Inaugurata a Milano “The fashion experience”!

Aperta l’installazione interattiva a ingresso libero che spiega l’impatto ambientale e sociale della fast fashion e promuove una moda #madeinjustice

Si è tenuta oggi a Milano l’inaugurazione di “THE FASHION EXPERIENCE – la verità su quello che indossi”, l’installazione interattiva di Mani Tese visitabile gratuitamente in Piazza XXIV Maggio fino al 30 giugno. Il taglio del nastro, alla presenza di Cristina Tajani, Ass. alle politiche del lavoro, commercio, moda e design del Comune di Milano, partner del progetto, ha dato il via a un’esperienza che si propone di sensibilizzare sul vero costo della fast fashion, la moda “usa e getta” che ha avuto una grande diffusione negli ultimi anni.

Tre grandi dome, strutture geodetiche a pianta circolare, campeggeranno da oggi nella piazza milanese pronte ad accogliere migliaia di visitatori alla scoperta di ciò che si nasconde dietro agli indumenti che vengono indossati tutti i giorni.

“Il tema della sostenibilità e dell’economia circolare è sempre più centrale nel settore della moda, sia per una maggiore attenzione dei produttori che per una accresciuta consapevolezza da parte dei consumatori – ha dichiarato l’Ass. Cristina TajaniMilano, capitale della moda, conferma la sua vocazione di città dell’innovazione sostenibile promuovendo un’imprenditorialità rispettosa dell’ambiente e dei diritti attraverso una serie di iniziative virtuose come THE FASHION EXPERIENCE. Si tratta di un’installazione aperta a tutti e a tutte, innovativa sia nei contenuti che nelle modalità di fruizione, che si inserisce in un progetto di promozione di modelli di business sostenibile di cui il Comune è partner, e che abbiamo ospitato con grande entusiasmo”.

“Mani Tese si è sempre caratterizzata, in oltre 55 anni di attività, per aver saputo coniugare il suo impegno di cooperazione nel Sud del mondo con la sua attività di sensibilizzazione e di educazione per cambiare le cosiddette “regole del gioco” a livello globale – ha dichiarato Barbara Cerizza, Direttrice di Mani TeseMani Tese ha sempre compreso come le cause delle ingiustizie subite nelle cosiddette periferie del mondo andassero ricercate in un sistema economico e sociale globale iniquo, al quale tutti noi contribuiamo e che tutti noi possiamo cambiare. È attraverso questo spirito di cambiamento possibile che si inserisce l’installazione che oggi apriamo al pubblico”.

Il percorso interattivo

Il percorso “ad alto impatto emotivo”, in cui i volontari e le volontarie di Mani Tese guidano i visitatori di THE FASHION EXPERIENCE, si snoda in tre differenti ambienti.

Il primo dome è dedicato all’impatto ambientale della filiera tessile. In questa prima tappa le persone possono sperimentare gli effetti ambientali delle proprie scelte di consumo. THE FASHION EXPERIENCE ci rivela che per produrre un singolo paio di jeans è necessario impiegare 3.800 litri d’acqua, 12 m2 di terreno e 18,3 Kw/h di energia elettrica, a fronte di un’emissione di 33,4 kg di CO2 equivalente durante l’intero ciclo di vita del prodotto. Un impatto che assume dimensioni impressionanti se si considera che ogni anno in tutto il mondo vengono prodotti 3 miliardi e mezzo di jeans.

Il secondo dome si concentra sulle problematiche sociali legate alla filiera del tessile affrontando il tema dello sfruttamento del lavoro minorile attraverso dei video in realtà aumentata che illustrano la vita di una bambina come dovrebbe essere e come invece è in molte realtà del cosiddetto Sud del mondo. Nell’industria dell’abbigliamento i casi di sfruttamento minorile riguardano tutta la filiera, ricorda Mani Tese, e i bambini possono lavorare fino a 12 ore al giorno.

Nel terzo dome i visitatori hanno una triplice possibilità d’interazione. Possono mettere a confronto una filiera etica con una filiera non sostenibile attraverso la voce di due capi d’abbigliamento (un cappellino e un paio di sneakers) che raccontano il loro viaggio dai campi di cotone fino agli scaffali dei negozi. Possono accedere al data base Good News – Si può fare” in cui sono raccolte le migliori storie di innovazione etica di alcune imprese. Possono, infine, interagire con i propri brand preferiti, facendosi promotori di un’evoluzione positiva del mercato attraverso l’invio di una mail di proposta di cambiamento in direzione sostenibile.

