LA DANZA DEL RACCOLTO DEI BAMBINI CAMBOGIANI

La “Danza del Raccolto” è una danza tradizionale che insegna ai bambini vittime di sfruttamento solidarietà, spirito di gruppo e legame con le radici.

Sono sempre di più i bambini e le bambine assistiti presso il Centro di accoglienza per le vittime di traffico e sfruttamento sostenuto da Mani Tese a Poipet, in Cambogia.
A Maggio 2017, Damnok Toek, l’ONG partner di progetto, ha prestato soccorso a 31 bambini e accolto tre nuovi casi presso la struttura. Visto l’afflusso crescente di bambini, Damnok Toek sta promuovendo, nell’ambito del loro percorso di recupero e guarigione, una serie di attività che aiutino le piccole vittime di sfruttamento ad acquisire forza e indipendenza ed a aumentare la propria resilienza.

Nel mese di maggio una di queste attività è stata la “Danza del Raccolto”. Si tratta di una danza in stile tradizionale praticata a lungo dal popolo Khmer e dai suoi antenati per celebrare il compimento del raccolto. Questa danza insegna la solidarietà all’interno del lavoro di squadra ed è utile per creare nei bambini un legame con le proprie radici oltre che un senso di comunità e di spirito di gruppo fra di loro.

La maggior parte dei bambini dapprincipio si è dimostrata timida, imbarazzata ed esitante ma, dopo tre giorni, tutti sono stati in grado di danzare esibendosi all’interno del Centro. Per festeggiare il loro successo, è stata programmata un’altra esibizione che si è tenuta il 1 giugno durante la Giornata Internazionale dei Bambini.

IMPRESE E DIRITTI UMANI: SENZA REGOLE VINCE IL PIÙ FORTE

Da oltre trent’anni ormai le politiche economiche dei governi occidentali si concentrano sulla necessità di favorire il settore privato, identificando benessere sociale e crescita delle imprese. Ultimamente questa strategia è stata ulteriormente estesa alla scala globale, investendo anche il settore della cooperazione internazionale. Secondo questa logica gli investimenti porterebbero ai Paesi “poveri” quei capitali di […]

Da oltre trent’anni ormai le politiche economiche dei governi occidentali si concentrano sulla necessità di favorire il settore privato, identificando benessere sociale e crescita delle imprese. Ultimamente questa strategia è stata ulteriormente estesa alla scala globale, investendo anche il settore della cooperazione internazionale. Secondo questa logica gli investimenti porterebbero ai Paesi “poveri” quei capitali di cui hanno bisogno, attivando così virtuosi processi di sviluppo.

Ma è sempre così? Gli investimenti globali delle imprese si traducono automaticamente in benessere per le popolazioni locali, secondo una mitica dinamica “win-win”, nella quale tutti risultano vincenti? No, non è sempre una storia virtuosa quella degli investimenti nei paesi del Sud globale. In questi anni abbiamo raccontato molte volte come l’azione di imprese multinazionali si sia sviluppata in violazione dei più elementari diritti umani e producendo danni all’ambiente e alle comunità locali. Senza una regolamentazione globale, quindi, è più che probabile che dietro la retorica “win-win” si nasconda la più vecchia e dannosa dinamica della competizione al ribasso, un semplice tentativo di conquistare i nuovi mercati dei Paesi “in via di sviluppo”.

Al momento queste regole si possono intravedere nei “Principi Guida delle Nazioni Unite per le Imprese e i Diritti Umani”. Nulla di veramente impegnativo, perché su scala globale prevale ancora la logica miope che le regole facciano male all’economia, ma per la prima volta sono stati fissati tre principi cardine: il dovere degli stati di proteggere le loro popolazioni, la responsabilità delle imprese di rispettare i diritti umani anche nei paesi esteri e il diritto delle popolazioni vittime di violazione dei diritti umani ad avere accesso a forme di risarcimento.

Da qui si parte per chiedere di più. Per chiedere che questi principi guida siano tradotti in indicazioni operative e cogenti per gli stati e per le imprese che agiscono su scala globale.

La cooperazione esiste solo insieme alle regole. Perché senza regole vince sempre il più forte.

Articolo comparso sul Giornale di Mani Tese di maggio 2017

GUINEA BISSAU: CONSEGNATI I PRIMI 100 DIPLOMI DEL CORSO DI INFORMATICA

Venerdì 14 luglio abbiamo consegnato i primi 100 certificati ai ragazzi che hanno frequentato il corso di informatica del progetto “Antula è giovane!”

