Prosegue il nostro impegno contro la violenza di genere in Guinea-Bissau 

Al via il progetto “No tene diritu a um vida sem violência”(Abbiamo diritto a una vita senza violenza) per la prevenzione e il contrasto alla violenza sulle donne e l’accoglienza delle vittime, che estende l’azione di Mani Tese a due nuove regioni nel Paese.

Il mese scorso abbiamo lanciato in Guinea Bissau il progetto No tene diritu a um vida sem violência”(Abbiamo diritto a una vita senza violenza) – Reforço dos mecanismos de proteção às vítimas de VBG e promoção dos direitos das mulheres na Guiné-Bissau. Si tratta di un progetto finanziato dall’Unione Europea e implementato da Mani Tese, capofila, in partenariato con FEC – Fundação- Fé e Cooperação, ENGIM – Fondazione Ente Nazionale Giuseppini Murialdo e AMIC – Associação dos Amigos da Criança.  

Il progetto ha come obiettivo quello di migliorare il contrasto alla violenza di genere in Guinea Bissau intervenendo nell’ambito della protezione delle vittime, della prevenzione alla violenza, del miglioramento delle competenze istituzionale e della formazione e creazione di opportunità socio-economiche femminili. 

Si tratta di un’iniziativa realizzata in continuità con il pregresso progetto pilota triennale “No na cuida de no vida, mindjer” – Emancipação e direitos para meninas e mulheres na Guiné-Bissau-projeto piloto” implementato da Mani Tese tra il 2018 e il 2021. 

L’evento di lancio di “No tene diritu a um vida sem violência” si è svolto nella Casa dei Diritti, cuore della Società Civile impegnata nella promozione dei diritti umani a Bissau.  

“La lotta alla violenza di genere è un’area di intervento prioritaria per Mani Tese in Guinea Bissau, poiché limita fortemente i diritti umani e lo sviluppo personale e socioeconomico di un Paese con cui collaboriamo da più di 40 anni” ha dichiarato Martina Pizzolato, Rappresentante Legale di Mani Tese in Guinea Bissau, prendendo la parola in apertura.  

Dati alla mano, l’Ambasciatore dell’Unione Europea Artis Bertulis ha proseguito: “Attualmente nel Paese il 37% delle ragazze si sposa prima della maggiore età, il 27% delle donne hanno avuto figli prima dei 18 anni e il 50 % delle bambine di 14 anni sono state sottoposte a mutilazione genitale femminile. Questi dati sono uno dei motivi per cui l’Unione Europea continua a credere e sostenere l’implementazione del modello di contrasto alla violenza proposto dal progetto”. 

Marliatu Djaló Condé, Presidente del Comitato Nazionale per l’Abbandono delle Pratiche Tradizionali Nefaste in rappresentanza del Ministero della Donna, ha espresso il pieno supporto istituzionale al progetto: “Il Ministero della Donna, della Famiglia e della Solidarietà Sociale conta sull’appoggio e la collaborazione delle organizzazioni della società civile in quanto attori chiave non soltanto della promozione e della protezione dei diritti umani, ma anche del miglioramento della qualità della vita dei cittadini”, ha dichiarato. 

Il progetto “No tene diritu a um vida sem violência” prosegue il nostro impegno nella protezione e accoglienza di donne vittime di violenza di genere. Rispetto al precedente progetto, abbiamo però esteso la nostra azione a due nuove regioni di intervento con l’attivazione di un nuovo centro e due famiglie dedicate all’accoglienza delle vittime di violenza di genere nella regione di Cacheu e altre due famiglie nella regione di Oio.  

Oltre alla protezione, Mani Tese si fa anche promotrice di un’iniziativa di advocacy sul territorio per richiamare l’attenzione sulle politiche pubbliche relative alla violenza di genere in Guinea Bissau. Durante il lancio di progetto, infatti, abbiamo annunciato la creazione di un tavolo di concertazione tra organizzazioni della società civile e istituzioni, di cui saremo responsabili insieme all’Istituto della Donna e del Bambino (sotto la direzione del Ministero della Donna, della Famiglia e della Solidarietà Sociale).  

