REPORTER AMBIENTALE PER UN GIORNO: AL VIA L’EDIZIONE 2018!

Inviaci il tuo contributo: i più originali saranno pubblicati su Giustiziambientale.org durante la Giornata Mondiale della Terra

Sei a conoscenza di casi di ingiustizia ambientale nella tua area geografica? Pensi che i danni ecologici, oltre a impattare negativamente sull’ambiente, siano anche espressione di più ampie ingiustizie sociali? Lo sfruttamento irresponsabile o illecito delle risorse naturali ha causato impoverimento, incremento delle patologie e della mortalità o altre conseguenze negative sulla tua comunità?

Partecipa alla seconda edizione di “Reporter ambientale per un giorno” e raccontacelo! Inviaci il tuo contributo (secondo le modalità indicate di seguito) entro e non oltre il 20 aprile 2018: i più originali saranno pubblicati il 22 aprile 2018, in occasione della Giornata Mondiale della Terra, su Giustiziambientale.org, il portale che dà voce agli attivisti ambientali.

Reporter ambientale per un giornoè un’iniziativa di Citizen Journalism rivolta a blogger, attivisti, volontari e a tutti i cittadini interessati a diffondere il tema della giustizia ambientale a partire dalla descrizione di ciò che accade nel proprio territorio (quartiere, città, regione). I “reporter per un giorno” potranno segnalare e documentare casi di ingiustizia, così come offrire testimonianza di quelle realtà virtuose che, al contrario, promuovono e diffondono buone pratiche coniugando sostenibilità ambientale, sviluppo e diritti. Giustizia ambientale, infatti, non significa soltanto denunciare le violazioni ecologiche e sociali, ma soprattutto agire in modo da rendere i processi industriali e i nostri stessi stili di vita compatibili con la conservazione degli ambienti naturali e la loro capacità di offrire servizi essenziali per la vita dell’uomo e delle altre specie animali.

Come partecipare

I “reporter per un giorno” potranno realizzare video-inchieste, reportage, o semplici articoli corredati da immagini, estratti video e file audio su casi di ingiustizia/giustizia ambientale. Se l’argomento prescelto ricade nel proprio territorio, infatti, i reporter potranno scegliere di recarsi nei luoghi interessati per documentare i fatti, realizzare interviste e scattare foto.
Il contenuto può avere una struttura variabile a seconda della modalità adottata. La parte testuale (formato word) non dovrà superare le 6.500 battute (spazi inclusi). Ogni contributo dovrà essere corredato da un minimo di 3 a un massimo di 15 immagini, che potranno essere inserite nel corpo del testo oppure allegate via mail al momento dell’invio massivo. Immagini, foto e video dovranno riportare i relativi credits o, nel caso, la fonte da cui sono stati tratti. I contributi dovranno avere un titolo e, possibilmente, un sottotitolo.

Invio dei contributi

Una volta realizzato il contributo, bisognerà registrarsi al sito http://www.giustiziambientale.org/registrati/ e inviare tutto il materiale allegato all’indirizzo news@giustiziambientale.org indicando nell’oggetto: “ReporterPerUnGiorno – parola chiave contributo – autore- nickname di registrazione sul sito”.
Il termine ultimo è il 20 aprile 2018.
Per l’invio dei video vi sono due possibilità: caricare i file su youtube (indicando parallelamente nella parte testuale il link di riferimento), oppure inviarli tramite wetransfer, servizio semplice e gratuito, sempre all’indirizzo news@giustiziambientale.org.

Revisione e pubblicazione

Alla redazione di Giustiziambientale.org spetterà poi il compito di revisionare i contributi ricevuti, impaginarli, pubblicarli e, infine, promuoverli sui social network. L’editing avrà come obiettivo quello di adattare i contributi alle esigenze comunicative imposte dalla rete. Le eventuali modifiche saranno quindi dettate dalla necessità di rendere più chiaro e fruibile il testo e non certo dall’intenzione di alterarne o censurarne il contenuto.

