Oumarou ha deciso di non migrare e di rimanere in Burkina Faso per continuare a lavorare come agricoltore con la cooperativa Youkouma.
Oumarou ha 40 anni e vive nel Boulgou, la provincia del Burkina Faso da cui provengono la maggior parte dei migranti che incontriamo in Italia e nel mondo. Lavora nella cooperativa “Youkouma”, che significa “aiutarsi a vicenda” e si definisce un lavoratore, pio e onesto.
Oumarou è diverso da molti suoi connazionali che decidono di andare in Europa a cercare fortuna. Lui ha scelto un’altra strada e ci dice: “I giovani abbandonano le loro famiglie e il loro Paese per andare all’estero a fare gli stessi lavori che potrebbero svolgere qui, mettendo a rischio la propria vita durante il viaggio e affrontando mille pericoli e problemi anche una volta arrivati. Anche qui in Burkina si può riuscire: perché devo andare in Italia a coltivare pomodori, sfruttato, quando posso farlo qui, nella mia terra, accanto alla mia famiglia?”
Oumarou è un agricoltore: Youkouma, infatti, è una piccola cooperativa di produzione agroecologica di ortaggi. Coltivano cipolle, cavoli, melanzane, pomodori e lattuga, con tecniche agroecologiche che non prevedono l’utilizzo di pesticidi e sostanze chimiche: “questo ci permette di garantire la salute di noi produttori, dei nostri consumatori e del suolo su cui produciamo, a cui non vengono sottratti gli elementi nutritivi” dice Oumarou.
Grazie al sostegno di Mani Tese, Youkouma ha ricevuto dei materiali agricoli, ha installato un pozzo con pompa solare e finalmente ha una sede dove riporre il proprio materiale: “nel villaggio nessuno ci credeva – aggiunge Oumarou – invece abbiamo dimostrato che possiamo farcela e adesso siamo un riferimento per la produzione orticola nella zona”.
Atija abita nel distretto di Namacurra e a lei abbiamo dedicato la prima e la sesta puntata del nostro videoblog “Le storie di Quelimane agricola”, in cui ci ha raccontato delle formazioni agroecologiche che ha ricevuto.
Ora Atija ha le conoscenze adeguate per coltivare i propri campi al meglio e può venderne i prodotti, così da avere i soldi per comprare il cibo e i vestiti per i suoi bambini.
In questo periodo di emergenza, Atija e la sua comunità sono attenti alle precauzioni per evitare la diffusione del contagio e lavorare in sicurezza, per questo utilizzano le mascherine realizzate grazie al progetto.
Fortunatamente per ora nessuno si è ammalato e tutti stanno bene, come ci racconta Atija in questo video:
Avevamo già incontrato António nella terza e quinta puntata del nostro videoblog “Le storie di Quelimane agricola”, in cui ci aveva raccontato dei suoi campi dove coltiva riso e ortaggi e delle fiere agroecologiche organizzate da Mani Tese a cui partecipa.
Nonostante le difficoltà dovute al Covid-19, grazie al progetto sono stati riqualificati i mercati dove António vende i suoi prodotti e i suoi campi sono ora dotati di un impianto di irrigazione.
António ha inoltre apprezzato molto il libro di ricette, grazie al quale ha scoperto piatti nuovi e migliori di quelli a cui era abituato, come ci racconta in questo video:
La produzione e la vendita stanno andando bene anche quest’anno, nonostante l’emergenza Covid. Con i soldi guadagnati dalla commercializzazione dei prodotti agricoli, Teadora e la sua famiglia possono coprire le spese domestiche e comprare materiale scolastico per i bambini.
La cisterna per la raccolta dell’acqua piovana, costruita grazie al progetto, garantisce acqua per usi domestici a tutto il quartiere.
Teadora sta anche sperimentando nuovi piatti con le verdure che produce, grazie al libro di ricette.
Ogni sette bambini che frequentano la scuola dell’obbligo ce n’è uno che porta i sintomi della disaffezione scolastica. È quanto confermano i primi dati dell’Indagine sul Benessere Scolastico condotta da Mani Tese e Giunti Psycometrics in quattro regioni italiane.
L’indagine ha riguardato 1.277 bambini tra i 9 e i 13 anni, che hanno risposto a 31 domande studiate dagli esperti di Giunti Psychometrics assieme a Stefano Taddei e Bastianina Contena, docenti presso l’Università degli studi di Firenze per valutare la percezione delle alunne e degli alunni rispetto ai fattori del disagio scolastico: lo stile genitoriale, l’atteggiamento e la fiducia degli adulti nello studio, le emozioni che emergono dalle relazioni all’interno della scuola, l’engagement scolastico, la discriminazione, il benessere fisico, i tentativi di evitamento, il contesto extrascolastico e l’appropriazione degli spazi.
Il risultato che emerge con più evidenza è una sorta di costante fissa del disagio, che riguarda una fascia di minori in una percentuale che si attesta sempre intorno al 15%.
