione agroecologica verso sistemi alimentari rispettosi dell’ambiente e dei diritti delle persone.

Per informazioni:

Web: www.foodwave.eu

Facebook: www.facebook.com/foodwaveproject

Instagram: www.instagram.com/foodwaveproject/

Hashtag ufficiali: #Foodwaveproject #CatchTheWave

Per cambiare il mondo occorre metterci le mani

On line la nuova campagna del 5×1000 di Mani Tese, che da oltre 50 anni “ci mette le mani” per combattere le vecchie e le nuove ingiustizie nel mondo.

Dal 1964 a oggi di strada Mani Tese ne ha fatta tanta. Fra progetti, campagne e iniziative, l’Ong si è sempre battuta per la giustizia sociale, ambientale ed economica sia in Italia che nel Sud del mondo.

È difficile condensare in poche parole ciò che una realtà così complessa e longeva rappresenta. La nuova campagna del 5×1000, tuttavia, ha raccolto questa sfida realizzando un video e una campagna per narrare in modo semplice e immediato l’impegno di Mani Tese.

Il video, della durata di un minuto e mezzo, racconta chi è e cosa fa Mani Tese attraverso clip, nuove e vecchie fotografie animate e illustrazioni. È stato realizzato da un team creativo di Mani Tese e Raccontami, network multidisciplinare dedicato alla produzione di contenuti per il terzo settore.

Oltre al video, la campagna prevede quattro poster ideati dal team di comunicazione di Mani Tese: quattro soggetti che raccontano l’impegno dell’Ong nell’ambito del cibo, dei diritti, dell’ambiente e dell’educazione. Ciascun soggetto rappresenta una storica battaglia contro un’ingiustizia di Mani Tese che oggi prosegue e si evolve nel contrasto a sfide complesse.

“Per cambiare il mondo non bastano i buoni propositi – recita il claim della campagna – Occorre metterci le mani”Mani Tese lo fa da oltre 50 anni e non ha nessuna intenzione di fermarsi, grazie anche al sostegno del 5×1000 per continuare a combattere, insieme, le vecchie e le nuove ingiustizie.

La pianificazione della campagna avverrà sulle piattaforme Facebook, Instagram e YouTube.

Visita la nostra pagina dedicata alla campagna 5×1000: https://manitese.it/cosa-puoi-fare-tu/5×1000-a-mani-tese

15. I biscotti di damata

La cooperativa Wousso Goutta produce biscotti di fagioli molto buoni e nutrienti che vorrebbero esportare anche fuori dal villaggio.

Damata ha 47 anni e fa parte della cooperativa Wousso Goutta (in lingua bissa “Dio è grande”), una delle cooperative selezionate dal progetto “Imprese sociali innovative e partecipazione dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso” cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e da Fondazione Maria Enrica.

Grazie alla loro attività, Damata e le altre donne del villaggio stanno migliorando le proprie condizioni di vita e si tolgono anche qualche soddisfazione…come il successo dei biscotti di fagioli che producono!

Alla base della ricetta c’è il niébé, fagiolo bianco dall’occhio, una leguminosa molto versatile e utilizzata nella cucina burkinabé, che si può mangiare semplicemente bollito o con il riso, ma anche ricavarne farina per fare crepes, frittelle, couscous e biscotti molto buoni e nutrienti.

Damata e le sue colleghe hanno cominciato dapprima a coltivare il niébé e poi, grazie al progetto, hanno potuto crescere e realizzare il proprio laboratorio di produzione di biscotti, con tanto di magazzino e sala riunioni.

“Finalmente – ci racconta Damata – abbiamo una struttura dove poter lavorare, ma anche riunirci per fare incontri di lavoro E con la formazione sul marketing che abbiamo ricevuto, abbiamo capito le potenzialità reali del nostro prodotto sul mercato e ora sappiamo gestire a livello contabile la nostra cooperativa”.

