Gli effetti del miglioramento della sicurezza alimentare in Burkina Faso

In Burkina Faso si è concluso il primo anno del progetto “Miglioramento della sicurezza alimentare e promozione dello sviluppo rurale nel Boulgou”: la valutazione di Neerbewendin Sawadogo che ci racconta il significato dei dati raccolti.

Neerbewendin SAWADOGO, fondatrice e direttrice della società di consulenza EffiDev, esperta di economia agraria e gestione aziendale, ha dedicato la sua intera carriera a sostenere le PMI, le donne e i giovani e a promuovere la sicurezza alimentare in Burkina Faso.

Per Mani Tese ha svolto il ruolo di valutatrice esterna del nostro progetto Miglioramento della sicurezza alimentare e promozione dello sviluppo rurale nel Boulgou, provincia della regione del Centro Est del Burkina Faso, co-finanziato da 8×1000 irpef a gestione statale.

Il lavoro di Neerbewendin SAWADOGO (detta Nere, per gli amici e per le amiche) ci ha permesso di capire meglio qual era la situazione di partenza e come sta cambiando, a conclusione del primo anno di progetto.

“L’obiettivo del progetto è quello di fornire una risposta al problema dell’insicurezza alimentare in quattro villaggi nella regione attraverso tre strumenti: la produzione di riso e prodotti orticoli (in particolare pomodori e cipolle), il loro consumo e l’organizzazione degli attori che ruotano intorno alla produzione” afferma Nere “Alla luce dei risultati dello studio, possiamo aspettarci un forte impatto sulla vita delle comunità, soprattutto perché gli obiettivi del progetto sono perfettamente in linea con le esigenze dei beneficiari”. 

La zona interessata è difficile da coltivare se non si conoscono le tecniche adatte a quel tipo di terreno e se i produttori non sono ben organizzati tra loro. Oltre il 40% delle famiglie soffre per questo di insicurezza alimentare per quasi la metà dell’anno. Produce infatti riso in quantità ridotte e non sufficienti per il proprio fabbisogno. 

Nere ci racconta che le comunità protagoniste del progetto ora stanno inserendo riso, cipolle e pomodori nelle loro abitudini alimentari e produttive e che più dell’80% parla dei benefici che ne sono derivati a livello di salute. 

“Il progetto sta impattando sulla vita di queste comunità in molteplici modi” spiega Nere “Ho registrato un miglioramento della produttività, in termini di quantità e qualità, a seguito della formazione sulle tecniche agroecologiche e della fornitura di sementi migliorate. Inoltre oggi c’è una maggiore disponibilità di cipolle e pomodori durante tutto l’anno grazie alla formazione sulla trasformazione seguita dalle donne”. 

La maggior presenza di cibo sano nell’area è fondamentale soprattutto in questo periodo di forte insicurezza che rende difficili gli spostamenti verso le città, i mercati e riduce al minimo le importazioni per via dei numerosi furti ai convogli con le derrate alimentari. 

“Durante le interviste ho potuto constatare come stia migliorando la qualità della vita di queste persone grazie a una dieta sana e al reddito generato dalla vendita di parte della produzione. L’autosufficienza alimentare ed economica è molto importante per queste comunità, che sono isolate a causa della crisi securitaria. In più, in molti hanno sottolineato quanto importante sia stato per loro creare dei gruppi di produttori riconosciuti formalmente. Questo ha permesso di ritrovare il legame sociale perduto e di sentirsi più uniti in questi tempi difficili”. 

Nere ci ha raccontato che è stato molto importante per lei sviluppare questo studio sul progetto. Lavorare sui dati, le statistiche e raccogliere le testimonianze dei suoi concittadini è infatti il suo modo di contribuire allo sviluppo del Paese.  

“Questo progetto è una leva per migliorare le condizioni di vita della popolazione. Ciò che sarà importante per amplificarne l’impatto è la creazione di una vera sinergia tra tutti gli attori, ponendo al centro la comunicazione” conclude Nere.

Gli effetti del ciclone freddy in Mozambico

Il ciclone Freddy si è abbattuto su Quelimane e sulle zone dove siamo presenti per realizzare i nostri progetti di cooperazione, e la situazione ora è di emergenza.

