Food policy. Da oggi al 19 luglio torna a Dakar il forum regionale delle città africane del Milan Urban Food Policy Pact

Il Milano Urban Food Policy Pact (MUFFP) lancia il suo quinto Forum Regionale in Africa.

Milano, 17 luglio 2023 – Il Milano Urban Food Policy Pact (MUFFP) lancia il suo quinto Forum Regionale in Africa. L’evento che si apre oggi si concluderà il 19 luglio 2023, ospitato dalla città di Dakar, su un tema di grande attualità: “Fornire alle città gli strumenti per lo sviluppo di Food Policy in Africa”. Il Forum è organizzato dal Segretariato del MUFFP, in collaborazione con Fondazione ACRA e l’ONG Mani tese, col supporto del progetto europeo Food Wave e di AICS, l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

Il Forum prevede tre giorni di training, dedicati ai funzionari delle città africane che hanno sottoscritto il MUFFP, sugli strumenti dello sviluppo delle food policy e il coinvolgimento di giovani attivisti per il clima europei e africani.

Gli strumenti oggetto del training sono stati sviluppati con il supporto scientifico del Politecnico di Milano, come parte del progetto Food Trails (finanziato con fondi Horizon 2020) di cui il Comune di Milano è capofila. I partecipanti verranno supportati nell’identificazione e nell’implementazione di azioni per migliorare i sistemi di food policy delle città. Il Forum sarà anche un’occasione di scambio di buone pratiche e idee tra le città partecipanti, le agenzie di sviluppo e le organizzazioni internazionali.

“L’impegno del MUFFP in Africa è iniziato proprio a Dakar, con il primo Forum Regionale nel 2016 – dichiara la Vicesindaco con delega alla Food Policy Anna Scavuzzo, che aprirà i lavori del Forum -. Da allora, si sono susseguiti incontri e occasioni di scambio: da Brazzaville in Congo nel 2018 a Niamey in Niger nel 2019 a Ouagadougou in Burkina Faso nel 2021. Lo sforzo concreto e tangibile che abbiamo portato avanti in questi sette anni e le esperienze che abbiamo raccolto sulle politiche alimentari urbane, ci hanno reso una comunità più forte e resiliente. Con questo Forum, ancora una volta, dimostriamo l’impegno di Milano nel proseguire il dialogo e lo scambio di conoscenze necessario per trasformare i sistemi alimentari delle nostre città”.

“La sicurezza e la sovranità alimentare – spiega il presidente di Fondazione ACRA, Nicola Morganti – sono tra le principali aree di azione di ACRA che ha collaborato con il Comune di Milano fin dall’inizio per promuovere il MUFFP in tutte i Paesi coinvolti, per garantire sinergie e partnership tra i vari attori e facilitare la partecipazione della società civile al processo di definizione e implementazione di food policy urbane inclusive e sostenibili, in particolare nel contesto africano”.

“L’agricoltura urbana e periurbana – afferma Pietro Pipi, capo dell’Ufficio VI di AICS – offre importanti opportunità per la conservazione e l’integrazione della biodiversità nei sistemi alimentari, contribuendo alla creazione di sinergie tra sicurezza alimentare e nutrizionale e servizi legati agli ecosistemi e al benessere umano. In tal senso, la Convenzione siglata tra Comune di Milano e AICS nel 2022 ‘per il rafforzamento del Milan Urban Food Policy Pact’ può sostenere positivamente il coinvolgimento delle città africane già attive nelle politiche alimentari urbane che ricadono nei Paesi prioritari dell’Agenzia. L’Agenzia riconosce l’importanza che le politiche alimentari urbane svolgono nel processo di sviluppo sostenibile e il ruolo chiave che le città possono svolgere nel rafforzare la sicurezza alimentare della popolazione in Africa e allo stesso tempo facilitare il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030. L’obiettivo del Forum è rafforzare le competenze e conoscenze dei funzionari delle città africane, e ogni investimento nelle risorse umane è propedeutico e prezioso per ogni altro tipo di sviluppo, oltre a quello umano”. 

