DAL BURKINA FASO FEEDBACK POSITIVI SULLE NOSTRE ATTIVITÀ DI PREVENZIONE DEL COVID-19

Abbiamo visitato i centri di salute e promozione sociale dove nel mese di maggio abbiamo consegnato kit di prevenzione contro il Covid-19.

di Habibou Kabre, coordinatrice di progetto Mani Tese

Come molti Paesi africani, anche il Burkina Faso in questi mesi è stato colpito dalla pandemia di Covid-19 che, al 2 luglio 2020, ha provocato circa 962 contagi e 53 decessi secondo i dati ufficiali. Di fronte a questa situazione, il governo ha lanciato un appello alla solidarietà e Mani Tese ha dato il proprio contributo.

In particolare abbiamo consegnato kit di protezione a 15 centri di salute e promozione sociale (CSPS) in tre regioni (Centro, Centro-Sud e Plateau Central) e condotto, nelle stesse regioni, sette programmi radio per sensibilizzare la popolazione sulle misure d’igiene da adottare.

Nei centri di salute e promozione sociale vengono garantiti servizi di prevenzione e cura. Si trovano, di solito, prestazioni di carattere ambulatoriale, la maternità con assistenza pre e post natale e una zona di ospedalizzazione per i casi più gravi in attesa di trasferimento in una struttura più idonea (in un CSPS si può rimanere in osservazione per un massimo di 48 ore).

I materiali distribuiti, per un valore totale di oltre 7.650.000 CFA (circa 11.662 euro), comprendevano:

– 60 lavamani
– 80 bottiglie di gel idroalcolico
– 150 confezioni di cotone
– 60 secchi da 20 litri per la pulizia degli ambienti
– 60 tergipavimenti con manico
– 60 bottiglie di detersivo
– 90 lattine di candeggina
– 30 bombolette spray disinfettante
– 75 confezioni di asciugamani in rotolo
– 30 scatole di saponette
– 20 confezioni da cinquanta mascherine chirurgiche
– 60 paia di guanti di plastica per la pulizia degli ambienti

I giorni della consegna dei kit a ciascuna regione, si sono svolti gli incontri con i governatori delle regioni interessate e con i comitati regionali di gestione della pandemia, e tutti hanno accolto con gioia questa ondata di solidarietà. La Governatrice della regione del Plateau central BENON  YATASSAYE, in particolare, ha anche espresso la sua compassione e solidarietà al popolo italiano, colpito duramente dalla pandemia, per poi assicurare che questo materiale aiuterà a spezzare la catena di trasmissione della pandemia e a rafforzare la resilienza degli operatori sanitari di fronte al Covid-19.

A distanza di qualche settimana dalla consegna dei kit, siamo andati a vedere come stavano andando le cose in uno dei CSPS beneficiari. Ci siamo recati dunque nel CSPS di Tintilou Nord (Regione del Centre) dove ci ha accolti Madame ZIDA, infermiera e responsabile del centro, che ogni giorno si occupa di circa 30 pazienti con il solo aiuto di un’altra collega. Madame ZIDA ci ha spiegato che il materiale ricevuto è stato molto utile: con le mascherine chirurgiche, il personale infermieristico è stato infatti in grado di proteggersi e ricevere i pazienti in maniera adeguata, i dispositivi di lavaggio delle mani sono stati installati all’ingresso del CSPS, nel reparto maternità, e il materiale di pulizia ha contribuito notevolmente a migliorare l’igiene del centro. “Il kit è arrivato davvero al momento giusto, perché lo stock disponibile per il CSPS era quasi finito”, ci dice Madame ZIDA ringraziandoci per aver pensato al suo centro che continuerà a beneficiare di quel materiale per molto tempo.

L’altra azione che abbiamo svolto è stata la sensibilizzazione alla prevenzione attraverso programmi radiofonici: l’accento è stato posto sul rispetto delle misure barriera e sui servizi disponibili all’interno dei centri di salute. Queste trasmissioni sono state condotte da professionisti dei dipartimenti di salute, giustizia e registro civile dei comuni, e dopo ogni programma sono stati organizzati giochi radiofonici che garantivano un piccolo premio agli ascoltatori più attenti. I programmi, trasmessi in 5 diverse radio per coprire il territorio delle tre regioni target, hanno riscosso tantissimo successo tanto che spesso si è sforata, o meglio è stata raddoppiata, l’ora di trasmissione prevista, per permettere al pubblico di continuare a intervenire.