La provincia della Zambézia è stata colpita da una serie di gravi fenomeni meteorologici che hanno lasciato la popolazione in condizioni di notevole e immediata necessità. Il ciclone Freddy è arrivato nella notte tra sabato 11 e domenica 12 marzo 2023 con epicentro nella località di Macuze distretto di Namacurra, con venti a 148 km/h e raffiche fino a 213 km/h e piogge abbondanti di oltre 200 mm in 24 ore, interessando non solo la provincia di Zambézia, ma anche quelle di Sofala, Nampula e Manica, e Tete, otre al Malawi.

I primi dati indicano che i distretti più colpiti sono Quelimane, Nicoadala, Namacurra, Maganja da Costa, Mocuba, Milange, Mocubela e Pebane, dove il numero totale delle famiglie colpite è di circa 21.000 e quello dei feriti in cura nelle diverse unità sanitarie continua ad aumentare e i decessi, secondo i dati preliminari, hanno raggiunto quota 53.

La stampa ha evidenziato la registrazione di oltre 6.604 abitazioni completamente distrutte, oltre 9.873 parzialmente e circa 2.200 abitazioni allagate.

Le famiglie colpite hanno trovato rifugio principalmente nelle scuole che attualmente vengono utilizzate come centri di accoglienza per gli sfollati.

Hanno sofferto gravi danni anche 39 unità sanitarie e più di 500 aule scolastiche. Sono stati distrutti circa 200.000 ettari di colture varie, con cifre ancora imprecisate per la caduta dei pali dell’energia elettrica e delle telecomunicazioni. Coloro che cercano di riparare le proprie case sostituendo le lamiere di zinco che ne costituiscono il tetto, stanno risentendo economicamente, visto che ogni lamiera di 5 metri è passata da circa 5 € a circa 12 € l’una nel giro di un paio di giorni.

Il numero dei Distretti (a livello nazionale) con un’epidemia di colera è passato da 27 a 32 in una settimana, uno scenario forse associato al degrado del sistema igienico-sanitario nel mezzo e alla contaminazione delle fonti idriche a causa delle piogge che si sono registrate in questi giorni un po’ in tutte le province del Paese. A Quelimane, capoluogo della Zambézia, continuano ad aumentare i casi di colera registrati e la previsione è che aumentino continuamente per via delle condizioni di promiscuità e scarsa igiene in cui si incontrano gli sfollati alloggiati nelle scuole ed altri ripari di fortuna collettivi.

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Mani Tese opera a fianco della popolazione colpita con i suoi progetti di cooperazione internazionale, oggi ancora più importanti perché permetteranno alle comunità di risollevarsi dopo questa calamità.

Per chi può e vuole aiutare, abbiamo aperto una raccolta fondi.

> Modalità di donazione:

– Carta di credito sul sito di Mani Tese inserendo l’importo che desideri donare

– Bonifico bancario intestato a Associazione MANI TESE ONG Onlus presso banca Popolare Etica (IBAN: IT 57 F 05018 01600 000010203040)

– CCP, Conto Corrente Postale: n° 291278 intestato a Associazione Mani Tese ONG ONLUS , P.le Morandi 2, 20121 Milano

Inserendo come causale (bonifico/CCP):  EMERGENZA CICLONE FREDDY

Buona festa del Papà a tutti I Papà del mondo!

In occasione della festa del papà, vi raccontiamo la storia di Peter Kibe, un padre molto speciale in Kenya.

Oggi vogliamo raccontarvi la storia di un papà molto speciale in Kenya. Il suo nome è Peter Kibe ed è un agricoltore che vive a Molo.

Come ogni papà, Peter vuole il meglio per i suoi figli ma, a causa della crisi economica e della mancanza di risorse, la sopravvivenza per la sua famiglia era diventata davvero difficile.

È stato allora che Peter ha incontrato Mani Tese, che stava lavorando in collaborazione con NECOFA al progetto AgriChange per migliorare le condizioni di vita delle persone.

Nell’ambito di questo progetto, Peter ha potuto ricevere una formazione sull’agricoltura sostenibile e ha imparato nuove tecniche per la coltivazione dei funghi.

Grazie a queste attività, Peter ha migliorato il suo reddito, ha potuto garantire cibo sufficiente per la sua famiglia e ha anche iniziato a vendere i suoi prodotti al mercato locale.

La vita di Peter e della sua famiglia oggi è cambiata. La sua attività funghicola è diventata un esempio di successo e ha ispirato altri agricoltori ad apprendere le medesime tecniche e a intraprendere le proprie attività.

