Sei anni in Guinea-Bissau a fianco delle donne e dei rifugiati

Si è conclusa con successo la nostra collaborazione con UNHCR per la naturalizzazione dei rifugiati senegalesi in Guinea-Bissau e per la protezione dei diritti umani delle comunità locali, in particolare delle donne vittime di violenza. Il resoconto della nostra cooperante e coordinatrice di progetto.

Di Giulia Giovagnoli, Coordinatrice del progetto di Mani Tese “INTEGRAZIONE DEI RICHIEDENTI ASILO E DEI RIFUGIATI SENEGALESI” in Guinea-Bissau

In Guinea-Bissau è cominciata la stagione delle piogge e anche la campagna di raccolta degli anacardi, il principale prodotto di esportazione del paese, nella cui coltivazione e raccolta è impegnata gran parte della popolazione delle zone rurali, incluse le donne. Durante l’epoca della raccolta, le donne e ragazze guineensi si trovano a essere ancora più vulnerabili che in altri periodi dell’anno. Spesso rimangono da sole in casa, mentre i membri maschili del gruppo familiare si assentano tutto il giorno per la raccolta dei frutti nelle zone boschive. In altri momenti della giornata loro stesse si allontanano per realizzarla. L’alta mobilità che caratterizza questo periodo dell’anno e la repentina disponibilità di denaro derivante dalla vendita degli anacardi, che spesso si traduce in acquisto immediato e consumo di prodotti alcolici da parte principalmente della popolazione maschile, fanno sì che le donne si trovino a essere ancora più isolate e suscettibili di aggressioni.

La Guinea-Bissau è uno dei paesi più poveri al mondo: occupa il 175º posto, su un totale di 188, nell’Indice dello Sviluppo Umano del 2020. In un contesto di povertà estrema, causata essenzialmente da una carenza di lavoro e di risorse, la condizione femminile è gravemente penalizzata e le violenze di ogni tipo su donne e bambine sono all’ordine del giorno. La società locale è essenzialmente patriarcale e storicamente indifferente alla tutela dei diritti e dei bisogni delle donne, sebbene il benessere e il progresso economico di intere comunità dipendano quasi esclusivamente dal lavoro femminile. Disparità, assenza di opportunità, abusi e violenze, con scarsissime protezioni giuridiche, si registrano in ogni settore. Fin dalla tenera età, alle bambine è limitata la possibilità di esprimere il loro potenziale e di acquisire gli strumenti che consentirebbero loro di uscire da uno stato di indigenza opprimente. Rispetto agli uomini, le donne hanno un limitatissimo accesso ai servizi sanitari, un minore accesso ai servizi educativi, ridotte entrate economiche, un maggiore tasso di disoccupazione e più ampie difficoltà nella lotta alla povertà. Sono inoltre vittime delle più diverse forme di violenza di genere, dalle mutilazioni genitali femminili ai matrimoni forzati, agli abusi psicologici, economici, fisici e sessuali perpetrati spesso da familiari o membri delle comunità.

Mani Tese lavora sin dal 2017 nella regione di Cacheu, nella zona nord del paese, alla frontiera con il Senegal, per cercare di intervenire e costruire una risposta articolata con le istituzioni e la società civile per l’assistenza e la protezione delle donne e ragazze vittime di violenza di genere e di un altro gruppo di popolazione altamente vulnerabile, i rifugiati e richiedenti asilo. Come segnalato nel portale della Missione delle Nazioni Unite per il Consolidamento della Pace in Guinea-Bissau -UNIOGBIS, nel 2017, “La Guinea-Bissau ha ratificato a febbraio del 1976 la Convenzione delle Nazioni Unite sui Rifugiati, ed ha rispettato i suoi obblighi di paese firmatario, accogliendo rifugiati da differenti paesi della sub-regione, com’è il caso di Liberia, Gana, Serra Leone e Senegal (…) Il paese accoglie attualmente più di ottomila rifugiati, dei quali il 98% è composto da individui provenienti dal Casamance, la regione sud del Senegal, situata tra il Gambia e la Guinea-Bissau, in conflitto da più di 30 anni con il Governo del Senegal per la sua indipendenza.”[1] (t.d.r)

Sin dal 1979 Mani Tese interviene in varie regioni della Guinea-Bissau nell’implementazione di progetti principalmente sui temi dei diritti umani e della sovranità alimentare, e dal 2017 ad oggi abbiamo mantenuto una presenza costante in 42 villaggi della zona con più presenza di rifugiati nel paese, la regione di Cacheu, nella frontiera con la regione indipendentista senegalese del Casamance, lavorando come partner di implementazione di UNHCR, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Le principali aree di intervento sono state la promozione di processi ed attività socio-economiche per accompagnare l’integrazione locale e la costruzione di forme pacifiche e sostenibili di convivenza e coesistenza tra la popolazione rifugiata e le comunità locali di accoglienza nonché l’impegno attraverso azioni di sensibilizzazione, advocacy e protezione nella lotta contro ogni forma di violenza di genere e nell’assistenza alle vittime e sopravvissute.

villaggi di intervento
Villaggi di intervento di Mani Tese nella regione di Cacheu, con parziale dettaglio di attività realizzate nella comunità di Varela. Credits: Bissau Economic Lab – BELAB, SARL.
riunione

Il 2022 vale la pena di essere ricordato per due importantissimi risultati in ciascuna di queste due aree di intervento e di impegno di Mani Tese nella regione di Cacheu.