La donazione dei kit e i programmi radiofonici, secondo il sindaco della città di Komki Ipala che ospita il CSPS di Tintilou Nord, hanno contribuito da un lato alla sensibilizzazione e dall’altro al rafforzamento delle capacità dei CSPS nella lotta contro il Covid-19, ed egli ne è stato talmente contento da pubblicizzare i nostri contributi ai CSPS presso 3 radio della zona.

Questa azione rientra tra le attività del progetto Promozione sociale e dei diritti delle donne e dei bambini per il miglioramento dei servizi sanitari e di stato civile, cofinanziato dall’Unione Europea e che stiamo realizzando in consorzio con la Fondazione ACRA (capofila) e le ONG AsmadeComunità di Sant’Egidio e la federazione delle donne rurali del Burkina Faso (Fenafer-B).

Madame Zida, infermiera e responsabile del CSPS di Tintilou Nord, insieme ad alcune delle sue collaboratrici
I materiali di prevenzione distribuiti
La registrazione di un programma radiofonico di sensibilizzazione

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Guida galattica al coronavirus per genitori e insegnanti

Genitori e insegnanti dell’istituto Secondo Circolo di Capoterra hanno partecipato a degli incontri online per confrontarsi sulla gestione della comunicazione con bambini e ragazzi in un periodo difficile.

La cooperativa sociale Cellarius e la Onlus GuardAvanti hanno organizzato degli incontri online per gli insegnanti e i genitori dell’istituto Secondo Circolo di Capoterra (CA) sul tema della pandemia e su cosa e come comunicare correttamente con bambini e ragazzi.

Il relatore: Andrea Moi

Psicologo, Formatore, Educatore, Mediatore linguistico e interculturale, Giudice Onorario alla Corte d’Appello di Cagliari sez. minori negli anni 2011/2019. Impegnato sui temi dei minori, della genitorialità e della scuola dal 2004.

Ha collaborato con Provincia di Cagliari, Cooperative Sociali ONLUS e scuole pubbliche/paritarie (infanzia, primaria, secondaria di primo e secondo grado) del territorio regionale, CSV – Centro di Servizi per il Volontariato, ANTEAS, AFS – Alta Formazione & Sviluppo e GuardAvanti Onlus per il futuro dei bambini.

Impegnato sui temi della formazione degli adulti con agenzie di formazione, organizzazioni e partner privati in funzione di formatore e progettista di formazione. Formato sui temi della formazione a distanza, prestazioni a distanza in campo psicologico, Telepsychology e Telehealth con l’American Psychology Association e sui temi dell’emergenza sanitaria da nuovo coronavirus con EDUISS – Istituto Superiore di Sanità.

I temi trattati

Ai partecipanti sono state fornite informazioni teoriche sulla definizione di Coronavirus, sulle malattie ad esso connesse, la storia del virus e delle pandemie in tempi moderni finalizzati alla diminuzione del carico di incertezza in famiglia legato alla situazione attuale.

A queste sono stati affiancati strumenti di conoscenza, analisi e filtro dell’infodemia, consigli sulla gestione delle informazioni con i ragazzi, strumenti di intelligenza sociale utilizzabili durante l’isolamento con riferimenti ad autoconsapevolezza, empatia ed ascolto attivo e supporto per la ricostruzione delle routine familiari.

Infine, genitori e insegnanti si sono confrontati condividendo riflessioni personali e punti di vista del proprio ruolo educativo.

Questo approccio è stato molto apprezzato dai partecipanti soprattutto per la chiarezza e perché ha offerto spunti, suggerimenti e strumenti educativi concreti da poter sperimentare in questa nuova, difficile, quotidianità.

Questi incontri rientrano tra le attività di “Piccoli che Valgono!”, un progetto selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile promosso da Mani Tese insieme ad altri partner.