Il nostro obiettivo è quello di creare un dibattito sulle politiche e le leggi attive in tema di violenza di genere in Guinea Bissau e presentare un documento di posizionamento agli organi di governo competenti per migliorare il contrasto al fenomeno in tutte le sfere della vita quotidiana delle bambine e delle donne, a partire dall’ambito familiare passando per il settore educativo, sanitario e della sicurezza pubblica. 

Il coinvolgimento di tutti i partner, come ha ricordato Martina Pizzolato, è fondamentale per combattere la violenza e la discriminazione contro le ragazze e le donne creando davvero un impatto tangibile sul Paese. 

L’avocado è sostenibile?

Mani Tese pubblica un dossier sulla filiera dell’avocado in Colombia condotto nell’ambito del progetto Food Wave

Il caso studio di Mani Tese

Milano, xx maggio 2023L’avocado diventerà entro il 2030 il frutto tropicale più venduto al mondo con 12 milioni di tonnellate prodotte e quasi 4 destinate all’esportazione, secondo le stime di OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) e FAO (Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura delle Nazioni Unite).

Per verificare gli impatti ambientali e sociali di uno degli alimenti più trendy tra i giovani europei (e non solo), a inizio febbraio 2023 Mani Tese ha svolto una missione investigativa sulla filiera dell’avocado in Colombia che ha portato alla realizzazione di un caso studio ora disponibile sul sito della Ong.

In Colombia l’investimento sulla varietà di avocado “hass” sta facendo segnare record su record. Nel giro di pochi anni il Paese è infatti diventato il secondo produttore mondiale (dopo il Messico) e il secondo esportatore verso l’Unione Europea (dopo il Perù), passando dalle 500 tonnellate esportate nel 2013 alle 85 mila (+17.000%) del 2021.  

La realizzazione del caso studio rientra nell’ambito del progetto “Food Wave – Empowering Urban Youth for Climate Action, finanziato dalla Commissione Europea e coordinato dal Comune di Milano, di cui Mani Tese è uno dei partner.

“Per Mani Tese la realizzazione della sovranità alimentare passa dalla rivoluzione dei sistemi agroalimentari globali” sostiene Giuseppe Stanganello, Presidente di Mani Tese “Uno dei capi saldi di questa rivoluzione riguarda la piena consapevolezza che certi consumi in Europa determinano impatti inimmaginabili sugli ecosistemi e sui diritti in moltissimi Paesi poveri e in via di sviluppo”.

“In Colombia, nella filiera dell’avocado, tali impatti sono meno eclatanti che altrove” aggiunge Giosuè De Salvo, Responsabile del progetto “Food Wave” per Mani Tese “Ma è proprio per questo, per la possibilità cioè di poter ancora intervenire per non far precipitare le cose, che abbiamo deciso di realizzare questa indagine. Da qui si può partire per proporre a ognuno, cittadini, imprese e legislatori, di fare la propria parte in questa rivoluzione. Che non è una rivoluzione di parte ma di tutti”.

L’inchiesta di Mani Tese

La missione svolta da Mani Tese si è focalizzata nel dipartimento del Quindío. Durante i dieci giorni in loco, preceduti da un intenso lavoro di ricerca da desk, il team di investigazione ha incontrato i rappresentanti di diversi gruppi di interesse per cercare di raccogliere tutti i punti di vista, in modo da tratteggiare un quadro il più esaustivo possibile e una serie di domande aperte su cui riflettere.

L’area della Colombia in cui si sta sviluppando la produzione è prevalentemente occupata dal bosque andino, un eco-sistema tropicale ricco di biodiversità che ha un ruolo importante nella mitigazione del riscaldamento globale. Non ci sono ancora statistiche ufficiali, ma il semplice dato visivo mostra come intere aree di bosque andino siano state deforestate per fare spazio alle piantagioni di avocado.  

Secondo le accuse degli ambientalisti e dei piccoli produttori agricoli, le grandi ditte straniere hanno invaso aree protette, deviato fiumi per ottenere l’acqua necessaria alle coltivazioni, costruito strade senza permesso e piantato alberi in zone proibite. In conseguenza di ciò, i campensinos emigrano nelle città dove finiscono spesso per svolgere lavoretti informali, andando a ingrossare le fila del sottoproletariato urbano.