“Per cambiare l’attuale modo di fare impresa serve il coinvolgimento di tutti. Ognuno deve fare la sua parte – ha dichiarato Giosuè De Salvo, Responsabile Advocacy, Educazione e Campagne di Mani Tesell nostro compito come società civile è quello, da una parte, di alimentare la coscienza critica dei cittadini, giovani in primis, rendendoli protagonisti attivi nella costruzione di un mondo più equo e sostenibile. Dall’altra, è quello di monitorare gli impatti delle attività di impresa sulle comunità più svantaggiate e promuovere una cultura imprenditoriale che metta finalmente al centro i diritti umani e l’ambiente.

“I segnali sono incoraggianti soprattutto nel settore tessile, che è stato infatti scelto per la nostra installazione, ma il tempo scarseggia – ha proseguito De SalvoIl 2030 è l’anno fissato dalle Nazioni Unite per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, tra cui dimezzare la povertà, eliminare la fame ed evitare la catastrofe climatica. Per rendere sistemiche tutte le buone pratiche di produzione e consumo servono quindi istituzioni politiche forti e credibili che guidino la transizione e perseguano il bene comune”.

Al termine dell’installazione ai visitatori viene distribuito un breve decalogo per diventare dei consumatori consapevoli e responsabili di slow fashion. Per chi vuole infine manifestare il proprio desiderio di cambiamento anche “mettendoci la faccia”, THE FASHION EXPERIENCE mette inoltre a disposizione, all’esterno del percorso, un pannello con la scritta “Voglio una moda “#madeinjustice” con il quale potersi fare fotografare.

A proposito di THE FASHION EXPERIENCE

THE FASHION EXPERIENCE è un’iniziativa co-organizzata con il Comune di Milano e rientra nell’ambito del progetto “New Business 4 Good. Educare, informare e collaborare per un nuovo modo di fare impresa” promosso da Mani Tese in collaborazione con altri partner e cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. Per informazioni: www.manitese.it/fashionexperience.

Foto di Carlo Prevosti

Il vero costo della Fast Fashion in mostra a Milano

Dal 21 al 30 giugno arriva in Piazza XXIV Maggio l’installazione interattiva “THE FASHION EXPERIENCE – La verità su quello che indossi”.

Arriva a Milano “THE FASHION EXPERIENCE – La verità su quello che indossi”, l’installazione multimediale a ingresso libero promossa da Mani Tese, che racconterà ai visitatori, attraverso un percorso ad alto impatto emotivo, le conseguenze sociali e ambientali legate alla filiera produttiva dell’abbigliamento.

L’installazione, aperta a tutti, sarà visitabile dalle ore 10.00 alle 22.00 a Milano, in Piazza XXIV Maggio, dal 21 al 30 giugno 2019.

I volontari e le volontarie di Mani Tese accompagneranno il pubblico all’interno di una struttura che si snoderà in tre differenti ambienti alla scoperta del mondo nascosto che spesso si cela dietro a un nostro paio di jeans o a una nostra maglietta.

L’inaugurazione è prevista il 21 giugno alle ore 11.00 alla presenza di Cristina Tajani, Ass. Politiche del lavoro, Attività produttive, Commercio e Risorse umane del Comune di Milano, partner dell’evento.

Le conseguenze della Fast Fashion

L’industria dell’abbigliamento ha avuto una crescita vertiginosa a livello mondiale negli ultimi 15 anni. La produzione di capi di abbigliamento è quasi raddoppiata, mentre la durata media del ciclo di vita dei prodotti ha conosciuto un declino inversamente proporzionale. Si stima infatti che l’utilizzo medio di vestiti e accessori sia diminuito del 36% nel periodo 2000 – 2015, con i capi più economici che vengono indossati solo 7 o 8 volte prima di essere scartati. Fra le cause di tutto ciò, vi è sicuramente l’esplosione del fenomeno della fast fashion, caratterizzato da un’offerta ogni anno sempre più frequente di nuove collezioni di vestiti e accessori a prezzi ridotti.

