1 milione di alberi contro il cambiamento climatico

Dal 30 novembre al 11 Dicembre gli occhi del mondo saranno su Parigi e sulla conferenza sul cambio climatico, una emergenza ormai chiara e non più rimandabile. Nell’attesa che la burocrazia e le mediazioni riescano almeno a raggiungere un compromesso minimo ma quanto mento vincolante per tutti i paesi, numerosi sono i progetti che già […]

Dal 30 novembre al 11 Dicembre gli occhi del mondo saranno su Parigi e sulla conferenza sul cambio climatico, una emergenza ormai chiara e non più rimandabile.

Nell’attesa che la burocrazia e le mediazioni riescano almeno a raggiungere un compromesso minimo ma quanto mento vincolante per tutti i paesi, numerosi sono i progetti che già lavorano sul terreno per cercare di ridurre la pressione sull’ambiente e dare risposte concrete alle nostre responsabilità verso le generazioni future.

Il Kenya è un paese che perde, ogni anno, una superficie forestale pari a di 20 campi da calcio, con conseguenti drammatiche conseguenze sulla piovoistà, sulla erosione dei suoli e la perdita di biodiversità.

E nel Kenya centro-occidentale Mani Tese, insieme al partner locale NECOFA, sta lavorando concretamente per combattere, in prima linea, il cambiamento climatico.

Il centro della azione è il bacino del fiume Molo, che va dalle montagne del Mau alle piane aride del lago Baringo con un progetto cofinanziato dal Ministero degli Affari Esteri e dalla Cooperazione Internazionale.

Fedeli all’insegnamento del premio Nobel Wangari Maathai “Until you dig a hole, you plant a tree, you water it and make it survive, you haven’t done a thing. You are just talking” , il progetto ha distriubuito 1 milione di piante e sta attualmente distribuendo 15 mila stufe migliorate a basso consumo energetico.

installazione

Il 64% delle famiglie in Kenya usa la legna come combustibile e questo, oltre alla pressione sull’ambiente, aumenta il carico di lavoro, specie delle donne nelle zone rurali, costrette ad andare nella foresta per raccogliere il legname necessario. Il progetto ha distribuito alberi alle famiglie da piantare nelle zone marginali degli appezzamenti da usare come fonte di legna e nel contempo ha introdotto le stufe migliorate. La semplice tecnologia, che permette una riduzione di consumi di più del 50%, è costituita da 2 blocchi centrali, le stufe, che vengono assemblati, con materiale locale, per formare un blocco unico. I materiali sono facilmente disponibili localmente e le formazioni nei gruppi rendono possibile la familiarizzazione con la tecnica e la sua replicabilità. L’impatto è nettamente positivo, andando a ridurre i consumi di legna e quindi le spese per la famiglia, aumentando il tempo disponibile, specie per le donne e in più contribuendo a ridurre la pressione sulla foresta.

stufe distribuzione 2

Questo è il contributo, piccolo ma concreto, che sul terreno Mani Tese con i suoi partner sta dando per combattere il cambiamento climatico.

Ora la parola ai decisori politici!

La voce dei coltivatori, pescatori e allevatori di piccola scala

Si è chiuso lo scorso fine settimana a Napoli il Grand Tour di Expo dei Popoli. Un road show che per tutto il mese di ottobre ha attraversato l’Italia  a bordo di due coloratissimi pulmini T2, Cin e Van, per dar voce ai grandi esclusi dall’Expo ufficiale: coltivatori, pescatori e allevatori di piccola scala dell’Italia […]

Si è chiuso lo scorso fine settimana a Napoli il Grand Tour di Expo dei Popoli. Un road show che per tutto il mese di ottobre ha attraversato l’Italia  a bordo di due coloratissimi pulmini T2, Cin e Van, per dar voce ai grandi esclusi dall’Expo ufficiale: coltivatori, pescatori e allevatori di piccola scala dell’Italia e del mondo.

Venerdì 30 ottobre nella centralissima piazza Dante, si sono alternati allo “speaker’corner” allestito per l’occasione gli ambasciatori campani di “buone pratiche” in fatto di produzione, trasformazione e distribuzione del cibo. Tra loro Giuseppe Orefice di Slow Food, Alessandra Balduccini, produttrice di olio bio della Costiera Sorrentina e Maria Rosaria Mariniello di Cortocircuito Flegreo. Ad accogliere i cittadini curiosi la bellissima mostra a fumetti di Becco Giallo, casa editrice specializzata nella produzione di fumetti di impegno civile, e le infografiche di Cartografare il Presente, centro di ricerca e documentazione dell’Università di Bologna.

