Ritorno alla terra
Un progetto per migliorare le condizioni di vita della popolazione locale, attivando in particolare processi di occupazione giovanile, di reinserimento professionale ed economico per i migranti di ritorno, di assistenza psicologica per i minori in Guinea Bissau.
Il contesto
La Guinea-Bissau rappresenta uno snodo critico per le migrazioni, sia per i guineani che per gli abitanti di Senegal e di Guinea Conakry, che qui transitano per proseguire nella loro avventura verso il nord. Le ragioni sono molte: carenza nella politica infrastrutturale del sistema statale, mancanza di investimenti in agricoltura, poca attenzione all’agricoltura di piccola scala, impoverimento dei suoli, disoccupazione record (65% nella fascia d’età 15-35 anni). Così partono in molti, ma anche tanti ritornano. Partono attratti dai risultati positivi ottenuti con le migrazioni degli anni ’80 e ’90 ed ignari dei grandi pericoli. Esiste anche un fenomeno legato alle migrazioni non regolari di minori non accompagnati, definiti “talibé”. Vengono affidati a familiari o a persone conosciute per studiare all’estero. In realtà finiscono nelle scuole coraniche dei paesi africani limitrofi e vengono spesso impiegati in attività di accattonaggio.
Gli obiettivi
L’obiettivo generale del progetto Ritorno alla terra, finanziato da AICS e OIM, si è occupato di migliorare le condizioni di vita della popolazione locale, attivando in particolare processi di occupazione giovanile, di reinserimento professionale ed economico per i migranti di ritorno, di assistenza psicologica per i minori trafficati e per le loro famiglie e facendo emergere la consapevolezza sui rischi della migrazione irregolare e della tratta di minori.
Le attività
1. Formazione e produzione orticola agroecologica – Sono stati individuati 4 nuovi orti comunitari e si è operato anche su altri 4 realizzati nel corso di un precedente progetto. I beneficiari coinvolti sono stati quasi esclusivamente donne. L’organizzazione degli orti ha previsto un comitato di gestione e l’elezione di un presidente per ciascun comitato. I risultati della prima annualità sono stati confortanti.
2. Formazione e produzione avicola comunitaria – L’attuale progetto, oltre a continuare ad appoggiare 5 pollai realizzati in un precedente progetto, ne ha costituiti 2 nuovi nella regione di Bafatà. È stata inoltre fornita un’apposita formazione, oltre a una prima fornitura di mangimi e animali. Particolare attenzione è stata posta nel creare canali commerciali per i prodotti avicoli.
3. Filiera arachide – A ognuno dei 125 beneficiari (di cui 35 migranti di ritorno) sono stati forniti una zappa, un machete, arachidi sufficienti a coltivare 0.5 ha di terreno ed ovviamente una formazione adeguata. I primi risultati sono stati molto soddisfacenti: ca. 70 tonnellate di prodotto.
4. Creazione di un info point per giovani e sostegno psicosociale per i migranti di ritorno – Si è ristrutturato allo scopo il centro multifunzionale giovanile di Gabu. Vi si sono realizzati un corso di inglese e dei corsi rivolti ai giovani su tematiche relative alla pianificazione del proprio futuro e della propria attività lavorativa, mentre un corso di alfabetizzazione ha interessato 25 persone, di cui 17 migranti di ritorno. Abbiamo organizzato manifestazioni per sensibilizzare i giovani sui rischi della migrazione irregolare e sulle problematiche dei matrimoni precoci, dibattiti, spettacoli teatrali su problemi giovanili, incontri.
5. 6 percorsi di coscientizzazione per donne con parenti emigrati e madri di potenziali emigranti – 9 incontri che hanno coinvolto 328 donne durante i quali si è cercato di approfondire questo aspetto e di lenire i sensi di colpa e le loro sofferenze, prospettando anche opportunità economiche locali.
6. Campagna di sensibilizzazione sulla migrazione – 2 pubblici dibattiti sono stati tenuti a Gabu e Bafatà con argomento i bambini talibé e la migrazione irregolare e con la collaborazione di un locale gruppo teatrale.
7. Convegno sulla tratta – Si è tenuto a Milano come già in passato (è stata questa la quarta edizione) in collaborazione con Caritas Ambrosiana e PIME, alla presenza di 300 persone. Particolarmente trattati sono stati il fenomeno dei bambini talibé e dei matrimoni forzati.