All’aumentare del volume di produzione e di consumo sono aumentati anche gli enormi impatti di cui questa filiera è responsabile – dichiara Giosuè De Salvo, Responsabile Advocacy, Campagne ed Educazione di Mani Tesetanto dal punto di vista ambientale che da quello sociale. L’installazione “THE FASHION EXPERIENCE” punta a diffondere la consapevolezza e sensibilizzare rispetto al rovescio della medaglia del modello della fast fashion”.

L’impatto ambientale e sociale

Durante l’installazione sarà possibile sperimentare la pressione che l’industria del tessile esercita sull’ambiente. THE FASHION EXPERIENCE rivela che, in media, per produrre un singolo paio di jeans – capo scelto per la sua ampia diffusione nella popolazione di ogni età e provenienza –  è necessario impiegare 3.800 litri d’acqua, 12 m2 di terreno e 18,3 kWh di energia elettrica, a fronte di un’emissione di 33,4 kg di CO2 equivalente durante l’intero ciclo di vita del prodotto. Tali impatti assumono una dimensione impressionante se rapportati su scala globale: ogni anno, infatti, in tutto il mondo vengono prodotti 3 miliardi e mezzo di jeans, vale a dire 6.650 al minuto, 3.325 ogni 30 secondi, per soddisfare una domanda d’acquisto di 2 miliardi di capi all’anno.

Sul versante degli impatti sociali, si stima che la filiera rappresenti la seconda industria maggiormente esposta al rischio di forme di schiavitù moderna, in particolare di donne e minori. Si stima che in tutto il mondo siano 152 milioni i bambini costretti a lavorare, 73 milioni di questi alle prese con lavori pericolosi. Nell’industria dell’abbigliamento i casi di sfruttamento riguardano tutta la filiera, dalla raccolta nei campi di cotone fino al confezionamento nei laboratori artigianali e nelle grandi fabbriche. I bambini possono lavorare fino a 12 ore al giorno, nella speranza di guadagnare, una volta che saranno adulti, uno stipendio medio che non supera i 200 dollari al mese.

La consapevolezza dei consumatori

“Nell’ultimo decennio la consapevolezza di questa insostenibilità ha portato allo sviluppo di alcune innovazioni sui processi produttivi – continua De Salvoin un’ottica prevalentemente di circolarità, di risparmio delle risorse e di estensione del ciclo di vita del prodotto. Occorre però incidere in maniera più rapida e significativa sulle basi stesse del modello di business, in particolare su consumo e produzione eccessivi attraverso un cambiamento sistemico.” 

L’installazione THE FASHION EXPERIENCE intende contribuire ad apportare questo cambiamento attivando in primis i consumatori sensibilizzando sui rischi del business as usual e promuovendo modelli positivi d’impresa. Anche gli operatori del settore abbigliamento, calzature ed accessori avranno l’opportunità di scoprire le esperienze più innovative e sentirsi motivati ad agire loro stessi il cambiamento necessario a coniugare la reddittività con il rispetto dei diritti umani e dell’ambiente.

THE FASHION EXPERIENCE è un’iniziativa co-organizzata con il Comune di Milano e rientra nell’ambito del progetto “New Business 4 Good. Educare, informare e collaborare per un nuovo modo di fare impresa” promosso da Mani Tese in collaborazione con altri partner e cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

Per informazioni: www.manitese.it/fashionexperience.

Il vero costo di una t-shirt

Oltre 2.000 lbottiglie di plastica per mostrare il vero costo umano e ambientale di una singola T-Shirt di cotone realizzate dalle classi del liceo Cairoli.

Sono oltre 2.000 le bottiglie di plastica che scandiscono, passo dopo passo, l’installazione fatta dalle classi 1D e 3B del Liceo Cairoli di Vigevano. Insieme a Mani Tese, sono state raccolte per mostrare il vero costo umano e ambientale di una singola T-Shirt di cotone.

Siamo una grande squadra.” dice il prof. Di Bernardo. Si tratta infatti di una squadra che mira a coinvolgere le classi e i cittadini in un percorso di consapevolezza dei propri consumi e per creare alternative possibili.

L’installazione rientra nell’ambito dell’evento conclusivo dei laboratori del progetto “New business for good” promosso da Mani Tese insieme ad altri partner e realizzato con il contributo dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

L’installazione realizzata presso il Castello Di Vigevano (Sala Dell’affresco) sarà visitabile dal pubblico durante la giornata di domani.