Il contributo delle città africane allo sviluppo di food policy urbane è concreto, come dimostrano le 90 buone pratiche che sono state presentate nelle sei edizioni del Milan Pact Award che ha visto la premiazione di ben sei città africane. La numerosità, la qualità e l’efficacia di queste progettualità messe in campo dalle città africane dimostrano il loro protagonismo e l’impegno a lavorare in prima fila nell’affrontare le sfide globali del cambiamento climatico, dello sviluppo sostenibile, della povertà e dell’inclusione sociale.

Questo dato emerge osservando il crescere di progetti e iniziative, come il progetto europeo AfriFOODlink che riunisce 26 partner in tutto il mondo, tra i quali il MUFPP, allo scopo di migliorare la sicurezza alimentare e la sostenibilità urbana in più di 20 città africane ed europee.  Un’altra importante iniziativa è Food Wave, un progetto europeo che mira a coinvolgere i giovani delle città per promuovere consapevolezza rispetto alle scelte personali e delle comunità, a partire da un approccio sostenibile alle abitudini di consumo e produzione di cibo in 17 Paesi del mondo e che contribuisce alla realizzazione del Forum permettendo a 35 giovani attivisti di partecipare alla tre giorni di lavoro.

 

Le uova di Saliato

La rinascita di una donna sessantenne di una piccola tabanka in Guinea-Bissau grazie alla produzione di uova del suo pollaio.

A Bissalanca, piccola tabanka a pochi chilometri da Bissau, si trova il pollaio di Maria Fatima e Saliato.  

Sono due donne che hanno cominciato ad allevare galline ovaiole nel 2020 nell’ambito del progetto “Mettiamo le ali allo sviluppo” promosso da Mani Tese e cofinanziato dall’Unione Europea. 

A seguito di varie vicissitudini legate non solo agli eventi esterni come la pandemia ma anche alle loro vite personali, Saliato e Maria Fatima hanno deciso di unire le forze e prendersi cura delle loro galline insieme. Anziché due pollai a Bissau, ne hanno costruito uno più grande a Bissalanca.  

Amiche di vecchia data, le due signore hanno superato la sessantina e, anche se a volte le difficoltà legate all’età si fanno sentire, la signora Saliato si considera una vera e propria imprenditrice.  

“Non riesco a stare ferma, mi piace molto lavorare e continuare a trovare opportunità lavorative” ci racconta “Amo la mia vita a Bissalanca, fuori dalla confusione della capitale. Qui siamo immersi nel verde ed è bellissimo. L’unica difficoltà è vendere le tante uova che le nostre galline producono ogni giorno. Qui la gente non ne consuma molte perché le persone non ne conoscono ancora a pieno i benefici.” 

“Se non riusciamo a vendere ai nostri vicini, mando le uova a Bissau dove mio figlio si occupa di venderle ai suoi amici e conoscenti. Stiamo anche cercando di costruire una rete di consumatori tra le famiglie dei compagni di classe dei miei nipoti, i figli di mio figli, che vanno a scuola proprio a Bissau. In città, infatti, le famiglie hanno più potere d’acquisto rispetto a una piccola tabanka come Bissalanca”. 

Saliato è molto orgogliosa delle sue uova. “Vorrei che le nostre uova vengano riconosciute come un bene prezioso per l’alimentazione dei nostri bambini” ci spiega “Quello che ancora ci penalizza è la merce senegalese che entra a Bissau a un costo bassissimo… Non è possibile che un prodotto estero costi meno di un prodotto nazionale! Spero che insieme agli altri produttori e produttrici prima o poi riusciremo a cambiare le cose e invertire questa tendenza di mercato. Voglio lavorare per questo. Voglio battermi per i miei diritti.” 

Saliato dice che ha imparato molto da sua madre, che l’ha lasciata a 99 anni. “Ho ancora tanta forza per riuscire ad arrivare alla sua età!” racconta “Negli anni passati qui non avevamo niente. Vivevamo con quello che ci dava la natura. Ma ora che ho scoperto la gioia dell’avere una mia attività non riesco a pensare di tornare indietro. Anzi, mi sto impegnando per cercare di iniziare altri ‘business’. Abbiamo ancora tanti obiettivi che vogliamo raggiungere, non solo come famiglia, non solo come comunità, ma anche come Paese.” 

