La casa di Salomè si trova in Kenya, a 2700 metri di altitudine, tra colline dove domina il mais, ma risaltano anche il verde acceso del grano e i fiori bianchi e viola delle piante di patate.
Siamo qui perché lo scorso anno Salomè ha vinto il premio come miglior piccolo agricoltore della contea di Nakuru, in Kenya, e in questa casa si sono svolti i festeggiamenti per la giornata mondiale dell’alimentazione.
Dopo le presentazioni di rito, Salomè ci mostra il suo orto dove piante a noi più familiari come cavoli e carote, si alternano a prodotti locali come il sukuma wiki e l’albero del pomodoro.
All’interno della fattoria troviamo galline, capre e, soprattutto, tre mucche che producono il latte, alimento fondamentale per la dieta e la cultura tradizionale di questa parte dell’Africa.
Si tratta di una piccola fattoria, ma è difficile immaginare una manifestazione più efficace del concetto di agro-biodiversità. Ed è proprio grazie all’integrazione di attività diverse che Salomè può fare a meno di prodotti chimici: il letame prodotto dagli animali è utilizzato per fertilizzare i campi e la rotazione delle colture riduce la presenza di agenti patogeni. Per eliminare eventuali insetti nocivi per le coltivazioni, Salomè usa prodotti a base di erbe locali che in questo contesto sono più che sufficienti a garantire una buona produzione.
La scelta di una tecnica biologica è dovuta in primo luogo al fatto che buona parte di quello che produce viene consumato dalla sua famiglia o dalla comunità e quindi non vuole che vi siano rischi. Anche i produttori di tè, ci dice, che usano molti prodotti chimici per incrementare la produzione destinata al mercato nazionale e internazionale, quando coltivano i prodotti destinati al consumo locale preferiscono tecniche biologiche.
Prima di farci entrare in casa, Salomè ci mostra il pozzo da cui prende l’acqua per irrigare l’orto. Si tratta di un ingegnoso sistema realizzato con prodotti di riciclo: a una prima occhiata si riconoscono una ruota e una catena di una bicicletta.
All’interno della sua abitazione, illuminata da lampadine alimentate da un piccolo pannello solare, Salomè ci offre un porridge di mais e sorgo e ci racconta la sua storia di agricoltore modello. Nel 2005 ha iniziato a collaborare con l’ONG locale Necofa e oggi è a capo di un gruppo di contadini che praticano l’agroecologia. Le sue giornate si dividono tra le incombenze domestiche, la cura dell’orto e i seminari di formazione tecnica e politica che svolge nei villaggi circostanti.
È raro trovare in un contadino una tale consapevolezza del legame esistente tra attività nei campi e rivendicazione dei propri diritti. Il mese scorso Salomè ha partecipato al forum organizzato da Necofa per affermare il valore dell’agroecologia, in contrapposizione alla cosiddetta “rivoluzione verde” che negli stessi giorni veniva celebrata in una conferenza a Nairobi.
Questa storia ci racconta che le alternative non sono riservate a nicchie di agricoltori nel Nord del mondo e che l’agroecologia rappresenta un modello innovativo e non un ritorno al passato. La retorica dell’Africa sterile, che per sopravvivere ha bisogno della chimica occidentale, ha fatto il suo tempo.