MIGRANTI: SPOSTARE L’ATTENZIONE SULLE ONG NON SERVE

La dichiarazione di CONCORD Europe (Confederazione di 2600 Ong) in vista dell’incontro di Tallinn dei Ministri di Giustizia e degli Interni europei

Pubblichiamo di seguito la dichiarazione di CONCORD Europe (Confederazione di 2600 Ong di 28 Paesi europei, di cui fa parte anche Mani Tese) in vista dell’incontro di Tallinn dei Ministri di Giustizia e degli Interni europei.

“Se il nostro governo tornerà da Tallinn con pochi milioni di euro in più e un codice restrittivo per le ONG che operano ricerca e salvataggi nel Mediterraneo, nessun potrà cantare vittoria – commenta Valerio Bini, Presidente di Mani TeseAnzi, sarà un ulteriore pesante sconfitta della politica europea. Se il problema da affrontare al vertice era il flusso crescente di migranti in arrivo dall’Africa e la risposta politica si limita a restringere il campo d’azione di poche imbarcazioni private in mare, è chiaro che la politica sta cercando di trovare un capro espiatorio e propone finte soluzioni da dare in pasto all’opinione pubblica”

Il Comunicato di CONCORD Europe

CONCORD Europe (Confederazione di 2600 Ong di 28 Paesi europei) si dice preoccupata dopo le recenti dichiarazioni in merito alla gestione dei flussi migratori a livello europeo. Dopo le minacce italiane di chiudere i propri porti alle navi che trasportano migranti e di istituire un codice di condotta per le Ong, si teme che nuove misure possano limitare la loro azione nel mar Mediterraneo, spostando l’attenzione, dalla mancanza di solidarietà tra gli Stati membri, alle organizzazioni della società civile.

La dichiarazione congiunta rilasciata lo scorso 3 luglio dal Commissario europeo Avramopoulos e i Ministri degli Interni di Italia, Francia e Germania alimentano queste preoccupazioni . I Ministri dovranno discutere della minaccia italiana di impedire alle navi di salvataggio di attraccare nei porti europei e dell’introduzione di un codice di condotta obbligatorio per le Ong che minerebbe la loro capacità di prestare immediato soccorso in mare, per esempio vietando il trasferimento dei naufraghi sulle imbarcazioni delle Guardie Costiere e di Frontex.

È fondamentale evitare qualsiasi restrizione che possa ostacolare la capacità delle Ong e di qualsiasi altro attore di rispondere all’imperativo umanitario di salvare vite umane in pericolo” dichiara Francesco Petrelli, portavoce di CONCORD Italia. “Riscrivere le regole di ingaggio per le Organizzazioni della società civile non dovrebbe compromettere gli obblighi internazionali e i Trattati ratificati da tutti i paesi dell’Unione Europea. Se l’Ue è convinta della necessità di un codice di condotta, allora esso deve essere discusso con tutte le parti in causa, in particolare con le Ong e le organizzazioni umanitarie”.

Nella sola Italia, il numero degli sbarchi per i primi 5 mesi del 2017 ha raggiunto quota 60228. 6896 migranti sono stati ricollocati dall’Italia dal momento del lancio del programma di ricollocamento adottato dal Consiglio nel settembre 2015.

È urgente arrivare ad un accordo equo a livello europeo. Le migliaia di donne, uomini e bambini che scappano da guerre, povertà e persecuzioni non possono pagare il prezzo del disaccordo interno all’Europa sui ricollocamenti. La risposta dell’UE deve basarsi su decisioni chiare e realistiche che garantiscano il ricollocamento all’interno di tutti gli Stati membri. Nessun paese di approdo può essere spinto – in assenza di una iniziativa europea comune – a prendere decisioni inaccettabili che minano gli obblighi umanitari.

“Questa proposta riflette la volontà politica di non affrontare i veri problemi. Uomini, donne e bambini stanno fuggendo da violenza e conflitti mettendo a rischio la propria vita perché gli Stati Membri non si assumono la responsabilità di garantire canali di ingresso legali e sicuri per le persone che necessitano di protezione internazionale. Situazioni drammatiche lungo le coste libiche potrebbero essere evitate, ma un codice di condotta per le Ong che sostituiscono gli Stati Membri che non fanno il loro dovere non è la risposta giusta” dichiara Adeline Mazier, Segretario Generale di Coordination SUD, la piattaforma nazionale francese membro di CONCORD Europe

UNA CANZONE PER PREVENIRE LA MIGRAZIONE IRREGOLARE

Le parole di Abdul, ragazzo orfano di Bissau che, tempo fa, decise di partire per l’Europa divenendo così vittima di furti e di abusi.

