MANI TESE IN BENIN E L’IMPEGNO NELLA LOTTA AL COVID-19

In Benin, dove preoccupa la diffusione del coronavirus, abbiamo avviato un progetto di prevenzione e sensibilizzazione.

di Achille Tepa, Responsabile Paese Benin

In Benin, il numero di casi di coronavirus continua ad aumentare. Solo nel mese di giugno i contagi sono praticamente raddoppiati e al 13 luglio si contano 1.378 casi e 26 decessi. I dati sono molto preoccupanti nonostante le rassicurazioni delle autorità governative responsabili della salute che sollecitano costantemente la popolazione a rispettare le misure di sicurezza.

Per favorire l’applicazione delle varie misure imposte dal governo beninese nella lotta contro la pandemia, Mani Tese ha avviato nel mese di giugno un progetto per sensibilizzare le popolazioni dei comuni di Natitingou e Toucountouna nel dipartimento di Atacora. La cerimonia di lancio di tale progetto si è svolta alla presenza dei Sindaci dei due comuni interessati e dei rappresentanti dei gruppi beneficiari che hanno riconosciuto e accolto con favore l’opportunità delle varie attività proposte per garantire la salute della popolazione.

Prevista su un periodo di tre mesi, la fase attiva del progetto comprende attività specifiche di informazione, istruzione e comunicazione orientate verso quattro principali categorie di destinatari:

  • Manager di organizzazioni governative e utenti di 10 mercati locali;
  • 500 tassisti di moto o auto;
  • Personale e pazienti di 10 centri di salute urbani e rurali;
  • Intera popolazione dei due comuni coinvolti nel progetto.

Fin dall’inizio delle attività si è compresa l’importanza delle stesse, improntate ad una logica di prevenzione dal virus.

Centri di salute urbani e rurali

Il progetto ha distribuito presso i centri di salute selezionati kit per il lavaggio delle mani, mascherine per la protezione del viso ma anche ricariche per la connessione a Internet per consentire agli operatori sanitari di accedere online ai corsi essenziali dell’OMS e alle informazioni sulla prevenzione e il controllo delle infezioni collegate al COVID-19. Quest’ultima opportunità ha lo scopo di preparare in particolare i responsabili delle strutture sanitarie a meglio garantire la prevenzione dalla pandemia presso lo stesso centro di salute.

Distribuzione di materiali e attrezzature di prevenzione negli spazi pubblici

Prevenire una pandemia richiede anche la disponibilità di materiali e attrezzature, ma i kit per il lavaggio delle mani sono praticamente assenti nei luoghi d’incontro e nei servizi pubblici. L’appello all’uso di mascherine protettive lanciato dal governo non è purtroppo efficace perché molti non hanno la possibilità di acquistarla o non la considerano una priorità.  In questo contesto, con il progetto sono state distribuite 500 mascherine ai tassisti di moto e auto, categoria molto importante perché incontra ogni giorno decine di persone. Quest’azione è stata riconosciuta da tutti i beneficiari come un sollievo. Tuttavia, la disponibilità di mascherine sul mercato è ben lontana dal riuscire a soddisfare tutti i bisogni, in particolare nelle zone rurali.

Situazione nel dipartimento dell’Atacora

I casi sono in aumento e purtroppo la situazione che i nostri operatori continuano a rilevare è di una diffusa inconsapevolezza e inosservanza delle misure di protezione da parte delle comunità, specialmente nei luoghi d’incontro come mercati, moschee, chiese, stazione degli autobus, bar, ecc.; questi comportamenti aumentano i rischi di contagio. La popolazione giustifica questo atteggiamento con la mancanza di informazioni adeguate sulla pandemia e in alcuni casi, c’è anche una certa ingenuità di soggetti che continuano a credere che il coronavirus non esista. Proprio per queste ragioni è necessario continuare ad agire, sostenendo Mani Tese per sensibilizzare la popolazione sui rischi collegati alla pandemia e per mettere a disposizione gli equipaggiamenti necessari a rispettare le norme e i comportamenti previsti dal governo del Paese.

Le attività qui descritte fanno parte del progetto “Informazione, educazione e comunicazione per la prevenzione al COVID – 19” realizzato grazie al finanziamento dai Fondi 8xmille della Chiesa Cattolica Italiana.

Qui di seguito, foto della distribuzione di kit per il lavaggio delle mani nei centri di salute e delle attività di sensibilizzazione fra i tassisti.