Wousso Goutta lavora quindi su tutta la filiera, dalla coltivazione del niébé alla vendita del prodotto trasformato, e i suoi biscotti sono in corso di analisi in un laboratorio della capitale per valutarne le qualità nutritive e organolettiche, da cui speriamo derivino presto possibilità di commercializzazione su altri mercati oltre a quelli locali, dove la cooperativa è già conosciuta.

Damata, infine, augura a tutti tanta salute (perché ce n’è bisogno!) e alla sua cooperativa augura ovviamente di crescere e avere successo in tutte le sue attività.

Qui di seguito alcune foto di Damata accanto al forno e a sacchi di niébé.

 

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I FUNGHI DI PETER

Grazie al progetto AGRI-CHANGE, che Mani Tese sta realizzando in Kenya, Peter Kibe ha avviato un’attività di produzione di funghi.

Peter Kibe è un agricoltore della contea di Nakuru, situata nell’alto bacino del fiume Molo in Kenya. Nel 2014 aveva partecipato a un corso di formazione sulla produzione di funghi, grazie al quale sperava di poter avviare un’impresa, ma la mancanza di risorse economiche lo aveva costretto a rinunciare al progetto.

All’inizio dello scorso anno, però, Peter è stato coinvolto nel progetto “Agri-change: piccole imprese grandi opportunità. Sviluppo di filiere agro-alimentari nel bacino del fiume Molo”, cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la cooperazione allo sviluppo, e ha accettato con entusiasmo e con l’intenzione di avviare finalmente una produzione di funghi.

Peter, questa volta, non era disposto ad arrendersi e ha lavorato con grande motivazione per costruire una struttura per la produzione dei funghi. La struttura è stata resa operativa a fine 2020 e Mani Tese, grazie al già citato progetto, ha fornito a Peter quattro chilogrammi di micelio (elemento base per la produzione dei funghi), strumenti di lavoro e un corso di aggiornamento sia pratico che teorico.

A fine dicembre, Peter ha iniziato la raccolta, ha venduto un po’ di funghi ai vicini e ne ha conservati altri per il consumo in famiglia. Al momento della visita da parte dell’équipe di progetto, Peter aveva raccolto un totale di 15 kg di funghi e stimava che sarebbe stato in grado di produrne fino a 45 kg per il primo lotto di coltivazione. Grazie alle vendite, Peter è stato in grado di aumentare il suo reddito e quest’anno ha potuto pagare le tasse scolastiche dei suoi figli.

“La produzione di funghi è il tipo di agricoltura più comodo che ho mai realizzato – racconta Peter – Per prendermene cura, infatti, non devo allontanarmi da casa perché basta una piccola porzione di terreno nel mio cortile e posso risparmiare tempo da dedicare ad altre attività”.

“Questa nuova produzione ha migliorato il livello nutrizionale di tutta la famiglia – continua Peter – Ora infatti, grazie alla vendita dei funghi, possiamo permetterci di diversificare gli alimenti che consumiamo, e gli stessi funghi ci forniscono una buona fonte di proteine​​”. 

I funghi di Peter sono molto richiesti nella zona e, non appena sono pronti, i clienti arrivano per comprarli o addirittura li prenotano in anticipo. Ci sono tuttavia diverse sfide per la loro produzione: serve infatti molta attenzione per prendersi cura di loro in tutte le stagioni, bisogna regolare la temperatura e mantenere standard igienici molto elevati nella struttura di produzione, perché i funghi sono molto sensibili e delicati.

Qui di seguito alcune foto di Peter e dei suoi funghi:

Funghi ostrica quasi pronti per il raccolto
Giovani funghi che spuntano
Peter nella sua unità di produzione di funghi

IL NOSTRO IMPEGNO PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE DI OUAGADOUGOU

La capitale del Burkina Faso si sta espandendo velocemente e per questo stiamo lavorando allo sviluppo sostenibile della città.

La popolazione di Ouagadougou, secondo stime ufficiali, nel 2050 salirà a 10 milioni di persone. Se pensiamo che oggi la città ospita circa 2,5 milioni di abitanti, questo significa che nel giro di 30 anni scarsi la popolazione quadruplicherà. 7,5 milioni di persone in più che necessiteranno di cibo, acqua, cure essenziali, lavoro. Come rispondere a queste sfide?