Guinea Bissau. Venerdì 14 luglio abbiamo consegnato i primi 100 certificati di partecipazione ai ragazzi che hanno frequentato il corso di informatica previsto dal progetto “Antula è giovane!“.

Con questo progetto abbiamo dinamizzato un centro giovanile, abbiamo offerto opportunità di formazione e abbiamo aiutato la reintegrazione dei migranti di ritorno.

Oltre ai 100 studenti del corso e alle loro famiglie, alla cerimonia – che si è trasformata in una grande festa! – erano presenti anche le autorità tra cui lo IOM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, finanziatore del progetto) Guinea Bissau.

La prossima tappa è prevista per il mese di agosto in cui consegneremo i restanti 100 diplomi.

consegna diplomi_guinea bissau_mani tese_2017

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AFRICA, IL RUOLO E IL VALORE DEI SOGGETTI LOCALI

Da diversi anni l’Africa è per Mani Tese il continente con il maggior numero di progetti e risorse allocate. Attualmente siamo presenti in cinque Paesi.

di GIOVANNI SARTOR, responsabile area Cooperazione Internazionale*

Da diversi anni l’Africa è per Mani Tese il continente con il maggior numero di progetti e risorse allocate. Si è presenti in cinque Paesi: Benin, Burkina Faso, Guinea Bissau, Kenya e Mozambico per un totale di 11 progetti, tutti di dimensione medio-grande, attualmente in corso. In questi Paesi, con l’eccezione del Mozambico, Mani Tese è operativa con un suo ufficio e un suo staff. I progetti sono tendenzialmente pluriennali e sono cofinanziati dall’Unione Europea, l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, la Cooperazione Decentrata e le Fondazioni di origine bancaria, oltre a privati cittadini.

Il settore di intervento più importante è quello della sovranità alimentare, che comprende azioni di sviluppo rurale con un approccio che promuove i piccoli allevatori e produttori agricoli, l’agroecologia, la diversificazione produttiva, il rafforzamento delle organizzazioni dei contadini, il ruolo delle donne e la finanza rurale, con un’attenzione particolare alle diverse fasi delle filiere dalla produzione alla trasformazione e commercializzazione dei prodotti. Altri interventi riguardano la protezione dei diritti umani, la giustizia ambientale, lo sviluppo di microimprese e le energie rinnovabili. Vi sono alcune caratteristiche che contraddistinguono l’operato di Mani Tese in Africa che è possibile riassumere in tre parole: il partenariato, la presenza e lo scambio.

Il partenariato

Da sempre Mani Tese opera in Africa supportando e valorizzando soggetti locali rappresentanti della società civile inseriti nel contesto di riferimento e profondi conoscitori delle problematiche e delle dinamiche del loro Paese. Si è passati però negli ultimi anni da forme di partenariato “semplice”, dove Mani Tese si rapportava ad uno o più soggetti locali con i quali implementava i diversi interventi, ad un partenariato complesso. Esso coinvolge più soggetti, non solo locali, ma anche italiani o di altri Paesi, spesso altre ONG ma anche realtà organizzate come Slow Food, Università, Imprese, Scuole. Mani Tese in alcuni casi ha la responsabilità di coordinare il progetto, in altri è partner per un’azione particolare. Ogni soggetto mette a disposizione le proprie expertise e capacità. Il ruolo di Mani Tese, quando ha la responsabilità del coordinamento, è quello del regista che conosce il contesto, gli attori locali e le diverse problematiche e può far da tramite tra le comunità target e i diversi soggetti esterni, che altrimenti farebbero fatica ad intervenire in maniera puntuale e corretta. Ed è questo un ruolo che sempre più Mani Tese dovrà svolgere in futuro: il nodo principale di una rete di relazioni e collaborazioni che vede diversi soggetti intervenire su un determinato progetto, che il nodo stesso garantisce si muovano verso un obiettivo comune, finalizzato alla risposta dei bisogni espressi dalle comunità locali con le quali si opera.