A fine febbraio 2022 si è concluso il processo di naturalizzazione dei rifugiati di lunga durata in Guinea-Bissau, predisposto e guidato da UNHCR e Governo della Guinea-Bissau sin dal 2017 e condotto in partenariato con Mani Tese. A dicembre del 2017, infatti “UNHCR, la Commissione Nazionale di Rifugiati e Sfollati Interni, una struttura del Governo della Guinea-Bissau, hanno lanciato le basi per la concessione della nazionalità guineense a circa 10.000 rifugiati. Ufficializzando questa integrazione locale, il governo guineense restituisce così dignità umana ai displaced, togliendo loro lo status di rifugiati e permettendo che godano del diritto fondamentale all’identità (…) La decisione ha un potenziale di prevenzione dell’insicurezza, trattandosi di un mezzo efficace di lotta alla apatridia, fonte di reclutamento di persone per il mondo del crimine organizzato e transnazionale, includendo attività terroristiche”. [2] (t.d.r)

L’importantissima iniziativa, che, come naturalizzazione di massa, si annovera tra le poche realizzate sinora nel mondo, ha preso quindi piede ormai cinque anni fa con l’inizio del processo di identificazione e registro dei rifugiati e si è conclusa nei primi mesi del 2022. Mani Tese negli ultimi anni ha accompagnato il Governo della Guinea-Bissau edUNHCR tanto nell’implementazione e finalizzazione dell’esercizio di registro[3] (t.d.r) come nella realizzazione di missioni nelle più remote comunità rurali per la consegna di documenti di identificazione ai nuovi cittadini, attività che si è conclusa a giugno 2022.

foto di gruppo assieme ai cooperanti

Oltre a questo prezioso risultato, il primo semestre del 2022 ha visto anche il consolidamento di un ulteriore intervento costruito negli anni dall’equipe di Mani Tese di São Domingos, cittadina di frontiera e base di lavoro nella regione di Cacheu, e delle altre sedi in Guinea-Bissau. Sin dal 2017 nella regione di Cacheu, infatti, e nelle decadi anteriori anche in altre regioni del paese, Mani Tese si è impegnata nella definizione ed implementazione di azioni per la promozione e protezione dei diritti umani. Come partner di implementazione di UNHCR abbiamo lavorato con dedizione, tra le altre azioni, alla lotta alla violenza di genere ed all’assistenza delle sopravvissute. L’equipe locale, formata da assistenti sociali, psicologhe e professioniste dell’ambito giuridico, ha registrato negli ultimi quasi sei anni più di 200 casi di donne, ragazze e bambine vittime di violenza di genere, offrendo loro assistenza psicosociale, opportunità di formazione e supporto economico, accompagnamento per il recupero dell’equilibrio psicofisico e il reinserimento sociale.

protezione sociale grafico
Attività di prevenzione, advocacy e sensibilizzazione su SGBV (Sexual and Gender Based Violence) e protezione sociale implementate da Mani Tese dal 2017 al 2021 nei villaggi della regione di Cacheu. Credits: Bissau Economic Lab – BELAB, SARL.

Come già raccontato in altri resoconti[4], il lavoro pluriennale svolto a livello interistituzionale e nell’assistenza diretta alle donne vittime di violenza ha dato i suoi frutti con l’apertura della prima Casa di Accoglienza per vittime di violenza di genere nella regione di Cacheu. Dalla sua apertura si è lavorato incessantemente alla formazione e all’action learning dei membri delle associazioni locali partner di Mani Tese nella gestione della Casa. Si è capitalizzato il background di esperienze nella prevenzione e protezione svolto negli anni e le molteplici relazioni con istituzioni locali, nazionali e internazionali, della società civile e con le autorità statali favore della consolidamento del nuovo spazio e delle competenze degli attori locali coinvolti nell’acquisizione di expertise per poter guidare autonomamente l’iniziativa. La Casa è stata in questi mesi teatro di numerose attività formative per le donne sopravvissute, sessioni di accompagnamento psicosociale, incontri istituzionali e “scuola in azione” per le associazioni locali.