La necessità di avere frutti perfetti destinati all’esportazione, inoltre, richiede un ampio uso di pesticidi chimici, causa principale anche della moria delle api. Negli ultimi anni, nel Quindío si sono persi 44 mila alveari.

Secondo invece i produttori e gli esportatori su larga scala, che si auspicano un miglioramento delle infrastrutture e una revisione delle norme in chiave più attuale, l’abuso di agro-farmaci non è considerato reale e, se esiste, è da ricondursi ad altre tipologie di colture, come le banane o l’avocado non da esportazione.  

Per saperne di più, il caso studio, di cui un estratto è stato pubblicato nei giorni scorsi sulla testata Internazionale, è ora disponibile integralmente sul sito di Mani Tese.

Sempre sul sito di Mani Tese è inoltre disponibile l’ultimo numero del giornale della Ong dedicato al tema cibo e sostenibilità dal titolo “IL FUTURO DEL CIBO Sovranità alimentare e agroecologia per nutrire il pianeta”

Per ulteriori informazioni:
Giorgia Vezzoli
Ufficio Stampa Mani Tese
335 8470167
vezzoli@manitese.it
www.manitese.it

SCARICA E LEGGI IL CASO STUDIO

Sulla sostenibilità della filiera dell’avocado in Colombia

Caso studio condotto da Mani Tese all’interno del progetto Food Wave

Siamo nel Quindío, il più piccolo dipartimento della Colombia. Le sue montagne sono meta di turisti ed escursionisti, che vengono a fare trekking e ammirare gli alberi simbolo del paese, le palme da cera, uniche al mondo perché crescono qui a più di 2000 metri di altitudine. Oggi tuttavia al centro dell’attenzione non ci sono questi alberi imponenti, ma una coltivazione nuova che si sta diffondendo in modo vorticoso: l’avocado.

La crescita delle piantagioni è impressionante, trainata dall’aumento di consumi in Occidente, in particolare in Europa. A guardare i dati Eurostat, la Colombia è passata dalle 500 tonnellate esportate verso l’Unione europea nel 2013 alle 85mila del 2021. Nel giro di pochissimo tempo, il paese sudamericano si è imposto come secondo produttore mondiale, dietro il Messico, e come secondo esportatore verso l’Unione Europea dopo il Perù.

Ma se i consumatori occidentali apprezzano il fruttonelle sue variegate e composite declinazioni, questo sviluppo vertiginoso non avviene senza conseguenze nei luoghi di produzione, concentrati prevalentemente in America Latina.

Secondo quanto denunciano ambientalisti, politici locali e attivisti, la crescita senza controllo sta avendo ripercussioni non indifferenti sull’ambiente e sul tessuto sociale delle campagne. L’area in cui si sta sviluppando la produzione è prevalentemente occupata dal bosque andino, un eco-sistema tropicale ricco di biodiversità ma estremamente fragile che, grazie alle sue funzioni di serbatoio di acqua e di deposito netto di carbonio, ha un ruolo importante nella mitigazione del riscaldamento globale.

L’avocado è al centro di uno scontro sempre più acceso, che investe la stessa idea di futuro non solo della Colombia ma del mondo intero e che ci racconta come ogni nostra scelta alimentare produca degli effetti che noi neanche lontanamente immaginiamo.

Per questo motivo Mani Tese ha svolto una missione investigativa sulla filiera dell’avocado in Colombia, che ha portato alla realizzazione di un caso studio.

Questa attività rientra nell’ambito del progetto Food Wave – Empowering Urban Youth for Climate Action”, finanziato dalla Commissione Europea e coordinato dal Comune di Milano, di cui Mani Tese è uno dei partner.

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Alla riscoperta dei prodotti locali in Burkina Faso

Sono partite le nostre formazioni con le donne agricoltrici per reimparare a usare cibo sano e locale e diventare sempre più indipendenti.

Il soumbala ha un valore speciale per la cultura burkinabè. Il suo utilizzo è stato promosso sin dai tempi di Thomas Sankara per invitare a consumare cibo locale. Il soumbala, infatti, è un ottimo sostituto naturale del famigerato cubo Maggi, che ha invaso il Paese nel secolo scorso facendo dimenticare l’uso dei prodotti locali.  