IMPRESE SOCIALI IN BURKINA FASO: IL PUNTO DOPO DUE ANNI DI PROGETTO

Prosegue il progetto IMPRESE in Burkina Faso: dopo due anni le imprese coinvolte si sono sviluppate e stanno facendo piccoli investimenti.

Siamo alla fine della seconda annualità del progetto “Imprese sociali innovative e partecipazione dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso”, cofinanziato dall’AICS e dalla Fondazione Maria Enrica. Negli ultimi mesi abbiamo evidentemente dovuto rivedere alcune attività in programma per evitare al massimo i rischi per la nostra équipe e per i beneficiari del progetto, ma non ci siamo assolutamente fermati. Abbiamo continuato a sostenere 40 imprese in due province del Burkina Faso (Boulgou e Boulkiemdé) con formazioni e incontri su bilancio d’impresa e accesso al microcredito, con tanto di presentazioni dei loro piani d’affari ai principali istituti di microfinanza, ciascuno nella propria provincia di appartenenza. Inoltre 20 tra loro hanno anche ricevuto un contributo economico per sviluppare la propria impresa di produzione/trasformazione agroalimentare.

Ne abbiamo per tutti i gusti: dalle cooperative di produzione orticola, alle pasticcerie, agli allevamenti di polli, alle imprese di trasformazione di burro di karité. Insomma, non ci manca niente! Ogni impresa ci ha infatti presentato quasi un anno fa il proprio progetto e, dopo essere stata selezionata da una commissione formata dai partner di progetto e dalle autorità locali responsabili per le tematiche donne, giovani e agricoltura, ha iniziato a ricevere, in tranche, un finanziamento a fondo perduto per realizzare la propria idea. Le proposte sono venute direttamente dalle imprenditrici e dagli imprenditori: noi non abbiamo imposto nulla, se non determinate attenzioni formali e amministrative per assicurarci che tutto andasse a buon fine, per il resto stiamo semplicemente accompagnando le imprese con i nostri consigli.

E non solo Mani Tese non sta imponendo nulla a livello di tipologia di spesa o acquisto, ma le imprese partecipano anche economicamente alla realizzazione dei propri progetti, con un cofinanziamento del 20% (10% in cash e 10% in natura), in modo da sentirsi veramente responsabili e padrone del lavoro che viene svolto! Su questo peraltro vale la pena sottolineare che 4 tra le nostre imprese sono supportate anche da associazioni della diaspora burkinabé in Italia, che non solo aiutano a sostenere le spese cash, ma sono anche intervenute sul campo con una missione di un loro rappresentante tra dicembre e gennaio scorsi, per dare consigli e supporto tecnico.

Certo, non tutto è sempre facile. Per esempio far comprendere l’importanza di un preventivo ben fatto è stato complicato e in effetti ora alcune imprese si ritrovano a dover modificare i propri progetti in corso d’opera per poter far fronte a spese impreviste, ma di solito non ci sono grossi problemi perché gli acquisti dei macchinari più importanti ed economicamente impegnativi e le costruzioni riescono a completarli.

A che punto siamo ora? Beh, qualche impresa ha già completato i propri acquisti e costruzioni, ma la maggior parte sono ancora in corso. D’altra parte la nostra équipe è sempre presente a ogni acquisto per assicurare che il materiale comprato sia di buona qualità e il prezzo sia giusto e che i lavori vengano eseguiti a regola d’arte. E questo, se da un lato rallenta un po’ le cose, dall’altro ci garantisce un miglior raggiungimento degli obiettivi! Insomma, chi va piano va sano e va lontano!

Se volete conoscere meglio qualcuno degli imprenditori e delle imprenditrici coinvolti/e nel progetto potete seguire il nostro blog “L’impresa di crescere insieme”.

Qui di seguito, invece, trovate alcune foto che mostrano gli acquisti effettuati dalle imprese beneficiarie del progetto tramite i finanziamenti.