Un solo articolo non permette di dare voce e risalto a tutti gli interventi sviluppati in quasi sei anni, ma comunque speriamo che questo accenno stimoli un pizzico di curiosità nei confronti degli oltre 40 gruppi di microcredito che Mani Tese ha supportato nella regione di Cacheu sin dal 2017, degli oltre 25 orti e pollai realizzati con pratiche agroecologiche e guidati principalmente da gruppi di donne rurali, rifugiate e delle comunità di accoglienza.

A giugno 2022 si è conclusa la collaborazione di Mani Tese e UNHCR grazie all’ottimo risultato del processo di naturalizzazione. L’Agenzia ONU continuerà a dare accompagnamento e follow-up alle politiche e pratiche di protezione della Guinea-Bissau dal suo ufficio transnazionale di Dakar. Come team di Mani Tese siamo sicuri di aver fatto il possibile per fornire alle comunità e agli attori locali gli strumenti per garantire la sostenibilità delle azioni promosse in questi anni, ma siamo  altresì consapevoli della necessità di continuare gli sforzi per il rafforzamento, tra gli altri, della Casa di Accoglienza, con la volontà di camminare ancora insieme alle associazioni locali e alle donne sopravvissute alla violenza per proteggerle nel modo più efficace.

foto di gruppo delle donne ospiti del centro

Sostieni la casa di accoglienza delle donne vittime di violenza di Cacheu: LINK

Scopri di più sul progetto INTEGRAZIONE DEI RICHIEDENTI ASILO E DEI RIFUGIATI SENEGALESI” in Guinea-Bissau: LINK


[1] https://uniogbis.unmissions.org/pt/guin%C3%A9-bissau-empenhada-em-resolver-situa%C3%A7%C3%A3o-dos-refugiados

[2] ONU News- Perspectiva Global Reportagens Humanas: https://news.un.org/pt/story/2017/12/1604122-guine-bissau-e-acnur-firmam-parceria-para-integrar-refugiados

[3] https://manitese.it/un-premio-per-integrazione-dei-rifugiati-in-guinea-bissau

[4] https://manitese.it/guinea-bissau-una-nuova-casa-per-le-donne-vittime-di-violenza

In memoria di Samuel

Mani Tese ricorda e celebra il lavoro e la dedizione di Samuel Karanja Muhunyu per il proprio Paese, il Kenya.

Samuel Karanja Muhunyu è quello che in inglese definiremmo an unsung hero.

È perché anche se la morte lo ha strappato al suo caro Kenya, il suo esempio e le sue parole sono ancora con noi.

Per quasi un decennio abbiamo lavorato fianco a fianco. È stato un onore e privilegio aver vissuto con vero leader comunitario che tanto ha contribuito allo sviluppo di un angolo importante di Kenya.

Samuel ha ricoperto incarichi importanti, in seno a Slow Food, prima coordinatore in Kenya, poi membro del Consiglio Internazionale e del Collegio Arbitrale. Ed è stato direttore e fondatore di NECOFA, Network for Ecofarming in Africa Kenya dal 1998 ad oggi.

NECOFA è una ONG che ha trasformato le vite in una zona particolare del Kenya, il bacino del fiume Molo, dagli altipiani a oltre 2500 metri sino alle aride zone di Baringo. Qui si è sviluppata la partnership con Mani Tese, iniziata da un incontro con Bruna Sironi e i primi progetti, cementatasi poi con l’apertura dell’ufficio in Kenya nel 2014.

Samuel aveva una profondità culturale, una capacità di visione e una etica del lavoro fuori dal comune. Non era inusuale vederlo sotto una pianta, con il suo diario prendere appunti e dirigendo le azioni dei molti progetti, tra una pausa e l’altra del lavoro di campo.

Insieme a Mani Tese NECOFA ha sviluppato numerose partnership con associazioni italiane e non. Samuel è stato strumentale nel creare un nucleo di giovani formati presso l’università di Pollenzo, ha guidato innumerevoli delegazioni presso Terra Madre e altri convegni internazionali.

Amava Baringo e le società pastorali, che gli ricordavano i suoi anni al ministero della agricoltura nelle zone di Isiolo. E aveva esteso l’azione di NECOFA proprio ad Isiolo, Meru e Kajado.

Ma nel suo cuore portava Mariashioni, il luogo di nascita di sua madre. Un piccolo villaggio arroccato nel Mau, dove il suo lavoro ha portato una trasformazione enorme, con la creazione di una radio comunitaria, una guest house e un centro per la promozione del miele Ogiek.

Nei momenti più bui del Kenya, le violenze del 2007-8, ha giocato un ruolo fondamentale nel supporto agli sfollati, e non era un caso che per molte di queste comunità egli fosse come un padre.

Nell’ultimo incontro mi strinse la mano, era stanco ma ancora forte, con una visione per un nuovo progetto per risolvere i problemi delle comunità. Nella nostra ultima conversazione, mano nella mano, mi disse della sua visione per un lavoro integrato sulla catena del latte e approccio agroecologico. 