Noi di Mani Tese qui in Burkina Faso ce lo siamo chiesti e, insieme alla municipalità della città, abbiamo provato a dare il nostro contributo. Come? Con una serie di interventi realizzati nell’ambito del progetto Imprese sociali innovative e partecipazione dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso” cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppoe da Fondazione Maria Enrica.

Prima di tutto, abbiamo lavorato alla riabilitazione di una prima parcella della “cintura verde di Ouaga”, un insieme di aree verdi promosse ai tempi della presidenza di Thomas Sankara e poi abbandonate all’incuria. Il progetto del municipio, che Mani Tese ha sposato, è quello di rigenerare queste zone, adibendole al loro scopo originario, ovvero l’orticoltura combinata all’arboricoltura da frutto. Per questo, su una prima parcella esemplare di 5 ettari, abbiamo installato un sistema irriguo solare e piantato un buon numero di specie di alberi (papaie, néré e karité), che crescendo diventeranno una piccola foresta che potrà fornire cibo alla città. Le donne beneficiarie di quest’area già oggi vivono degli ortaggi che coltivano sul terreno e garantiscono la cura e la tutela dell’area. 

La seconda azione che abbiamo intrapreso, è stata quella di recensire tutti gli orticoltori della città e individuare tra loro 201 donne vulnerabili a cui donare un kit per l’agricoltura o una motopompa per l’irrigazione dei campi. Un’iniziativa importante per facilitare il lavoro di queste donne che producono anche per il sostentamento della città.

L’ultimo contributo che abbiamo voluto dare è promuovere l’engagement dei/delle giovani, che saranno i/le leader del domani, coloro che effettivamente si ritroveranno a dover far fronte alle sfide del futuro. Per far questo, sempre in collaborazione con la municipalità di Ouagadougou ma anche con la Fondazione ACRA, abbiamo lanciato un concorso, dal titolo “Nourrir Ouaga”, aperto ai giovani della città che hanno avuto la possibilità di proporre soluzioni innovative e tecnologiche per rispondere ai problemi del sistema agro-alimentare di Ouagadougou.

Il concorso ha premiato 5 ragazzi di meno di 18 anni e 5 giovani tra i 18 e i 35 anni. La prima categoria ha raccolto progetti interessanti dagli studenti dei licei della città, accompagnati dalla Fondazione ACRA in un percorso di alfabetizzazione informatica, che hanno vinto un computer portatile con cui sperimentare quanto appreso in classe. La seconda categoria, invece, ha visto premiati 5 giovani che sono stai aiutanti a sviluppare il proprio progetto.

In particolare, Nassirou Maiga, vincitore del primo premio, ha realizzato il video demo della sua app “Smart Doctor” nata per aiutare gli agricoltori a riconoscere e curare le malattie delle piante; Poupla Annick Somé ha ricevuto un computer molto performante per sviluppare la sua app “Ouaga Sans Faim” che metterà in contatto produttori, trasformatori, trasportatori e clienti della città, oltre ad avere al suo interno dei tutorial su come prendersi cura delle piante. Arsène Gambo, terzo classificato, ha potuto sperimentare in 8 famiglie della città il suo progetto “Family Vegetables Grower”, con il quale è possibile produrre le proprie verdure tramite tecniche idroponiche direttamente a casa propria, con un monitoraggio via cellulare, un progetto che sta avendo grande successo e per cui c’è già domanda in altre città del Burkina Faso. Angeline Diarra, invece, sta realizzando una sperimentazione di piscicoltura combinata alla coltura di cipolla, in un sistema di produzione agroecologica. Infine, Innocent Combari ha potuto aprire in città una sua boutique di prodotti provenienti da campi dove vengono utilizzate tecniche agroecologiche.