Saliato si mette a ridere parlando di “business”. È certamente una parola che non fa parte del suo vocabolario quotidiano. Ma c’è tanta forza dietro a questa parola, e tante idee che vuole vedere realizzate. L’idea, per esempio, di unire i pollai e mettersi a lavorare insieme a Maria Fatima è sicuramente un inizio, una strada che le porterà a mettere in comune tante cose oltre all’amicizia. È un modo per fare comunità ma anche per prendersi cura di una comunità più grande. 

“Io ho quattro figli grandi. Sono vedova. Ma la mia vita mi riserva ogni giorno nuove sorprese” conclude Saliato “Ho ancora voglia di imparare tante cose e fare tanto altro! Per esempio, voglio comprare altre galline. Ce ne hanno rubate tredici lo scorso inverno…Ma adesso abbiamo riparato il pollaio e le nostre galline stanno bene e producono tante uova“. 

 

Burkina Faso: È ritornata l’acqua a Loumbila!

Grazie all’installazione di una nuova pompa i produttori locali possono finalmente ritornare a prendersi cura del terreno e continuare la sfida agroecologica ripensando alla propria strategia di sviluppo.

Ci troviamo a Loumbilia, nella provincia di Oubritenga in Burkina Faso, dove lunedì 19 giugno è finalmente ritornata l’acqua dopo un periodo in cui l’Unione dei produttori di Loumbila, sostenuta da Mani Tese, aveva subito una battuta d’arresto nella produzione agricola perché la pompa che funzionava ad energia solare si era rotta.

L’acquisto di una nuova pompa è stato possibile grazie ad un dono dell’impresa comasca EQUA srl, che si occupa di energia rinnovabile e ha collaborato con Mani Tese in diversi progetti.

In un contesto come quello del Burkina Faso, con un clima semi-saheliano, la mancanza di una fonte d’acqua pulita costante segna profondamente le attività agricole, fino a renderle impraticabili in sua assenza.

Tuttavia, grazie alla donazione di EQUA, i produttori dell’Unione di Loumbila possono finalmente ritornare a prendersi cura dell’appezzamento di terra in capo all’Unione, certificato da CNABio, e continuare la produzione agroecologica di diversi prodotti, tra cui pomodori, cipolle, cetrioli, zucchine, gombo, moringa e peperoncino.

L’Unione è composta da 238 produttori, 45 dedicati interamente all’agroecologia, e 146 donne che svolgono sia il ruolo di produttrici che di trasformatrici. I membri dell’Unione appartengono a 9 diversi villaggi e fanno parte di 17 cooperative.

La nuova pompa ha dato lo slancio all’Unione per ripensare alla propria strategia di sviluppo e l’ha raccontata a Mani Tese durante una riunione.

Sanfo, portavoce dei produttori, ha affermato che, grazie alla nuova pompa, l’Unione si impegnerà a fondo su tre livelli: la produzione, la trasformazione e la commercializzazione. Innanzitutto, potrà ricominciare la produzione agricola agroecologica, la produzione del compost con la tecnica del bokashi e utilizzerà la propria cassa per finanziare la sistemazione di alcuni bacini d’acqua presenti sul perimetro.

Le donne riprenderanno a fare le confetture di cipolle e si dedicheranno anche all’essiccazione e vendita di foglie di moringa, gombo e peperoncino e ricominceranno a partecipare alle fiere portando i loro prodotti agroecologici, cercando di installare un nuovo punto vendita in un’area strategica della città sensibilizzando i clienti sul valore aggiunto della loro produzione.

Il ritorno dell’acqua è stato fondamentale e ha ridato energia al gruppo di produttori e trasformatrici che subito dopo l’installazione si è già messo all’opera sul perimetro preparando il terreno per la stagione delle piogge.

Prosegue il nostro impegno contro la violenza di genere in Guinea-Bissau 

Al via il progetto “No tene diritu a um vida sem violência”(Abbiamo diritto a una vita senza violenza) per la prevenzione e il contrasto alla violenza sulle donne e l’accoglienza delle vittime, che estende l’azione di Mani Tese a due nuove regioni nel Paese.