In questi anni fra noi, e qui parlo a livello personale, si è sviluppata più di una semplice relazione fra colleghi e partner di lavoro.  È nata una profonda amicizia, stima, sinergia e modo di pensare. Innumerevoli volte, al telefono o durante le riunioni ci siamo chiesti se uno o l’altro avessero letto il pensiero altrui, tanta era l’unità di vedute.

È stato un onore stare al suo fianco dalle strade fangose della foresta Mau a quelle polverose di Baringo.

Un uomo la cui visione, carisma e guida mancheranno. Per lui, le comunità e gli oltre 30 anni di lavoro è necessario ora più che mai portare avanti il suo impegno per la giustizia sociale e la conservazione ambientale Riposa in pace Samuel.

Samuel mentre gioca con due bimbi

Mozambico: la testimonianza del coltivatore Abu Antonio

Il capo del gruppo di produzione agricola nella comunità di Mazuere spiega come il progetto sull’agricoltura circolare di Mani Tese stia dando i suoi frutti anche dopo un periodo di inondazioni, sempre più frequenti a causa dei cambiamenti climatici, che hanno distrutto i campi agricoli.

“Mi chiamo Abu António, capo del gruppo di produzione agricola nella comunità di Mazuere in Mozambico. Sono padre di due bambini e uno dei destinatari del progetto Agricoltura Circolare per ridurre la fame in Zambezia promosso da Mani Tese e co-finanziato con i fondi dell’8×1000 allo stato italiano.

Il progetto ci sta aiutando molto e stiamo imparando davvero tanto. Per quanto riguarda l’agricoltura, la difficoltà principale attualmente sta nell’affrontare i problemi dovuti alle inondazioni che hanno allagato i nostri campi. Rispetto alle campagne agricole passate, interessate da una maggiore produzione di cereali e conseguentemente da prezzi più bassi dei prodotti sia per la vendita che per il consumo, la situazione è peggiorata. Quest’anno, infatti, tutti i campi sono così inondati che non è ancora possibile cominciare a coltivare gli ortaggi. Come alternativa, stiamo provando a seminare patate dolci.

In questo momento siamo quindi molto concentrati sull’allevamento, un’altra attività del progetto. Ci prendiamo cura di polli, anatre e maiali, come pure del porcile e del pollaio costruiti nei mesi scorsi. Abbiamo ricevuto una formazione su come possiamo essere dei buoni allevatori, occupandoci in maniera corretta di alimentazione degli animali, del loro stato di salute, dell’igiene e della cura dei nuovi nati. Nonostante le difficoltà iniziali, ora stiamo riuscendo anche in questa attività.

Ci auguriamo che gli animali crescano e si riproducano in modo da poterli distribuire a tutti i membri della comunità e iniziare così a guadagnare sia dall’allevamento degli animali che dalla coltivazione dei campi.

Il nostro obiettivo è quello di mantenere viva l’associazione agricola anche una volta terminato il progetto. Avendo appreso i vantaggi dell’unione fra le pratiche di agricoltura e allevamento, non solo ora possiamo incrementare il nostro reddito ma anche migliorare la qualità del cibo che noi e le nostre famiglie consumiamo. A progetto terminato, intendiamo dare continuità a tutte le attività che ci sono state insegnate!”

Burkina Faso: inaugurata la sede delle donne “Soeur Burkinabe di Poedogo”

Con grande soddisfazione nel mese di giugno Mani Tese ha inaugurato la sede dell’associazione di donne coltivatrici SOEUR BURKINABE DI POEDOGO con il magazzino annesso.
La realizzazione di questo edificio è stata possibile grazie ai progetti “Donne al centro per uno sviluppo inclusivo e sostenibile” e “Donne al centro per la transizione agroecologica”.

Con grande soddisfazione nel mese di giugno abbiamo inaugurato la sede dell’associazione di donne coltivatrici SOEUR BURKINABE DI POEDOGO con il magazzino annesso.

La realizzazione di questo edificio è stata possibile grazie ai progetti “Donne al centro per uno sviluppo inclusivo e sostenibile” e Donne al centro per la transizione agroecologica”, co-finanziati rispettivamente da Regione Veneto e Regione Emilia-Romagna e ha visto un percorso di progettazione piuttosto complesso. Il progetto infatti prevedeva inizialmente la costruzione di una struttura di circa 28 m quadri. Con lo sviluppo delle attività, ci siamo però resi conto che questa metratura non era sufficiente a ospitare il gran gruppo di donne destinatarie dei progetti, costituito da 70 coltivatrici, che avevano bisogno di un ampio spazio per riunirsi, che le proteggesse dal sole durante le riunioni e le pause dal lavoro nei campi e che fosse al contempo idoneo a realizzare alcune prime attività di trasformazione dei prodotti.