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IN GUINEA-BISSAU L’EMERGENZA SANITARIA SI SOMMA ALL’EMERGENZA ALIMENTARE

Per sostenere le comunità più in difficoltà, nei mesi di maggio e giugno abbiamo distribuito cibo, beni di prima necessità e pulcini e mangime per 10 pollai.

di Sara Gianesini, coordinatrice progetto “Integrazione dei richiedenti asilo e dei rifugiati senegalesi”

In Guinea-Bissau la diffusione del coronavirus preoccupa: i contagi, infatti, continuano ad aumentare (1.654 casi al 29 giugno secondo i dati del COES, Centro de Operações de Emergência de Saúde) e il Governo ha appena rinnovato lo stato di emergenza per un altro mese, fino al 25 luglio 2020. Sono quindi più di 3 mesi ormai che il popolo guineense affronta con scarsi mezzi l’emergenza sanitaria e alimentare e le organizzazioni internazionali stanno facendo il massimo sforzo per supportare la popolazione civile.

Nel mese di maggio, in collaborazione con l’UNHCR, Mani Tese ha consegnato beni di prima necessità e di igiene a 40 villaggi dislocati nella linea di frontiera con il Senegal. In particolare sono stati distribuiti: 480 kit per il lavaggio delle mani, 1.680 barre di sapone, 2.600 mascherine lavabili, 1.400 litri di candeggina, 14.000 kg di riso, 1.000 kg di cipolle, 1.040 litri di olio e 2.280 litri di aceto.

Ma non è abbastanza. Nei villaggi della regione di Cacheu, dove operiamo, la popolazione è in grande difficoltà per via delle restrizioni dovute allo stato di emergenza. A documentarlo è un sondaggio socioeconomico condotto da Mani Tese nell’area.

Fra le necessità più urgenti c’è l’approvvigionamento di cibo e il bisogno di rilanciare il commercio del cajiu che impatta enormemente sulla economie familiari. La popolazione ha bisogno, inoltre, di semi per la coltivazione che possano aiutare nella sussistenza comunitaria.

Per far fronte a queste necessità, nel mese di giugno abbiamo consegnato pulcini e mangime a 10 pollai comunitari e abbiamo sbloccato un sostegno a fondo perduto per 10 comunità affinché possano acquistare semi di mancarra e fagioli per l’imminente stagione agricola che coincide con la stagione delle piogge. Tutte attività che aiutano le comunità dei rifugiati ad affrontare il momento di emergenza non solo sanitaria, ma anche alimentare.

Queste attività sono state realizzate nell’ambito del progetto “Integrazione dei richiedenti asilo e dei rifugiati senegalesi” implementato in partenariato con UNHCR.

Nelle foto qui di seguito la consegna dei beni di prima necessità e di igiene avvenuta a maggio.

 

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DAL BURKINA FASO FEEDBACK POSITIVI SULLE NOSTRE ATTIVITÀ DI PREVENZIONE DEL COVID-19

Abbiamo visitato i centri di salute e promozione sociale dove nel mese di maggio abbiamo consegnato kit di prevenzione contro il Covid-19.

di Habibou Kabre, coordinatrice di progetto Mani Tese

Come molti Paesi africani, anche il Burkina Faso in questi mesi è stato colpito dalla pandemia di Covid-19 che, al 2 luglio 2020, ha provocato circa 962 contagi e 53 decessi secondo i dati ufficiali. Di fronte a questa situazione, il governo ha lanciato un appello alla solidarietà e Mani Tese ha dato il proprio contributo.

In particolare abbiamo consegnato kit di protezione a 15 centri di salute e promozione sociale (CSPS) in tre regioni (Centro, Centro-Sud e Plateau Central) e condotto, nelle stesse regioni, sette programmi radio per sensibilizzare la popolazione sulle misure d’igiene da adottare.

Nei centri di salute e promozione sociale vengono garantiti servizi di prevenzione e cura. Si trovano, di solito, prestazioni di carattere ambulatoriale, la maternità con assistenza pre e post natale e una zona di ospedalizzazione per i casi più gravi in attesa di trasferimento in una struttura più idonea (in un CSPS si può rimanere in osservazione per un massimo di 48 ore).