Il mese scorso abbiamo lanciato in Guinea Bissau il progetto No tene diritu a um vida sem violência”(Abbiamo diritto a una vita senza violenza) – Reforço dos mecanismos de proteção às vítimas de VBG e promoção dos direitos das mulheres na Guiné-Bissau. Si tratta di un progetto finanziato dall’Unione Europea e implementato da Mani Tese, capofila, in partenariato con FEC – Fundação- Fé e Cooperação, ENGIM – Fondazione Ente Nazionale Giuseppini Murialdo e AMIC – Associação dos Amigos da Criança.  

Il progetto ha come obiettivo quello di migliorare il contrasto alla violenza di genere in Guinea Bissau intervenendo nell’ambito della protezione delle vittime, della prevenzione alla violenza, del miglioramento delle competenze istituzionale e della formazione e creazione di opportunità socio-economiche femminili. 

Si tratta di un’iniziativa realizzata in continuità con il pregresso progetto pilota triennale “No na cuida de no vida, mindjer” – Emancipação e direitos para meninas e mulheres na Guiné-Bissau-projeto piloto” implementato da Mani Tese tra il 2018 e il 2021. 

L’evento di lancio di “No tene diritu a um vida sem violência” si è svolto nella Casa dei Diritti, cuore della Società Civile impegnata nella promozione dei diritti umani a Bissau.  

“La lotta alla violenza di genere è un’area di intervento prioritaria per Mani Tese in Guinea Bissau, poiché limita fortemente i diritti umani e lo sviluppo personale e socioeconomico di un Paese con cui collaboriamo da più di 40 anni” ha dichiarato Martina Pizzolato, Rappresentante Legale di Mani Tese in Guinea Bissau, prendendo la parola in apertura.  

Dati alla mano, l’Ambasciatore dell’Unione Europea Artis Bertulis ha proseguito: “Attualmente nel Paese il 37% delle ragazze si sposa prima della maggiore età, il 27% delle donne hanno avuto figli prima dei 18 anni e il 50 % delle bambine di 14 anni sono state sottoposte a mutilazione genitale femminile. Questi dati sono uno dei motivi per cui l’Unione Europea continua a credere e sostenere l’implementazione del modello di contrasto alla violenza proposto dal progetto”. 

Marliatu Djaló Condé, Presidente del Comitato Nazionale per l’Abbandono delle Pratiche Tradizionali Nefaste in rappresentanza del Ministero della Donna, ha espresso il pieno supporto istituzionale al progetto: “Il Ministero della Donna, della Famiglia e della Solidarietà Sociale conta sull’appoggio e la collaborazione delle organizzazioni della società civile in quanto attori chiave non soltanto della promozione e della protezione dei diritti umani, ma anche del miglioramento della qualità della vita dei cittadini”, ha dichiarato. 

Il progetto “No tene diritu a um vida sem violência” prosegue il nostro impegno nella protezione e accoglienza di donne vittime di violenza di genere. Rispetto al precedente progetto, abbiamo però esteso la nostra azione a due nuove regioni di intervento con l’attivazione di un nuovo centro e due famiglie dedicate all’accoglienza delle vittime di violenza di genere nella regione di Cacheu e altre due famiglie nella regione di Oio.  

Oltre alla protezione, Mani Tese si fa anche promotrice di un’iniziativa di advocacy sul territorio per richiamare l’attenzione sulle politiche pubbliche relative alla violenza di genere in Guinea Bissau. Durante il lancio di progetto, infatti, abbiamo annunciato la creazione di un tavolo di concertazione tra organizzazioni della società civile e istituzioni, di cui saremo responsabili insieme all’Istituto della Donna e del Bambino (sotto la direzione del Ministero della Donna, della Famiglia e della Solidarietà Sociale).  

Il nostro obiettivo è quello di creare un dibattito sulle politiche e le leggi attive in tema di violenza di genere in Guinea Bissau e presentare un documento di posizionamento agli organi di governo competenti per migliorare il contrasto al fenomeno in tutte le sfere della vita quotidiana delle bambine e delle donne, a partire dall’ambito familiare passando per il settore educativo, sanitario e della sicurezza pubblica. 

Il coinvolgimento di tutti i partner, come ha ricordato Martina Pizzolato, è fondamentale per combattere la violenza e la discriminazione contro le ragazze e le donne creando davvero un impatto tangibile sul Paese. 