Il progetto iniziale è stato così modificato ampliandone la metratura attraverso la realizzazione di un grande spazio esterno coperto da una tettoia.

Un importante criterio per la realizzazione della sede era quello di limitare l’uso del cemento e di rispettare la bellezza naturale del contesto: il perimetro orticolo dove lavorano faticosamente queste donne che si trova in aperta campagna, non distante da un barrage (bacino d’acqua il cui livello varia con le stagioni). Abbiamo quindi iniziato a informarci per capire quali fossero i materiali e la tecnica costruttiva più adatti oltre che la massima metratura edificabile con il budget a disposizione.

La consegna delle chiavi dell’edificio

In questa fase abbiamo potuto beneficiare del supporto dell’Ordine degli Architetti di Ouagadougou e di quello degli Ingegneri del Genio Civile, che si sono dimostrati disponibili a fornirci alcuni preziosi consigli tecnici. Siamo quindi riusciti a costruire un edificio di circa 75 mq di cui 10 adibiti a magazzino, 25 a sala riunione e circa 40 per lo spazio esterno coperto.

L’edificio è stato costruito su una piattaforma in cemento di circa 60 cm che lo protegge da eventuali piogge che si potrebbero accumulare nel terreno, ed è costruito quasi esclusivamente in mattoni di laterite. La laterite è una pietra locale molto resistente, dal bellissimo colore rosso, il cui uso garantisce una maggiore durata dell’edificio. Il tetto è stato inoltre dotato di controsoffittature di cannucciato naturale.

La sede dell’associazione

L’uso di questi materiali contribuisce a rendere la struttura confortevole, abbassandone le temperature interne. Siamo davvero contenti che queste donne, impegnate in un’importante attività di transizione agroecologica, ora possano usufruire di un centro non solo utile al loro lavoro ma anche rispettoso del contesto naturale sia dal punto di vista dell’impatto ambientale che di quello visivo.

Per sostenere il progetto dona a questo LINK  tramite la sezione “Dove c’è più bisogno” e inserisci nelle note il testo “Donne al centro in Burkina Faso”.

Kenya: il Biogas contro gli effetti del riscaldamento globale

In Kenya Mani Tese promuove il biogas come modo intelligente di gestire i rifiuti organici degli animali perché consente di produrre energia rinnovabile riducendo le emissioni di gas serra: la testimonianza di Tracy Kiplagat, una sua soddisfatta utilizzatrice.

Per noi di Mani Tese è molto importante che i nostri progetti di sviluppo in Kenya, così come negli altri Paesi, siano rispettosi dell’ambiente e possano aiutare a ridurre gli attuali effetti dei cambiamenti climatici.

L’agricoltura è la seconda maggior fonte di emissione di gas serra. Circa il 20% di queste emissioni deriva dal letame e continua a crescere dell’1% l’anno. I sistemi di gestione del letame come l’industria del biogas sono quindi particolarmente adatti per ridurre le emissioni di gas serra e per mitigare gli effetti del cambiamento climatico. Grazie al biogas si può infatti produrre energia rinnovabile dai rifiuti organici restituendo nutrienti e sostanza organica al suolo.

Per questo motivo, in Kenya attraverso il progetto AGRI-CHANGE: PICCOLE IMPRESE GRANDI OPPORTUNITÀ, cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo sviluppo, abbiamo intrapreso una collaborazione col nostro partner locale NECOFA per promuovere la diffusione del biogas. Venticinque allevatori di maiali sono stati dotati di impianti di biogas per permettere loro di gestire i rifiuti in maniera sostenibile, ottenendo energia pulita per cucinare e bio-fertilizzante per la loro fattoria. I fertilizzanti di sintesi, infatti, contribuiscono al 13% delle emissioni di gas serra e hanno un impatto negativo sul suolo: l’uso di bio-liquame sui loro terreni risolverà gradualmente i problemi causati dal loro uso pregresso.

Durante una visita ai destinatari del nostro progetto, abbiamo potuto constatare come il biogas abbia ridotto significativamente l’uso di legna da ardere. Questo vuol dire che non vengono più tagliati alberi per produrre carbonella o legna da ardere contribuendo alla conservazione dell’ambiente.

Tracy Kiplagat è una delle destinatarie del progetto che ha ricevuto il biogas traendone significativi benefici: maggiore rapidità nel cucinare, risparmio di tempo, facilità di gestione, minori ustioni, ridotto consumo di legna. Tracy ha inoltre usato il bio-liquame nella sua fattoria per irrigare gli alberi e migliorare la fertilità. Ora può anche usare il tempo che trascorreva a raccogliere la legna per svolgere altre attività.