2. TEADORA, AGRICOLTRICE RESILIENTE

Per la seconda puntata del videoblog, Teadora ci presenta la sua famiglia e ci porta nei suoi campi

Siamo a Eduba, una comunità agricola nel distretto di Quelimane, per la seconda puntata del nostro videoblog sul progetto “Quelimane agricola”, cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. Qui, come nelle altre comunità del distretto, le condizioni di vita sono estremamente dure.

Ce ne ha parlato Teadora José che, come tante altre donne di Eduba, lavora con forza e dedizione per mantenere la sua numerosa famiglia. Teadora coltiva e vende prodotti agricoli, ma da ormai quattro anni le condizioni metereologiche avverse (con piogge concentrate in poche settimane e siccità prolungate da maggio a novembre) rendono il suo lavoro più difficoltoso. Teadora fatica a ottenere un raccolto sufficiente sia a sostenere la famiglia, sia ad avere un surplus da vendere per far fronte alle spese, come quelle per l’istruzione dei bambini.

 

Nel corso del progetto vedremo se le condizioni di vita di Teadora, così come quelle di altre donne e famiglie produttrici, miglioreranno con l’agroecologia e il lavoro comunitario.

Nel frattempo, buon lavoro Teadora…

CONTINUA A SEGUIRE IL VIDEOBLOG “LE STORIE DI QUELIMANE AGRICOLA”

The Fashion Experience: la verità su quello che indossi

Dal 21 al 30 giugno a Milano, un’esperienza interattiva unica, alla scoperta di ciò che si nasconde dietro gli indumenti che indossiamo tutti i giorni.

Mani Tese, Ong che da oltre 50 anni si batte per la giustizia nel mondo, offrirà al grande pubblico, dal 21 al 30 giugno a Milano, un’esperienza interattiva unica nel suo genere, alla scoperta di ciò che si nasconde dietro gli indumenti che indossiamo tutti i giorni.

“L’obiettivo di THE FASHION EXPERIENCE è quello di diffondere la consapevolezza sui rischi sociali e ambientali della cosiddetta Fast Fashion – dichiara Giosuè De Salvo, Responsabile Advocacy, Educazione e Campagne di Mani Tese – promuovendo modelli o processi d’impresa che siano in grado di assicurare, da una parte, il rispetto dei diritti delle persone che lavorano lungo la filiera globale dell’abbigliamento e, dall’altra, di proteggere risorse naturali fondamentali quali fiumi, mari e terre fertili”.

“Come Mani Tese – continua De Salvo – siamo da tempo impegnati nel superamento del business as usual attraverso il programma Made in Justice che mira a mettere i diritti umani e l’ambiente al centro della governance delle imprese e delle scelte dei consumatori”.

THE FASHION EXPERIENCE è un’iniziativa co-organizzata con il Comune di Milano e rientra nell’ambito del progetto “New Business 4 Good. Educare, informare e collaborare per un nuovo modo di fare impresa” promosso da Mani Tese in collaborazione con altri partner e cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

L’INSTALLAZIONE

THE FASHION EXPERIENCE – La verità su quello che indossi sarà un’installazione multimediale a ingresso libero collocata a Milano, in Piazza XXIV Maggio, dal 21 al 30 giugno 2019 (dalle ore 10 alle 22). L’installazione sarà aperta a tutti e racconterà ai visitatori, attraverso un percorso ad alto impatto emotivo, le conseguenze sociali e ambientali legate alla filiera produttiva dell’abbigliamento.

I volontari e le volontarie di Mani Tese accompagneranno il pubblico all’interno di una struttura che si snoderà in tre differenti ambienti alla scoperta del mondo nascosto che spesso si cela dietro a un nostro paio di jeans o a una nostra maglietta.

LA CAMPAGNA

Tre i soggetti della campagna di lancio di THE FASHION EXPERIENCE, che gioca sul contrasto fra il claim (un hashtag legato al mondo della moda) e un’immagine tutt’altro che fashion, che rimanda a una situazione di sfruttamento lavorativo nell’ambito della produzione tessile.

Previsto a breve il rilascio dello spot video.

La campagna e la realizzazione dell’installazione sono affidati all’agenzia Starchestnut di Milano.

La pianificazione prevede affissioni esterne tramite manifesti sul circuito cittadino di Milano e una campagna advertising sui social network.