Quello di Peter è solo uno dei tanti esempi di come Mani Tese possa fare davvero la differenza nella vita di tante famiglie qui in Kenya.

Per il 19 marzo, fai un regalo solidale con noi e regala a un papà del Sud del mondo la possibilità di rendere felice la sua famiglia:

https://regalisolidali.manitese.it/ricorrenza.php?titolo=festa-del-pap%C3%A0

Auguriamo a tutti i papà come Peter, che lottano ogni giorno per garantire il benessere delle loro famiglie, una felice festa del papà!

Emergenza ciclone Freddy in Mozambico!

Il ciclone Freddy si è abbattuto su Quelimane e sulle zone dove siamo presenti per realizzare i nostri progetti di cooperazione, e la situazione ora è di emergenza.

Il ciclone Freddy si è abbattuto su Quelimane e sulle zone dove siamo presenti per realizzare i nostri progetti di cooperazione, e la situazione ora è di emergenza.

Ci sono case scoperchiate. Tralicci dell’elettricità e alberi sono caduti.

Comunicazione ed elettricità al momento sono interrotte e quindi anche l’accesso all’acqua.

Anche le strade per raggiungere le zone rurali sono interrotte e si segnala la presenza di persone sfollate.

Cercheremo di tenervi aggiornati.

Mani Tese opera a fianco della popolazione colpita con i suoi progetti di cooperazione internazionale, oggi ancora più importanti perché permetteranno alle comunità di risollevarsi dopo questa calamità.

Per chi può e vuole aiutare, abbiamo aperto una raccolta fondi di emergenza.

> Modalità di donazione:

– Carta di credito sul sito di Mani Tese inserendo l’importo che desideri donare

– Bonifico bancario intestato a Associazione MANI TESE ONG Onlus presso banca Popolare Etica (IBAN: IT 57 F 05018 01600 000010203040)

– CCP, Conto Corrente Postale: n° 291278 intestato a Associazione Mani Tese ONG ONLUS , P.le Morandi 2, 20121 Milano

Inserendo come causale (bonifico/CCP):  EMERGENZA CICLONE FREDDY

Il lancio ufficiale del progetto “nutrire la citta”

Si parte! Lanciato ufficialmente il progetto “Nutrire la città” a Ouagadougou, in Burkina Faso, davanti alle autorità locali. Obiettivo: riqualificare 150 ettari della cintura verde e promuovere l’agroecologia.

Il 16 febbraio si è tenuto a Ouagadougou l’evento di lancio del progetto “Nutrire la città” presso la Mairie Centrale. L’atelier è stato organizzato da ACRA in collaborazione con il Comune di Ouagadougou, partner di progetto insieme a Mani Tese, Watinoma, Ke De Burkinabè, Etifor e Gnucoop.

All’evento era presente anche Domenico Bruzzone, Direttore dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, che nel suo discorso di apertura ha ringraziato gli operatori delle Ong presenti rimarcando l’importanza del loro lavoro sul campo e del ruolo che giocano i cooperanti per la buona riuscita dei progetti.

Gli operatori delle Ong sono coloro che agiscono e riescono a rendere efficaci gli aiuti. Un’azione come quella intrapresa nel 2018 da Mani Tese non si deve fermare” ha dichiarato.

Flavio Boffi per ACRA e Eugenio Attard per Mani Tese hanno presentato il progetto enunciando gli obiettivi e i risultati attesi, sottolineando l’importanza di una buona comunicazione tra le parti.

Interagire e continuare a scambiarsi informazioni e punti di vista è fondamentale per la buona riuscita del progetto in questi tre anni” ha affermato Flavio Boffi di ACRA.

Mani Tese si impegnerà a fondo per collaborare e portare avanti gli interventi in modo partecipato e in continuità con quanto fatto in precedenza, affinché si possano ottenere dei risultati sostenibili e durevoli per la città e per le comunità interessate” ha concluso Eugenio Attard di Mani Tese.

Nutrire la città si inserisce in un piano statale più ampio che riguarda la lotta alla desertificazione e lo sviluppo di città sostenibili. Durante l’evento è emerso il profondo interesse dei cittadini per la buona riuscita dell’intervento e il desiderio di farsi coinvolgere nelle attività.