Ecco la sua testimonianza:

Il biogas è stato fondamentale per la mia famiglia. Ho imparato come usarlo e mi è servito moltissimo. I miei vicini vengono qui quasi sempre per vedere come lo uso. Ne hanno visti i benefici e ora lo vorrebbero anche loro. L’impianto di biogas mi ha aiutato a gestire efficacemente i rifiuti non solo dei maiali ma anche delle mucche. Non c’è più nessun cattivo odore e il mio recinto è sempre pulito. Inoltre non devo tagliare più gli alberi per fare la carbonella e questo mi ha fatto anche capire di più l’importanza di conservare l’ambiente”.

Tracy considera la fornitura di biogas come una risposta alle sue preghiere.  Tradizionalmente, infatti, era solita usare legna da ardere. Ma questa continua esposizione ai fumi, la indoor pollution, è pericolosa e viene stimata come causa di morte di oltre 3 milioni di persone all’anno. (WHO)

Tracy nella sua semplice cucina

Il biogas, oltre a preparare i pasti più velocemente, ha avuto un forte impatto sulla salute di Tracy, che ora tossisce meno.

Tracy Kiplagat è una dei 25 destinatari del progetto che, da quando è stato fornito loro il biogas, hanno ridotto il consumo di legna da ardere di almeno 80%. Siamo davvero soddisfatti di questo risultato e ci auguriamo che questi cambiamenti possano contribuire a ridurre gli effetti del cambiamento climatico e a conservare l’ambiente!

Kuku Smart, aiutare donne e famiglie vulnerabili con l’avicoltura

In Kenya l’allevamento dei polli è un’abitudine antica. Mani Tese, tramite il progetto “Kuku Smart” mira a migliorarla, per trasformarla in una risorsa solida e importante in questo periodo di difficoltà economica del Paese, soprattutto per le donne, aiutandole nel loro processo di emancipazione.

In Kenya l’allevamento di polli è un’abitudine antica, ancora praticata da almeno il 60% delle famiglie rurali.  Si tratta però di un allevamento realizzato in modo tradizionale a livello di sussistenza. Il tipo di polli allevati è noto comunemente come ‘kienyeji’, ma le sue uova hanno bisogno di tempo per schiudersi e anche il tasso di crescita è basso. Viste le difficoltà economiche di queste comunità vulnerabili, quindi, questo tipo di polli non è abbastanza redditizio per le famiglie. 

Per migliorare la gestione avicola, attraverso il progetto “Kuku smart”, cofinanziato dalla Regione Emilia Romagna, abbiamo sostenuto 10 gruppi di donne formandole su come allevare polli indigeni migliorati, noti comunemente come “kienyeji migliorati”. Si tratta sempre di polli tradizionali ruspanti, che però crescono più velocemente, sono assai meno soggetti a malattie e infezioni e hanno più mercato. A questi gruppi, inoltre, sono stati consegnati 20 pulcini e 50 kg di mangime. Ciascun gruppo ha poi ricevuto un abbeveratoio, una mangiatoia e altri materiali utili.  

Migliorare questa tradizione avicola è particolarmente importante in questo periodo economicamente pesante per il Paese, in cui le famiglie cercano in tutti i modi di trovare attività che possano generare reddito. È inoltre un’attività adatta per le donne di queste comunità, le quali trascorrono la maggior parte del tempo a casa occupandosi di animali e lavori domestici. L’allevamento corretto dei polli potrà fornire loro un reddito sicuro rendendole finanziariamente indipendenti e aiutandole nel loro processo di emancipazione. Tutte le destinatarie del progetto sono infatti convinte che questa attività migliorerà la loro vita.    

“Sono felice che Mani Tese ci abbia sostenute con questi pulcini” ha dichiarato una delle donneSperiamo e crediamo che questo cambierà la nostra vita e ci darà del reddito, specialmente ora che la vita per noi è diventata così dura. Grazie mille e speriamo di poter collaborare ancora di più”. 

Sono particolarmente felice di essere parte di questo progetto! Abbiamo sempre voluto allevare polli come gruppo di donne, ma a causa della mancanza di fondi non siamo mai riuscite a cominciare. Sono motivata a continuare e vi assicuro che, quando tornerete fra due mesi, vedrete la differenza”, ha aggiunto un’altra donna

Siamo molto felici dell’entusiasmo di queste donne. Noi staremo accanto a loro durante questo processo di emancipazione e continueremo a fornire la nostra assistenza! 

Col progetto wona rendiamo verde la città di Quelimane!

L’impegno di Mani Tese: orti urbani agroecologici, riforestazione ed educazione ambientale per rendere sicura, sostenibile e resiliente ai cambiamenti climatici Quelimane, il capoluogo della Zambezia.

In Mozambico sono iniziate le attività del nostro progetto WONA – Orti e vivai urbani per promuovere la sostenibilità a Quelimane cofinanziato da Regione Emilia Romagna e Fondazione E35. Si tratta di un progetto col quale vogliamo contribuire alla sicurezza e alla sostenibilità alimentare di Quelimane, in Mozambico, attraverso la promozione di pratiche agro-ecologiche, azioni di riforestazione e momenti di scambio volti a creare una maggiore resilienza e adattamento di fronte ai cambiamenti climatici, mitigandone l’impatto.