LA RICERCA DI VOLONTARI

Mani Tese offre a chi vuole vivere un’esperienza di volontariato diversa e formativa, la possibilità di far parte del team di volontari e volontarie che accompagneranno il pubblico durante l’installazione.

Per partecipare attivamente come volontaria/o nell’accogliere e guidare i visitatori è sufficiente lasciare le proprie disponibilità di orari iscrivendosi sul sito di Mani Tese alla pagina https://manitese.it/partecipa-fashion-experience

SCARICA E DIFFONDI LA CAMPAGNA

PROGETTO FORESTE: POLLAI, STALLE E NUOVE ENERGIE DOPO IL CICLONE IDAI

Nonostante il passaggio del ciclone Idai procedono la costruzione dei pollai e le altre attività zootecniche del progetto Foreste in Mozambico.

Negli ultimi mesi il progetto FORESTE in Mozambico, cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, ha purtroppo sofferto a causa degli eventi metereologici avversi: prima le precipitazioni monsoniche, frequenti nei mesi di febbraio, marzo e aprile e in seguito il ciclone Idai, che si è abbattuto anche nel distretto di Mocubela danneggiando le già carenti infrastrutture, fra cui le strade. Di conseguenza le nostre attività, tutte legate all’agricoltura e alla realizzazione di costruzioni rurali, hanno sofferto di ritardi che ci hanno portarti ad abbandonare la pianificazione stabilita a inizio febbraio.

Ma, già a partire dall’ultima settimana di marzo, Mani Tese si è impegnata a riguadagnare il tempo perduto con nuove forze fra cui Daniel, uno stagista entrato da poco nella nostra squadra a Mocubela. Daniel è stato opportunamente formato e, per i prossimi tre mesi, supporterà Celestino Cebola, il nostro tecnico agro-zootecnico in loco. Potrà così carpirne segreti e conoscenze e diventare a sua volta un buon tecnico di campo!

Al momento siamo impegnati nell’attività zootecnica: lavoriamo per costruire un pollaio e una stalla comunitaria per caprini in ognuna delle dieci comunità di intervento. Questa attività è suddivisa in tre fasi. La prima fase consiste nella costruzione delle strutture. Stalle e pollai sono realizzati all’80% con materiale locale facilmente reperibile, per facilitare la manutenzione.

Contemporaneamente alla prima, stiamo svolgendo anche la seconda fase dell’attività, con il supporto del tecnico del Servizio Distrettuale delle Attività Economiche (SDAE) e il presidente dell’Unione Distrettuale degli Agricoltori (UDC). Questa fase riguarda la sensibilizzazione delle comunità sull’importanza delle cure veterinarie per gli animali allevati e la formazione dei beneficiari sulle responsabilità da assumere per far progredire l’attività zootecnica.

vaccinazione capre cure veterinarie mozambico mani tese 2019
Cure veterinarie

 

Tutte queste attività sono state spiegate alle comunità attraverso dieci incontri con i beneficiari per renderli consapevoli dei loro doveri e diritti e scrivere insieme uno statuto comunitario partecipativo. Questo statuto regolerà l’uso delle strutture zootecniche e le responsabilità dei beneficiari. Sarà comunitario, in quanto si riferirà all’intera comunità, e partecipativo, perché saranno gli stessi membri della comunità a decidere quali clausole includere.

incontro comunitario statuto mozambico mani tese 2019
Incontro comunitario a Maneia per redigere lo statuto

 

Infine, a metà maggio è iniziata la terza fase, che ha visto il team di Mani Tese impegnato a distribuire gli animali in tutte e dieci le comunità e a consegnare a ogni gruppo di beneficiari 10 capre e 50 fra galline e papere. Da questo momento in avanti il successo delle attività zootecniche ènelle mani dei beneficiari. Anche se saranno accompagnati dall’assistenza tecnica di Mani Tese e dalle cure veterinarie fornite dallo SDAE, saranno loro i fautori del proprio futuro.

La filiera del cacao in Ecuador: il dossier di Mani Tese

Il dossier di Mani Tese sull’esperienza ecuadoriana di un modello produttivo e commerciale basato sulla gestione associativa del cacao.