La presenza

Un’altra caratteristica fondamentale che Mani Tese ha rilanciato in questi ultimi anni è la presenza nei Paesi. Una presenza leggera, che si inserisce nel contesto e non si sostituisce ai soggetti locali, ma serve invece a rafforzare e rendere effettiva la collaborazione reciproca. In alcuni casi i partner locali sono gruppi e associazioni di villaggio, di donne come di contadini, ed è Mani Tese che segue l’evoluzione dell’intervento; in altri casi è una realtà più strutturata che esegue direttamente il progetto con il supporto dell’équipe di Mani Tese.

La presenza non è solo legata alla gestione delle azioni già previste ma è funzionale allo sviluppo di nuove idee progettuali sulla base dei bisogni che si rilevano ogni giorno e delle relazioni che si costruiscono sul campo con gli altri attori, siano essi locali o internazionali, con i quali già si collabora ma anche con soggetti nuovi che si incrociano nella stessa area di intervento o alle riunioni di coordinamento. La presenza infatti permette di essere presenti ai tavoli di confronto con altri attori della società civile, in alcuni casi anche con le istituzioni, ti dà l’opportunità di comprendere le priorità e le analisi che vengono fatte su di un determinato contesto e anche esprimere la propria opinione, in quanto soggetto riconosciuto e legittimato.

Questa dinamica è maggiormente efficace in Paesi piccoli come per esempio la Guinea Bissau o a livello di regioni dove Mani Tese opera. In Benin e Kenya, per esempio, i nostri uffici non sono nella capitale ma nelle regioni dove realizziamo gli interventi. Questo facilità le relazioni anche con le autorità locali, sempre più importanti dopo i processi di devolution che hanno coinvolto soprattutto il Kenya con l’istituzione delle contee ma anche il Burkina Faso e il Benin. La presenza è infine necessaria per garantire continuità nel tempo agli interventi: una cooperazione mordi e fuggi, che purtroppo esiste ed è spesso causata dal sistema dei finanziamenti spesso previsti senza una strategia di lungo periodo, non va da nessuna parte.

Lo scambio

Questo è un ambito che è sempre stato presente nel lavoro di Mani Tese: si pensi ad esempio ai seminari di approfondimento che spesso sono stati realizzati nel continente africano come le visite ai progetti dei gruppi locali che li sostenevano. Oggi lo scambio resta importante e in futuro sarà oggetto di sempre maggior attenzione. Non è ancora inserito in una strategia consolidata ma in questi ultimi anni vi sono diversi esempi del lavoro fatto. Il gruppo di Treviso, grazie alle relazioni avviate con le associazioni della diaspora del Burkina Faso in Italia, ha realizzato un primo corso per il rafforzamento delle capacità e competenze di donne immigrate intitolato “Quello che possono le mani. Incontri di donne burkinabé e donne italiane per condividere sogni e saperi”, percorso parallelo ad attività simili che si svolgono con le donne in Burkina Faso.

Quest’estate si è svolto il primo campo estivo in Kenya per volontari, che ha permesso di visitare i progetti realizzati da Mani Tese nel Paese e utilizzare le infrastrutture di accoglienza realizzate da un progetto di qualche anno fa e oggi gestite dalle comunità locali. Nell’ambito dell’educazione alla cittadinanza mondiale è stata realizzata un’azione di scambio e formazione degli insegnanti italiani e beninesi con un corso realizzato in Benin. Per quanto riguarda la giustizia ambientale i casi dei progetti in Guinea Bissau e Kenya sono stati presentati alla Summer School organizzata da Mani Tese in Italia e il caso del Kenya è stato poi scelto per un approfondimento.

L’idea che piano piano sta maturando è quella di andare verso un rapporto di reciprocità dove non esistono più progetti in Italia e progetti in Africa, ma programmi e una strategia che affronta problematiche sempre più globali che coinvolgono tutti con interventi appropriati ai diversi contesti e target di riferimento e coordinati da un’unica regia e con uno stesso comune obiettivo.

*Articolo comparso sul Giornale di Mani Tese di dicembre 2016

IN BENIN SONO ARRIVATE LE ATTREZZATURE PER TRASFORMARE SOIA E MANIOCA

Molta gioia da parte delle donne produttrici di soia, manioca e fonio per l’arrivo degli attrezzi e degli utensili per la trasformazione dei loro prodotti.

I gruppi di donne che producono manioca a Tigninti nel comune di Natitingou (Benin) lo scorso mese di maggio hanno festeggiato l’arrivo dei macchinari per la trasformazione della manioca: la tritatrice meccanica e la pressa a vite.