Imprese sociali Burkina Faso, il punto dopo due anni progetto_mani tese 2020 (1)
L’impresa Koumare che produce olio di sesamo ha acquistato un triciclo a motore
Imprese sociali Burkina Faso, il punto dopo due anni progetto_mani tese 2020 (2)
L’impresa Wendsongre che produce soumbala sta costruendo un magazzino
Imprese sociali Burkina Faso, il punto dopo due anni progetto_mani tese 2020 (3)
L’impresa Zaaksongo che produce confettura di papaya ha acquistato un impianto irriguo
Imprese sociali Burkina Faso, il punto dopo due anni progetto_mani tese 2020 (4)
L’impresa Zeemstaba che produce biscotti e couscous di mais ha acquistato un forno
Imprese sociali Burkina Faso, il punto dopo due anni progetto_mani tese 2020 (5)
L’Unione dei giovani leader di Boulgou (UJLB) sta costruendo un pollaio

Lo studio sui migranti Burkinabé: tornare, investire, intraprendere nel paese d’origine

CeSPI, partner di Mani Tese, ha pubblicato lo studio “Tornare, Investire, Intraprendere nel Paese d’origine: Generazioni Burkinabé a confronto”.

Ieri, 30 giugno, in concomitanza con la fine della seconda annualità del progetto “Imprese sociali innovative e partecipazione dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso”, cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS), di cui Mani Tese è capofila, CeSPI ha pubblicato lo studio Tornare, Investire, Intraprendere nel Paese d’origine: Generazioni Burkinabé a confronto.

CeSPI è uno dei partner del progetto che si occupa, in particolare, del coinvolgimento della Diaspora del Burkina Faso in Italia e lo studio indaga i temi del possibile ritorno o investimento in Burkina Faso attraverso un confronto tra le esperienze delle prime e seconde generazioni di burkinabé in Italia.

Se la prima generazione di migranti burkinabé risulta essere più omogenea (uomini, prevalentemente di etnia bissà, arrivati nel sud Italia, poi risaliti nelle regioni del nord dove sono stati raggiunti dalle famiglie), i giovani presentano profili molto più diversificati che dipendono, in larga misura, dall’età di arrivo in Italia, dal percorso di istruzione seguito e dal mantenimento del legame con il Burkina Faso.

Emergono dunque comportamenti e immaginari diversi, per quanto riguarda sia l’invio di rimesse che il pensiero legato agli investimenti e al ritorno: la prima generazione invia denaro con continuità per sostenere le spese della vita quotidiana dei parenti rimasti in patria, mentre i giovani tendono a contribuire alla somma inviata dai genitori (“rimesse mediate”), oppure a indirizzare l’aiuto a parenti non coperti da altri flussi o a sostenere micro-attività di amici e coetanei. 

Entrambi i gruppi di età condividono un simile pensiero sugli investimenti che riguarda soprattutto settori conosciuti (immobiliare, sostegno a micro-business di familiari); alcuni giovani, diversamente, immaginano – pur su un piano ancora poco concreto – anche l’avvio di attività più innovative o maggiormente connesse alle competenze acquisite in Italia.

Secondo Anna Ferro e Valentina Mutti, autrici dello studio, per rafforzare il ruolo della diaspora verso il proprio Paese di origine,  è importante promuovere percorsi e strumenti di orientamento, formazione e assistenza tecnica individuale e di gruppo al fare impresa e di conoscenza più aggiornata del contesto locale in Burkina Faso e delle istituzioni preposte; il potenziamento delle competenze tecniche dei migranti in Italia nella direzione dei propri ambiti di interesse, in vista sia del rientro che degli investimenti; il rafforzamento di alcune realtà giovanili nell’individuazione della propria mission, nella propria crescita, conoscenza ed esperienza in relazione alle tematiche della cooperazione internazionale; lo sviluppo della figura del trade/investment attaché presso le rappresentanze diplomatiche burkinabé in Italia, che offrirebbe un punto di riferimento attorno a cui convogliare mappature, scambi e possibili partnership di migranti interessati all’imprenditoria.

SCARICA LO STUDIO

8. Gertrude e la fabbrica di burro di Karitè

Il sogno di Gertrude è avere una grande fabbrica di burro di karité per rendere i suoi lavoratori economicamente indipendenti.