I materiali distribuiti, per un valore totale di oltre 7.650.000 CFA (circa 11.662 euro), comprendevano:

– 60 lavamani
– 80 bottiglie di gel idroalcolico
– 150 confezioni di cotone
– 60 secchi da 20 litri per la pulizia degli ambienti
– 60 tergipavimenti con manico
– 60 bottiglie di detersivo
– 90 lattine di candeggina
– 30 bombolette spray disinfettante
– 75 confezioni di asciugamani in rotolo
– 30 scatole di saponette
– 20 confezioni da cinquanta mascherine chirurgiche
– 60 paia di guanti di plastica per la pulizia degli ambienti

I giorni della consegna dei kit a ciascuna regione, si sono svolti gli incontri con i governatori delle regioni interessate e con i comitati regionali di gestione della pandemia, e tutti hanno accolto con gioia questa ondata di solidarietà. La Governatrice della regione del Plateau central BENON  YATASSAYE, in particolare, ha anche espresso la sua compassione e solidarietà al popolo italiano, colpito duramente dalla pandemia, per poi assicurare che questo materiale aiuterà a spezzare la catena di trasmissione della pandemia e a rafforzare la resilienza degli operatori sanitari di fronte al Covid-19.

A distanza di qualche settimana dalla consegna dei kit, siamo andati a vedere come stavano andando le cose in uno dei CSPS beneficiari. Ci siamo recati dunque nel CSPS di Tintilou Nord (Regione del Centre) dove ci ha accolti Madame ZIDA, infermiera e responsabile del centro, che ogni giorno si occupa di circa 30 pazienti con il solo aiuto di un’altra collega. Madame ZIDA ci ha spiegato che il materiale ricevuto è stato molto utile: con le mascherine chirurgiche, il personale infermieristico è stato infatti in grado di proteggersi e ricevere i pazienti in maniera adeguata, i dispositivi di lavaggio delle mani sono stati installati all’ingresso del CSPS, nel reparto maternità, e il materiale di pulizia ha contribuito notevolmente a migliorare l’igiene del centro. “Il kit è arrivato davvero al momento giusto, perché lo stock disponibile per il CSPS era quasi finito”, ci dice Madame ZIDA ringraziandoci per aver pensato al suo centro che continuerà a beneficiare di quel materiale per molto tempo.

L’altra azione che abbiamo svolto è stata la sensibilizzazione alla prevenzione attraverso programmi radiofonici: l’accento è stato posto sul rispetto delle misure barriera e sui servizi disponibili all’interno dei centri di salute. Queste trasmissioni sono state condotte da professionisti dei dipartimenti di salute, giustizia e registro civile dei comuni, e dopo ogni programma sono stati organizzati giochi radiofonici che garantivano un piccolo premio agli ascoltatori più attenti. I programmi, trasmessi in 5 diverse radio per coprire il territorio delle tre regioni target, hanno riscosso tantissimo successo tanto che spesso si è sforata, o meglio è stata raddoppiata, l’ora di trasmissione prevista, per permettere al pubblico di continuare a intervenire.

La donazione dei kit e i programmi radiofonici, secondo il sindaco della città di Komki Ipala che ospita il CSPS di Tintilou Nord, hanno contribuito da un lato alla sensibilizzazione e dall’altro al rafforzamento delle capacità dei CSPS nella lotta contro il Covid-19, ed egli ne è stato talmente contento da pubblicizzare i nostri contributi ai CSPS presso 3 radio della zona.

Questa azione rientra tra le attività del progetto Promozione sociale e dei diritti delle donne e dei bambini per il miglioramento dei servizi sanitari e di stato civile, cofinanziato dall’Unione Europea e che stiamo realizzando in consorzio con la Fondazione ACRA (capofila) e le ONG AsmadeComunità di Sant’Egidio e la federazione delle donne rurali del Burkina Faso (Fenafer-B).

Madame Zida, infermiera e responsabile del CSPS di Tintilou Nord, insieme ad alcune delle sue collaboratrici
I materiali di prevenzione distribuiti
La registrazione di un programma radiofonico di sensibilizzazione

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Guida galattica al coronavirus per genitori e insegnanti

Genitori e insegnanti dell’istituto Secondo Circolo di Capoterra hanno partecipato a degli incontri online per confrontarsi sulla gestione della comunicazione con bambini e ragazzi in un periodo difficile.

La cooperativa sociale Cellarius e la Onlus GuardAvanti hanno organizzato degli incontri online per gli insegnanti e i genitori dell’istituto Secondo Circolo di Capoterra (CA) sul tema della pandemia e su cosa e come comunicare correttamente con bambini e ragazzi.