In questo periodo ci siamo occupati di realizzare degli orti urbani commerciali e agroecologici che abbiamo affidato a tre gruppi di agricoltori destinatari (soprattutto donne e giovani) delle comunità di Nangoela, di Namuinho e di Marrabo. Nei mesi scorsi abbiamo infatti preparato il suolo dei vari appezzamenti affidati a ciascuna comunità distribuendo loro attrezzi, materiale di produzione agricola e sementi di varie culture orticole.

Distribuzione delle sementi
Distribuzione degli attrezzi agricoli

A maggio, nella comunità periurbana di Nangoela, abbiamo realizzato un vivaio per la produzione di ortaggi dato in gestione al gruppo di nome AJAQ (Associação dos Jovens Agricultores de Quelimane) con lo scopo di produrre e vendere piantine da orto agli agricoltori locali. Poiché la stagione delle piogge è stata insolitamente prolungata, tutta la produzione orticola dell’area di Quelimane ha sofferto un grande ritardo e si prevede di iniziare a vendere le prime piantine da luglio. Questo vivaio sarà molto utile perché garantirà una produzione anche in periodi meno fertili dell’anno, da settembre a dicembre.

Primi passi nella realizzazione del vivaio
vivaio terminato
Il vivaio terminato

Sono poi iniziate le attività di educazione ambientale nelle scuole con l’identificazione degli istituti coinvolti e le prime sessione formative realizzate nella scuola primaria di Sinacura e nella scuola professionale Frei-Benito. Nella scuola Filipe Jacinto Nyusi, inoltre, il direttore ha richiesto il nostro supporto per la piantumazione di alberi nel cortile scolastico e per il monitoraggio del loro sviluppo.

L’importanza dell’albero” è il titolo dato alle lezioni, in cui sono stati affrontati i benefici e i servizi che l’esistenza arborea fornisce all’ambiente e all’essere umano. Si è discusso anche delle cure che devono essere date agli alberi, soprattutto per quanto riguarda i trattamenti selvicolturali per la loro sicurezza e salute. Al termine delle sessioni di educazione ambientale, per ogni scuola sono state distribuite 10 piantine di albizia acacias e acacia rossa, che sono state piantumate insieme agli studenti e a un insegnante, in modo da responsabilizzare i ragazzi e le ragazze alla cura delle piante.

Una delle sessioni di formazione

Ad aprile si è svolto anche un corso di formazione sull’educazione ambientale che ha coinvolto cittadini e cittadine, rappresentanti del CACQ (il direttore dell’assessorato all’ambiente e 3 tecnici), membri del gruppo AACECS (Associação de Apoio a Comunidade, Educação Cívica e Saúde), del gruppo AJAQ e del gruppo APMAM  (Associação de Preservação do Meio Ambiente de Moçambique). Questa formazione ha avuto lo scopo di formare alcuni stakeholders rilevanti a Quelimane in ambito ambientale affinché possano diffondere a loro volta le buone pratiche ambientali e le conoscenze apprese a un più ampio numero di persone.

Nel mese di maggio è stata poi effettuata la riabilitazione del vivaio municipale e del centro di compostaggio associato. Più precisamente è stata ricostruita integralmente la serra, che era andata distrutta con il ciclone Ana tra fine gennaio e inizio febbraio 2022, nonché la macchina per setacciare il compost che si era deteriorata col tempo.

In collaborazione con il comune di Quelimane, abbiamo redatto un Piano di gestione del vivaio comunale con le buone pratiche d’uso per garantirne la funzionalità e la continuità. Il Piano di gestione è servito anche come base per l’elaborazione di un ulteriore documento sull’ambiente e sul verde urbano di Quelimane (“Politica sulla Gestione del Vivaio Comunale e dell’Ambiente nel Comune di Quelimane”).

Sono stati poi organizzati i primi forum di quartiere per la pianificazione e gestione delle azioni di riforestazione urbana. Durante gli incontri si è discusso della scarsa presenza di alberi in varie zone della città e di quali aree sono prioritarie per essere riforestate.

Si è infine svolta la prima attività di riforestazione urbana a marzo, la giornata internazionale delle foreste, di cui abbiamo parlato in questo aggiornamento.

Achille Yotto Tepa premiato in Benin

Il rappresentante Paese di Mani Tese
in Benin riceve la Palme des célébrités Béninoises per il suo strenuo impegno di giustizia.