Valentin BAYIRI, rappresentante del Comune di Ouagadogou, ha dichiarato: “Il Burkina ha l’obiettivo di risistemare 150 ettari della cintura verde. Per riuscirci è fondamentale la collaborazione con attori che puntano sull’agricoltura sostenibile e l’agroecologia. In città, a causa del forte utilizzo di prodotti chimici in agricoltura in alcune zone è aumentato il tasso di persone che soffre di tumori. Dobbiamo trasformare la produzione alimentare in qualcosa di più sano e per riuscirci dobbiamo, insieme, co-costruire questo grande processo”.

Ouagadougou sta vivendo una crescita demografica senza precedenti e per garantire a tutti salute e cibo è necessario lavorare sul miglioramento delle filiere alimentari locali e sostenibili. Coinvolgere le famiglie di produttori, in particolare le donne, è il punto di partenza per costruire un futuro migliore per la città.

Le madri sono i Ministri dell’Interno delle nostre famiglie – ha affermato BAYIRI – dobbiamo partire dal loro coinvolgimento per riuscire a migliorare il benessere della popolazione oggi e per il futuro”. Il progetto “NUTRIRE LA CITTÀ – Agricoltura urbana e produzione del cibo sano e locale per lo sviluppo di un sistema agroalimentare sostenibile e inclusivo”, è cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) e promosso da Fondazione ACRA (capofila), Mani Tese insieme con Gnucoop, Etifor, ITAL WATINOMA e ASSOCIATION WATINOMA, Ke Du Burkinabé, Mairie Di Ouagadougou.

Coltivare la pace in Burkina Faso

Il progetto SEmInA ha aiutato le famiglie del Nord ad affrontare la povertà e il terrorismo attraverso l’agroecologia. Le parole delle famiglie destinatarie del progetto che sono venute a trovarci nella nostra sede di Ouagadougou.

Il 15 ottobre 2015 a Milano viene siglato il Milan Urban Food Policy Pact da più di 100 città nel mondo e, in occasione del World Food Day, viene presentato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon. Dal 2016, nell’ambito di questo patto, è stato avviato un forum regionale sulle politiche alimentari cittadine per l’Africa francofona e nel 2021 il forum si è svolto proprio a Ouagadougou, in Burkina Faso.

La capitale del Paese già negli anni ‘60 aveva cominciato a parlare di politiche alimentari e nel 1976 aveva iniziato i lavori per sviluppare una cintura che avrebbe circondato la città come un vero e proprio polmone verde. L’obiettivo era ristorare 2.100 ettari per conservare la biodiversità, fornire prodotti forestali a scopo alimentare, proteggere la città dal vento, dalla polvere e dall’erosione del suolo.

Purtroppo, però, i lavori si sono interrotti nel 1990 e, da allora, la cintura verde di Ouagadougou è rimasta un’opera pubblica realizzata a metà, con solo 1032 ettari coltivati. La sottoscrizione del Milan Urban Food Policy Pact da parte del Comune di Ouagadougou ha però segnato l’inizio di un nuovo periodo di lavori per la riabilitazione della cintura con l’obiettivo di garantire la sostenibilità alimentare a una città nel pieno di un’esplosione demografica.

Bintou e Roland sono arrivati nella sede di Mani Tese a Ouagadougou dalla regione del Nord dopo un lungo viaggio compiuto insieme ad altre quattro persone per raccontare al nostro staff la loro esperienza a conclusione del progetto SEmInA – Superare l’emergenza incentivando l’agricoltura e per parlare della situazione del loro territorio. È la prima volta che i protagonisti di un progetto di emergenza in zone di difficile accesso umanitario e con i quali siamo stati costantemente in contatto per quasi due anni, riescono a raggiungerci in capitale.

Finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, il progetto SEmInA ha supportato le comunità di Bintou e Roland nello sviluppo di orti famigliari agroecologici, che hanno aiutato a superare l’insicurezza alimentare delle comunità in un contesto di forte emergenza.

I comuni di Nodin e Yalka, da cui provengono Bintou e Roland, si trovano nella provincia di Yatenga, dipartimento di Ouahigouya. Si tratta di zone molto colpite dagli attacchi terroristici, con un elevatissimo numero di sfollati interni. Nel solo mese di dicembre 2022, infatti, secondo i dati di UNHCR, la Regione del Nord contava 21.996 persone sfollate.

In Burkina Faso[1] la vita delle famiglie che vivono in situazioni precarie ruota spesso intorno alle attività di estrazione mineraria.

