VITA DA COOPERANTE: FEDERICO DI MANI TESE ALLA CONFERENZA CO[OPERA]

Il giovane cooperante che lavora per noi in Mozambico racconterà la sua esperienza alla Conferenza Nazionale della Cooperazione allo Sviluppo

Federico Sacchini ha 31 anni ed è un giovane cooperante che lavora in Mozambico per Mani Tese come agronomo nel “Progetto FORESTE” cofinanziato dall’Agenzia italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.
Alla Conferenza Nazionale della Cooperazione allo Sviluppo (CO[OPERA]), che si terrà a Roma il 24 e 25 gennaio 2018 , racconterà la sua esperienza di giovane cooperante e da dove è nata la sua “vocazione” nei confronti di questa complessa, delicata e stimolante professione.

Sono nato nella bellissima campagna di Grosseto, dove ogni tanto, ancora oggi, raccolgo le olive e faccio il contadino – racconta Federicoed è questa mia passione per la natura che mi ha spinto ad approfondirla. Dapprima studiandola all’Università, dove mi sono mi sono laureato in Scienze per la Sicurezza Alimentare e la Salvaguardia Ambientale nei Tropici e in Scienze e Tecnologie Agrarie con specializzazione in fitopatologia. In seguito, approfondendo la materia con le prime esperienze di studio all’estero, in Portogallo, in Tanzania e in Brasile

Il mio desiderio – continua Federicoè stato ed è tuttora quello di mettere in pratica ciò che ho studiato sui libri nell’ambito delle diverse tecniche agronomiche e fitopatologiche, per sfruttare al meglio le potenzialità dell’agricoltura nel contrasto alla fame e nella creazione di sviluppo. La mia sfida è quella di contribuire allo sviluppo sostenibile delle aree particolarmente vulnerabili, che spesso coincidono con quelle rurali, come nel caso che conosco, quello della Zambezia”.

La Provincia della Zambezia è una delle più povere del Mozambico ed una delle più degradate dal punto di vista ambientale. E’ per questo motivo che è nato il “Progetto FORESTE” il cui capofila è la ONG ICEI. Si tratta di un progetto nuovo, che mette al centro il contrasto ai cambiamenti climatici e cerca soluzioni innovative basate sulla conoscenza e il rispetto del contesto locale.

Federico porterà la sua testimonianza giovedì 25 gennaio alle 11.00 nell’ambito dell’evento IO C’ERO E CI SONO: STORIE STRAORDINARIE. Alla Conferenza COOPERA parteciperà inoltre Elias Gerovasi, Responsabile Progettazione e Parternariati di Mani Tese, che introdurrà, mercoledì 24 gennaio, il TAVOLO COMUNICAZIONE: “Oltre l’aiuto: come comunicare oggi la cooperazione allo sviluppo?”.

Scarica qui il programma dell’evento

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IL POLO DEL RIUSO DI VERBANIA: UN PROGETTO DI ECONOMIA CIRCOLARE

Il 19 gennaio un convegno su finalità e opportunità per attivare nuove filiere del valore a livello ambientale, urbanistico, energetico, sociale, culturale.

Il comune di Verbania, in collaborazione con Manitese Cooperativa Sociale a r.l. Onlus, ha promosso uno studio di fattibilità riguardante l’elaborazione di alcune ipotesi di insediamento di un Polo Del Riuso. Si tratta di una struttura che funziona come punto di raccolta e intercettazione di “scarti”, nonché vendita o scambio di oggetti che ridiventano utili in seguito ad attività di riparazione e rielaborazione.

L’idea del Polo di Riuso di Verbania nasce sulla base della pluriennale esperienza di Manitese Cooperativa Sociale a r.l. Onlus e aspira a consolidarsi come spazio integrato di scambio e collaborazione, luogo di cultura ma anche contesto concreto di azione e di innesco di un nuovo modello di economia circolare.

Il 19 gennaio se ne parlerà a Verbania Pallanza all’interno di un convegno che si propone di illustrare finalità e opportunità per animare e attivare nuove filiere del valore a livello ambientale, urbanistico, energetico, sociale e culturale.

Di seguito il programma dell’evento:

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TRATTA E GRAVI VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI: I NUOVI SCHIAVI DEL XXI SECOLO

Il convegno di Mani Tese, PIME, Caritas Ambrosiana, Ucsi Lombardia per la Giornata Mondiale contro la Tratta di Persone a Milano l’8 febbraio

Ogni anno oltre 40 milioni di persone – e un numero crescente di donne e minori – sono vittime di pesanti forme di sfruttamento, specialmente per la prostituzione coatta e il lavoro forzato. “Schiavi invisibili” di un sistema opaco e criminale che sfrutta la vulnerabilità dei più indifesi.

Ne parliamo a Milano, in occasione della Giornata Mondiale contro la Tratta di Persone, l’8 febbraio presso il PIME di Milano in un convegno promosso da Mani Tese, PIME, Caritas Ambrosiana e in collaborazione con Ucsi Lombardia. L’evento sarà moderato da Chiara K. Cattaneo, Program Manager della Campagna “I Exist” di Mani Tese.

Nel pomeriggio, si terranno tre laboratori su iscrizione sui temi: “Tratta e migrazioni”, “Identità in viaggio. Un mondo di relazioni”, “La tratta di donne e giovani come violazione dei diritti umani. Lo sfruttamento sessuale spiegato ai ragazzi”.

Di seguito il programma dell’evento:

Locandina 8 febbraio 2018

(Clicca qui per scaricare la locandina in PDF)

LEGGI IL COMUNICATO STAMPA

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INIZIATA LA CAUSA DELLA COMUNITÀ IKEBIRI: ENI COMPARE DI FRONTE ALLA CORTE

Oggi ENI è comparsa, insieme alla sua controllata nigeriana NAOC, di fronte al Tribunale di Milano per rispondere in merito all’accusa di inquinamento da petrolio in Nigeria. Il ricorrente è la comunità Ikebiri dello stato di Bayelsa, nel delta del Niger, rappresentata dal proprio leader, il Re Francis Ododo. Il territorio della comunità è stato […]

Oggi ENI è comparsa, insieme alla sua controllata nigeriana NAOC, di fronte al Tribunale di Milano per rispondere in merito all’accusa di inquinamento da petrolio in Nigeria. Il ricorrente è la comunità Ikebiri dello stato di Bayelsa, nel delta del Niger, rappresentata dal proprio leader, il Re Francis Ododo. Il territorio della comunità è stato inquinato da una fuoriuscita di petrolio nel 2010. Il giudice non ha accolto, per ora, la richiesta di Eni di fermare il processo per mancanza di giurisdizione e di spostarlo in Nigeria, disponendo di procedere nel merito mantenendo il processo in Italia.
Se dovesse avere successo, questo caso sarebbe il primo in cui una società italiana verrebbe ritenuta responsabile da parte di una corte italiana per danni ambientali e violazioni dei diritti umani all’estero.

I membri della comunità Ikebiri chiedono una bonifica adeguata e un risarcimento da parte di ENI per l’inquinamento del torrente, degli stagni e degli alberi, causato da una fuoriuscita di petrolio dalle condutture della propria consociata NAOC. Friends of the Earth Europe ed Environmental Rights Action/Friends of the Earth Nigeria stanno supportando la comunità nel portare il caso davanti alla corte.

L’avvocato della comunità, Luca Saltalamacchia, dichiara: “Sono soddisfatto che il processo continui, dando così la possibilità alla comunità Ikebiri di proseguire la battaglia per la sua richiesta di giustizia. Per il momento la richiesta di ENI e di NAOC di spostare il processo in Nigeria non è stata accolta”.

Il re della comunità Ikebiri, Francis Ododo, ha dichiarato: “Dopo più di sette anni di lotta per far sì che Eni rimediasse all’inquinamento da petrolio causato, accolgo con piacere l’inizio del caso e spero di poter finalmente vedere giustizia per la mia comunità.”

Colin Roche, extractive industries campaigner di Friends of the Earth Europe, ha dichiarato: “E’ ora che ENI venga ritenuta responsabile per l’impatto delle sue azioni sul popolo della Nigeria. Se la comunità Ikebiri vincesse la causa e ottenesse un risarcimento da ENI, ciò darebbe speranza alle molte altre comunità colpite dall’inquinamento da petrolio nel delta del Niger, e dai crimini d’impresa in generale.”

La fuoriscita di petrolio che ha riguardato la comunità Ikebiri è solo una delle centinaia di quelle prodotte dagli oleodotti di compagnie petrolifere internazionali che avvengono ogni anno in Nigeria.

Godwin Ojo, direttore di Friends of the Earth Nigeria, ha dichiarato: “Il popolo della Nigeria sta soffrendo da decadi a causa della negligenza delle major del petrolio, che ha distrutto vite e mezzi di sostentamento, garantendo allo stesso tempo ampi profitti a queste stesse compagnie. E’ il momento di porre fine alla loro impunità e di vedere la terra della comunità Ikebiri bonificata.”

Il caso continuerà con la prossima udienza, prevista per il 18 aprile a Milano.

(Fonte: comunicato stampa Friends of the Earth Europe)

Luca Saltalamacchia, avvocato della comunità Ikebiri e Godwin Ojo, direttore di Friends of the Earth Nigeria

 

Per appronfondire:

L’intervista all’avvocato Luca Saltalamacchia rilasciata alla redazione di Festival dei diritti umani:

Godwin Uyi Ojo, Executive Director di Friends of the Hearth Nigeria. racconta com’è nata la causa degli Ikebiri contro Eni e una sua controllata:

IMPRESE E COOPERATIVE PER FAVORIRE L’OCCUPAZIONE GIOVANILE IN GUINEA BISSAU

In una conferenza organizzata da Mani Tese a Bissau si discute della possibilità di creare imprese e cooperative per favorire l’occupazione giovanile.

Il 24 novembre, nella Casa dos Direitos di Bissau, è stata organizzata la conferenza dal titolo “Imprese e cooperative come motore per lo sviluppo della Guinea-Bissau”, organizzata da Mani Tese nell’ambito del progetto “Bo fia Bo pudi”. Il progetto, finanziato dall’Unione Europea ed implementato per l’organizzazione ENGIM, riguarda la promozione dell’occupazione giovanile in Guinea-Bissau.

La conferenza è stata un momento per dialogare con i rappresentanti dei ministeri della gioventù, dell’occupazione e dell’industria, con la società civile, con gli esperti del mondo dell’impresa e delle cooperative e con gli imprenditori. Si è discusso della possibilità di creare imprese e cooperative per favorire l’occupazione giovanile. Un confronto costruttivo fondamentale per iniziare a mettere le basi per uno sviluppo sostenibile del territorio.

CERIMONIA CONCLUSIVA DEL PROGETTO “IL PRIGIONIERO HA VALORE”

In vista della fine del progetto “Il prigioniero ha valore”, la cerimonia di conclusione rappresenta un momento di festa e di riflessione sulla tutela dei diritti dei prigionieri in Guinea Bissau.

Il 31 di Ottobre del 2017, nella Casa dos Direitos di Bissau, si è svolta la cerimonia conclusiva del progetto “Prisoneiro tene balur – Fase II”, che riguarda il reinserimento sociale e la promozione dei diritti dei carcerati in Guinea-Bissau.

In questa occasione, presenziata dall’Unione Europea, dal Direttore Generale dei Servizi Prigionali e da oltre 40 esponenti di organizzazioni nazionali ed internazionali, sono stati presentanti i risultati del progetto in ambito economico e psico-sociale, i dati preliminari della valutazione esterna del progetto e le prospettive future legate alla sostenibilità del progetto.

Un momento di dibattito, di incontro e di riflessione sul lavoro svolto da Mani Tese nelle prigioni della Guinea-Bissau. Un momento anche per festeggiare la fine di un cammino lungo cinque anni che vedrà ancora l’impegno della nostra ONG nella tutela dei diritti umani all’interno delle carceri guineensi.

PRATICHE D’ACCOGLIENZA: I PROGETTI SUL CAMPO.

Nei territori in cui è attiva, Mani Tese sperimenta iniziative per l’inclusione e la formazione di migranti e richiedenti asilo, con il coinvolgimento delle comunità locali.

di CHIARA CECOTTI, Responsabile Volontariato e Servizio Civile di Mani Tese.

NEI TERRITORI IN CUI È ATTIVA MANI TESE STA SPERIMENTANDO INIZIATIVE PER L’INCLUSIONE E LA FORMAZIONE DI MIGRANTI E RICHIEDENTI ASILO: ESPERIENZE CHE COINVOLGONO ANCHE LE COMUNITÀ LOCALI PER COSTRUIRE IL CAMBIAMENTO SENZA SUBIRLO.

Le migrazioni sono sempre fattori di cambiamento delle società con effetti soprattutto a livello locale: l’organizzazione delle città e le scelte fatte in materia di gestione determinano quanto un territorio è predisposto al cambiamento o quanto invece è destinato a subirlo attraverso reazioni conflittuali. Nell’ambito della cooperazione internazionale come delle campagne politiche, il tema del cambiamento è centrale nell’azione di Mani Tese per trasformare i contesti che impediscono la piena realizzazione delle persone e delle comunità. In questo senso, molti sono i progetti che le nostre sedi territoriali stanno realizzando in Italia, dove i migranti portano una domanda di cambiamento dei sistemi di accoglienza e inclusione, ma dove la posta in gioco è in realtà data dalla capacità di generare processi di trasformazione e di sviluppo.

Catania, la fabbrica del riuso.

L’occasione di realizzare qualcosa di concreto nel territorio ci è stata fornita da “ARCI Catania” che ha coinvolto Mani Tese Sicilia nella presentazione di un progetto finanziato da Fondazione con il Sud. E’ nata così FIERi: i migranti, all’interno di una vera e propria “Fabbrica Interculturale Ecosostenibile del Riuso” riparano e trasformano vari materiali che vengono quindi rimessi in circolo. Il progetto ha tre punti di forza: un partenariato di 13 associazioni e cooperative sociali del territorio; uno spazio che era da anni abbandonato, concesso in comodato d’uso, ristrutturato e restituito alla collettività; la creazione di opportunità lavorative per i migranti nell’ambito del riuso. FIERi vuole favorire un processo di “integrazione” dove “integrare” non significa “inserirsi”, ma “rendere completo”, aggiungere qualcosa che prima non c’era e contribuire a renderla migliore.

Treviso, costruire relazioni.

Da diversi anni il gruppo Mani Tese di Treviso ha sviluppato un’azione in collaborazione con le comunità di migranti, in particolare con le associazioni della diaspora del Burkina Faso grazie al programma “Fondazioni For Africa Burkina Faso”, che l’ha coinvolta in attività rivolte alle associazioni di migranti burkinabé della regione. Le relazioni che si sono create hanno portato a realizzare due edizioni dell’iniziativa “Quello che possono le mani – Incontri di donne africane e donne italiane per condividere sogni e saperi”. Il percorso partecipativo sui temi dell’autoproduzione e della sartoria del riuso ha avuto come obiettivi il sostegno alle capacità organizzative e all’autonomia economica delle donne coinvolte e il rafforzamento del loro ruolo all’interno delle famiglie e delle comunità di migranti di appartenenza. Nell’estate 2017 è stata inoltre promossa l’iniziativa “e – STIAMOINSIEME”. Negli ultimi tre anni Treviso ha dovuto organizzare un sistema di accoglienza e di integrazione con circa 1100 richiedenti asilo e 200 rifugiati titolari di protezione internazionale. Queste persone sono per lo più giovani e, durante il periodo estivo, la condizione di solitudine e inattività di questi ragazzi e ragazze tende ad aggravarsi. “e – STIAMOINSIEME” ha promosso un lavoro di rete tra venti soggetti privati e pubblici della città. Ha realizzato un programma di 12 appuntamenti a carattere formativo e aggregativo e due corsi di formazione in panificazione e pizza della durata di 20 ore ciascuno. Oltre trenta i ragazzi richiedenti asilo coinvolti e un centinaio i residenti che hanno fatto esperienza diretta di conoscenza e di relazione.

Pratrivero, lavorare insieme.

A partire da marzo 2016 l’Associazione Mani Tese Pratrivero ha scelto di impegnarsi, a fianco dell’amministrazione comunale e di altre associazioni, per l’inserimento di persone richiedenti asilo interessate dai programmi governativi di accoglienza. Nel mese di marzo è stata stipulata una convenzione della durata di sei mesi con il Comune di Trivero per l’impiego in attività di volontariato di quattro persone ospiti del C.A.S. in frazione Mazzucco. Per 6 mesi alcuni ragazzi hanno potuto svolgere attività di volontariato presso il nostro magazzino e lavori di manutenzione delle strade e del verde comunale. L’esperienza è stata nel complesso positiva e ha permesso un coinvolgimento efficace da parte dei ragazzi e della comunità. Durante lo stage di volontariato organizzato per gli studenti delle scuole superiori del territorio, il gruppo di migranti ha inoltre partecipato alle attività lavorative insieme ai giovani. Purtroppo non sempre da parte dell’ente gestore c’è stata una collaborazione fattiva, quindi a volte i ragazzi non sono stati posti nelle condizioni ideali per continuare il loro lavoro. Nel periodo previsto dalla convenzione si sono spesso alternati, causa trasferimenti da un centro di accoglienza all’altro, interrompendo la continuità del lavoro.

Articolo comparso sul Giornale di Mani Tese dicembre 2017

 

INSIEME E DIVERSI. COSTRUIRE INCLUSIONE

La “cointegrazione” può rappresentare una “terza via” all’integrazione dei giovani migranti: andare oltre l’accoglienza verso uno scambio fra pari

LA ‘COINTEGRAZIONE’, CONCETTO ECONOMETRICO, PUÒ RAPPRESENTARE UNA ‘TERZA VIA’ ALL’INTEGRAZIONE DEI GIOVANI MIGRANTI: ANDARE OLTRE L’ACCOGLIENZA PER E VERSO IL RICONOSCIMENTO DI UNO “SCAMBIO TRA PARI” E DI UNA RECIPROCA ASSUNZIONE DI RESPONSABILITÀ CHE RICONOSCA DAVVERO NELLA PLURALITÀ UNA RISORSA.

La parola cointegrazione identifica un concetto econometrico, che fa riferimento al caso in cui due combinazioni di variabili si muovono congiuntamente e in maniera simile per un lungo periodo, tanto che sembrano avere lo stesso trend. Nelle facoltà di economia per spiegarla si usa l’esempio di due ubriachi appena usciti dal bar, che camminano verso casa tenendosi a braccetto. In modo casuale e non necessariamente efficiente procedono insieme, appoggiandosi l’uno all’altro verso un obiettivo. Il concetto di cointegrazione può essere applicato molto bene alle migrazioni. Secondo l’ultimo rapporto del Ministero dell’Istruzione gli studenti stranieri in Italia sono circa 815mila, il 9,2% del totale. Una percentuale stabile nell’ultimo biennio, ma raddoppiata negli ultimi 10 anni e quadruplicata nel giro di 15. È di questi ragazzi che parliamo quando pensiamo alla sfida di fare scuola in una società multietnica. Una galassia eterogenea e composita, dove trovano posto i figli dei migranti appena arrivati in Italia, i minori non accompagnati e gli studenti di cittadinanza non italiana nati nel nostro paese. Se a questo aggiungiamo che la loro distribuzione si concentra in particolare nelle aree marginali a ridosso delle grandi città, portando alcune scuole ad ospitare oltre il 50% di minori di origine straniera, è facile comprendere l’importanza di un fenomeno che sta rivoluzionando il sistema scolastico. Uno degli approcci che tendiamo ad usare è quello assimilazionista: identifichiamo i problemi e cerchiamo le soluzioni, con l’obiettivo di rendere più accessibile il sistema scolastico. I problemi, naturalmente, sono moltissimi; l’insegnamento della lingua italiana, i rapporti con le famiglie, l’eterno dilemma se livellare la qualità verso il basso per non tenere indietro nessuno o progettare percorsi diversificati con il rischio di non essere inclusivi. La tentazione è pensare che la soluzione per risolverli sia fare in modo che gli stranieri diventino più simili a noi. Un’altra strada è quella della multiculturalità, in cui le diverse culture sono viste come contenitori comunicanti che si influenzano tra di loro. Il rischio è che la responsabilità dell’integrazione rimanga comunque in capo solo alla comunità ricevente, scoprendo il fianco alle accuse di buonismo, che siccome sono facili e gratuite non si fanno mai attendere. Come sempre, per trovare nuove risposte bisogna osservare i ragazzi. Per loro è normale vivere in un contesto multietnico, in generale non sono impressionati dalla diversità, sembrano naturalmente immersi in quella che sarà la loro società multiculturale. Eppure il sospetto che questo non sia il risultato di un processo davvero inclusivo, ma piuttosto di un raggiunto livello di accettazione condito da un po’ di superficialità, si fa strada tra educatori e insegnanti. Una recente indagine dell’Ong Celim in Lombardia (circa 1.500 interviste svolte tra scuole, CAG e parrocchie lombarde), dimostra che il 60% degli intervistati ha una percezione frammentaria delle tradizioni culturali e delle condizioni di vita degli altri Paesi e alla richiesta di indicare nel proprio quartiere persone di recente immigrazione dichiara di non conoscerne. Di più, l’80% dichiara insufficiente la partecipazione ad iniziative volte a stringere legami, conoscersi e valorizzare le reciproche competenze a favore di tutta la comunità.

Come due ubriachi a braccetto

Non basta quindi intendere l’integrazione come la normalizzazione di una pluralità di presenze, né atto di una “normale diversità”. È più interessante confrontarsi con l’orizzonte di una “diversa normalità”, centrata sull’esperienza quotidiana dello scambio, dove la pluralità è una risorsa prima di essere considerata un problema e la responsabilità di tenere vivo il dialogo è di tutti, studenti stranieri e loro famiglie compresi. Questo modo di guardare al fenomeno migratorio va oltre l’accoglienza per assomigliare di più ad un incontro tra pari. Il pedagogista brasiliano Paulo Freire diceva: “Nessuno educa nessuno, nessuno si educa da solo. Gli uomini si educano insieme, con la mediazione del mondo”.

Un concetto non così lontano dall’idea econometrica di cointegrazione, con qualche particolare in più: i due ubriachi escono dal bar tenendosi a braccetto l’un l’altro, si sostengono nella strada verso casa, si raccontano la loro vita e stringono un legame valorizzando le reciproche diversità. In definitiva, crescono insieme. Non solo si tollerano, non solo cercano di risolvere il problema di arrivare a casa, ma mantengono uno scambio di sguardi. Anche una volta passata la sbronza.

(Articolo comparso sul Giornale di Mani Tese dicembre 2017)

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PER LE SCUOLE E I GRUPPI

Mani Tese propone a ragazzi e studenti il percorso “Migranti per caso? Cittadini di un pianeta in movimento“, installazione didattica pensata per ragazzi dai 13 ai 19 anni volta ad approfondire le cause che originano le migrazioni. Per informazioni inviare una mail a ecg@manitese.it oppure telefonare allo 02.4075165 e chiedere dell’Ufficio ECG.

Scopri l’offerta formativa completa di Mani Tese nell’ambito dell’Educazione alla cittadinanza globale