Abdul è un ragazzo orfano di genitori che vive a Bissau. Tempo fa, trovatosi senza lavoro, decise di tentare la fortuna partendo per l’Europa ma durante il viaggio fu vittima di furti e di abusi.
Tornato finalmente a casa e saputo che l’OIM e Mani Tese stavano promuovendo un progetto di aiuto per i migranti di ritorno e per la comunità, decise di prendervi parte.

Abdul oggi frequenta il corso di informatica previsto dal progetto promosso da Mani TeseAntula è giovane!, che intende offrire ai giovani residenti nel quartiere di Bissau fonti di sostentamento che possano rappresentare valide alternative alla partenza, ed è stato selezionato per partecipare a un workshop di cucito, attività che gli piace molto, tanto da essere diventata per lui una vera e propria passione.

Un’altra passione di Abul è la musica, che vorrebbe usare per sensibilizzare i giovani come lui sui rischi della migrazione irregolare.
Partire non è sempre una scelta, spesso è una necessità. Ma se si creano le condizioni per poter vivere dignitosamente nel proprio Paese, allora forse una possibilità per non fuggire c’è. E’ quello che cerca di fare il progetto Antula è giovane! attraverso la formazione e la promozione di attività commerciali a Bissau e che Abdul vorrebbe far conoscere ai suoi coetanei.

Ecco il video della canzone che Abdul ha composto su questo tema:

Di seguito la traduzione del testo:

Migrazione clandestina in Guinea-Bissau

“Giovani africani
Dobbiamo riflettere
è questo il nostro desiderio?
Perdere la vita in un gioco
Dobbiamo fermarci a pensare
E guardare la nostra Africa
L’ambizione mi ha portato alla migrazione clandestina
Se l’avessi saputo non sarei partito
L’ambizione mi ha portato alla migrazione clandestina
Se l’avessi saputo non sarei partito
E ancor meno in modo illegale…
Ognuno con il suo destino
È questo il mio destino?
Nascondersi all’alba,
soltanto per scappare dalla polizia.
Dormivo in cucina,
non potevo farmi la doccia,
niente colazione,
anche il pranzo era un problema.
La mia famiglia era preoccupata.
Ognuno in un lato diverso del mondo,
come se fossi già morto in acqua.
Quindi fratello mio,
la migrazione clandestina non è la soluzione.
Puoi immaginare
quanti fratelli hanno perso la loro vita
nel Sahara, tra il Niger e la Libia?
Nella ricerca di una vita migliore in Italia?
Tutti devono dire basta
Basta
Migrazione clandestina
Non partiremo più
Io posso, Tu puoi, Noi tutti possiamo
I giovani possono fare qualsiasi cosa
Pieni di capacità e fiducia, un giorno vincerai
Non perdere mai la speranza
L’ambizione mi ha portato alla migrazione clandestina
Se l’avessi saputo non sarei partito
L’ambizione mi ha portato alla migrazione clandestina
Se l’avessi saputo non sarei partito
Caro vicino, amico o nemico,
Siediti e ascolta bene il mio consiglio.
Coi miei discorsi dolci e dorati
tradurrò il messaggio.
Metti da parte il tuo denaro e usalo per la tua formazione o per aprire un’attività commerciale
Magari avrai più successo
Guarda la tua famiglia, ognuno con il dolore nel cuore…
Giovani, non rischiate di andare nelle barche
Non accettate di perdere la vostra vita in un gioco
Con la migrazione clandestina cadrai in disgrazia
Quindi, amico mio devi stare attento
Perché anche sul tragitto puoi essere ucciso,
la morte non è soltanto in acqua,
può essere anche in macchina.
Se muori, la perdita è soltanto della tua famiglia
Quindi ti prego, tu giovane, devi rinunciare
Se sei vivo nessuno lo sa
Porta sempre con te documenti
Fidati, fidati
L’ambizione mi ha portato alla migrazione clandestina
Se l’avessi saputo non sarei partito
L’ambizione mi ha portato alla migrazione clandestina
Se l’avessi saputo non sarei partito
Sei giovane, non rischiare mai più la tua vita nelle barche
per cercare una vita in Europa.
Milioni e milioni di giovani stanno morendo nel mediterraneo,
alcuni sono stati venduti, altri sono nelle prigioni libiche.
Sei tu che puoi costruirti il proprio futuro
Io sono un testimone – vivo – di questa storia: non migrare mai clandestinamente
Sei giovane, segui il tuo destino, segui dei corsi di formazione o dedicati al commercio”

MÈMOUNATOU, LA PRESIDENTE DELLE DONNE PRODUTTRICI DI MANIOCA DI MAKA

Mèmounatou Sounon Kpera è una donna timida e riservata, presidente del gruppo di donne che produce e trasforma Manioca nel villaggio di Maka, in Benin

Mèmounatou Sounon Kpera è una donna timida e di natura molto riservata. Da qualche anno è la presidente del gruppo di donne che produce e trasforma Manioca nel villaggio di Maka, in Benin, ed è anche la vicepresidente dell’Unione delle cooperative di donne trasformatrici di manioca del comune di Kouande. Con l’evolversi delle attività di produzione, di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti derivati dalla manioca (gari e tapioca), in questi anni Mèmounatou  ha acquisito sempre più sicurezza e oggi non esita più a esprimersi in pubblico, sebbene sia rimasta una persona pacata e rispettosa degli altri.

In occasione del recente viaggio di scambio di esperienze in Burkina Faso, a cui Mèmounatou ha partecipato, le sue doti si sono ulteriormente rivelate. Mèmounatou si è dimostrata una donna non solo modesta e tranquilla ma anche intelligente e interessata. I suoi interventi durante tutta la settimana di visite, sia sul campo che durante gli scambi di esperienze, si sono rivelati ammirevoli e pertinenti.

Mèmounatou è rimasta profondamente colpita, in particolare, dal senso di dignità e dalla personalità delle sue sorelle Burkinabé ed è tornata in Benin entusiasta delle nuove conoscenze acquisite sul campo. Durante l’incontro di restituzione da lei animato a Maka, al quale hanno partecipato tantissime donne, ha esortato tutte le compagne del suo gruppo e quelle dell’unione delle cooperative a svegliarsi e a lasciarsi ispirare dalla combattività delle donne Burkinabè.

Sebbene Mèmounatou resti ancora di natura riservata, questa esperienza l’ha ulteriormente trasformata.

Mèmounatou SOUNON KPERA_benin_mani tese_2017

CONTINUA IL PROGETTO “IL PRIGIONIERO HA VALORE” IN GUINEA BISSAU

Presentati i risultati del progetto “Prisioneiro tene balur” (“il prigioniero ha valore” ), il lavoro di Mani Tese nelle prigioni in Guinea Bissau.

Venerdi 9 giugno 2017, presso gli spazi della Delegazione dell’Unione Europea in Guinea Bissau, sono stati presentati i risultati del progetto “Prisioneiro tene balur” (“Il prigioniero ha valore” ) a partner, finanziatori e altre entità interessate al lavoro di Mani Tese nelle prigioni.

Il progetto, realizzato a Bafatà, Mansoa e nella cella di detenzione di Bissau, intende agevolare il reinserimento economico e sociale dei detenuti e tutelare i loro diritti, potenziando l’offerta educativa e formativa, favorendo la nascita di attività economiche dei detenuti all’interno degli istituti di pena e appoggiandone il proseguimento all’esterno.

All’evento erano presenti, tra gli altri, rappresentanti dell’Unione Europea, del Ministero della Giustizia della Guinea Bissau, delle Nazioni Unite, della Croce Rossa Internazionale e i partner del progetto ADIM, ENGIM Internazionale e GEIOJ.
In collegamento skype dal Mozambico, presente anche la valutatrice esterna del progetto, Tina Lorizzo dell’organizzazione REFORMAR.

Il progetto “IL PRIGIONIERO HA VALORE” prosegue quindi le sue attività di appoggio alle carceri della Guinea Bissau.

GIORNATA MONDIALE DEL RIFUGIATO INSIEME A UNHCR IN GUINEA BISSAU

Oggi, nella regione di Cacheu (Guinea Bissau), si è tenuta la celebrazione della Giornata Mondiale del Rifugiato promossa da UNHCR

Oggi, nella regione di Cacheu (Guinea Bissau), si è tenuta la celebrazione della Giornata Mondiale del Rifugiato promossa da UNHCR.
Un evento che ha voluto celebrare la forza, il coraggio e la capacità di recupero delle persone costrette a lasciare le loro case e i loro Paesi a causa di guerre, persecuzioni e violazioni dei diritti umani. Alla giornata ha partecipato anche Mani Tese, in quanto partner implementatore del progetto finanziato da UNHCR in Guinea Bissau.

Si tratta di un progetto intrapreso quest’anno da Mani Tese nell’ambito del programma operativo dell’UNHCR, che ha lo scopo di monitorare e sostenere i rifugiati senegalesi presenti nel Paese attraverso lo sviluppo economico comunitario e la tutela dei loro diritti umani.

La giornata ha rappresentato un’occasione d’intrattenimento con i rifugiati e le comunità ospitanti della regione con attività sportive e culturali e un concerto per ricordare quanto sia importante la buona convivenza e lo spirito di accoglienza.

Giornata Rifugiato_Guinea Bissau_Mani Tese_2017

Giornata Rifugiato_Pubblico_Guinea_Bissau_Mani Tese_2017

Giornata Rifugiato_Guinea Bissau_M;ani Tese_2017

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Giornata Rifugiato_Evento Guinea Bissau_Mani Tese_2017

LA FORESTA MAU (KENYA): ON LINE IL REPORTAGE A PUNTATE

Su Giustiziambientale.org, il portale per gli attivisti ambientali, il primo articolo del reportage a puntate dedicato alla Foresta Mau in Kenya.

È on line da oggi su Giustiziambientale.org, il portale per gli attivisti ambientali promosso da Mani Tese insieme ad altri esperti, il primo articolo del reportage a puntate dedicato alla Foresta Mau in Kenya.

Il reportage – realizzato da Valerio Bini, Presidente di Mani Tese, e Stefania Albertazzi – intende fotografare la situazione di un ecosistema di grande importanza sottoposto a pressioni molto diverse tra loro: monocolture di tè, piccola agricoltura contadina, piantagioni di pini e cipressi per fini commerciali, deforestazione illegale e persino una diga. Il tutto in un contesto molto complesso dal punto di vista etnico, dove la popolazione storicamente insediata, gli Ogiek, è stata progressivamente marginalizzata e si batte per vedere riconosciuto il proprio diritto a vivere in queste zone.

La Foresta Mau è un territorio molto importante per Mani Tese, oggetto di diverse attività di cooperazione dal 2010 realizzate in collaborazione con NECOFA, fra cui l’attuale progetto, cofinanziato da AICS,  IMARISHA! ENERGIE RURALI PER LA LOTTA AL CAMBIAMENTO CLIMATICO E SALVAGUARDIA AMBIENTALE.

CAMBOGIA, LA MEDITAZIONE COME TERAPIA PER I BAMBINI TRAFFICATI

A Poipet, in Cambogia, presso il centro di accoglienza per bambini e bambine vittime di traffico e sfruttamento sostenuto da Mani Tese, è stata introdotta la meditazione. Dopo un’adeguata formazione, lo staff di Damnok Toek, l’ONG partner di progetto, ha insegnato ai bambini come meditare per 10 minuti in un ambiente tranquillo. I bambini mentre […]

A Poipet, in Cambogia, presso il centro di accoglienza per bambini e bambine vittime di traffico e sfruttamento sostenuto da Mani Tese, è stata introdotta la meditazione. Dopo un’adeguata formazione, lo staff di Damnok Toek, l’ONG partner di progetto, ha insegnato ai bambini come meditare per 10 minuti in un ambiente tranquillo. I bambini mentre meditano si sentono felici e rilassati. Al termine della meditazione, sono gioiosi e tranquilli e convivono meglio gli uni con gli altri. Sono anche più socievoli e diligenti.

L’introduzione della meditazione è stata un successo perché ha permesso ai bambini con brutti ricordi alle spalle e che hanno vissuto esperienze traumatiche legate allo sfruttamento e al traffico, di stare meglio.

Anche Srey Mao*, una ragazzina di 12 anni che vive da due anni presso il centro, sta meglio. Srey Mao è arrivata al centro di Poipet silenziosa, inattiva e triste. Dopo due anni di terapia e grazie anche alle nuove amicizie con lo staff e gli altri bambini, oggi Srey Mao è una nuova ragazza. Le piace giocare con gli altri, parla e sorride di più. Sa che può fare ciò che vuole senza più temere lo sfruttamento.

Grazie all’educazione ricevuta qui, ora Srey Mao riesce a contare, a leggere bene e a comunicare con le sue insegnanti e con i compagni. Ogni giorno studia all’incirca quattro ore. I suoi insegnanti dicono che è cambiata molto in quest’ultimo anno e la reputano una dei loro studenti più seri. Srey Mao ha in programma di continuare l’NFE (Non Formal Education) e, se tutto andrà bene, il prossimo anno potrà frequentare la scuola pubblica.

Per ora per lei è abbastanza sapere che il suo futuro d’ora in poi sarà migliore.

*Nome di fantasia per tutelare la privacy.

IL KENYA E LA CUCINA ITALIANA: LA STORIA DI JOHN

John Ngugi, collaboratore di Mani Tese in Kenya, ci racconta la sua storia: dalle origini alla sua esperienza in Italia fino al ritorno nella sua comunità.

di John Ngugi, collaboratore di Mani Tese in Kenya

Sono nato in un contesto umile. Divenuto orfano a 17 anni, ho dovuto lavorare duramente per mantenere i miei fratelli più piccoli. Mentre i miei compagni di classe studiavano, io lavoravo in una macelleria a Nairobi. Fu lì che scoprii la mia passione per la cucina, quando vidi che la maggior parte dei clienti preferiva il mio modo di preparare il cibo rispetto a quello degli altri chef.

Quando gli studenti dell’UNISG (University of Gastronomic Sciences) arrivarono in visita alla scuola secondaria di Njenga Karume, iniziai a interessarmi ai loro corsi e feci la conoscenza del referente dell’università.

In quel periodo il nostro Paese fu attraversato dalle violenze post-elezioni del 2007-2008 e Molo, la città in cui vivevo, ne divenne il teatro principale. Fummo così costretti a trasferirci per trovare un luogo sicuro. Nel mentre, inviai la mia candidatura all’UNISG, feci colloqui ed esami e, finalmente, vinsi una borsa di studio.

La mia esperienza in Italia fu emozionante. La vita a Bra mi sembrava troppo bella per essere vera. Provenivo infatti da una situazione di violenza, dove gli uomini si uccidevano gli uni con gli altri e il sangue era ormai divenuto la norma. Avevo appena compiuto diciannove anni e l’unica cosa che conoscevo era la fame.

Nel mio piccolo mondo avevo sempre immaginato diversi tipi di cibo e a Bra riuscii a realizzarli.

Per adattarmi alla vita in Italia dovetti lavorare su molti fronti. Come prima cosa, imparai una lingua con cui ogni persona sembrava cantare, accompagnata da molti gesti del corpo. Mi iscrissi a dei corsi di italiano, che però non furono facili. Tuttora pronunciare alcune sillabe mi riesce difficile. Decisi di concentrarmi sulle parole più usate, che ripetevo ogni notte ad alta voce nella mia stanza. Iniziai inoltre a interessarmi alla cucina italiana e a quella mediterranea. Fu lì che incominciai seriamente a pensare al mio futuro una volta rientrato nel mio Paese.

Ai corsi ci vennero dati molti libri alquanto corposi, la maggior parte dei quali di filosofia e scritti in italiano, cosa che mise in difficoltà gli studenti stranieri come me. Ma le esplorazioni sul campo, insieme alle interviste con diversi produttori, mi illuminarono su ciò che volevo fare veramente.

Sul volo di ritorno decisi di lavorare per la mia comunità con NECOFA e, successivamente, con Mani Tese.
Questo è il quinto anno che collaboro con loro in veste di partner locale.

Lavorare con la mia comunità per me è una passione. Grazie al mio lavoro, sono riuscito ad aiutare gli agricoltori, specie quelli nelle aree semi-aride, spingendoli ad abbandonare l’allevamento e a coltivare piantagioni.

Il desiderio di sperimentare in cucina mi ha inoltre portato a insegnare a mia moglie ‘la scienza in cucina e l’arte di mangiare bene’ che ho esteso alle comunità di Molo e Baringo.

La mia esperienza con Manitese mi ha permesso di denunciare i casi di ingiustizia ambientale nei confronti delle comunità indigene che vivono nella foresta di Mau.

Se penso al lavoro svolto, mi vengono in mente le facce sorridenti delle donne a cui è stato alleggerito il carico di legna da ardere o di quelle che sono riuscite a comprare una vitella da mungere grazie ai soldi ricavati dalla vendita di piante. Mi viene in mente lo sciopero evitato nelle scuole grazie al fatto che ora gli studenti possono votare i propri rappresentanti.
Penso agli agricoltori che possono finalmente accedere ai servizi e ai fondi del governo grazie ai nostri corsi di formazione.

Sono davvero felice di aver trovato un’associazione che si impegna per migliorare e dare autonomia alla comunità locale.

Sebbene i livelli di povertà siano ancora alti e ad alcuni agricoltori manchino i beni primari, per loro oggi non è più così difficile sperare e credere in un futuro migliore, anche grazie al mio esempio.

Avere l’opportunità di fare questo lavoro è un privilegio.