L’avocado è sostenibile?

Mani Tese pubblica un dossier sulla filiera dell’avocado in Colombia condotto nell’ambito del progetto Food Wave

Il caso studio di Mani Tese

Milano, xx maggio 2023L’avocado diventerà entro il 2030 il frutto tropicale più venduto al mondo con 12 milioni di tonnellate prodotte e quasi 4 destinate all’esportazione, secondo le stime di OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) e FAO (Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura delle Nazioni Unite).

Per verificare gli impatti ambientali e sociali di uno degli alimenti più trendy tra i giovani europei (e non solo), a inizio febbraio 2023 Mani Tese ha svolto una missione investigativa sulla filiera dell’avocado in Colombia che ha portato alla realizzazione di un caso studio ora disponibile sul sito della Ong.

In Colombia l’investimento sulla varietà di avocado “hass” sta facendo segnare record su record. Nel giro di pochi anni il Paese è infatti diventato il secondo produttore mondiale (dopo il Messico) e il secondo esportatore verso l’Unione Europea (dopo il Perù), passando dalle 500 tonnellate esportate nel 2013 alle 85 mila (+17.000%) del 2021.  

La realizzazione del caso studio rientra nell’ambito del progetto “Food Wave – Empowering Urban Youth for Climate Action, finanziato dalla Commissione Europea e coordinato dal Comune di Milano, di cui Mani Tese è uno dei partner.

“Per Mani Tese la realizzazione della sovranità alimentare passa dalla rivoluzione dei sistemi agroalimentari globali” sostiene Giuseppe Stanganello, Presidente di Mani Tese “Uno dei capi saldi di questa rivoluzione riguarda la piena consapevolezza che certi consumi in Europa determinano impatti inimmaginabili sugli ecosistemi e sui diritti in moltissimi Paesi poveri e in via di sviluppo”.

“In Colombia, nella filiera dell’avocado, tali impatti sono meno eclatanti che altrove” aggiunge Giosuè De Salvo, Responsabile del progetto “Food Wave” per Mani Tese “Ma è proprio per questo, per la possibilità cioè di poter ancora intervenire per non far precipitare le cose, che abbiamo deciso di realizzare questa indagine. Da qui si può partire per proporre a ognuno, cittadini, imprese e legislatori, di fare la propria parte in questa rivoluzione. Che non è una rivoluzione di parte ma di tutti”.

L’inchiesta di Mani Tese

La missione svolta da Mani Tese si è focalizzata nel dipartimento del Quindío. Durante i dieci giorni in loco, preceduti da un intenso lavoro di ricerca da desk, il team di investigazione ha incontrato i rappresentanti di diversi gruppi di interesse per cercare di raccogliere tutti i punti di vista, in modo da tratteggiare un quadro il più esaustivo possibile e una serie di domande aperte su cui riflettere.

L’area della Colombia in cui si sta sviluppando la produzione è prevalentemente occupata dal bosque andino, un eco-sistema tropicale ricco di biodiversità che ha un ruolo importante nella mitigazione del riscaldamento globale. Non ci sono ancora statistiche ufficiali, ma il semplice dato visivo mostra come intere aree di bosque andino siano state deforestate per fare spazio alle piantagioni di avocado.  

Secondo le accuse degli ambientalisti e dei piccoli produttori agricoli, le grandi ditte straniere hanno invaso aree protette, deviato fiumi per ottenere l’acqua necessaria alle coltivazioni, costruito strade senza permesso e piantato alberi in zone proibite. In conseguenza di ciò, i campensinos emigrano nelle città dove finiscono spesso per svolgere lavoretti informali, andando a ingrossare le fila del sottoproletariato urbano.

La necessità di avere frutti perfetti destinati all’esportazione, inoltre, richiede un ampio uso di pesticidi chimici, causa principale anche della moria delle api. Negli ultimi anni, nel Quindío si sono persi 44 mila alveari.

Secondo invece i produttori e gli esportatori su larga scala, che si auspicano un miglioramento delle infrastrutture e una revisione delle norme in chiave più attuale, l’abuso di agro-farmaci non è considerato reale e, se esiste, è da ricondursi ad altre tipologie di colture, come le banane o l’avocado non da esportazione.  