Nell’ambito del progetto “TRASFORMIAMO! Sviluppo di attività di trasformazione alimentare e promozione del cibo locale nel comune di Koubrì in Burkina Faso”, cofinanziato dalla Regione Emilia-Romagna, nei giorni scorsi abbiamo avviato dei corsi di formazione per realizzare un ottimo soumbala in modo efficiente e sostenibile. 

 “Oggi sono venute a trovarmi le mie figlie da Ouagadougou – racconta Marie Ouedraogo, una destinataria della formazione – “Di solito vengono a trovarmi a Koubri almeno una volta a settimana ed è sempre bello averle qui con me insieme ai nipoti”. Diane, la figlia maggiore, ci dice che, non appena sono arrivate, Marie ha voluto subito raccontare loro della formazione ricevuta da Mani Tese sulla trasformazione dei grani di neré in soumbala. 

“Sono molto soddisfatta di questa formazione – dice Marie – Abbiamo migliorato le tecniche di selezione e pulizia del neré per eliminare foglie e grani che non sono adatti. Poi, per facilitare la cottura dei grani, li abbiamo decorticati con i mortai e, subito dopo, li abbiamo fatti cuocere per circa un giorno intero. Dopodiché ai grani cotti abbiamo tolto la pelle e li abbiamo lavati attentamente a più riprese. Infine, li abbiamo riscaldati di nuovo prima di lasciarli fermentare per circa 48 ore sull’essiccatoio. È un processo lungo ma, grazie alla formazione, abbiamo imparato come accorciare i tempi e ottenere in modo più efficiente un prodotto di qualità”. 

Si avvicina un’altra donna, che stava innaffiando le foglie di amaranto, e si siede sotto un albero accanto a noi. Si chiama Mariam. “Conoscevamo già come fare il soumbala – ci tiene ad aggiungere – però con la formazione abbiamo imparato una tecnica che ci permette di separare i grani cotti da quelli che non lo sono ancora. Prima facevamo tutto a mano ed era un processo lungo e faticoso, oggi con gli strumenti che abbiamo siamo molto più veloci”.  

Marie e Mariam ci hanno raccontato che, dopo la formazione, hanno subito cominciato a vendere il loro prodotto trasformato. “C’erano molte persone incuriosite dalla nostra formazione a cui, alla fine, abbiamo venduto alcune palline di soumbala che abbiamo prodotto”, raccontano. 

 “Il mio segreto – conclude Marie – da quando le mie figlie erano piccole, è quello di aggiungere nei piatti che preparo un po’ di soumbala, così che abbiano più sapore e siano più nutrienti. Usando il soumbala non devo spendere molto perché i grani li trovo sugli alberi vicino a casa o al mercato a basso prezzo”.  

Oggi, con le tecniche apprese, Marie potrà continuare a cucinare i suoi piatti speciali e naturali per le figlie e i nipoti continuando a tramandare il segreto di famiglia ma prepararli sarà più semplice e veloce!  

Il futuro del cibo

On line il nuovo numero del giornale di Mani Tese, dedicato al tema alimentazione e sostenibilità, con un focus particolare sulla sovranità alimentare e l’agroecologia.

È on line il nuovo numero del nostro giornale!

Tema dell’ edizione di giugno 2023 è il futuro del cibo declinato in diversi approfondimenti.

Ecco il sommario:

IL FUTURO DEL CIBO

Sovranità alimentare e agroecologia per nutrire il pianeta.

IN EVIDENZA

Cibo e diritti. Un’altra idea di sovranità

di Giuseppe Stanganello, Presidente di Mani Tese

Cambiare le regole del gioco per raggiungere la sovranità alimentare di redazione

Intervista a Nora McKeon, esperta di politiche alimentari, a cura della redazione.

I NOSTRI PROGETTI

Agroecologia in Benin contro l’insicurezza alimentare

di Anna Fatima Pasqual, Area Cooperazione di Mani Tese

Burkina Faso. Una cintura verde per nutrire la città

di Eugenio Attard, Responsabile Paese Burkina Faso per Mani Tese

Challenge: chiamata all’azione per un cambiamento agroecologico!

di Elisa Lenhard, Responsabile del progetto CHAlleNGE per Mani Tese

La sostenibilità della filiera dell’avocado in Colombia

di Giosuè De Salvo, Responsabile del Progetto Food Wave per Mani Tese

LE PERSONE DI MANI TESE

L’agroecologia s’impara da madre terra

di Valentina Ciulli, Presidente di Mani Tese Veneto

LEGGI QUI IL NOSTRO GIORNALE

Mozambico: le donne contro I cambiamenti climatici

Le donne, guardiane dei semi e della terra, in Mozambico da sempre svolgono un importante ruolo di salvaguardia ambientale e mitigazione degli effetti del riscaldamento globale.