Promozione

I contributi più originali saranno pubblicati sul sito www.giustiziambientale.org a partire dal 22 aprile 2018, in occasione della Giornata Mondiale della Terra e, parallelamente, verranno promossi sui canali social dell’associazione Mani Tese (Twitter e Facebook). Gli stessi “reporter per un giorno” sono invitati a condividere gli articoli pubblicati attraverso i propri account social. Si potranno, ad esempio, realizzare delle instagram stories, postando una o più immagini chiave tratte dai propri contributi oppure brevi estratti video e inserendo quindi nella didascalia del post: “#ReporterPerUnGiorno, #EarthDay, link dell’articolo, @Mani_Tese”.

Clicca qui per leggere i contributi della prima edizione di “Reporter ambientale per un giorno”

Per ulteriori informazioni relative alla campagna scrivere all’indirizzo news@giustiziambientale.org

UN ABBRACCIO TRA FRATELLI DOPO 42 ANNI GRAZIE A UN NOSTRO POST!

Braima, l’autista e logista di Mani Tese in Guinea Bissau, incontra suo fratello dopo 42 anni grazie a un post sulla pagina Facebook di Mani Tese.

Vi ricordate di Braima? E’ l’autista e logista di Mani Tese in Guinea-Bissau, al quale avevamo fatto gli auguri di buon compleanno a settembre dell’anno scorso. Anche grazie a quel post, Braima ha potuto rivedere suo fratello, dopo ben 42 anni!

E’ una storia che ha dell’incredibile.

Djibril, il fratello di Braima, era un adolescente durante la guerra di liberazione. Scappò prima a Capo Verde, poi in Europa, e presto perse i contatti con la sua famiglia in Guinea-Bissau. Braima, sua sorella e i suoi genitori lo davano ormai per disperso.

Grazie alla foto di Braima pubblicata sulla pagina Facebook di Mani Tese, il figlio di Djibril è riuscito a rintracciare Braima. Dopo qualche mese di telefonate, Djibril ha deciso di partire per la Guinea-Bissau per tornare a trovare la sua famiglia.

Djibril ci racconta: “E’ stato strano rientrare in Guinea. All’aeroporto ho dovuto dire, con imbarazzo, che non avevo più documenti guineensi con me, mi hanno fatto pagare il visto turistico. Riabbracciare mio fratello è stata un’emozione forte. Vedo che in tutti questi anni la Guinea-Bissau non è cambiata molto. Mi aspettavo di trovare più sviluppo, ma grazie a Braima ho visitato i vostri progetti e mi è tornata la fiducia nel mio Paese. Grazie, Mani Tese.”

Braima ha portato suo fratello in giro per la città, e come se fosse la cosa più naturale al mondo, gli ha fatto visitare i nostri progetti, tra cui il CEDAVES.

Essere stati testimoni di questo ricongiungimento ci ha fatti un po’ emozionare, ma ci ha anche fatto riflettere su quanto ancora bisogna fare in questo Paese.

LA RESILIENZA DEI RIFUGIATI SENEGALESI IN GUINEA-BISSAU

L’impegno di Mani Tese per l’autonomia comunitaria dei rifugiati senegalesi inizia con i frutti della terra

di SARA GIANESINI, Coordinatrice progetto “Integrazione dei richiedenti asilo e dei rifugiati senegalesi”

Cacheu nord, confine con la Casamance, la regione del Senegal teatro dal 1982 di un conflitto tutt’oggi irrisolto.
Dagli avvenimenti del 6 Gennaio 2018, in cui sono state brutalmente uccise 13 persone, gli scontri tra esercito Senegalese e ribelli del gruppo indipendentista della Casamance sono ricominciati.

Noi di Mani Tese, presenti sul territorio dal 2017, non perdiamo la volontà di stare a fianco delle comunità di confine che ospitano i rifugiati senegalesi fuggiti nel corso degli anni da questo conflitto dimenticato e senza cronaca.

Lo staff di Mani Tese ha iniziato in questo territorio con non poche difficoltà e problematiche. Un’annata di conoscenza, di conquista giornaliera di confidenza e familiarità con le stesse comunità, ma oggi possiamo raccontare tanti risultati positivi e sorprendenti. Ortaggi, uova, pulcini, piccoli negozi e attività commerciali sono alcuni dei frutti positivi che il team di progetto ha fortemente e con tenacia portato avanti finora.