Gertrude ha 63 anni. Alla sua età, in Burkina Faso, molti si arrendono alla vecchiaia. Ma non lei. Da 16 anni Gertrude ha fondato il gruppo, ora cooperativa, Wend Raabo. Di più, ne è la presidente. Crede fermamente che l’unione faccia la forza e per questo motivo ha creato la cooperativa. “Da soli andiamo più veloce, ma insieme andiamo più lontano”, spiega, perché mettendo insieme conoscenze ed esperienze si può crescere di più.

Gertrude e le sue colleghe producono burro di karité, un prodotto appunto dell’albero di karité, universalmente noto per le sue proprietà idratanti e nutrienti in campo cosmetico, ma che si usa anche come alimento. E per di più gli alberi di karité fanno ombra a tutto il villaggio!

Gertrude mi dice che anche a casa sua il burro di karité non deve mai mancare: lo usa per cucinare, per massaggiare i bambini, per tenere idratate eventuali ferite e soprattutto, dopo ogni doccia, per avere sempre una pelle bella morbida (il segreto della sua giovinezza: guardare le foto per credere!)

Ovviamente Wend Raabo ha molti concorrenti sul mercato burkinabé: “non li temiamo” dice Gertrude “è vero che ci sono tante associazioni e gruppi che lo producono, ma il nostro è tra i migliori”. Grazie al progetto “Imprese sociali innovative e partecipazione dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso”, infatti, Wend Raabo ha ricevuto un equipaggiamento per una produzione moderna ed efficiente che permette di ridurre gli sprechi e aumentare quantità e qualità.

Gertrude, quando ha fondato Wend Raabo, ha voluto che vi entrassero molti giovani, una fascia della società che fa fatica ad accedere a finanziamenti per l’avvio di imprese, a cui spesso mancano mezzi e la possibilità di frequentare corsi di formazione e che per questo ha un tasso di disoccupazione altissimo: “vorrei che Wend Raabo diventasse una grande fabbrica di burro di karité” dice Gertrude “ io sarei la direttrice e darei lavoro a tanti giovani e tante donne che riceverebbero un salario e potrebbero così essere economicamente indipendenti. Da parte mia potrei pagare le spese scolastiche dei miei nipoti e prendermi cura di tutta la famiglia, perché sono vedova e possono contare solo su di me”.

Qui di seguito alcune foto di Gertrude e della sua cooperativa.

 

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Fast fashion, una campagna digital per cambiare il sistema moda in Italia

Al via oggi #CambiaMODA!, iniziativa promossa da Istituto Oikos, Mani Tese e Fair per mobilitare i cittadini e fare pressione su aziende e decisori politici. La richiesta: favorire un’industria dell’abbigliamento trasparente, che rispetti l’ambiente e le persone.

L’industria tessile è una delle più inquinanti al mondo: produce 1,2 miliardi di tonnellate l’anno di gas serra, più dei trasporti aerei e marittimi internazionali messi insieme (Ellen MacArthur Foundation 2017). Questo settore ha impatti enormi anche sul consumo dell’acqua: basti pensare che per produrre una sola t-shirt ne occorrono circa 3.900 litri, quanta ne beve in media una persona in 5 anni (Friends of the Earth 2015). Secondo i dati della Campagna Abiti Puliti, coalizione italiana della Clean Clothes Campaign, si stima che 60 milioni di lavoratori alimentino l’industria globale dell’abbigliamento, generando miliardi di profitti. La maggior parte lavora per un numero di ore disumano e fa più di un lavoro per far quadrare i conti. Circa l’80% di questa forza lavoro è composta da donne e non percepisce un reddito dignitoso.

L’impatto della pandemia
Oggi, complice la pandemia che ha colpito il pianeta, questa industria sta affrontando una crisi economica e sociale senza precedenti e a pagarne il prezzo più alto sono i milioni di lavoratori e lavoratrici impiegati nel settore. Il coronavirus ha reso ancora più evidenti i limiti di un sistema globale fondato sulle disuguaglianze, che annulla le tutele ed espone tutti a un futuro incerto. I marchi hanno fatto perdere all’industria dell’abbigliamento miliardi di dollari cancellando gli ordini indebitamente e facendo fallire molte fabbriche, con conseguenze devastanti sui lavoratori. Rifiutando di pagare prezzi che consentano ai lavoratori di percepire un salario dignitoso, i marchi committenti lasciano le persone che producono i loro vestiti senza alcun mezzo di sostentamento. Milioni di lavoratori vivono a rischio di precarietà abitativa e di sussistenza e molte fabbriche sono al collasso economico.