 

Mani Tese, nell’ambito del suo progetto Katagya in Mozambico cofinanziato dalla Regione Emilia Romagna, nelle scorse settimane ha tenuto una tavola rotonda con l’obiettivo di scambiare esperienze positive sull’uso sostenibile dell’ambiente, valutando le donne come attrici in prima linea nel processo di mitigazione del cambiamento climatico.  

La tavola rotonda è stata moderata dalla giovane Fatima Matos, attivista ambientale della città di Quelimane, e Leonel Raimo, coordinatore del progetto Katagya e responsabile delle attività di blue economy di Mani Tese. 

All’evento, che mirava a promuovere lo scambio di esperienze tra i gruppi coinvolti nel progetto, hanno partecipato 13 donne e 7 uomini, fra cui rappresentanti di associazioni locali amiche dell’ambiente, del Comune di Quelimane, dell’Unione Provinciale de Contadini della Zambezia (UPCZ) e attivisti ambientali. 

Durante il dibattito, l’attenzione principale è stata posta sul ruolo delle donne nella mitigazione del cambiamento climatico. Sono state le donne, infatti, a discutere delle principali cause del cambiamento climatico, evidenziando alcune cattive abitudini da modificare. Fra queste, l’avidità di arricchimento compulsivo e le limitazioni alla gestione del reddito sono state indicate come fattori che inducono gli uomini a optare per l’abbattimento massiccio di alberi a uso commerciale e industriale, abusando delle foreste.  

Altre cattive abitudine emerse sono state la pratica dell’agricoltura intensiva, dove il suolo è considerato una mera risorsa da sfruttare, e l’eccessiva produzione di carbone. 

Nel dibattito è emerso chiaramente come le donne, pioniere nella pratica dell’agricoltura sostenibile, abbiano inconsapevolmente dato il loro effettivo contributo alla mitigazione degli effetti del cambiamento climatico. La donna contadina, con la sua zappa a manico corto, i semi autoctoni e le piante da frutto, astenendosi dall’uso di fertilizzanti sintetici, lavora i suoi campi in modo naturale rispettando la conservazione ambientale

Il ruolo delle donne nell’agricoltura è stato proprio l’oggetto specifico di una seconda tavola rotonda, organizzata da Gildo Abu Pires, del team comunicazione di Mani Tese, e moderata sempre da Leonel Raimo, coordinatore del progetto Katagya. 

L’evento ha visto la partecipazione di 17 membri di diverse organizzazioni: Comune di Quelimane, Unione provinciale dei contadini di Zambézia, SDAE, NAFEZA, CELIM, Associação das Mulheres Domesticas da Zambézia, Associação Ondas da Maganja da Costa e Senhora Fátima – Attivista sociale. 

Il dibattito ha riguardato un’attenta riflessione sul ruolo delle donne in agricoltura, compresi i suoi ostacoli, le sfide e le possibili soluzioni per l’emancipazione delle donne.  

Odete Pedro, la rappresentante di NAFEZA-Nucleo das Associações Femeninas da Zambezia, in particolare ha sottolineato come le donne abbiano contribuito positivamente all’agricoltura così come nella società in generale. La maggior parte delle persone dedicate all’agricoltura di sussistenza, infatti, sono donne, mentre gli uomini si dedicano principalmente all’agricoltura per la commercializzazione dei prodotti. 

La coltivatrice Gildo ha inoltre affermato che la donna è la Guardiana del seme autoctono e coltiva la terra senza l’uso di fertilizzanti sintetici per produrre cibo per tutta la famiglia.  

Ha inoltre aggiunto che il problema principale delle donne è il patriarcato, un sistema che perpetua il potere di decisionale degli uomini in tutti gli aspetti della vita sociale. Si tratta di un contesto radicato su convinzioni familiari, sociali, culturali e religiose, in cui l’uomo è posto come figura superiore alla donna. Un atteggiamento che finisce per disattenere il principio di uguaglianza fra le persone. 