Di Giulia Tringali, volontaria di Mani Tese

Sabato 19 marzo 2022, nella sala del consiglio comunale di Calavi, vicino a Cotonou (in Benin), Achille Yotto Tepa è stato insignito del premio Palme des célébrités Béninoises in nome del suo impegno per il Paese e in particolare per i giovani. Achille lavora per Mani Tese dal 1° gennaio 1992. Fino al 30 giugno 1995 ha coordinato i progetti che si svolgevano nel Nord del Paese, poi, dal 1° agosto 1995, è diventato Rappresentante Paese. Continua, oggi, con questa carica, a portare avanti l’impegno di giustizia dell’ONG. “Mani Tese mi ha permesso di realizzare il sogno che avevo da bambino, quello di essere d’aiuto al mio Paese” – racconta Achille. Prima di Mani Tese, Achille lavorava nell’amministrazione di Toucountouna, distretto in cui l’Ong operava. Per diverso tempo ha supportato i volontari di Mani Tese contribuendo ad avvicinare la popolazione locale all’Ong attraverso l’organizzazione di momenti comunitari. “Collaborare e poi lavorare con questa Ong mi ha permesso di essere fiero del mio Paese e dei miei concittadini che, come me, si impegnano per la pace e lo sviluppo” – spiega Achille. Lavorando ormai da 30 anni sul campo con Mani LE PERSONE DI MANI TESE Tese, Achille ha sposato fino in fondo la visione dell’organizzazione e la porta avanti strenuamente. “Mi dico tutti i giorni che bisogna osare, avanzare, agire, andare sempre avanti; certamente siamo tutti esposti al rischio di sbagliare e quelle volte che mi capita ne prendo atto e faccio tesoro delle critiche. Chi mi ha conferito il premio conosce la mia vita, sa che mi impegno in molti campi, dalla politica, ai giovani, allo sport, ma io credo che il criterio per cui mi è stato conferito questo premio è proprio dovuto alle azioni concrete portate avanti con Mani Tese”.

L’impegno di Mani Tese in Benin

Mani Tese è presente in Benin dal 1979 ed è molto conosciuta e rispettata. Da più di 10 anni ha concentrato i suoi progetti nel nord del Paese, in particolare nel Dipartimento dell’Atacora, una delle aree con i più alti indici di povertà. Gli interventi principali hanno riguardato lo sviluppo socio-economico delle donne con il sostegno ad attività generatrici di reddito e la creazione di cooperative di produzione e trasformazione agricola. Hanno preso parte ai progetti circa 1194 donne. Mani Tese valorizza i prodotti locali quali la manioca trasformata in garì e il fonio, un cereale molto importante per le sue caratteristiche nutrizionali, e promuove l’agroecologia. Negli anni ha inoltre sostenuto molti progetti nell’ambito dell’accesso all’acqua potabile, come la riabilitazione e costruzione di 4 pozzi, e ha sviluppato azioni per promuovere il diritto all’istruzione di bambine e bambini e per contrastare il traffico di minori. “Sono molto fiero di lavorare per questa organizzazione a cui esprimo la mia gratitudine” commenta Achille “La esprimo anche a tutta la squadra che ha deciso di supportarmi, senza la quale non avrei potuto fare nulla di tutto ciò. Insisto sempre perché si diventi capaci di lavorare non solo dietro a una scrivania ma, soprattutto, sul campo e sono contento che la mia squadra abbia sposato questa filosofia”.

Lavorare per la pace

Achille, ricevuto il premio per il suo costante impegno nel promuovere la pace e lo sviluppo, spiega come per lui pace significhi portare avanti, ogni giorno e in ogni istante, ovunque ci si trovi, delle azioni che concorrano al miglioramento della vita di tutti, alla coesione sociale, alla solidarietà e all’amore. Per Achille, se non si crea una condizione di pace non può esserci né sviluppo né benessere. “La pace è il carburante essenziale della vita nelle nostre famiglie, così come nella società e nel mondo intero, è l’elemento su cui si poggia tutto il resto” afferma.

Guardando alle tristi conseguenze della guerra tra Russia e Ucraina, le parole di Achille suonano ancora più vere e concrete. Il Rappresentante Paese sottolinea gli effetti a catena che questa guerra sta provocando in Benin: gli input agricoli solitamente importati dall’Ucraina sono ora bloccati e molti agricoltori stanno vedendo schizzare alle stelle i prezzi della merce importata. “Anche quando la pace è minacciata lontano da noi, risentiamo comunque degli effetti negativi. La pace in tutto il mondo è quindi essenziale per quello che facciamo, senza pace non è possibile alcuno sviluppo” dichiara Achille. Il premio inaspettato ha dato ad Achille ancora più coraggio e motivazione per andare avanti e provare a dare un modello di lavoro ai giovani, insegnando loro volontà e dedizione in modo che anch’essi riescano a “dar voce alla propria gente e lottare per un mondo di pace”.

Articolo pubblicato nel Giornale di Mani Tese di giugno 2022.