La due giorni è proseguita sabato 31 ottobre al Complesso Monumentale di San Domenico Maggiore dove si è svolta la conferenza internazionale “Food Smart Cities”. Una giornata di riflessione con esperti nazionali e internazionali nata per valorizzare il ruolo che un’alleanza tra amministrazioni locali e società civile può giocare nel favorire la nascita di sistemi alimentari inclusivi, sostenibili e giusti. Tra i relatori:  Giosuè De Salvo (responsabile advocacy di Mani Tese), Ana Moragues Faus (Università di Cardiff), Florence Egal (International Urban Food Network), Giacomo Pettenati  (Università di Torino), Enrico Panini (assessore al  Lavoro del Comune di Napoli), Maria Ferrer (Caritas di Bilbao), Wouter Boesman (ufficio Cooperazione Nord-Sud del comune di Gent), Giovanni Bazzocchi (Centro Studi e Ricerche Agricoltura Urbana e Biodiversità). Ospite di eccezione: Blandine Sankara dell’associazione Yelemani, sorella del presidente Thomas Sankara, eroe africano, padre della rivoluzione del Burkina Faso, assassinato nel 1987.

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L’Africa che ho scoperto io non è quella che si studia sui libri

“Il matrimonio di Balkissa, il rossetto rosa di Manò, lo spirito da regina di Clemence, la simpatia di Nadine, la compostezza elegante di Chantal e il vestito verde-giallo di Rachele. Ecco un lato delle sei delegate del Burkina Faso che, in occasione di Terra Madre Giovani, hanno animato di vita della sede di Mani Tese […]

“Il matrimonio di Balkissa, il rossetto rosa di Manò, lo spirito da regina di Clemence, la simpatia di Nadine, la compostezza elegante di Chantal e il vestito verde-giallo di Rachele. Ecco un lato delle sei delegate del Burkina Faso che, in occasione di Terra Madre Giovani, hanno animato di vita della sede di Mani Tese nella prima settimana di ottobre.

L’Africa e l’Expo 2015. Un problema di rappresentazione

Pubblicato da Corriere Sociale il 30 ottobre 2015 Se proviamo a fare un gioco e disegniamo una mappa del mondo, dando ai vari Paesi le dimensioni degli stand di Expo 2015, vediamo subito che è stata l’esposizione dell’Europa e del petrolio. L’Europa e i Paesi del Golfo ci appaiono come bolle sul punto di esplodere. […]

Pubblicato da Corriere Sociale il 30 ottobre 2015

Se proviamo a fare un gioco e disegniamo una mappa del mondo, dando ai vari Paesi le dimensioni degli stand di Expo 2015, vediamo subito che è stata l’esposizione dell’Europa e del petrolio.

L’Europa e i Paesi del Golfo ci appaiono come bolle sul punto di esplodere. L’Africa a Sud del Sahara invece è un buco nero nella mappa, con l’eccezione di Sudan e Angola, gli unici due Paesi africani ad essere presenti fuori dai cluster. Vale la pena di notare che i due Paesi sono tra i grandi produttori di petrolio africano e che si trovano nelle prime posizioni nella poco lusinghiera classifica degli stati con i governi da più tempo al potere.

Al di là di questi casi, è l’intera Africa a Sud del Sahara ad essere stata poco e male rappresentata a Expo 2015. Quattordici Paesi non hanno partecipato, alcuni per mancanza di risorse o perché impegnati in difficili transizioni politiche (Burkina Faso e Repubblica Centrafricana). Tra i grandi assenti ci sono però giganti dell’economia africana come la Nigeria e il Sudafrica.

I 35 Paesi presenti si sono sistemati quasi tutti nei cluster, riproponendo vecchie immagini e stereotipi che vedono l’Africa come continente arido (7 Paesi nel cluster paesi aridi) o come produttore di beni per l’Europa (17 Paesi nei cluster, caffè, cacao, frutta e spezie).

Il caso più buffo è quello della Liberia, collocata dagli organizzatori nel gruppo dei Paesi aridi. Peccato che la Liberia sia il quattordicesimo Paese più piovoso al Mondo.

L’Africa non arida invece è quella che produce per l’Occidente. Paesi come l’Etiopia, il Kenya, l’Uganda, il Rwanda sono finiti nel cluster del caffè, senza che nessuno si interrogasse sul fatto che in questi Paesi il 20-30% della popolazione locale non ha accesso a cibo sufficiente per vivere.