Sono molte, infatti, le attività per cui è necessario per le donne avere l’autorizzazione degli uomini, come ad esempio l’acquisizione di machamba per la produzione alimentare, compresa la decisione su cosa può essere venduto e quando. 

La società sta quindi perdendo l’opportunità di valorizzare la donna, la principale custode del cibo. Dovrebbe invece formare uomini e donne sull’uguaglianza dei diritti umani educando gli uomini al rispetto. 

Tiago Otílio, Rappresentante di Celim, ha sostenuto la creazione massiccia di associazioni di donne per l’agricoltura e la loro formazione affermando come anche la partecipazione degli uomini alle sessioni di formazione possa fare in modo che, insieme alle donne, possano mettere in pratica cambiamenti e miglioramenti positivi tanto in agricoltura quanto nella società. 

Al via il progetto dei corpi civili di pace di Mani Tese!

Diventa volontario/a per i Corpi Civili di Pace con Mani Tese e partecipa al progetto in Mozambico “In difesa della madre terra: supporto alle popolazioni vittime di emergenza ambientale e cambio climatico”

 

I Corpi Civili di Pace sono giovani volontari e volontarie italiane impegnati nella prima sperimentazione triennale di interventi civili di pace italiani.

Gli Interventi Civili di Pace si configurano come azione civile, non armata e nonviolenta di operatori professionali e volontari che, come terze parti, sostengono gli attori locali nella prevenzione e trasformazione dei conflitti. L’obiettivo degli interventi è la promozione di una pace positiva, intesa come cessazione della violenza ma anche come affermazione di diritti umani e benessere sociale.

Per candidarsi a un progetto CCP del Cesc Project e dei suoi Enti di Accoglienza tra cui Mani Tese è utile prendere visione di tutti i progetti a cui si può presentare domanda a questo link

Successivamente si svolgerà una selezione di tutti gli aspiranti volontari e volontarie, che avverrà sulla base dei titoli di studio conseguiti, delle competenze ed esperienze pregresse, nonché sulle attitudini e motivazioni comprovate anche attraverso un colloquio psico-attitudinale di selezione.

 

Tutti i progetti di Corpi Civili di Pace del Cesc Project durano 12 mesi.

È previsto un periodo iniziale di formazione generale in Italia e la possibilità di un rientro dal paese estero per una seconda fase di formazione intermedia.

 

IL PROGETTO DEI CORPI CIVILI DI PACE CON MANI TESE

Mani Tese partecipa alla realizzazione di questo progetto con la sua Sede in Mozambico, nella città di Quelimane, in Mozambico, dove sono aperte due posizioni per i Corpi Civili di Pace.

Il progetto si realizzerà con il partenariato di União Provincial Dos Camponeses Da Zambézia – UPC-Z, un’organizzazione che ha come obiettivo principale quello di organizzare le realtà associative costituite da contadini nei vari distretti della

Provincia della Zambézia, per rappresentarle a livello regionale e sostenerle nella produzione e commercializzazione.

L’obiettivo generale del progetto è prevenire e gestire gli effetti dell’emergenza ambientale sulla natura e sulle condizioni di vita della popolazione rurale.

I volontari dei Corpi Civili di Pace parteciperanno, in particolare, alle seguenti attività

– visite di assistenza tecnica, raccolta dati e proposte nelle proprietà degli agricoltori beneficiari e coinvolti nel progetto

– elaborazione e scrittura di proposte progettuali;

– elaborazione di materiale divulgativo e di promozione, articoli, podcast o video sulle attività proposte, anche attraverso le reti sociali e le pagina web e social dei partner locali

– supporto e assistenza a gruppi, realtà, comunità locali

– collaborazione nell’identificazione e coinvolgimento di istituzioni pubbliche e private nelle attività proposte in territorio

– organizzazione logistica e accompagnamento/ implementazione di eventi formativi

– raccolta di materiale, documenti, normativa, testimonianze sulle emergenze ambientali locali

– sistematizzazione del materiale raccolto e Diagnostico delle problematiche principali legate alle emergenze ambientali

– elaborazione di un report.