Il mercato del cioccolato è in costante ascesa in tutto il mondo. Da diverso tempo, l’aumento della domanda si attesta attorno al 3% annuo. Eppure i piccoli coltivatori, che producono oltre il 90% del cacao in commercio e rappresentano dunque la spina dorsale della filiera, risentono di una crisi senza precedenti: il prezzo di acquisto della materia prima, le fave di cacao, decresce in modo costante da trent’anni.

In particolare, tra dicembre 2016 e febbraio 2017, il prezzo del cacao battuto nelle principali borse merci internazionali crollò mediamente da 3.000 a 1.900 dollari per tonnellata. In virtù di ciò, le più influenti multinazionali del cioccolato si aggiudicarono per tutto il 2017 forniture di cacao a un prezzo inferiore del 30% rispetto all’anno precedente, risparmiando oltre 4 miliardi di dollari. Di tale risparmio, però, non beneficiarono né i consumatori finali, né i circa 5,5 milioni di piccoli produttori che videro i loro già risibili introiti ridursi ulteriormente.

prezzo cacao mani tese 2019

Questo episodio è solo l’ultimo caso di ingiustizia in un mercato caratterizzato da gravi squilibri tra i piccoli produttori e i grandi attori del commercio, dell’industria e della finanza, dominato dalla speculazione finanziaria, che definisce i prezzi secondo criteri poco ragionevoli e trasparenti.

distribuzione valore aggiunto cacao Mani Tese 2019

Secondo le stime ufficiali dell’UNCTAD (la Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo), i produttori sono arrivati a percepire redditi nettamente inferiori alla soglia di povertà, oggi fissata a 1.90 dollari al giorno per persona.

Come si può giustificare un settore il cui mercato è sempre più fiorente ma che, allo stesso tempo, non riesce a redistribuire i guadagni in modo da assicurare la sopravvivenza della sua base produttiva, costituita da milioni di persone?

IL CASO DELL’ECUADOR

In questo senso, il caso dell’Ecuador è particolarmente emblematico. I piccoli produttori ecuadoriani continuano a fare i conti con innumerevoli difficoltà: la volatilità dei prezzi a livello globale, un mercato nazionale in cui i buyer fanno “cartello” e impongono i propri prezzi, la scarsità di risorse, conoscenze e mezzi adeguati alle attività dei produttori, l’interruzione drastica del ricambio generazionale all’interno delle piantagioni. Il risultato è che i produttori ecuadoriani, che coltivano il miglior cacao al mondo, percepiscono ricavi miseri, nettamente al di sotto di un reddito dignitoso.

Le entità contadine sono destrutturate e precarie: non forniscono assistenza idonea ai soci produttori né sono in grado di reggere la concorrenza con i trader nazionali e internazionali. Le comunità in cui vivono i contadini, di conseguenza, patiscono drammatiche carenze alimentari, abitative, infrastrutturali. La scolarizzazione media è scarsa, i villaggi sono spesso compromessi dal punto di vista ambientale e della coesione sociale.

UN MODELLO ALTERNATIVO

Un modello alternativo, tuttavia, è possibile. Mani Tese, nell’ambito del progetto Cacao Corretto: Rafforzamento delle filiere del cacao e del caffè per la sovranità alimentare dell’Ecuador, realizzato da Mani Tese e COSPE, in collaborazione con FIAN Ecuador e CEDERENA, e cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo ha realizzato un dossier sull’esperienza ecuadoriana di un modello produttivo e commerciale basato sulla gestione associativa del cacao prodotto attraverso l’empowerment di quattro associazioni di produttori locali che raggruppano oltre duemila famiglie.

Nel report si è cercato di dimostrare come la promozione di un modello produttivo e commerciale farmer-based consenta di spostare gli equilibri di potere all’interno della supply chain producendo un considerevole aumento della capacità negoziale degli agricoltori e, di conseguenza, una significativa riduzione della loro dipendenza e subalternità rispetto agli intermediari. Si tratta di una valida alternativa al modello attuale di mercato, grazie alla quale i contadini sono finalmente in grado di trattenere un margine di guadagno più alto da usare all’interno delle proprie comunità.