Anche le donne dei gruppi produttori di soia hanno ricevuto i kit completi di utensili per la trasformazione del loro prodotto, ma nello stesso tempo si sono mostrate interessate anche alla produzione e alla trasformazione della manioca. Ciò è dovuto al fatto che i prodotti derivati della manioca (gari e tapioca) costituiscono sia una fonte di reddito per le donne sia una garanzia di sicurezza alimentare per le famiglie. Le donne dei “gruppi Soia” vogliono quindi vincere la scommessa di abbracciare entrambe le attività di trasformazione perché, come dicono loro :“Il gari ha cacciato la miseria dai nostri villaggi. Non si è più costretti a vivere periodi di scarsità di cibo”.

In questo stesso mese anche il gruppo di donne produttrici di manioca di Tampaatou, nel comune di Toucountouna, ha ricevuto una pressa a vite che completa l’equipaggiamento, dopo che lo scorso mese di dicembre avevano ricevuto la tritatrice meccanica.

Infine sono stati consegnati alle responsabili dei dieci gruppi di donne del comune di Toucountouna le attrezzature agricole scelte per la produzione del fonio, un cereale tradizionale dalle importanti qualità nutrizionali, la cui produzione Mani Tese vuole sostenere in collaborazione con il comune di Toucountouna. Sono state distribuite zappe e falcetti che serviranno al dissodamento, all’aratura e alla lavorazione dei campi.

C’è molta gioia per l’arrivo degli attrezzi. Ora non resta che da aspettare la pioggia, purtroppo in ritardo anche quest’anno!

Scopri di più sul progetto PROTAGONISMO AL FEMMINILE E SVILUPPO ECONOMICO IN BENIN

consegna attrezzature manioca e soia_benin_mani tese_2017
Consegna dei kit di attrezzature e utensili per la trasformazione della manioca e della soia a Tigninti
donne ricevono atrezzi per Fonio_benin_mani tese_2017
Alcune responsabili del gruppo di donne produttrici di Fonio ricevono gli attrezzi per l’aratura
zappe per fonio_benin_mani Tese_2017
Zappe per il fonio

INDIA, MOMENTI DI CONDIVISIONE FRA LE LAVORATRICI SFRUTTATE

Un’escursione per le giovani donne che lavorano nelle fabbriche tessili organizzata nell’ambito del progetto di contrasto alle schiavitù moderne

SAVE, partner di Mani Tese nell’ambito del progetto di contrasto alle schiavitù moderne in India, ha organizzato un’escursione per le giovani donne che lavorano nelle fabbriche tessili. Vi hanno partecipato 35 donne provenienti da 24 fabbriche tessili.

Durante l’escursione le ragazze hanno potuto condividere i loro problemi sul posto di lavoro e hanno partecipato a un corso per gestire lo stress che si è tenuto presso il centro turistico di Kodanikkanal nel distretto di Dindigul.
Nel corso dell’evento le ragazze hanno denunciato vari problemi sul lavoro come il fatto che la direzione delle fabbriche non si curi delle loro condizioni di salute e le obblighi a fare straordinari senza tuttavia concedere il doppio stipendio che spetterebbe loro per legge.

Al termine della discussione, alle donne è stata fornita una formazione su come gestire lo stress sul posto di lavoro e sul controllo delle emozioni spiegando anche il riconoscimento delle molestie sessuali sul posto di lavoro.

Sono poi stati illustrati i vantaggi di strumenti statali di previdenza sociale e assicurazione e assistenza sanitaria e per gli infortuni, che le ragazze ignoravano.

Al termine dell’iniziativa, le giovani donne hanno dimostrato di aver ricevuto un sollievo dal punto di vista emotivo e di aver acquisito una maggiore sicurezza di sé. Tutte hanno manifestato l’intenzione di migliorare le loro condizioni lavorative con l’assistenza del progetto e di contribuire a evitare che altre giovani donne inizino a lavorare nelle medesime condizioni.

 

 

MIGRANTI: SPOSTARE L’ATTENZIONE SULLE ONG NON SERVE

La dichiarazione di CONCORD Europe (Confederazione di 2600 Ong) in vista dell’incontro di Tallinn dei Ministri di Giustizia e degli Interni europei

Pubblichiamo di seguito la dichiarazione di CONCORD Europe (Confederazione di 2600 Ong di 28 Paesi europei, di cui fa parte anche Mani Tese) in vista dell’incontro di Tallinn dei Ministri di Giustizia e degli Interni europei.