“Prima del progetto SEmInA molte famiglie si dedicavano alla ricerca dell’oro nelle miniere, soprattutto dopo che lo stato d’insicurezza era aumentato, spesso utilizzando tecniche artigianali dannose per la salute e l’ambiente” racconta Roland.

“Nella provincia di Yatenga – spiega Bintou, una destinataria del progetto di cui avevamo già parlato – diverse famiglie si dedicano alla ricerca dell’oro per provare a garantire un futuro migliore ai propri figli. Altre si dedicano all’agricoltura ma usano molti fertilizzanti. Grazie alle formazioni di Mani Tese, però, oggi abbiamo capito l’importanza di utilizzare le tecniche agroecologiche e, con gli strumenti forniti, abbiamo iniziato a lavorare la terra in modo più sano”.

Il progetto SEmInA ha infatti incentivato la produzione di miglio, ortaggi e la trasformazione di alcuni prodotti, la cui vendita ha aumentato il reddito famigliare. Nel corso del progetto i gruppi di famiglie coinvolti hanno ricevuto degli utensili per il lavoro agricolo, hanno partecipato alla costruzione di pozzi per irrigare i propri terreni e oggi possono usufruire anche di due centri di trasformazione per i propri prodotti.

Mani Tese è anche intervenuta in situazioni di emergenza fornendo assistenza alimentare ed economica a 120 famiglie vulnerabili.

Poter produrre il nostro cibo in modo sano ci permette di dar da mangiare alla famiglia senza dover andare a cercare l’oro e senza dover uscire dal villaggio, rischiando di incontrare milizie armate, o senza dover aspettare il cibo importato” afferma Roland.

La condivisione degli utensili per coltivare e la creazione di gruppi di gestione delle risorse comuni ha inoltre rinsaldato il legame tra le famiglie che, per via della paura, rischiava di rompersi. “Dopo le formazioni abbiamo fatto vedere quello che abbiamo imparato ai nostri vicini, e grazie al progetto, abbiamo riacquistato un po’ più di fiducia verso gli altri” conclude Bintou “Ora coltiviamo insieme, produciamo il nostro cibo e ci sentiamo un po’ più al sicuro, nonostante tutto”.

Il problema più grande in queste comunità, come ci ha raccontato Bintou, è infatti proprio la mancanza di fiducia. Le persone non si fidano più le une delle altre. Inoltre le scuole, come ha spiegato Roland, sono chiuse in molti villaggi e i ragazzi sono in giro senza poter studiare.

In un contesto del genere coltivare insieme diventa quindi uno strumento non solo per garantire cibo ma anche per costruire la pace.


[1] Drechesel F., Engels B., Schäfer M., «Les mines nous rendent pauvres » : L’exploitation minière industrielle au Burkina Faso, GLOCON Contry Report n°2, dicembre 2018, p. 5.

Storie di donne: Graciela è finalmente libera di scegliere

Fuggita da un matrimonio forzato da ragazzina, oggi Graciela è una giovane donna indipendente. “Finché ci sarà un centro di accoglienza, ci sarà sempre una possibilità di scelta”.

Mi chiamo Graciela*, ho 21 anni e sono vittima di un tentativo di matrimonio forzato da parte di mia zia, che quando avevo diciott’anni voleva darmi in sposa a suo marito.

All’epoca, sapute le sue intenzioni, scappai di casa e mi rifugiai presso una donna che mi aveva sempre trattata come una figlia. Questa signora però iniziò a sfruttarmi facendomi lavorare duramente e costringendomi ad abbandonare gli studi.

Fu allora che venni accolta presso il centro di accoglienza per le donne vittime di violenza.

Al centro ho trovato la pace e il sostegno per superare la paura, la tristezza e la delusione della mia famiglia. Ho anche stretto amicizia con altre ragazze. Ho avuto l’opportunità di studiare per due anni scolastici frequentando anche un corso di sartoria, di imprenditorialità e di gestione alberghiera e domestica.

Da tre anni lavoro in una clinica di Ostetricia e Ginecologia, dove svolgo le pulizie. Grazie a questo lavoro, posso pagarmi gli studi. Ho infatti l’ambizione di imparare e di esplorare nuove opportunità per me perché voglio diventare una donna indipendente, onesta e istruita…Una grande donna.

Alle ragazze che si trovano nella mia situazione vorrei offrire conforto attraverso la mia esperienza. Io ho provato una disperazione, una paura e un dolore tali da non credere quasi più in me stessa. Mi sono sentita sola al mondo perché non potevo contare sulla mia famiglia, che mi considerava una traditrice.