Il rafforzamento delle associazioni contadine procura vantaggi che vanno ben al di là della sfera meramente produttiva e commerciale. L’empowerment delle organizzazioni di base assicura benefici a più livelli: sociale, ambientale, politico. Il vantaggio più importante scaturente da questo tipo di filiera, in particolare, consiste nella possibilità di reinvestire i maggiori guadagni in piani di sviluppo comunitario. La matrice farmer-based, quindi, risulta essere la strategia più efficacie nel lungo periodo sia al fine di risollevare le sorti di un settore in condizioni critiche, sia per affermare la crescita di uomini e donne sul piano sociale ed economico.

L’approccio mira allo sviluppo di valori e diritti. Equità, parità di genere, giustizia ambientale, emancipazione, riduzione della povertà e sovranità alimentare rappresentano il valore aggiunto che solo questo modello riesce a garantire in modo strutturale.

LEGGI IL DOSSIER

modello farmer based cacao Ecuador Mani Tese 2019

 

Con le mani nella terra

Dalla Puglia all’Africa passando per il Sud America: l’attività in prima linea contro i cambiamenti climatici per uno sviluppo sostenibile nel sud del mondo.

DALLA PUGLIA ALL’AFRICA PASSANDO PER IL SUD AMERICA: L’ATTIVITÀ’  “IN PRIMA LINEA” CONTRO I CAMBIAMENTI CLIMATICI PER UNO SVILUPPO SOSTENIBILE NEL SUD DEL MONDO.

 

In trent’anni compiuti da poco, Matteo Anaclerio, agronomo, dal paese di Valenzano, in provincia di Bari, di strada (in senso letterale) negli ultimi anni ne ha fatta parecchia.

In questi giorni ci sentiamo spesso per via della situazione di emergenza in Mozambico, dove Matteo lavora come cooperante per Mani Tese. Nel Paese il ciclone Idai e le incessanti piogge hanno messo in ginocchio l’attività agricola e lo staff di Mani Tese sta lavorando per scongiurare la crisi alimentare. “Vedere molti dei nostri beneficiari perdere la propria abitazione o i propri pochi beni è stata una delle esperienze più dure della mia vita” racconta Matteo. Eppure quando parla del suo lavoro, non ha perso il suo entusiasmo: “Lavorare nel campo dello sviluppo agricolo nei Paesi del Sud del mondo, insieme ai tecnici locali, è un’esperienza unica e fantastica”, dice. Ed è proprio dal suo lavoro che inizia la nostra intervista.

Matteo, quando hai deciso di diventare un cooperante?

“Non ho mai voluto fare il cooperante in quanto tale, diciamo che ho sempre avuto una forte passione per la natura e l’ambiente e sono sempre stato curioso di vivere esperienze diverse per arricchirmi. Molte delle scelte che ho compiuto sono frutto della mia esperienza con gli scout, dai quali ho imparato che il nostro impegno quotidiano è quello di ‘lasciare il mondo migliore di come l’abbiamo trovato’.

Ricordo un’escursione in Molise, in cui un anziano mi disse che il giorno in cui l’uomo avrebbe abbandonato la terra e la montagna per trasferirsi in città, avremmo perso la bellezza della natura e non avremmo dato più peso a quello che mangiamo. Mi misi in testa che avrei accettato la sua sfida, molto simile a quella di mio nonno, che mi ha insegnato l’importanza della terra e la necessità di ridarle il suo valore, più volte calpestato”.

Come è iniziato il tuo lavoro a contatto con la terra?

“Dopo il liceo, mi sono iscritto ad agraria. Mentre ero ancora studente ho iniziato a lavorare nell’ambito dell’agricoltura sociale producendo, prima, erbe aromatiche con pazienti psichiatrici e gestendo poi un terreno confiscato. Attirato dalla sacralità della Terra del Sud America, ho preso il volo per svolgere il servizio civile in Bolivia, dove mi sono occupato di coltivazione agro ecologica. Quest’esperienza mi ha fatto capire che il mio ruolo di tecnico poteva essere importante anche all’interno di progetti di sviluppo rurale nel Sud del Mondo. Con Mani Tese ho avuto la fortuna di diventare un agronomo cooperante in Guinea Bissau, in Burkina Faso e ora in Mozambico”.

Nella tua esperienza, avrai di certo avuto modo di vivere sulla tua pelle gli effetti dei cambiamenti climatici…

“I cambiamenti climatici sono evidenti in tutto il mondo. In Puglia, la mia terra, alcuni ciliegi iniziano ad avere due fioriture, di cui una precoce e rischiosa a novembre. I mandorli anche a gennaio. Le gelate sono sempre più frequenti e dannose, compromettendo intere campagne agricole.