Il progetto ci vede tutt’oggi a fianco delle comunità per appoggiare la sussistenza e autonomia comunitaria come parte della strategia di Protezione delle comunità ospitanti rifugiati senegalesi.

Quando andiamo a Sougototo, Edjaten, Capal e Barraca Biro e vediamo 40 e più persone che sono operose e instancabili sotto il sole per dare irrigazione agli orti comunitari; quando vedi negli occhi delle persone la volontà che le cose migliorino; quando ti raccontano che le donne stanno anche la notte a dormire a fianco agli orti perché non vogliono perdere il raccolto, le parole non servono.

La campagna orticola è nel pieno e i frutti della terra sono la dimostrazione del lavoro di irrigazione, cura e fertilizzazione naturale per la promozione di una coltura bio come modello di sostenibilità. Noi tutti a São Domingos stiamo aspettando la maturazione dei raccolti per poter gioire con le comunità, vi terremo aggiornati!

NICARAGUA. SFATARE LE CREDENZE POPOLARI PER CURARE L’INSUFFICIENZA RENALE

Il nostro impegno nella prevenzione e cura dell’insufficienza renale cronica, una malattia frequente nei lavoratori della canna da zucchero

In Nicaragua siamo impegnati in un progetto per prevenire e curare l’insufficienza renale cronica, una grave malattia altamente invalidante, frequente nei lavoratori della canna da zucchero (per approfondire, leggi il nostro dossier sulle condizioni di lavoro in questa filiera).

Lo staff di progetto è al momento impegnato nella redazione di due manuali destinati a chi è già malato e alle persone a rischio, per informare sulla cura e sulla prevenzione della malattia.

Una delle testimonianze raccolte sul campo, che sarà inclusa nel manuale, è quella del signor Porfirio. Affetto da insufficienza renale cronica, Porfirio ha superato le credenze popolari secondo cui la dialisi peritoneale farebbe sì che i pazienti della malattia muoiano più velocemente, e si è sottoposto al trattamento per 12 anni riuscendo a vivere una vita abbastanza serena.

Ecco il suo racconto:

“Il dottore disse a mio figlio maggiore e a mia moglie e che sarei potuto sopravvivere solo iniziando la dialisi peritoneale, ma la mia famiglia ha avuto paura e così firmarono perché non lo facessi. Quando il dottore mi dimise, gli chiesi perché mi mandavano a casa se non stavo bene, e lui mi spiegò la situazione.
Pensai a mia figlia che aveva solo 9 anni e che avrei voluto vedere crescere.
Non ero ancora pronto a morire: volevo continuare a vivere. Così mi armai di buona volontà e chiesi al dottore di farmi la dialisi, visto che il malato ero io ed ero l’unico che doveva decidere della propria salute.
Il dottore rispettò la mia decisione e mi sottopose al trattamento.
Sono passati già 12 anni in cui, giorno per giorno, lotto con questa malattia. Mia figlia ora ha 20 anni e sta finendo il quarto anno di università in scienze naturali.
È stato difficile per me e per la mia famiglia, ma ho preso la decisione migliore. Il modo migliore per continuare a vivere è seguire le indicazioni dei dottori.”

(Nella foto, un momento di lavoro dello staff di progetto)

NO A MATRIMONI FORZATI E VIOLENZA DI GENERE: UN NUOVO PROGETTO IN GUINEA-BISSAU

Il 7 marzo, in occasione della Giornata Internazionale della Donna, si terrà l’evento di lancio guineense del progetto “LIBERE DALLA VIOLENZA”

Si terrà mercoledì 7 marzo, in occasione della Giornata Internazionale della Donna, l’evento di lancio guineense del progetto “LIBERE DALLA VIOLENZA: DIRITTI ED EMANCIPAZIONE PER LE DONNE IN GUINEA-BISSAU” (titolo originale: No na cuida de no vida, mindjer – Emancipazione e diritti per ragazze e donne in Guinea Bissau – progetto pilota) promosso dall’ONG Mani Tese, capofila, in collaborazione con ENGIM (Ente Nazionale Giuseppini del Murialdo), FEC (Fundaçao Fé e Cooperaçao), GEIOJ (Gabinete Estudos Informaçao e Orientaçao Juridica) e RA (Rede Ajuda), cofinanziato dall’Unione Europea.