Grazie al centro di accoglienza, però, pian piano sono riuscita a stare meglio.

Oggi vivo con un altro parente, il mio zio materno, e sono trattata con dignità e rispetto.

Non dobbiamo mai permettere agli altri di compiere delle scelte al nostro posto approfittandosi della nostra ingenuità o della nostra insicurezza perché, finché ci sarà un centro di accoglienza, ci sarà sempre una possibilità di scelta.

Aiutaci a salvare la vita di una donna in Guinea-Bissau garantendole un futuro libero dalla violenza. Sostieni un centro di accoglienza.

 

> La situazione delle donne in Guinea-Bissau

> Approfondisci il nostro progetto in corso “NO TENE DIRITU A UM VIDA SEM VIOLÊNCIA” – Rafforzamento dei meccanismi di protezione delle vittime di gbv e promozione dei diritti delle donne in Guinea-Bissau” finanziato dall’Unione Europea e promosso da Mani Tese in partenariato con FEC – Fé e Cooperação, ENGIM – Fondazione Ente Nazionale Giuseppini Murialdo, AMIC – Associação dos Amigos da Criança.

*Nome di fantasia per tutelare la privacy della ragazza.

Storie di donne: Pola, sfuggita a un matrimonio forzato

Mi chiamo Pola*, ho 23 anni e sono scappata da un matrimonio forzato. Mia zia, che mi ha cresciuta da quando avevo due anni, tre anni fa voleva darmi in sposa a suo marito. Mi diceva che ormai ero vecchia e che dovevo prendere il suo posto. Per questo mi aveva cresciuta dopo la morte […]

Mi chiamo Pola*, ho 23 anni e sono scappata da un matrimonio forzato.

Mia zia, che mi ha cresciuta da quando avevo due anni, tre anni fa voleva darmi in sposa a suo marito. Mi diceva che ormai ero vecchia e che dovevo prendere il suo posto. Per questo mi aveva cresciuta dopo la morte dei miei genitori.

Io mi sono rifiutata di sposarmi perché mio zio, per me, era come un padre.

Dopo il mio rifiuto, fortunatamente sono stata accolta al centro di accoglienza di AMIC, che mi ha ospitata per quattro mesi.

Al centro ho trovato sostegno e mi sono sentita finalmente rispettata. Le operatrici mi hanno insegnato che tutte le persone hanno il diritto di scegliere la propria vita e che non sono obbligata a sposarmi se non voglio.

Al centro ho anche ricominciato a studiare: ho frequentato un corso di gestione alberghiera e domestica, un corso di imprenditorialità e un corso di sartoria.

Nonostante le minacce di mia zia, alla fine sono riuscita a non sposare mio zio.

Ora che ho lasciato il centro, il mio obiettivo è quello di continuare a studiare perché voglio diventare una donna istruita e indipendente.

Oggi mi sono separata dal mio compagno, con cui ho una figlia di due anni e che lui non mi aiuta a mantenere e, grazie ai corsi che ho seguito mentre ero al centro, sto cercando un lavoro con cui essere indipendente.

Se un giorno vorrò sposarmi, sarò io a scegliere quando e con chi.

Alle altre ragazze nella mia situazione vorrei dire che ogni persona ha il diritto di fare le proprie scelte di vita e di non avere paura di denunciare la propria famiglia o chiunque intenda violare i loro diritti, perché ci sono organizzazioni e persone disposte ad aiutarle e a sostenerle.

Con il tempo il dolore passa e ci si rialza da terra più forti e più mature.

Aiutaci a salvare la vita di una donna in Guinea-Bissau garantendole un futuro libero dalla violenza. Sostieni un centro di accoglienza.

> La situazione delle donne in Guinea-Bissau

> Approfondisci il nostro progetto in corso “NO TENE DIRITU A UM VIDA SEM VIOLÊNCIA” – Rafforzamento dei meccanismi di protezione delle vittime di gbv e promozione dei diritti delle donne in Guinea-Bissau” finanziato dall’Unione Europea e promosso da Mani Tese in partenariato con FEC – Fé e Cooperação, ENGIM – Fondazione Ente Nazionale Giuseppini Murialdo, AMIC – Associação dos Amigos da Criança.

 

*Nome di fantasia per tutelare la privacy della ragazza.