Per saperne di più, il caso studio, di cui un estratto è stato pubblicato nei giorni scorsi sulla testata Internazionale, è ora disponibile integralmente sul sito di Mani Tese.

Sempre sul sito di Mani Tese è inoltre disponibile l’ultimo numero del giornale della Ong dedicato al tema cibo e sostenibilità dal titolo “IL FUTURO DEL CIBO Sovranità alimentare e agroecologia per nutrire il pianeta”

Per ulteriori informazioni:
Giorgia Vezzoli
Ufficio Stampa Mani Tese
335 8470167
vezzoli@manitese.it
www.manitese.it

SCARICA E LEGGI IL CASO STUDIO

Sulla sostenibilità della filiera dell’avocado in Colombia

Caso studio condotto da Mani Tese all’interno del progetto Food Wave

Siamo nel Quindío, il più piccolo dipartimento della Colombia. Le sue montagne sono meta di turisti ed escursionisti, che vengono a fare trekking e ammirare gli alberi simbolo del paese, le palme da cera, uniche al mondo perché crescono qui a più di 2000 metri di altitudine. Oggi tuttavia al centro dell’attenzione non ci sono questi alberi imponenti, ma una coltivazione nuova che si sta diffondendo in modo vorticoso: l’avocado.

La crescita delle piantagioni è impressionante, trainata dall’aumento di consumi in Occidente, in particolare in Europa. A guardare i dati Eurostat, la Colombia è passata dalle 500 tonnellate esportate verso l’Unione europea nel 2013 alle 85mila del 2021. Nel giro di pochissimo tempo, il paese sudamericano si è imposto come secondo produttore mondiale, dietro il Messico, e come secondo esportatore verso l’Unione Europea dopo il Perù.

Ma se i consumatori occidentali apprezzano il fruttonelle sue variegate e composite declinazioni, questo sviluppo vertiginoso non avviene senza conseguenze nei luoghi di produzione, concentrati prevalentemente in America Latina.

Secondo quanto denunciano ambientalisti, politici locali e attivisti, la crescita senza controllo sta avendo ripercussioni non indifferenti sull’ambiente e sul tessuto sociale delle campagne. L’area in cui si sta sviluppando la produzione è prevalentemente occupata dal bosque andino, un eco-sistema tropicale ricco di biodiversità ma estremamente fragile che, grazie alle sue funzioni di serbatoio di acqua e di deposito netto di carbonio, ha un ruolo importante nella mitigazione del riscaldamento globale.

L’avocado è al centro di uno scontro sempre più acceso, che investe la stessa idea di futuro non solo della Colombia ma del mondo intero e che ci racconta come ogni nostra scelta alimentare produca degli effetti che noi neanche lontanamente immaginiamo.

Per questo motivo Mani Tese ha svolto una missione investigativa sulla filiera dell’avocado in Colombia, che ha portato alla realizzazione di un caso studio.

Questa attività rientra nell’ambito del progetto Food Wave – Empowering Urban Youth for Climate Action”, finanziato dalla Commissione Europea e coordinato dal Comune di Milano, di cui Mani Tese è uno dei partner.

SCARICA E LEGGI IL CASO STUDIO

Alla riscoperta dei prodotti locali in Burkina Faso

Sono partite le nostre formazioni con le donne agricoltrici per reimparare a usare cibo sano e locale e diventare sempre più indipendenti.

Il soumbala ha un valore speciale per la cultura burkinabè. Il suo utilizzo è stato promosso sin dai tempi di Thomas Sankara per invitare a consumare cibo locale. Il soumbala, infatti, è un ottimo sostituto naturale del famigerato cubo Maggi, che ha invaso il Paese nel secolo scorso facendo dimenticare l’uso dei prodotti locali.  

Nell’ambito del progetto “TRASFORMIAMO! Sviluppo di attività di trasformazione alimentare e promozione del cibo locale nel comune di Koubrì in Burkina Faso”, cofinanziato dalla Regione Emilia-Romagna, nei giorni scorsi abbiamo avviato dei corsi di formazione per realizzare un ottimo soumbala in modo efficiente e sostenibile. 