Per sapere di più sul progetto e conoscere le modalità di partecipazione, visita la pagina dedicata

 

Kenya: classi senza pareti per la diffusione dell’agroecologia

Allestiti i campi dimostrativi per undici gruppi di donne. Obiettivo: diffondere l’agroecologia come pratica per raggiungere la sicurezza alimentare e affrontare la siccità e i cambiamenti climatici.

 

In Kenya ci siamo messi in marcia per un altro viaggio, questa volta per iniziare il lavoro sul campo e dare vita alle idee del nostro progetto “CHAKULA CHETU, AFYA YETU Lotta alla fame ed educazione nutrizionale nella Contea di Baringo” promosso da Mani Tese e cofinanziato dall’8×1000 dello Stato Italiano 

Ci troviamo nella contea di Baringo, una delle aree più povere del Kenya, colpita da una fortissima siccità. La parte meridionale della contea, in particolare, è una zona molto arida. Gli alberi di copertura sono solo acacie e prosopis ma il terreno è principalmente scoperto, eccetto nelle aree in cui vi è un accesso all’acqua. Di conseguenza, il suolo è molto esposto all’erosione. La stagione delle piogge è breve e dura al massimo due mesi. 

Con questo progetto vogliamo dare vita a un approccio di conservazione e ripristino dell’ambiente che possa mitigare le sfide climatiche e migliorare le condizioni di vita e la nutrizione delle singole famiglie.  

La nostra prima attività è stata quella della mappatura della fattoria didattica prevista dal progetto e dell’inizio della collaborazione con il Ministero dell’Agricoltura del Kenya, che ha molta competenza in tecniche agroecologiche, con l’obiettivo di promuovere soluzioni sostenibili alla conservazione ambientale del territorio e favorire l’ownership locale del progetto stesso. 

Abbiamo avviato le prime attività con l’inizio delle piogge, in modo da poter sfruttare la presenza di acqua finalmente dopo mesi di dura siccità. Nel tracciare la mappa della fattoria, abbiamo scelto di creare giardini domestici e colture foraggere per le capre da latte. Nel giardino domestico abbiamo adottato cinque diverse tecniche: micro-gardens, moist  garden, double dug garden and multi storey garden. Si tratta di metodi che richiedono meno acqua e che quindi possono essere intrapresi in modo sostenibile anche durante la siccità.  

Poiché il terreno dispone di poca copertura vegetale, nel tempo il suolo è stato degradato dall’uso di fertilizzanti chimici, che ne hanno aumentando l’acidità. Abbiamo quindi scelto di utilizzare per le coltivazioni fertilizzanti naturali per migliorare la fertilità del suolo. 

Le colture foraggere che abbiamo avviato, inoltre, sono quelle meglio adattate al clima di Baringo sud e migliori per l’ambiente: le viti di patate dolci, l’erba Napier, bracharia, la lucerna e la african fox tail. Si tratta di colture resistenti alla siccità, che possono sopravvivere anche con poca acqua.  

Abbiamo poi realizzato un tracciato per piantare alberi da frutto e patate dolci per il consumo domestico. 

Attraverso i campi dimostrativi e grazie anche al team del Ministero dell’Agricoltura, spiegheremo alle coltivatrici come usare la fattoria in modo sostenibile per sfamare le proprie famiglie, i loro animali conservando nel contempo l’ambiente.  

 “Quando ci uniamo, accadono grandi cose”. Con questo spirito le donne hanno lavorato alla preparazione dei campi dimostrativi, durante il training a loro dedicato, con grande entusiasmo. Alcune hanno mescolato il suolo con il letame, altre hanno procurato l’acqua e altre hanno installato i giardini. “Sono molto entusiasta di lavorare finalmente qui come gruppo” ha dichiarato una delle donne partecipanti “Ringrazio Mani Tese Kenya per averci coinvolte: lavoreremo finché non ne godremo i frutti.”   

Finora abbiamo allestito i campi dimostrativi per ben 11 gruppi di donne. 

È stato affascinante vedere un popolo di donne unito dallo scopo comune di migliorare le proprie condizioni di vita.  Siamo contenti di questi progressi e siamo pronti, con un monitoraggio e un follow-up continuo, per le fasi successive del progetto, per portare un cambiamento positivo sia per le persone che per l’ambiente!