La campagna e la comunità #CambiaMODA!
Per questo motivo Istituto Oikos, Mani Tese e Fair lanciano la nuova piattaforma #CambiaMODA! (www.cambiamoda.it): l’obiettivo ambizioso è contribuire a cambiare il sistema moda in Italia.
Nella forte convinzione che una comunità abbia più forza e più potere del singolo, l’invito è rivolto soprattutto ai giovani. Per incoraggiarli ad aderire all’iniziativa e chiedere a gran voce: adeguati ammortizzatori sociali per i lavoratori del settore colpiti dall’attuale crisi; misure sanitarie e di sicurezza efficaci ed eque condizioni di lavoro per tutti e tutte; una riduzione drastica di rifiuti, inquinamento ed emissioni di CO2 da parte dei grandi marchi; verità e trasparenza su come vengono prodotti ivestiti che compriamo.

Come aderire
Entrare a far parte della comunità #CambiaMODA! è molto semplice: basta registrarsi sul sito www.cambiamoda.it. Sono molti i modi in cui contribuire: da una semplice azione sui social a una più attiva partecipazione agli eventi e iniziative promossi nell’ambito della campagna di sensibilizzazione, fino alla scelta di unirsi al team di ambassadors che ha già deciso di abbracciare la causa. Tra queste, molte persone che hanno fatto della passione per moda e lifestyle il proprio lavoro, come la fashion design blogger Marinella Rauso, la youtuber Sofia Viscardi, la travel blogger Francesca Barbieri.

Un cambio di rotta decisivo, che favorisca filiere trasparenti, responsabili ed eque, è quindi estremamente urgente: per proteggere l’ambiente, la salute e i diritti di tutte le persone coinvolte nella filiera, in Italia e nel mondo.

Per maggiori info: www.cambiamoda.itinfo@cambiamoda.it
Media kit per la stampa disponibile a questo link:
https://drive.google.com/drive/folders/1CdSwdJ3WfcopS5JpRVV8cpNoUlsEqX6z

La comunità Cambia MODA! fa parte di un progetto educativo e di sensibilizzazione promosso in Italia da una rete di 7 partner (Mani Tese, Istituto Oikos, Fair, Altis – Alta Scuola Impresa e Società, Koinètica, Lottozero, Guardavanti) e finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. L’iniziativa prevede inoltre percorsi di formazione per insegnanti e studenti, eventi pubblici di informazione e sensibilizzazione, workshop rivolti a operatori d’impresa.

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7. I polli di Idrissa

Idrissa, dell’associazione Union des Jeunes Leaders du Boulgou, ci racconta di come abbia iniziato l’attività di allevamento dei polli, un “affare” molto serio in Burkina Faso.

L’Union des Jeunes Leaders du Boulgou o UJLB (Unione dei giovani leader di Boulgou) è un’associazione il cui nome mi ha sempre colpito. Tendenzialmente in Burkina Faso le associazioni e le imprese hanno o il nome del proprietario o un titolo benaugurante come ad esempio “insieme per la solidarietà”, “il Signore ci aiuta”, “sia fatta la volontà di Dio” o cose così. UJLB è decisamente inusuale. Di conseguenza andava approfondito e quindi mi faccio raccontare qualcosa da Idrissa, un giovane di 32 anni che fa parte dell’associazione da 5 anni.

“Leader si è, non si diventa” spiega Idrissa “Il leader è colui che ti mostra il cammino da intraprendere, che conduce gli altri”. “Io sono un leader. Sono un leader dinamico e lavoratore”.

E così Idrissa mi racconta la sua storia, di come sognasse di fare il commerciante, ma poi, entrato in contatto con UJLB, di come abbia capito che l’attività di allevamento dei polli nel suo villaggio potesse essere molto conveniente, visto che insieme al riso e ai fagioli, il pollo è uno degli alimenti più consumati.