Nell’Expo 2015 è mancata la prospettiva delle popolazioni locali. Tolte alcune eccezioni nei padiglioni africani si è parlato poco di cibo e quando lo si è fatto, era sempre il cibo degli altri, del Nord globale. Gli africani avrebbero molto da dire soprattutto su un modello di agricoltura diverso, fondato sulle reti produttive e commerciali locali che portano benefici alle popolazioni locali.

Il continente africano è in grande evoluzione, l’economia cresce rapida, ma rimane rappresentato con gli stereotipi della sterilità o dell’agricoltura. Mani Tese, con il lavoro all’interno di Expo dei Popoli, in questi mesi ha invitato rappresentanti dei movimenti contadini africani dentro e fuori lo spazio espositivo di Expo 2015. Affrontare l’eredità di Expo 2015 significa sviluppare le idee positive emerse per cambiare un modello alimentare che emargina centinaia di milioni di persone a favore degli interessi di pochi soggetti, nel Nord e nel Sud globale.

Le nostre ragazze

“In occasione di Terra Madre Giovani 2015, Mani Tese si è offerta di ospitare le giovani donne del Burkina Faso. Le “nostre ragazze”, così ci siamo abituate a chiamarle, sono arrivate a Milano il 2 ottobre insieme a centinaia di colleghi e colleghe provenienti da tutto il mondo per partecipare all’evento organizzato da Slow Food […]

“In occasione di Terra Madre Giovani 2015, Mani Tese si è offerta di ospitare le giovani donne del Burkina Faso. Le “nostre ragazze”, così ci siamo abituate a chiamarle, sono arrivate a Milano il 2 ottobre insieme a centinaia di colleghi e colleghe provenienti da tutto il mondo per partecipare all’evento organizzato da Slow Food e Slow Food Youth Network: “Terra Madre Giovani – We Feed The Planet. L’occasione ha dato modo ai giovani e alle giovani di incontrarsi, discutere e confrontarsi per dar voce alla necessità di ridare valore al cibo, nel rispetto di chi produce, in armonia con ambiente ed ecosistemi, grazie ai saperi di cui sono custodi territori e tradizioni locali.

Food Up!

Food up! From grassroot alternative food systems to new forms of food governance” 23/25 ottobre 2015 Binario 7 “Urban Center”, Monza, Italia

Food up! From grassroot alternative food systems to new forms of food governance”

23/25 ottobre 2015

Binario 7 “Urban Center”, Monza, Italia

World Food Day, da nord a sud

Lo scorso 16 Novembre si è celebrato il World Food Day. Una occasione, specie durante l’anno di Expo 2015 e Expo dei Popoli, per ribadire le nostre posizioni a un cibo “good, clean and fair”. E in contemporanea con i tanti eventi in Italia anche in Kenya si è celebrata la giornata, organizzata da  PARTICIPATORY […]

Lo scorso 16 Novembre si è celebrato il World Food Day. Una occasione, specie durante l’anno di Expo 2015 e Expo dei Popoli, per ribadire le nostre posizioni a un cibo “good, clean and fair”.

E in contemporanea con i tanti eventi in Italia anche in Kenya si è celebrata la giornata, organizzata da  PARTICIPATORY ECOLOGICAL LAND USE MANAGEMENT (PELUM-KENYA), organizzazione Non Governativa che lavora nella contea di Nakuru con il Baraka Agriculture College (BAC), Network for Eco-farming in Africa (NECOFA), Agriculture Rural Development Program (ARDP) and Maendeleo Endelevu Action Program (MEAP).

La fame è una ingiustizia e non una fatalità

“La fame si può vincere. A volte si sente dire che la fame esiste perché sulla terra non c’è cibo sufficiente per nutrire tutti gli uomini. Ma secondo la FAO l’attuale produzione di cereali potrebbe fornire a ogni uomo, donna e bambino che vivono sulla terra più di 3000 calorie e ben 65 grammi di […]

La fame si può vincere. A volte si sente dire che la fame esiste perché sulla terra non c’è cibo sufficiente per nutrire tutti gli uomini. Ma secondo la FAO l’attuale produzione di cereali potrebbe fornire a ogni uomo, donna e bambino che vivono sulla terra più di 3000 calorie e ben 65 grammi di proteine al giorno. Inoltre la terra può garantire una produzione di cereali 25 volte superiore a quella attuale. Eppure la fame esiste e assume proporzioni sempre più drammatiche. Stime prudenti indicano che nel mondo almeno 460 milioni di persone soffrono di carenze alimentari molto gravi e coloro che non mangiano a sufficienza sono ben due miliardi. […] La fame è una ingiustizia e non una fatalità.”