Il relatore: Andrea Moi

Psicologo, Formatore, Educatore, Mediatore linguistico e interculturale, Giudice Onorario alla Corte d’Appello di Cagliari sez. minori negli anni 2011/2019. Impegnato sui temi dei minori, della genitorialità e della scuola dal 2004.

Ha collaborato con Provincia di Cagliari, Cooperative Sociali ONLUS e scuole pubbliche/paritarie (infanzia, primaria, secondaria di primo e secondo grado) del territorio regionale, CSV – Centro di Servizi per il Volontariato, ANTEAS, AFS – Alta Formazione & Sviluppo e GuardAvanti Onlus per il futuro dei bambini.

Impegnato sui temi della formazione degli adulti con agenzie di formazione, organizzazioni e partner privati in funzione di formatore e progettista di formazione. Formato sui temi della formazione a distanza, prestazioni a distanza in campo psicologico, Telepsychology e Telehealth con l’American Psychology Association e sui temi dell’emergenza sanitaria da nuovo coronavirus con EDUISS – Istituto Superiore di Sanità.

I temi trattati

Ai partecipanti sono state fornite informazioni teoriche sulla definizione di Coronavirus, sulle malattie ad esso connesse, la storia del virus e delle pandemie in tempi moderni finalizzati alla diminuzione del carico di incertezza in famiglia legato alla situazione attuale.

A queste sono stati affiancati strumenti di conoscenza, analisi e filtro dell’infodemia, consigli sulla gestione delle informazioni con i ragazzi, strumenti di intelligenza sociale utilizzabili durante l’isolamento con riferimenti ad autoconsapevolezza, empatia ed ascolto attivo e supporto per la ricostruzione delle routine familiari.

Infine, genitori e insegnanti si sono confrontati condividendo riflessioni personali e punti di vista del proprio ruolo educativo.

Questo approccio è stato molto apprezzato dai partecipanti soprattutto per la chiarezza e perché ha offerto spunti, suggerimenti e strumenti educativi concreti da poter sperimentare in questa nuova, difficile, quotidianità.

Questi incontri rientrano tra le attività di “Piccoli che Valgono!”, un progetto selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile promosso da Mani Tese insieme ad altri partner.

IMPRESE SOCIALI IN BURKINA FASO: IL PUNTO DOPO DUE ANNI DI PROGETTO

Prosegue il progetto IMPRESE in Burkina Faso: dopo due anni le imprese coinvolte si sono sviluppate e stanno facendo piccoli investimenti.

Siamo alla fine della seconda annualità del progetto “Imprese sociali innovative e partecipazione dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso”, cofinanziato dall’AICS e dalla Fondazione Maria Enrica. Negli ultimi mesi abbiamo evidentemente dovuto rivedere alcune attività in programma per evitare al massimo i rischi per la nostra équipe e per i beneficiari del progetto, ma non ci siamo assolutamente fermati. Abbiamo continuato a sostenere 40 imprese in due province del Burkina Faso (Boulgou e Boulkiemdé) con formazioni e incontri su bilancio d’impresa e accesso al microcredito, con tanto di presentazioni dei loro piani d’affari ai principali istituti di microfinanza, ciascuno nella propria provincia di appartenenza. Inoltre 20 tra loro hanno anche ricevuto un contributo economico per sviluppare la propria impresa di produzione/trasformazione agroalimentare.

Ne abbiamo per tutti i gusti: dalle cooperative di produzione orticola, alle pasticcerie, agli allevamenti di polli, alle imprese di trasformazione di burro di karité. Insomma, non ci manca niente! Ogni impresa ci ha infatti presentato quasi un anno fa il proprio progetto e, dopo essere stata selezionata da una commissione formata dai partner di progetto e dalle autorità locali responsabili per le tematiche donne, giovani e agricoltura, ha iniziato a ricevere, in tranche, un finanziamento a fondo perduto per realizzare la propria idea. Le proposte sono venute direttamente dalle imprenditrici e dagli imprenditori: noi non abbiamo imposto nulla, se non determinate attenzioni formali e amministrative per assicurarci che tutto andasse a buon fine, per il resto stiamo semplicemente accompagnando le imprese con i nostri consigli.

E non solo Mani Tese non sta imponendo nulla a livello di tipologia di spesa o acquisto, ma le imprese partecipano anche economicamente alla realizzazione dei propri progetti, con un cofinanziamento del 20% (10% in cash e 10% in natura), in modo da sentirsi veramente responsabili e padrone del lavoro che viene svolto! Su questo peraltro vale la pena sottolineare che 4 tra le nostre imprese sono supportate anche da associazioni della diaspora burkinabé in Italia, che non solo aiutano a sostenere le spese cash, ma sono anche intervenute sul campo con una missione di un loro rappresentante tra dicembre e gennaio scorsi, per dare consigli e supporto tecnico.

Certo, non tutto è sempre facile. Per esempio far comprendere l’importanza di un preventivo ben fatto è stato complicato e in effetti ora alcune imprese si ritrovano a dover modificare i propri progetti in corso d’opera per poter far fronte a spese impreviste, ma di solito non ci sono grossi problemi perché gli acquisti dei macchinari più importanti ed economicamente impegnativi e le costruzioni riescono a completarli.

A che punto siamo ora? Beh, qualche impresa ha già completato i propri acquisti e costruzioni, ma la maggior parte sono ancora in corso. D’altra parte la nostra équipe è sempre presente a ogni acquisto per assicurare che il materiale comprato sia di buona qualità e il prezzo sia giusto e che i lavori vengano eseguiti a regola d’arte. E questo, se da un lato rallenta un po’ le cose, dall’altro ci garantisce un miglior raggiungimento degli obiettivi! Insomma, chi va piano va sano e va lontano!

Se volete conoscere meglio qualcuno degli imprenditori e delle imprenditrici coinvolti/e nel progetto potete seguire il nostro blog “L’impresa di crescere insieme”.

Qui di seguito, invece, trovate alcune foto che mostrano gli acquisti effettuati dalle imprese beneficiarie del progetto tramite i finanziamenti.

Imprese sociali Burkina Faso, il punto dopo due anni progetto_mani tese 2020 (1)
L’impresa Koumare che produce olio di sesamo ha acquistato un triciclo a motore
Imprese sociali Burkina Faso, il punto dopo due anni progetto_mani tese 2020 (2)
L’impresa Wendsongre che produce soumbala sta costruendo un magazzino
Imprese sociali Burkina Faso, il punto dopo due anni progetto_mani tese 2020 (3)
L’impresa Zaaksongo che produce confettura di papaya ha acquistato un impianto irriguo
Imprese sociali Burkina Faso, il punto dopo due anni progetto_mani tese 2020 (4)
L’impresa Zeemstaba che produce biscotti e couscous di mais ha acquistato un forno
Imprese sociali Burkina Faso, il punto dopo due anni progetto_mani tese 2020 (5)
L’Unione dei giovani leader di Boulgou (UJLB) sta costruendo un pollaio

Lo studio sui migranti Burkinabé: tornare, investire, intraprendere nel paese d’origine

CeSPI, partner di Mani Tese, ha pubblicato lo studio “Tornare, Investire, Intraprendere nel Paese d’origine: Generazioni Burkinabé a confronto”.

Ieri, 30 giugno, in concomitanza con la fine della seconda annualità del progetto “Imprese sociali innovative e partecipazione dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso”, cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS), di cui Mani Tese è capofila, CeSPI ha pubblicato lo studio Tornare, Investire, Intraprendere nel Paese d’origine: Generazioni Burkinabé a confronto.

CeSPI è uno dei partner del progetto che si occupa, in particolare, del coinvolgimento della Diaspora del Burkina Faso in Italia e lo studio indaga i temi del possibile ritorno o investimento in Burkina Faso attraverso un confronto tra le esperienze delle prime e seconde generazioni di burkinabé in Italia.

Se la prima generazione di migranti burkinabé risulta essere più omogenea (uomini, prevalentemente di etnia bissà, arrivati nel sud Italia, poi risaliti nelle regioni del nord dove sono stati raggiunti dalle famiglie), i giovani presentano profili molto più diversificati che dipendono, in larga misura, dall’età di arrivo in Italia, dal percorso di istruzione seguito e dal mantenimento del legame con il Burkina Faso.

Emergono dunque comportamenti e immaginari diversi, per quanto riguarda sia l’invio di rimesse che il pensiero legato agli investimenti e al ritorno: la prima generazione invia denaro con continuità per sostenere le spese della vita quotidiana dei parenti rimasti in patria, mentre i giovani tendono a contribuire alla somma inviata dai genitori (“rimesse mediate”), oppure a indirizzare l’aiuto a parenti non coperti da altri flussi o a sostenere micro-attività di amici e coetanei. 

Entrambi i gruppi di età condividono un simile pensiero sugli investimenti che riguarda soprattutto settori conosciuti (immobiliare, sostegno a micro-business di familiari); alcuni giovani, diversamente, immaginano – pur su un piano ancora poco concreto – anche l’avvio di attività più innovative o maggiormente connesse alle competenze acquisite in Italia.

Secondo Anna Ferro e Valentina Mutti, autrici dello studio, per rafforzare il ruolo della diaspora verso il proprio Paese di origine,  è importante promuovere percorsi e strumenti di orientamento, formazione e assistenza tecnica individuale e di gruppo al fare impresa e di conoscenza più aggiornata del contesto locale in Burkina Faso e delle istituzioni preposte; il potenziamento delle competenze tecniche dei migranti in Italia nella direzione dei propri ambiti di interesse, in vista sia del rientro che degli investimenti; il rafforzamento di alcune realtà giovanili nell’individuazione della propria mission, nella propria crescita, conoscenza ed esperienza in relazione alle tematiche della cooperazione internazionale; lo sviluppo della figura del trade/investment attaché presso le rappresentanze diplomatiche burkinabé in Italia, che offrirebbe un punto di riferimento attorno a cui convogliare mappature, scambi e possibili partnership di migranti interessati all’imprenditoria.

SCARICA LO STUDIO

8. Gertrude e la fabbrica di burro di Karitè

Il sogno di Gertrude è avere una grande fabbrica di burro di karité per rendere i suoi lavoratori economicamente indipendenti.

Gertrude ha 63 anni. Alla sua età, in Burkina Faso, molti si arrendono alla vecchiaia. Ma non lei. Da 16 anni Gertrude ha fondato il gruppo, ora cooperativa, Wend Raabo. Di più, ne è la presidente. Crede fermamente che l’unione faccia la forza e per questo motivo ha creato la cooperativa. “Da soli andiamo più veloce, ma insieme andiamo più lontano”, spiega, perché mettendo insieme conoscenze ed esperienze si può crescere di più.

Gertrude e le sue colleghe producono burro di karité, un prodotto appunto dell’albero di karité, universalmente noto per le sue proprietà idratanti e nutrienti in campo cosmetico, ma che si usa anche come alimento. E per di più gli alberi di karité fanno ombra a tutto il villaggio!

Gertrude mi dice che anche a casa sua il burro di karité non deve mai mancare: lo usa per cucinare, per massaggiare i bambini, per tenere idratate eventuali ferite e soprattutto, dopo ogni doccia, per avere sempre una pelle bella morbida (il segreto della sua giovinezza: guardare le foto per credere!)

Ovviamente Wend Raabo ha molti concorrenti sul mercato burkinabé: “non li temiamo” dice Gertrude “è vero che ci sono tante associazioni e gruppi che lo producono, ma il nostro è tra i migliori”. Grazie al progetto “Imprese sociali innovative e partecipazione dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso”, infatti, Wend Raabo ha ricevuto un equipaggiamento per una produzione moderna ed efficiente che permette di ridurre gli sprechi e aumentare quantità e qualità.

Gertrude, quando ha fondato Wend Raabo, ha voluto che vi entrassero molti giovani, una fascia della società che fa fatica ad accedere a finanziamenti per l’avvio di imprese, a cui spesso mancano mezzi e la possibilità di frequentare corsi di formazione e che per questo ha un tasso di disoccupazione altissimo: “vorrei che Wend Raabo diventasse una grande fabbrica di burro di karité” dice Gertrude “ io sarei la direttrice e darei lavoro a tanti giovani e tante donne che riceverebbero un salario e potrebbero così essere economicamente indipendenti. Da parte mia potrei pagare le spese scolastiche dei miei nipoti e prendermi cura di tutta la famiglia, perché sono vedova e possono contare solo su di me”.

Qui di seguito alcune foto di Gertrude e della sua cooperativa.

 

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Fast fashion, una campagna digital per cambiare il sistema moda in Italia

Al via oggi #CambiaMODA!, iniziativa promossa da Istituto Oikos, Mani Tese e Fair per mobilitare i cittadini e fare pressione su aziende e decisori politici. La richiesta: favorire un’industria dell’abbigliamento trasparente, che rispetti l’ambiente e le persone.

L’industria tessile è una delle più inquinanti al mondo: produce 1,2 miliardi di tonnellate l’anno di gas serra, più dei trasporti aerei e marittimi internazionali messi insieme (Ellen MacArthur Foundation 2017). Questo settore ha impatti enormi anche sul consumo dell’acqua: basti pensare che per produrre una sola t-shirt ne occorrono circa 3.900 litri, quanta ne beve in media una persona in 5 anni (Friends of the Earth 2015). Secondo i dati della Campagna Abiti Puliti, coalizione italiana della Clean Clothes Campaign, si stima che 60 milioni di lavoratori alimentino l’industria globale dell’abbigliamento, generando miliardi di profitti. La maggior parte lavora per un numero di ore disumano e fa più di un lavoro per far quadrare i conti. Circa l’80% di questa forza lavoro è composta da donne e non percepisce un reddito dignitoso.

L’impatto della pandemia
Oggi, complice la pandemia che ha colpito il pianeta, questa industria sta affrontando una crisi economica e sociale senza precedenti e a pagarne il prezzo più alto sono i milioni di lavoratori e lavoratrici impiegati nel settore. Il coronavirus ha reso ancora più evidenti i limiti di un sistema globale fondato sulle disuguaglianze, che annulla le tutele ed espone tutti a un futuro incerto. I marchi hanno fatto perdere all’industria dell’abbigliamento miliardi di dollari cancellando gli ordini indebitamente e facendo fallire molte fabbriche, con conseguenze devastanti sui lavoratori. Rifiutando di pagare prezzi che consentano ai lavoratori di percepire un salario dignitoso, i marchi committenti lasciano le persone che producono i loro vestiti senza alcun mezzo di sostentamento. Milioni di lavoratori vivono a rischio di precarietà abitativa e di sussistenza e molte fabbriche sono al collasso economico.

La campagna e la comunità #CambiaMODA!
Per questo motivo Istituto Oikos, Mani Tese e Fair lanciano la nuova piattaforma #CambiaMODA! (www.cambiamoda.it): l’obiettivo ambizioso è contribuire a cambiare il sistema moda in Italia.
Nella forte convinzione che una comunità abbia più forza e più potere del singolo, l’invito è rivolto soprattutto ai giovani. Per incoraggiarli ad aderire all’iniziativa e chiedere a gran voce: adeguati ammortizzatori sociali per i lavoratori del settore colpiti dall’attuale crisi; misure sanitarie e di sicurezza efficaci ed eque condizioni di lavoro per tutti e tutte; una riduzione drastica di rifiuti, inquinamento ed emissioni di CO2 da parte dei grandi marchi; verità e trasparenza su come vengono prodotti ivestiti che compriamo.

Come aderire
Entrare a far parte della comunità #CambiaMODA! è molto semplice: basta registrarsi sul sito www.cambiamoda.it. Sono molti i modi in cui contribuire: da una semplice azione sui social a una più attiva partecipazione agli eventi e iniziative promossi nell’ambito della campagna di sensibilizzazione, fino alla scelta di unirsi al team di ambassadors che ha già deciso di abbracciare la causa. Tra queste, molte persone che hanno fatto della passione per moda e lifestyle il proprio lavoro, come la fashion design blogger Marinella Rauso, la youtuber Sofia Viscardi, la travel blogger Francesca Barbieri.

Un cambio di rotta decisivo, che favorisca filiere trasparenti, responsabili ed eque, è quindi estremamente urgente: per proteggere l’ambiente, la salute e i diritti di tutte le persone coinvolte nella filiera, in Italia e nel mondo.

Per maggiori info: www.cambiamoda.itinfo@cambiamoda.it
Media kit per la stampa disponibile a questo link:
https://drive.google.com/drive/folders/1CdSwdJ3WfcopS5JpRVV8cpNoUlsEqX6z

La comunità Cambia MODA! fa parte di un progetto educativo e di sensibilizzazione promosso in Italia da una rete di 7 partner (Mani Tese, Istituto Oikos, Fair, Altis – Alta Scuola Impresa e Società, Koinètica, Lottozero, Guardavanti) e finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. L’iniziativa prevede inoltre percorsi di formazione per insegnanti e studenti, eventi pubblici di informazione e sensibilizzazione, workshop rivolti a operatori d’impresa.

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