Il pollo in Burkina Faso è festa. Si mangia nella zuppa, grigliato, all’aglio, fritto, nella salsa. Se inviti un Burkinabé a cena e non hai il pollo è quasi un dispetto. E poi parliamo di polli ruspanti, piccoli e atletici… i celebri poulet bicyclette di cui si legge a ogni angolo di strada.

Grazie al progetto “Imprese sociali innovative e partecipazione dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso” Idrissa e 19 membri dell’Unione hanno ricevuto diverse formazioni per rendere questa attività ancora più redditizia e ora sono nella fase in cui, costruito il pollaio, stanno installando i macchinari per autoprodurre il mangime.

L’UJLB, inoltre, ha una forte relazione di amicizia con la Ligue culturelle des Jeunes Burkinabé di Montebelluna (Treviso): un’associazione composta da 20 giovani migranti Burkinabé il cui presidente è Lucien Bambara. Anche la Ligue culturelle è coinvolta nel progetto e si è impegnata a cofinanziare la costruzione del pollaio. Lucien, che lo scorso mese di gennaio è stato in Burkina Faso per dare una mano alla costruzione e verificare l’avanzamento dei lavori, ritiene che l’attività intrapresa possa veramente garantire un reddito ai giovani del UJLB, alcuni dei quali hanno anche alle spalle storie di fallimenti migratori e sono stati costretti a rientrare dalla Libia a mani vuote.   

Idrissa si sta impegnando molto in questo progetto e da bravo leader ha le idee chiare: il lavoro in associazione potrà essere infatti un trampolino di lancio per ciascuno dei ragazzi perché possano un giorno avere una casa grande e bella e, perché no, con un pollaio da 1000 polli ciascuno.

Perché i polli, in Burkina Faso, sono un affare serio!

Idrissa Yankine del villaggio di Garango (Boulgou)

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KENYA, MASCHERINE AUTOPRODOTTE DISTRIBUITE NELLE COMUNITÀ DI BARINGO

Il Karunga Women Group sta realizzando mascherine lavabili che Mani Tese distribuisce fra le comunità della contea di Baringo (Kenya).

L’epidemia globale di Covid-19 sta toccando da vicino anche il Kenya. Per ora meno gravemente rispetto ad altri Paesi dal punto di vista sanitario (5.206 casi e 130 decessi al 25 giugno secondo i dati WHO), ma già fortemente dal punto di vista economico.

In questo contesto stiamo continuiamo a supportare le comunità locali e, da qualche settimana, abbiamo iniziato la distribuzione di mascherine. Queste vengono prodotte in loco dal Karunga Women Group che è stato supportato da Mani Tese in vari progetti negli anni passati e che si trova nella zona di Molo (Kenya occidentale).

È un intervento win win che aiuta le donne, spesso ragazze madri, ad avere un reddito in questo frangente difficile e allo stesso tempo rende disponibili per le comunità mascherine lavabili e di qualità.

La prima distribuzione è stata realizzata a Baringo dove, attraverso le ricerche sul campo, è emerso che la maggioranza dei nostri beneficiari era sprovvista di misure di protezione. Un primo lotto di 100 mascherine è stato distribuito nelle comunità di Salabani, Kataran, Eldume and Sokote.

Un secondo lotto, invece, è stato distribuito nella zona del mercato di Marigat allo scopo di sostenere le donne che si occupano della vendita di frutta e ortaggi che sono anche cruciali per la raccolta dei residui organici per il nostro lavoro sugli insetti.

Fra i gruppi beneficiari della distribuzione di mascherine, c’è anche il Joy Hope presso la missione cattolica di Marigat, che è composto da persone sieropositive, una della categorie a più alto rischio.

Il nostro impegno in Kenya continua con questi piccoli gesti per continuare il lavoro a fianco delle comunità e rafforzare la loro resilienza anche contro il pericolo rappresentato dal Covid.

Di seguito alcune foto dal mercato di Marigat, dalla comunità di Kataran e dal gruppo Joy Hope della missione cattolica di Marigat.

Mercato di Marigat
Comunità di Kataran
Il gruppo Joy Hope della missione cattolica di Marigat

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