In Mozambico e nei climi tropicali, ma anche in quelli sub-tropicali e desertici in cui ho avuto modo di lavorare, i fenomeni piovosi sono sempre più intensi. Magari la quantità di pioggia annua non muta, ma la sua intensità fa sì che in pochi giorni cada quello che dovrebbe cadere in un anno. Succede così che la quantità di acqua eccessiva non venga assorbita dal terreno e non diventi disponibile per la crescita delle piante. Anzi, in molti casi crei ristagni idrici e morte delle piante stesse.

Per non parlare dei disastri legati all’innalzamento dei livelli dei fiumi, esondazioni, alluvioni, erosione dei suoli…Questa alterata frequenza di piogge è inoltre dannosa per i cicli delle piante. Ti faccio un esempio: saremmo capaci di bere i famosi 2 litri di acqua necessari in un giorno in 10 minuti e non berne per le restanti 23 ore e 50 minuti?

Questa estremizzazione dei climi fa sì che le piogge si concentrino in poco tempo aumentando la siccità nel resto dell’anno. A Maquival (località nel di stretto di Quelimane, in Mozambico), da quattro anni non riescono a produrre riso. Ci sono riusciti quest’anno paradossalmente grazie all’alluvione legata al Ciclone Idai (anche se con scarsa produzione perché le piogge sono iniziate tardi) ma il mais è marcito del tutto.

Del resto basta parlare con un anziano, in qualsiasi parte del mondo, e ti dirà che i tempi di semina sono cambiati e che la produzione agricola è sempre più rischiosa. Nei paesi del Sud del Mondo, dove l’agricoltura di sussistenza e familiare garantisce cibo per buona parte della popolazione, possiamo solo immaginare i danni per la sicurezza alimentare di migliaia di famiglie”.

 

Quelimane Agricola mani tese 2019 (1)

 

Quali sono le azioni che con Mani Tese stai intraprendendo per contrastare i cambiamenti climatici?

“La nostra organizzazione in tutti i Paesi in cui opera cerca sempre di attuare politiche di sostenibilità ambientale, a cominciare da quelle di sviluppo agricolo. I nostri progetti prevedono produzioni agricole sostenibili con l’uso di tecniche agro-ecologiche. Inoltre lavoriamo con le comunità locali per rafforzare alcune tecniche tradizionali integrate con le nostre tecnologie. Qui in Mozambico, per esempio, promuoviamo tecniche di agricoltura sintropica, che prevede un’altissima concentrazione di piante forestali, da frutto, leguminose, cereali e ortaggi in un ettaro. Un modello che garantisce non solo di ottimizzare lo spazio ma anche di aumentare la fertilità dei suoli e la biodiversità per diminuire i trattamenti per la difesa delle colture e aumentare la quantità di prodotti per ettaro, producendo anche una diversificazione della dieta nelle famiglie”.

Che cosa bisognerebbe fare, secondo te, per contrastare i cambiamenti climatici?

“Contrastare i cambiamenti climatici significa prenderne conoscenza e fare coscienza ciascuno facendo la propria parte. Occorre cambiare stile di vita. Ora. Totalmente. Come piccolo produttore e agronomo, è importante sostenere prodotti ed economie locali e prendere coscienza che tutto ciò che mangiamo ha un impatto e il tipo di agricoltura che lo produce anche. Pensiamo all’Africa. Dovremmo passare dal miliardo e 194 milioni di persone del 2015 ai 4 miliardi e 467 milioni del 2100. Una crescita che costringe a fare una riflessione globale e offrire soluzioni alternative ai nostri modelli, che si sono rivelati totalmente inadatti e insostenibili”.

Offrire soluzioni alternative è proprio quello che stai facendo tu come cooperante di Mani Tese…

“Esatto. Penso che davvero non si possa capire la bellezza di questo mestiere, sempre più complesso e esigente, ma che consente di unire la passione per il lavoro con l’impegno civile. La parola cooperazione mi piace molto perché intrinsecamente ha un valore legato allo scambio, e scambio è sinonimo di ricchezza e di miglioramento vicendevole”.

 

Articolo pubblicato sul numero di Giugno 2019 del Giornale di Mani Tese.