È la regola del settimo nano: circa un bambino su sette manifesta un malessere fin dagli ultimi anni della scuola primaria che, se non intercettato per tempo, può facilmente trasformarsi in dispersione e contribuire alle ragioni dell’abbandono, su cui l’Italia continua a mostrare valori preoccupanti rispetto alla media europea”.
IN BURKINA FASO FACCIAMO RETE CONTRO LA VIOLENZA DI GENERE
Riunite oltre 90 organizzazioni della società civile nelle regioni del centro, centro-sud e plateau central del Burkina Faso.
di Habibou Kabré, coordinatrice di progetto Mani Tese
Come purtroppo accade in molti Paesi africani come la Guinea-Bissau, la violenza di genere è un fenomeno preoccupante anche in Burkina Faso.
Per contribuire alla lotta contro questa piaga Mani Tese, attraverso il progetto “Promozione sociale e dei diritti delle donne e dei bambini per il miglioramento dei servizi sanitari e di stato civile” e in collaborazione con le autorità locali (direzione provinciale per le donne, consigli provinciali della gioventù e autorità municipali), hariunito le organizzazioni della società civile per i diritti umani nelle regioni del centro, centro-sud e plateau central, per una sinergia di azione.
L’obiettivo è il rafforzamento delle capacità dei membri delle organizzazioni femminili e giovanili, per consentire loro di organizzarsi meglio e intervenire efficacemente nella promozione e protezione dei diritti umani in generale e di quelli delle donne e ragazze in particolare.
A tal fine sono state costituite otto reti per la tutela e la promozione dei diritti umani, composte da oltre 90 organizzazioni della società civile dislocate in sette province delle tre regioni di intervento del progetto.
Nell’ambito di questa iniziativa, è stata organizzata una sessione di formazionesul fundraisinge sulle strategie di mobilitazione delle risorse finanziarie al fine di rafforzare l’efficienza e l’efficacia di queste reti nella lotta contro la violenza di genere.
Perché le reti possano lavorare al meglio si è poi lavorato al coinvolgimento delle istituzioni, ovvero i sindaci dei comuni coinvolti, i direttori provinciali incaricati delle donne, i consigli provinciali della gioventù nonché il coordinamento comunale e provinciale delle donne nelle suddette località.
Secondo la direttrice provinciale delle donne dell’Oubritenga, l’iniziativa di Mani Tese è benvenuta perché risponde a un’esigenza sentita nel campo della promozione, difesa e tutela dei diritti umani delle fasce vulnerabili e delle donne in particolare.
Qui di seguito alcune foto degli incontri con le organizzazioni della società civile.
LA RESILIENZA DELLE COMUNITÀ DELLA GUINEA-BISSAU DI FRONTE ALLA CRISI
Nella regione di Cacheu sono stati finanziati dei microprogetti per permettere alle comunità di affrontare la crisi causata dalla pandemia e dalle piogge.
di Sara Gianesini, coordinatrice di progetto in Guinea-Bissau
La pandemia di coronavirus che ha scosso il mondo non ha risparmiato neanche i Paesi più poveri come la Guinea-Bissau e, in seguito alle misure adottate per mitigare la diffusione del virus e l’entrata in vigore dello stato di emergenza, tutti i settori economici sono stati colpiti dalla crisi.
Il settore agricolo, dominato dalla produzione e commercializzazione di anacardi, e quello delle piccole attività economiche generanti reddito per lo più informali, principali pilastri dell’economia locale, sono stati particolarmente colpiti. La caduta dei prezzi, la ridotta possibilità di commercializzare i prodotti agricoli, la chiusura delle frontiere terrestri, il divieto di fiere e mercati settimanali, la restrizione interna alla circolazione di merci e persone sono, tra gli altri, i fattori fondamentali della crisi.
Mani Tese, nell’ambito del progetto “Protezione e soluzioni durevoli per rifugiati e richiedenti asilo in Guinea-Bissau” finanziato da UNHCR, così come ha dovuto fare in altri interventi e hanno fatto le altre organizzazioni della società civile, le istituzioni pubbliche e parastatali, ha dovuto effettuare una revisione dell’agenda di lavoro che ha portato a limitazioni di molte attività che prevedevano formazioni in presenza e al rinvio di quelle iniziative che comportavano l’assembramento delle persone.
Tuttavia, l’organizzazione non è rimasta insensibile alle difficoltà riscontrate nei villaggi che, oltre alla pandemia, hanno subito anche fortipiogge che hanno causato molti danni aggravando una situazione già terribile. Le inondazioni tra luglio e settembre hanno infatti danneggiato molte case e distrutto pozzi, lasciando i residenti delle comunità di Cacheu senza acqua potabile.
Per far fronte a queste difficoltà, è stato avviato un processo di finanziamento di microprogetti comunitari per sviluppare attività sociali ed economiche comunitarie, o di gruppi di individui nei villaggi di intervento, e fare del momento di crisi un’opportunità per tutti.
Tutte le idee di sostegno socio-economico comunitario seguono un rigoroso processo di selezione, i cui principali criteri di valutazione sono la vulnerabilità della comunità, la rilevanza dell’idea rispetto al contesto specifico e la sua sostenibilità.