Tutti e 10 i vincitori sono stati premiati durante il Forum regionale delle città africane firmatarie del Milan Urban Food Policy Pact (MUFPP), che si è tenuto a Ouagadougou dal 15 al 19 febbraio scorsi, e hanno avuto così la possibilità di presentare i propri progetti di fronte alla comunità internazionale che si è dimostrata molto interessata e colpita dalle loro idee, dal loro dinamismo e dal loro impegno per la città.

Abbiamo iniziato quindi iniziato a piantare i primi semi per raccogliere le sfide che la città di Ouagadogou dovrà affrontare (e in parte affronta già). Speriamo che in tanti contribuiscano a loro volta e che insieme si arrivi lontano. Precisamente a 10.000.000.

Qui di seguito alcune foto della premiazione del concorso “Nourrir Ouaga”:

I vincitori del concorso insieme al sindaco di Ouagadougou Armand Béouindé e alle rappresentanti di Mani Tese e ACRA
I giovani under 18 vincitori del concorso con il sindaco di Ouagadougou Armand Béouindé
I vincitori del concorso per adulti insieme a Giulia Polato (Mani Tese) e Elena De Giosa (ACRA)
Angeline Diarra premiata da Katelyn Buisman, Rappresentante Paese di ACRA
Innocent Combari e Arsène Gambo premiati dalla nostra Rappresentante Paese Giulia Polato
Poupla Annick Somé premiata dal sindaco di Ouagadougou Armand Béouindé
Nassirou Maiga premiato dal sindaco di Ouagadougou Armand Béouindé
Virginie Seihon, vincitrice categoria giovani, con Giulia (Mani Tese) ed Elena De Giosa (ACRA)
La locandina del concorso “Nourrir Ouaga”

LA GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA DONNA A GABU IN GUINEA-BISSAU

Insieme ai partner del progetto JUNTAS, abbiamo organizzato un evento per sensibilizzare sul tema della violenza sulle donne e sulle donne con disabilità.

Il 5 marzo, nella città di Gabu (Guinea-Bissau), si è tenuto un evento di celebrazione della Giornata Internazionale della Donna nell’ambito del progetto “JUNTAS: empowerment femminile nella regione di Gabu”, cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

L’evento è stato organizzato da Mani Tese con i due principali partner di progetto, AIFO e FADPD-GB (Federazione per la difesa e promozione dei diritti delle persone con disabilità in Guinea-Bissau), nel centro AMAE (Associazione di donne per attività economiche), con l’obiettivo di sensibilizzare le istituzioni pubbliche e i rappresentanti della società civile sul tema della violenza sulle donne e sulle donne con disabilità.

L’evento ha visto in fase di apertura l’intervento introduttivo dei capi missione di Mani Tese e AIFO, Paola Toncich e Arniel Silot. Dopodiché i capi progetto, Marco Cazzolla per Mani Tese e Elisabetta Quattrocchi per AIFO, hanno illustrato obiettivi e iniziative del progetto stesso e, a seguire, Saco Embalo, animatore sociale del progetto, ha spiegato la storia e il significato della Giornata Internazionale della Donna, sottolineandone l’importanza in un’ottica di sensibilizzazione sui diritti delle donne.

Interessante è stato poi l’intervento di Iris Babilonia Will a testimoniare la sinergia tra il progetto JUNTAS e il progetto “Emancipazione e diritti per bambini e donne in Guinea-Bissau”, finanziato dall’Unione Europea, di cui Iris è responsabile locale delle attività di genere. Iris ha parlato di violenza sulle donne raccontando storie conosciute durante la sua esperienza professionale e ha tenuto a sottolineare l’importanza del sostegno psico-sociale alle vittime di violenza.

La celebrazione si è conclusa infine con la presentazione di Saido Embalo, rappresentante della Federazione per la difesa e promozione dei diritti delle persone con disabilità in Guinea-Bissau, che ha parlato più specificamente dei problemi che colpiscono le donne con disabilità (che subiscono una doppia discriminazione essendo sia donne che disabili) e ha dato delle raccomandazioni alle varie istituzioni e organizzazioni pubbliche e private per l’inclusione delle persone con disabilità nella società guineense.

Qui di seguito alcune foto dell’evento: