Sreypin, storia di una bambina che ha ricominciato a sognare

Sreypin, vittima di sfruttamento fin da piccola, è ora ospite del centro di accoglienza Damnok Toek in Cambogia e sogna di diventare sarta o contadina.

Sreypin* è una ragazza cambogiana di 15 anni ed è la quarta di otto fratelli. Dopo la morte del padre, la madre della bambina si è risposata e si è accordata con un intermediario per portare i suoi figli e figlie in Tailandia a lavorare.

Sreypin ha così cominciato a lavorare per una famiglia tailandese come domestica, pulendo la casa e prendendosi cura dei loro cani. Inizialmente guadagnava 4.000 bath tailandesi, equivalenti a 107 euro al mese, ma la metà del suo primo stipendio è stata data all’intermediario. Dopo alcuni mesi di lavoro, la madre di Sreypin ha chiesto un prestito al datore di lavoro della ragazza e questi ha ridotto il suo stipendio a 3.000 bath al mese, circa 80 euro.

Sreypin racconta: “Quando mia madre si è risposata, non le importava più di me, chiedeva solo i soldi. Avevo paura quando ero in Tailandia e non volevo vivere o lavorare lì, ma mia madre non mi ha aiutata. Lei non aveva idea di quanto fossero brutte le condizioni di lavoro”.

A un certo punto il datore di lavoro di Sreypin ha cominciato ad accusarla di furto di denaro e di rompere apposta oggetti di valore della casa. Così, un giorno, ha preso Sreypin e l’ha portata in una zona sconosciuta, abbandonandola in mezzo al nulla.

La giovane aveva molta paura e ricorda: “Non sapevo come tornare a casa, mi sentivo persa. A un certo punto ho visto una venditrice ambulante e le ho chiesto aiuto, ma lei ha chiamato la polizia tailandese. Sono arrivati i poliziotti e mi hanno portata in un centro di accoglienza per ragazze. Sono rimasta lì per due mesi, prima di essere riportata in Cambogia”.

Una volta arrivata in Cambogia è stata lasciata nel centro di transito di Poipet e a quel punto Damnok Toek, in collaborazione con le autorità locali, ha indirizzato la giovane al centro di accoglienza di Damnok Toek dove vive tutt’oggi.

“Ora sono qui al centro di accoglienza – dice Sreypin – posso studiare il Khmer (la lingua cambogiana) e imparare cose nuove. Sono molto felice al centro perché abbiamo una casa dove stare e ciò che apprendo mi serve per la vita e mi rende felice. Facciamo meditazione, danza, artigianato, giardinaggio, cucina, disegno e possiamo parlare con lo psicologo”.

In futuro, Sreypin sogna di fare la sarta o la contadina perché le piace il giardinaggio e vuole che la frutta e la verdura siano coltivate in maniera naturale, senza prodotti chimici. Infine, desidera fortemente che anche altri bambini vulnerabili, come lei, possano andare a scuola e imparare.

Aiutaci a supportare il centro di accoglienza per bambini e bambine di Damnok Toek: https://donazioni.manitese.it/

*Sreypin è un nome di fantasia per proteggere la privacy del minore.

UE, nuove regole sulla responsabilità sociale d’impresa

Un importante passo avanti, ma non basta.

La Commissione Europea ha presentato la proposta di Direttiva sulla dovuta diligenza per le imprese in materia di diritti umani e ambiente attesa da tempo. Lo scopo è quello di imporre alle imprese obblighi di verifica e prevenzione degli impatti negativi derivanti dalle loro attività su lavoratori, consumatori, comunità vulnerabili ed ecosistemi (in inglese, cd. due diligence).

La proposta rappresenta certamente una svolta significativa, ma non è ancora sufficiente a contribuire al rispetto dei diritti umani e dell’ambiente nel mondo, avverte la campagna Impresa2030.

Giosuè De Salvo, responsabile Advocacy, Educazione e Campagne di Mani Tese e co-portavoce di Impresa2030, dichiara: “Si tratta sicuramente di un passo in avanti, ma ci sono una serie di criticità evidenti. La legge, così pensata, prevede che solo le grandi imprese – quelle cioè con fatturato superiore 150 milioni di euro e più di 500 dipendenti – siano considerate legalmente responsabili delle violazioni generate direttamente o indirettamente dalle loro attività. In settori particolarmente ad alto rischio come agricoltura, tessile\abbigliamento ed estrattivo la soglia scende a 250 dipendenti con ricavi superiori a 40 milioni di euro, ma questo non basta ad estendere la normativa alla stragrande maggioranza delle imprese Europee, che per il 99% sono piccole e medie, incluse quelle dei settori considerati ad alto rischio. Il numero di personale impiegato e il fatturato annuo non sono dati che, necessariamente, raccontano come un’azienda possa creare danni all’ambiente e alle persone. Se la direttiva dovesse riguardare solo lo 0,2% delle imprese europee si perderebbe l’occasione storica di utilizzare la Due Diligence come leva strategica per modificare la cultura aziendale che ha sempre anteposto e tuttora antepone il profitto al rispetto dei diritti fondamentali e della natura”. 

Martina Rogato, co-portavoce di Impresa2030, specifica: “La proposta lascia inoltre ampi margini di aggirabilità. Le grandi imprese, per esempio, potrebbero aggiungere nuove clausole di condotta nei contratti con i partner fornitori minori e, così facendo, liberarsi dall’obbligo di vigilanza trasferendolo a questi ultimi”. 

Se da un lato la proposta prevede l’introduzione della responsabilità civile per la mancata osservanza degli obblighi di Due Diligence, il testo non tiene conto di una serie di ostacoli nell’accesso alla giustizia da parte delle vittime. “Non c’è alcun rimedio a una serie di fattori che spesso negano alle vittime di avere un equo processo – ha spiegato De Salvo –  come il costo elevato delle spese legali, i termini di denuncia troppo brevi, un onere della prova sproporzionato rispetto alla forza delle controparti. Immaginate, per esempio, una comunità indigena nigeriana che accusa una multinazionale del petrolio”. 

“Il progetto di direttiva della Commissione promette un nuovo percorso verso la giustizia e il risarcimento per le comunità e i lavoratori sfruttati, traumatizzati e feriti. Ma – illustra Rogato –  se non si rende più facile per le vittime citare le imprese in giudizio, è improbabile che faccia la differenza. E questa mancanza di responsabilità sostanziale rischia di perpetuare grandi problemi quali lo sfruttamento del lavoro, anche minorile, l’accesso alla terra e alle foreste, la distruzione di biodiversità e le emissioni di CO2 in atmosfera”. 

“A proposito di riscaldamento globale” – chiosa De Salvo – la Commissione Europea vuole che le imprese adottino un piano di transizione climatica in linea con l’obiettivo di 1,5 gradi dell’Accordo di Parigi sul clima. Tuttavia, la proposta non prevede conseguenze specifiche per la violazione di tale obbligo”.

La proposta, attesa e posticipata da giugno 2021 fino a oggi, sarà adesso oggetto di negoziazione da parte del Parlamento Europeo e del Consiglio: “Chiediamo ora al Parlamento Europeo e al Consiglio di rafforzare il testo e colmarne le mancanze, per  adattarla alle evidenti e urgenti esigenze di tutela delle persone e del Pianeta” conclude Rogato.

In Burkina Faso al fianco delle donne produttrici di riso

Ottimi risultati dopo due anni di progetto focalizzati sulla formazione delle donne rurali e sulla creazione di centri di trasformazione del riso.

Si è appena concluso il secondo anno del “Progetto per il miglioramento delle condizioni nutrizionali di donne e bambini nei distretti sanitari di Garango e Tenkodogo, Burkina Faso”, cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e con capofila l’ONG AES-CCC.

All’interno di questo progetto, ci occupiamo di realizzare formazioni destinate a 2000 donne rurali coltivatrici di riso al fine di migliorare la produzione (obiettivo 1) e, allo stesso tempo, stiamo creando dei centri di trasformazione del riso specializzati nella tecnica dell’étuvage che permette di produrre un riso di qualità migliore (il riso paraboiled) (obiettivo 2).

Per quanto riguarda il primo obiettivo, quest’anno abbiamo formato 1300 donne produttrici di riso che hanno imparato a seminare in linea (invece che in maniera randomica) e hanno  compreso l’importanza di una semina precoce, oggi fondamentale per far fronte ai cambiamenti climatici e alla diminuzione delle piogge stagionali.

Inoltre, abbiamo completato la formazione di tutte le 2000 donne coinvolte nel progetto sulle tecniche di produzione del compost partendo dai materiali organici disponibili nel villaggio, il che comporta l’abbandono di fertilizzanti chimici con un risparmio economico per le famiglie e benefici importanti per la salute dei terreni.

Alcune di queste donne, sono poi state coinvolte nella creazione di 4 piccoli campi sperimentali dove il riso è stato piantato, da una parte, con la tecnica tradizionale in uso dalle donne prima di essere coinvolte nel progetto, e dall’altro lato secondo le tecniche di produzione e uso di compost promosse da Mani Tese. In questo modo, col passare del tempo e vedendo crescere il riso, le donne hanno potuto confrontare il risultato delle due tecniche e verificare l’efficacia delle tecniche apprese.

È bello vedere come questa sperimentazione motivi e incoraggi le donne a utilizzare le nuove tecniche e le porta ad abbandonare i fertilizzanti chimici. Ed è bello vedere come anche molte donne non coinvolte nel progetto, ma che vivono in quest’area, vedendo i risultati della sperimentazione prendano esempio per migliorare la coltivazione e il rendimento dei propri campi.

Per quanto riguarda il secondo obiettivo, siamo molto felici di aver creato quattro nuovi centri di trasformazione del riso, formando 12 donne nella tecnica dell’étuvage (parboilizzazione). Durante questo processo, il riso paddy viene sottoposto a vari cicli di chauffage e sechage, ovvero il riso viene cotto con il vapore per poi essere essiccato prima della decorticazione. Il risultato è un riso di qualità fisica, organolettica e nutrizionale superiore al classico riso bianco; un riso che può essere venduto sul mercato a un prezzo leggermente più alto dando alle donne che lo hanno trasformato un margine di guadagno più interessante.

Per ogni centro di trasformazione del riso, sono stati poi organizzati dei momenti di condivisione, in cui le donne che hanno imparato la tecnica la mostrano alle altre donne del villaggio (anche non coinvolte nel progetto). Ogni centro è stato poi dotato di materiali e macchinari utili al processo di trasformazione e siamo riusciti anche ad aggiungere un piccolo kit di illuminazione utile alle donne che spesso lavorano anche dopo il tramonto.

I gruppi di donne dei centri di trasformazione, sono infine stati accompagnati in un processo di organizzazione in cooperativa. Sono state realizzate formazioni sulla gestione amministrativa ed è stato preparato un business plan per rendere sostenibili i centri di trasformazione.

Per scoprire tutte le storie del progetto, visitate la pagina dedicata sul sito: https://manitese.it/progetto/miglioramento-condizioni-nutrizionali-donne-e-bambini

Qui di seguito alcune foto di progetto:

A LEZIONE DI SOSTENIBILITÀ CON L’AGENDA 2030

Gli studenti e le studentesse del Liceo Classico Cesare Beccaria di Milano sono stati coinvolti/e in un percorso sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite.

L’Agenda 2030 sullo Sviluppo Sostenibile, sottoscritta da 193 Paesi delle Nazioni Unite nel settembre 2015, denuncia apertamente l’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo (business as usual) non solo dal punto di vista ambientale, ma anche da quello economico e sociale, sottolineando in questo modo l’interdipendenza tra le diverse aree interessate.

Interdipendenza che si esplicita nei cinque concetti base su cui si fonda l’Agenda, ovvero le 5P: Persone, Pianeta, Prosperità, Pace e Partnership. Tra queste sono proprio le Persone il focus dei nostri percorsi formativi, in quanto sono le prime destinatarie del documento, ma anche parte attiva del cambiamento. Nel momento in cui si rendono capaci di adottare un approccio innovativo, le Persone sono il fattore determinante del buon successo rispetto alle sfide globali.

Ecco l’obiettivo che anima il percorso “Sapiens a 5P: fare educazione civica con gli SDGs”: vogliamo avvicinare gli studenti all’Agenda 2030 e accrescere la consapevolezza del ruolo che ciascun individuo gioca all’interno del processo di cambiamento che li e ci attende.

Abbiamo da poco concluso questo percorso al Liceo Classico Cesare Beccaria di Milano, un’esperienza ricca di spunti interessanti che si è sviluppata in due incontri.

Durante il primo incontro, abbiamo ripreso gli aspetti fondamentali che caratterizzano la storia e la struttura degli organismi dell’ONU. A seguire, gli studenti e le studentesse hanno simulato una seduta dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

Estraendo uno/una alla volta una carta di ruolo, i ragazzi e le ragazze hanno interpretato i diplomatici delle 193 Nazioni che siedono presso l’Assemblea Generale dell’ONU; hanno avuto un po’ di tempo per entrare nella parte, si sono informati riguardo alle problematiche dei loro rispettivi Paesi e hanno deciso quali priorità discutere in sede d’Assemblea. Successivamente, hanno presentato e poi votato gli obiettivi, andando così a elaborare una loro Agenda 2030 e  proponendo i “Goals” universali, condivisi da tutte le Nazioni.

È stato proprio a partire dall’Agenda elaborata dagli studenti/studentesse che è stato poi possibile restituire il senso dell’Agenda 2030 reale: quali punti in comune? Quali parole sono venute a mancare? Quali sono gli ostacoli al cambiamento proposto?

Nel secondo e ultimo incontro si è ricondotta l’attenzione all’Agenda degli studenti, collegando tutti i punti con gli SDGs e i target relativi.

Il percorso si è sviluppato con un gioco di ruolo “Eroi ed Eroine”: la classe è stata divisa in piccoli gruppi e ciascuno di essi ha dovuto estrarre la card di un/una attivista per poi ricostruirne l’identikit, con domande da noi formulate. Al termine, due studenti per ogni gruppo hanno avuto  il compito di realizzare un’intervista doppia.

Attraverso questi due incontri è stata offerta ai ragazzi e alle ragazze la possibilità di familiarizzare con l’ONU, una realtà che spesso è vissuta come distante dal quotidiano e di cui  poco si conosce rispetto al ruolo strategico che gioca riguardo ai temi della sostenibilità.

Vuoi sperimentare anche tu, nella tua classe, il percorso didattico sull’Agenda 2030? Visita la nostra pagina dedicata: https://manitese.it/campagne/offerta-formativa-scuole

Qui di seguito alcune foto del percorso didattico:

La tutela dell’ambiente entra nella nostra costituzione

Giosuè De Salvo: “Molto soddisfatti, adesso regole cogenti per le imprese e rimedio per le vittime di abusi”.

Con 468 voti a favore, un contrario e sei astenuti, questa settimana la Camera dei Deputati ha introdotto nella Carta Costituzionale “la tutela dell’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni” (aggiunta all’Articolo 9). La modifica, in seconda lettura e già approvata al Senato con maggioranza dei due terzi lo scorso novembre, entrerà in vigore con effetto immediato.

Cambia anche l’articolo 41, che tutela l’iniziativa economica privata. “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, ALLA SALUTE e ALL’AMBIENTE. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali E AMBIENTALI”.

“Quest’ultima modifica, in particolare, è sostanziale – ha spiegato Giosuè De Salvo, responsabile Advocacy, Educazione e Campagne di Mani Tese e portavoce della campagna Impresa2030 – La sua approvazione ci lascia molto soddisfatti, adesso è indispensabile proseguire in questa direzione. La storia del nostro Paese è ricca di esiti sanitari e ambientali drammatici per quanto riguarda le iniziative imprenditoriali. Adesso che la tutela dell’ambiente è entrata nella nostra Costituzione, bisogna prevedere regole più severe per le aziende e rimedi certi ai loro impatti”.

È ora di darci una regolata

La campagna Impresa2030 nasce da dodici ONG italiane – ActionAid Italia, Equo Garantito, Fair, Fairtrade, Focsiv, Fondazione Finanza Etica, Human Rights International Corner (HRIC), Large Movements APS, Mani Tese, Oxfam Italia, Save the Children e WeWorld – per fare pressione sulla Commissione Europea che sta lavorando al testo di una direttiva sulla “dovuta diligenza” in materia di diritti umani e ambiente.

“Chiediamo che i nostri rappresentanti istituzionali colgano questa occasione storica per ripensare il ruolo delle imprese nella società, e che quando la proposta di direttiva verrà pubblicata e si aprirà la fase di negoziazione, non cedano alle pressioni del mondo delle grandi lobby conservatrici. La tutela dell’ambiente deve essere un caposaldo di tutte le legislazioni che regolano le attività imprenditoriali”.

Dopo una serie di slittamenti indotti da contrasti in seno al collegio dei Commissari UE, la proposta di direttiva è ora attesa entro la fine del mese di febbraio.

Scopri di più su impresa2030.org

Energia pulita per vivere meglio in Kenya

L’uso del biogas per contrastare gli effetti del riscaldamento globale.

Il cambiamento climatico è una delle sfide che il mondo sta affrontando ed una delle sue cause è il degrado ambientale, che deriva dalla deforestazione, dall’uso di fertilizzanti chimici e di altri prodotti inquinanti nonché dalla scorretta gestione dei rifiuti.

Preservare l’ambiente potrebbe non essere sufficiente per invertire i cambiamenti climatici, ma ci aiuterà sicuramente a gestirne gli effetti in modo più sostenibile. Per questo noi di Mani Tese in Kenya siamo impegnati a promuovere attività che riducano l’impatto dell’uomo sull’ambiente.

La Contea di Baringo, in particolare, è una delle aree identificate come zone aride e semi-aride. Le precipitazioni annue sono spesso minime e, nella maggior parte dei casi, si assiste a un periodo prolungato di siccità. Nell’area sono però presenti alberi che resistono alla siccità, come l’acacia, che fornisce un aiuto notevole al controllo dell’erosione del suolo.

In questa zona molte persone dipendono dall’allevamento del bestiame, che però non è una fonte di reddito affidabile. La maggior parte vende quindi carbonella, usata anche come principale fonte combustibile per cucinare, e abbatte gli alberi per trasformarli in legna. Ovviamente si tratta di attività che hanno contribuito notevolmente al degrado dell’ambiente.

Dato che l’area è attraversata da un fiume e da alcuni corsi d’acqua stagionali, i residenti praticano anche un’agricoltura di sussistenza utilizzando fertilizzanti chimici e contribuendo così all’ulteriore degrado della terra.

Per contrastare questi fenomeni e nel contempo generare fonti di sostentamento più sostenibili, nell’ambito del progetto “Agri-change: piccole imprese grandi opportunità. Sviluppo di filiere agro-alimentari nel bacino del fiume Molo, cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, sono stati selezionati 25 agricoltori che hanno ricevuto alcuni maiali da allevare.

La preoccupazione principale della maggior parte degli agricoltori interessati all’ingrasso degli animali era però la gestione dei rifiuti, poiché i maiali sono noti per produrne molti, che rendono l’ambiente sporco e causano inquinamento atmosferico. Per risolvere questo problema abbiamo installato – per ora presso tre degli agricoltori coinvolti – un impianto per il biogas per gestire i rifiuti in modo più sostenibile. A breve tutti i 25 beneficiari riceveranno l’impianto, che migliorerà la sostenibilità ma anche l’approvvigionamento energetico, dal momento che i prezzi dei prodotti petroliferi, compreso quelli del GPL, sono aumentati in Kenya.

L’energia pulita ricavata dal biogas sarà usata per cucinare, cosa che ridurrà a sua volta il numero di alberi abbattuti per la legna da ardere e per la carbonella. Le donne, inoltre, potendo dedicarsi meno alla raccolta della legna, avranno a disposizione più tempo per altre attività.

L’impianto di biogas produce, inoltre, il bioslurry, un liquido che fuoriesce dopo che si è prodotto il Gas. Questa sostanza è un concime biologico molto buono che, utilizzato come fertilizzante, sostituirà quelli chimici, dannosi per l’acidità del suolo e l’impoverimento dei minerali nel terreno. Il degrado del suolo potrà essere così ridotto o eliminato passando all’agricoltura organica, che include l’uso di strumenti come letame, bio fertilizzanti e bio pesticidi.

I tre beneficiari che hanno già installato il sistema per il biogas sono molto contenti perché possono gestire efficacemente i rifiuti e godere di una fonte di energia pulita per cucinare.

“Sono molto felice della fornitura di questo impianto a biogas, che è una tecnologia totalmente nuova per me – ha detto uno dei beneficiari durante l’installazione – Non sapevo che le deiezioni di maiale e di altro bestiame potessero essere utilizzate per produrre gas per cucinare. Conoscevo solo il gas ma non lo usavo perché troppo costoso e la mia famiglia è numerosa. Ora possiamo cucinare per tutti in modo comodo e veloce perché disponiamo di due fornelli. Da oggi smetterò ufficialmente di andare nella foresta a raccogliere legna da ardere”.

Siamo convinti che questa attività darà presto i suoi frutti offrendo un’opportunità sostenibile per la produzione del calore per la cottura dei cibi e gradualmente sarà anche in grado di partecipare all’attenuazione del fenomeno del degrado  ambientale, divenuto dilagante in quasi tutte le regioni del Kenya, compresa quella di Baringo.

Alcune foto dell’installazione dell’impianto di biogas:

Kenya: a piedi da Eldoret per sensibilizzare sulla vaccinazione

Leonard Kiplagat ha percorso a piedi più di 300 km per ringraziare il personale sanitario e per invitare le persone a vaccinarsi.

Il Kenya sta vivendo una nuova ondata di Covid. La variante Omicron sembra aver preso il sopravvento. Si è inoltre verificata una forte incidenza di casi di “influenza” nelle comunità.

Il 2021 è stato per il Kenya un anno pieno di difficoltà, il 2022 si apre con la preoccupazione di possibili nuove restrizioni che potrebbero dare il colpo di grazia alla fragile economia.

In questo panorama complesso e difficile, ci sono però anche delle storie positive. Quella che vi raccontiamo oggi è la storia di un uomo che ha deciso di fare sensibilizzazione in un Paese in cui la riluttanza vaccinale è ancora alta, nonostante i vaccini stiano finalmente arrivando.

Leonard Kiplagat ha voluto compiere un atto simbolico: è partito a piedi da Eldoret con la bandiera del Kenya e recentemente ha raggiunto la capitale Nairobi. Lo ha fatto per ringraziare il personale sanitario e per invitare le persone a vaccinarsi.

Leonard ha deciso di agire spinto dalla velocissima diffusione della variante Omicron e dai bassi tassi di vaccinazione. A dicembre, infatti, poco più del 10% delle persone in Kenya risultava vaccinato.

Leonard, con un fischietto e una bandiera, ha percorso a piedi più di 300 km, fermandosi nei mercati, alle stazioni dei bus e chiamando la gente per informarla dei rischi del virus e dei benefici della vaccinazione. Un gesto di forza e speranza, che anche il ministero locale ha dichiarato lodevole.

Insieme al nostro partner locale Necofa, noi di Mani Tese seguiamo con preoccupazione l’evolversi della situazione e le notizie di molte persone che riportano casi di influenza. Nondimeno continuiamo il lavoro di sensibilizzazione a fianco delle comunità anche in questi giorni con i nostri progetti di cooperazione AGRI-CHANGE: piccole imprese grandi opportunità, cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, MAZIWA! impiego giovanile e sviluppo economico in ambito rurale, cofinanziato da Regione Emilia Romagna, e MAZIWA! un approccio integrato alla filiera della capra da latte in Baringo, sostenuto interamente da Mani Tese.

Benin: la storia di Yoro Cathérine

Da tagliatrice di legna a presidente di un proficuo gruppo di donne orticoltrici: “Quella di Mani Tese è la “scuola” che non ho potuto frequentare”.

Cathérine è una donna sulla cinquantina, vive a Tampègré con i suoi 6 figli e il marito. Cathérine ha conosciuto Mani Tese nel 2014 attraverso una formazione sulla strutturazione e l’organizzazione di gruppi di trasformazione. Dopo la formazione ha costituito un gruppo con altre 25 donne dal nome “Tétooma” e ne è diventata la Presidente.

Grazie ai progetti di Mani Tese, il gruppo è stato formato sulla trasformazione della manioca e sulla commercializzazione dei prodotti. Inoltre, le donne hanno ricevuto da Mani Tese le attrezzatture per la lavorazione, tra cui una grattugia motorizzata e una pressa. Infine, per garantire un’indipendenza economica al gruppo, Mani Tese ha messo in contatto le donne con una struttura di microfinanza, che ha concesso loro dei prestiti, attraverso i quali hanno potuto aumentare le capacità di trasformazione e produzione.

Oggi, il gruppo di Cathérine ha un campo di produzione collettiva di manioca, fa orticoltura e produce verdure come i pomodori, i fagiolini e l’ocra.

Oggi, grazie ad un nuovo progetto di Mani Tese, “Miglioramento della sicurezza alimentare e delle condizioni igienico-sanitarie delle comunità dell’Atacora” cofinanziato grazie ai fondi 8 per 1000 dell’IRPEF a diretta gestione statale, le donne sono formate sulle tecniche di produzione agricola del mais giallo, l’igname, il sesamo e la patata dolce, che erano scomparsi dalle abitudini alimentari. Il ritorno di queste colture si è rivelato un vantaggio per le famiglie perché ha aumentato la disponibilità di cibo e i loro redditi.

Inoltre, Cathérine con il suo gruppo ha partecipato ad alcune sessioni formative sull’importanza della scuola, dopodiché è stata spesso chiamata alle riunioni delle associazioni dei genitori per sensibilizzarli sui rischi dell’abbandono scolastico e, con il suo gruppo, ha formato una squadra per la sensibilizzazione delle ragazze sull’importanza di non abbandonare la scuola.

Cathérine si chiede se non avesse fatto la formazione, ma fosse rimasta nei campi, chi avrebbe parlato a nome delle donne nel villaggio. Dice di essere grata per aver potuto partecipare alla “scuola” di Mani Tese, che le ha fatto imparare molte cose e le ha permesso di cambiare la sua vita, senza più dover passare tutto il tempo a tagliare legna per trasformarla in carbone come ancora fanno molte donne del suo villaggio.

Oggi Cathérine è in grado di contribuire alle spese di casa grazie ai profitti che ricava dalla commercializzazione del gari, la manioca lavorata, e quando i suoi figli sono malati e suo marito è assente, riesce a occuparsi di loro. Inoltre, riesce a comprarsi anche qualcosa per sé.

I suoi tre figli più grandi, purtroppo, non vanno più a scuola, ma i tre più piccoli sì, uno è già alla scuola secondaria.

Aver capito l’importanza della scuola per i figli è stato fondamentale e di questo ringrazia Mani Tese e tutto lo staff.

Si ritiene una donna felice perché ha acquistato un nuovo valore anche all’interno della famiglia e considera Mani Tese come la “scuola” che non ha avuto la possibilità di frequentare.

Una foto di Cathérine davanti alla sua casa