“Se il nostro governo tornerà da Tallinn con pochi milioni di euro in più e un codice restrittivo per le ONG che operano ricerca e salvataggi nel Mediterraneo, nessun potrà cantare vittoria – commenta Valerio Bini, Presidente di Mani TeseAnzi, sarà un ulteriore pesante sconfitta della politica europea. Se il problema da affrontare al vertice era il flusso crescente di migranti in arrivo dall’Africa e la risposta politica si limita a restringere il campo d’azione di poche imbarcazioni private in mare, è chiaro che la politica sta cercando di trovare un capro espiatorio e propone finte soluzioni da dare in pasto all’opinione pubblica”

Il Comunicato di CONCORD Europe

CONCORD Europe (Confederazione di 2600 Ong di 28 Paesi europei) si dice preoccupata dopo le recenti dichiarazioni in merito alla gestione dei flussi migratori a livello europeo. Dopo le minacce italiane di chiudere i propri porti alle navi che trasportano migranti e di istituire un codice di condotta per le Ong, si teme che nuove misure possano limitare la loro azione nel mar Mediterraneo, spostando l’attenzione, dalla mancanza di solidarietà tra gli Stati membri, alle organizzazioni della società civile.

La dichiarazione congiunta rilasciata lo scorso 3 luglio dal Commissario europeo Avramopoulos e i Ministri degli Interni di Italia, Francia e Germania alimentano queste preoccupazioni . I Ministri dovranno discutere della minaccia italiana di impedire alle navi di salvataggio di attraccare nei porti europei e dell’introduzione di un codice di condotta obbligatorio per le Ong che minerebbe la loro capacità di prestare immediato soccorso in mare, per esempio vietando il trasferimento dei naufraghi sulle imbarcazioni delle Guardie Costiere e di Frontex.

È fondamentale evitare qualsiasi restrizione che possa ostacolare la capacità delle Ong e di qualsiasi altro attore di rispondere all’imperativo umanitario di salvare vite umane in pericolo” dichiara Francesco Petrelli, portavoce di CONCORD Italia. “Riscrivere le regole di ingaggio per le Organizzazioni della società civile non dovrebbe compromettere gli obblighi internazionali e i Trattati ratificati da tutti i paesi dell’Unione Europea. Se l’Ue è convinta della necessità di un codice di condotta, allora esso deve essere discusso con tutte le parti in causa, in particolare con le Ong e le organizzazioni umanitarie”.

Nella sola Italia, il numero degli sbarchi per i primi 5 mesi del 2017 ha raggiunto quota 60228. 6896 migranti sono stati ricollocati dall’Italia dal momento del lancio del programma di ricollocamento adottato dal Consiglio nel settembre 2015.

È urgente arrivare ad un accordo equo a livello europeo. Le migliaia di donne, uomini e bambini che scappano da guerre, povertà e persecuzioni non possono pagare il prezzo del disaccordo interno all’Europa sui ricollocamenti. La risposta dell’UE deve basarsi su decisioni chiare e realistiche che garantiscano il ricollocamento all’interno di tutti gli Stati membri. Nessun paese di approdo può essere spinto – in assenza di una iniziativa europea comune – a prendere decisioni inaccettabili che minano gli obblighi umanitari.

“Questa proposta riflette la volontà politica di non affrontare i veri problemi. Uomini, donne e bambini stanno fuggendo da violenza e conflitti mettendo a rischio la propria vita perché gli Stati Membri non si assumono la responsabilità di garantire canali di ingresso legali e sicuri per le persone che necessitano di protezione internazionale. Situazioni drammatiche lungo le coste libiche potrebbero essere evitate, ma un codice di condotta per le Ong che sostituiscono gli Stati Membri che non fanno il loro dovere non è la risposta giusta” dichiara Adeline Mazier, Segretario Generale di Coordination SUD, la piattaforma nazionale francese membro di CONCORD Europe

UNA CANZONE PER PREVENIRE LA MIGRAZIONE IRREGOLARE

Le parole di Abdul, ragazzo orfano di Bissau che, tempo fa, decise di partire per l’Europa divenendo così vittima di furti e di abusi.

Abdul è un ragazzo orfano di genitori che vive a Bissau. Tempo fa, trovatosi senza lavoro, decise di tentare la fortuna partendo per l’Europa ma durante il viaggio fu vittima di furti e di abusi.
Tornato finalmente a casa e saputo che l’OIM e Mani Tese stavano promuovendo un progetto di aiuto per i migranti di ritorno e per la comunità, decise di prendervi parte.

Abdul oggi frequenta il corso di informatica previsto dal progetto promosso da Mani TeseAntula è giovane!, che intende offrire ai giovani residenti nel quartiere di Bissau fonti di sostentamento che possano rappresentare valide alternative alla partenza, ed è stato selezionato per partecipare a un workshop di cucito, attività che gli piace molto, tanto da essere diventata per lui una vera e propria passione.

Un’altra passione di Abul è la musica, che vorrebbe usare per sensibilizzare i giovani come lui sui rischi della migrazione irregolare.
Partire non è sempre una scelta, spesso è una necessità. Ma se si creano le condizioni per poter vivere dignitosamente nel proprio Paese, allora forse una possibilità per non fuggire c’è. E’ quello che cerca di fare il progetto Antula è giovane! attraverso la formazione e la promozione di attività commerciali a Bissau e che Abdul vorrebbe far conoscere ai suoi coetanei.

Ecco il video della canzone che Abdul ha composto su questo tema:

Di seguito la traduzione del testo:

Migrazione clandestina in Guinea-Bissau

“Giovani africani
Dobbiamo riflettere
è questo il nostro desiderio?
Perdere la vita in un gioco
Dobbiamo fermarci a pensare
E guardare la nostra Africa
L’ambizione mi ha portato alla migrazione clandestina
Se l’avessi saputo non sarei partito
L’ambizione mi ha portato alla migrazione clandestina
Se l’avessi saputo non sarei partito
E ancor meno in modo illegale…
Ognuno con il suo destino
È questo il mio destino?
Nascondersi all’alba,
soltanto per scappare dalla polizia.
Dormivo in cucina,
non potevo farmi la doccia,
niente colazione,
anche il pranzo era un problema.
La mia famiglia era preoccupata.
Ognuno in un lato diverso del mondo,
come se fossi già morto in acqua.
Quindi fratello mio,
la migrazione clandestina non è la soluzione.
Puoi immaginare
quanti fratelli hanno perso la loro vita
nel Sahara, tra il Niger e la Libia?
Nella ricerca di una vita migliore in Italia?
Tutti devono dire basta
Basta
Migrazione clandestina
Non partiremo più
Io posso, Tu puoi, Noi tutti possiamo
I giovani possono fare qualsiasi cosa
Pieni di capacità e fiducia, un giorno vincerai
Non perdere mai la speranza
L’ambizione mi ha portato alla migrazione clandestina
Se l’avessi saputo non sarei partito
L’ambizione mi ha portato alla migrazione clandestina
Se l’avessi saputo non sarei partito
Caro vicino, amico o nemico,
Siediti e ascolta bene il mio consiglio.
Coi miei discorsi dolci e dorati
tradurrò il messaggio.
Metti da parte il tuo denaro e usalo per la tua formazione o per aprire un’attività commerciale
Magari avrai più successo
Guarda la tua famiglia, ognuno con il dolore nel cuore…
Giovani, non rischiate di andare nelle barche
Non accettate di perdere la vostra vita in un gioco
Con la migrazione clandestina cadrai in disgrazia
Quindi, amico mio devi stare attento
Perché anche sul tragitto puoi essere ucciso,
la morte non è soltanto in acqua,
può essere anche in macchina.
Se muori, la perdita è soltanto della tua famiglia
Quindi ti prego, tu giovane, devi rinunciare
Se sei vivo nessuno lo sa
Porta sempre con te documenti
Fidati, fidati
L’ambizione mi ha portato alla migrazione clandestina
Se l’avessi saputo non sarei partito
L’ambizione mi ha portato alla migrazione clandestina
Se l’avessi saputo non sarei partito
Sei giovane, non rischiare mai più la tua vita nelle barche
per cercare una vita in Europa.
Milioni e milioni di giovani stanno morendo nel mediterraneo,
alcuni sono stati venduti, altri sono nelle prigioni libiche.
Sei tu che puoi costruirti il proprio futuro
Io sono un testimone – vivo – di questa storia: non migrare mai clandestinamente
Sei giovane, segui il tuo destino, segui dei corsi di formazione o dedicati al commercio”