A settembre è stato avviato il processo di pre-selezione delle idee progettuali raccolte durante l’anno e sei gruppi selezionati a ottobre hanno ricevuto unaformazione in gestione economica comunitaria per raggiungere così l’obiettivo di ridurre al minimo le sofferenze causate dalla pandemia di coronavirus e dalle piogge torrenziali di questa estate.
Tra le idee selezionate, tre riguardano la ricostruzione e riparazione di pozzi e pompe per l’acqua in comunità e due riguardano l’acquisto di macchinari per facilitare la raccolta del riso e la sua trasformazione. I soggetti coinvoli, come sempre dimostrano il loro grande interesse a sostegno di tutti: i progetti selezionati sono infatti a beneficio della comunità intera, perché per loro è quella che conta.
Qui di seguito, alcune foto delle formazioni che prevedevano presenze limitate, distanziamento sociale e l’uso della mascherina.
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IL FENOMENO DEI BAMBINI TALIBÉ E LA TUTELA DEI DIRITTI DELL’INFANZIA IN GUINEA-BISSAU
La nostra cooperante in Guinea-Bissau Giulia ci racconta il fenomeno dei bambini talibé, una delle tante facce dello sfruttamento minorile.
di Giulia Inguaggiato, cooperante in Guinea-Bissau
Talibé, in lingua araba, significa “cercare” mentre il talbo, nella tradizione dei Mandinga di Bidjine, è una persona che si sposta da un luogo a un altro per apprendere il Corano. Nell’Africa Occidentale la parola talibé ha assunto purtroppo un carattere negativo poiché descrive un fenomeno transfrontaliero di sfruttamento che colpisce svariati Paesi africani, tra i quali la Guinea-Bissau dove Mani Tese opera da più di 40 anni.
In questo contesto si definiscono talibé i bambini reclutati in massa da villaggi e città e mandati in Senegal, Gambia e Guinea-Conakry con la scusa di acquisire i precetti coranici. Dinnanzi alla precarietà dell’insegnamento che connota la Guinea-Bissau, e in un contesto di forte povertà delle comunità rurali, molte famiglie lasciano partire i propri figli con la speranza di assicurargli una migliore educazione religiosa all’estero.
Tuttavia, le famiglie sono ignare del vero scopo del viaggio e delle condizioni di vita in cui verseranno i minori una volta partiti. Giunti nel paese di destinazione i bambini, di età compresa tra i 5 e i 15 anni, vengono infatti lasciati a mendicare nelle strade da supposti maestri coranici che pretendono giornalmente una somma di denaro. Mangiano poco e male, molto spesso solo attraverso la carità che ricevono nelle strade, indossano stracci sporchi e logori e dormono sui marciapiedi. Inoltre, quando non riescono a consegnare alla fine della lunga giornata di mendicanza la somma di denaro richiesta, vengono picchiati e abusati.
Nel contesto del traffico dei minori che interessa la subregione dell’Africa Occidentale, la Guinea-Bissau rappresenta un Paese di origine dei flussi, con una predominanza del fenomeno nelle regioni di Gabu e Bafata, connotate dalla forte presenza di comunità musulmane. Alla luce della condizione inumana e degradante che caratterizza i talibé, molti bambini tentano di scappare da questa forma di schiavitù moderna, cercando protezione e sicurezza.
AMIC è infatti parte della RAO, la Rete dell’Africa dell’Ovest, che si occupa della protezione dei minori e dei giovani in mobilità che versano condizione di vulnerabilità, nello spazio della CEDEAO (Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale) e in Mauritania. AMIC coordina il lavoro della Rete in Guinea-Bissau, contribuendo alla protezione dei minori attraverso la loro presa in carico, la reintegrazione individuale nelle comunità di origine e con attività di prevenzione, che mirano a sensibilizzare le famiglie di appartenenza su un fenomeno spesso ignorato e sottovalutato.
Mani Tese, con l’attuale intervento, supporta l’intero processo di tutela dei minori, dalla fase dell’accoglienza, attraverso il miglioramento della struttura ricettiva di Gabu, fino alla completa reintegrazione dei talibé, assicurando sussidio psico-sociale, secondo un approccio olistico che si rivolge contemporaneamente a famiglie e minori, e garantendo il reinserimento scolastico. Tuttavia, consapevoli che tale azione non possa prescindere dal rafforzamento del livello istituzionale, l’intervento mira anche a consolidare il meccanismo di coordinamento nazionale di lotta al traffico, affinché il quadro legislativo possa allinearsi agli standard nazionali, sovranazionali ed internazionali sulla protezione dei minori, rendendo il processo di protezione e reintegrazione più durevole nel tempo.
Qui di seguito alcune foto dal centro di accoglienza di Gabu:
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Un gruppo di minori accolti a Gabu e a Pirada
Un bambino sottoposto a visita medica
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Momento ludici presso il centro di accoglienza di Gabu
Un genitore firma il documento di presa in carico di un minore