 “Oggi sono venute a trovarmi le mie figlie da Ouagadougou – racconta Marie Ouedraogo, una destinataria della formazione – “Di solito vengono a trovarmi a Koubri almeno una volta a settimana ed è sempre bello averle qui con me insieme ai nipoti”. Diane, la figlia maggiore, ci dice che, non appena sono arrivate, Marie ha voluto subito raccontare loro della formazione ricevuta da Mani Tese sulla trasformazione dei grani di neré in soumbala. 

“Sono molto soddisfatta di questa formazione – dice Marie – Abbiamo migliorato le tecniche di selezione e pulizia del neré per eliminare foglie e grani che non sono adatti. Poi, per facilitare la cottura dei grani, li abbiamo decorticati con i mortai e, subito dopo, li abbiamo fatti cuocere per circa un giorno intero. Dopodiché ai grani cotti abbiamo tolto la pelle e li abbiamo lavati attentamente a più riprese. Infine, li abbiamo riscaldati di nuovo prima di lasciarli fermentare per circa 48 ore sull’essiccatoio. È un processo lungo ma, grazie alla formazione, abbiamo imparato come accorciare i tempi e ottenere in modo più efficiente un prodotto di qualità”. 

Si avvicina un’altra donna, che stava innaffiando le foglie di amaranto, e si siede sotto un albero accanto a noi. Si chiama Mariam. “Conoscevamo già come fare il soumbala – ci tiene ad aggiungere – però con la formazione abbiamo imparato una tecnica che ci permette di separare i grani cotti da quelli che non lo sono ancora. Prima facevamo tutto a mano ed era un processo lungo e faticoso, oggi con gli strumenti che abbiamo siamo molto più veloci”.  

Marie e Mariam ci hanno raccontato che, dopo la formazione, hanno subito cominciato a vendere il loro prodotto trasformato. “C’erano molte persone incuriosite dalla nostra formazione a cui, alla fine, abbiamo venduto alcune palline di soumbala che abbiamo prodotto”, raccontano. 

 “Il mio segreto – conclude Marie – da quando le mie figlie erano piccole, è quello di aggiungere nei piatti che preparo un po’ di soumbala, così che abbiano più sapore e siano più nutrienti. Usando il soumbala non devo spendere molto perché i grani li trovo sugli alberi vicino a casa o al mercato a basso prezzo”.  

Oggi, con le tecniche apprese, Marie potrà continuare a cucinare i suoi piatti speciali e naturali per le figlie e i nipoti continuando a tramandare il segreto di famiglia ma prepararli sarà più semplice e veloce!  

Il futuro del cibo

On line il nuovo numero del giornale di Mani Tese, dedicato al tema alimentazione e sostenibilità, con un focus particolare sulla sovranità alimentare e l’agroecologia.

È on line il nuovo numero del nostro giornale!

Tema dell’ edizione di giugno 2023 è il futuro del cibo declinato in diversi approfondimenti.

Ecco il sommario:

IL FUTURO DEL CIBO

Sovranità alimentare e agroecologia per nutrire il pianeta.

IN EVIDENZA

Cibo e diritti. Un’altra idea di sovranità

di Giuseppe Stanganello, Presidente di Mani Tese

Cambiare le regole del gioco per raggiungere la sovranità alimentare di redazione

Intervista a Nora McKeon, esperta di politiche alimentari, a cura della redazione.

I NOSTRI PROGETTI

Agroecologia in Benin contro l’insicurezza alimentare

di Anna Fatima Pasqual, Area Cooperazione di Mani Tese

Burkina Faso. Una cintura verde per nutrire la città

di Eugenio Attard, Responsabile Paese Burkina Faso per Mani Tese

Challenge: chiamata all’azione per un cambiamento agroecologico!

di Elisa Lenhard, Responsabile del progetto CHAlleNGE per Mani Tese

La sostenibilità della filiera dell’avocado in Colombia

di Giosuè De Salvo, Responsabile del Progetto Food Wave per Mani Tese

LE PERSONE DI MANI TESE

L’agroecologia s’impara da madre terra

di Valentina Ciulli, Presidente di Mani Tese Veneto

LEGGI QUI IL NOSTRO GIORNALE