“In tutto il mondo, la violenza contro le donne lascia trasparire l’eredità storica di una società marcata dalla discriminazione di genere – dichiara Paola Toncich, Coordinatrice del progetto di Mani Tese – ma in Guinea-Bissau assume forme diverse e ancora più atroci rispetto a quelle conosciute in Europa, come il matrimonio forzato, il matrimonio precoce e la mutilazione genitale femminile”.

La violenza di genere in Guinea-Bissau

Secondo uno studio* realizzato nel 2011 da organizzazioni di difesa e promozione dell’uguaglianza di genere, l’85% della violenza contro le donne guineensi si manifesta nell’ambiente familiare e nel 67% dei casi gli aggressori sono i coniugi, mentre nel 33% altri membri della famiglia.

Nonostante nel 2014 in Guinea-Bissau sia stata promulgata la “Legge sulla criminalizzazione di tutti gli atti di violenza praticati nell’ambito delle relazioni domestiche e familiari”, non esistono a oggi casi giudicati.

Lo stesso studio indica che nel Paese, tra il 2006 e il 2010 sono stati registrati dalle autorità giudiziarie e di sicurezza 23.193 casi di violenza domestica ma il 71% delle vittime intervistate non ha mai sporto denuncia. In media, solo 5 casi di violenza domestica vengono denunciati al giorno in tutto il Paese. (*“Quadro legal dos direitos humanos”, Liga guineense dos direitos humanos, settembre 2015).

Tre i fattori che dissuadono le donne dal denunciare: la mancanza di conoscenza delle legge e dei diritti legali delle donne; la carenza di competenza di strutture statali e in particolare della polizia; l’assenza di capacità dello stato e delle organizzazioni tradizionali di proteggere le vittime.

I matrimoni forzati

La situazione di incertezza sui dati si acuisce maggiormente quando si analizza il fenomeno del matrimonio forzato, ossia l’unione tra persone senza consenso o contro la volontà dei coniugi o di uno dei coniugi, che in Guinea-Bissau non è ancora stato normato in violazione agli obblighi nazionali e internazionali, in particolare quelli della Costituzione della Repubblica (che proibisce la violenza fisica e morale) e della Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna (CEDAW), adottata nel 1979 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che la Guinea Bissau ha ratificato nel 1985.

In Guinea-Bissau la pratica del matrimonio forzato è comune a quasi tutte le etnie, che sono più di una decina: il 41% delle donne intervistate in uno studio del 2011 (“Un ritratto di violenza contro le donne in Guinea-Bissau”) ha dichiarato di non aver partecipato alla scelta del marito. In mancanza di una norma di diritto positivo, è infatti quello consuetudinario a essere implementato che determina 14 anni come età minima del matrimonio per le donne.

“Il matrimonio forzato – prosegue Paola Toncich – oltre a influenzare il principio di libertà e di auto-determinazione delle donne, mette in pericolo la loro integrità fisica e morale e rende la situazione ancora più allarmante quando associato al matrimonio precoce, con conseguenze come abusi sessuali, gravidanze precoci, abbandoni scolastici e mortalità materna”.

Il progetto LIBERE DALLA VIOLENZA

È in questo contesto che prende il via il progetto finanziato dall’Unione Europea “LIBERE DALLA VIOLENZA”, il cui nome originale è ‘No na cuida de no vida, mindjer – Emancipazione e diritti per ragazze e donne in Guinea Bissau – progetto pilota’ che in creolo, la lingua locale, significa ‘Noi ci prendiamo cura della nostra vita’.

L’impossibilità di accesso delle donne al sistema giudiziario formale è una delle sfide da affrontare per assicurare alle vittime sia la protezione giudiziaria che della polizia, insieme a quella di garantire i servizi sociali di emergenza per facilitare il recupero e il reinserimento sociale delle donne vittime di violenza e delle ragazzine che scappano dal matrimonio forzato.

Il ruolo di Mani Tese all’interno del progetto sarà proprio quello di rafforzare, in collaborazione con GEIOJ (Gabinete Estudos Informaçao e Orientaçao Juridica), i centri di accesso alla giustizia e la polizia locale attraverso una formazione specifica sull’argomento e costruendo una rete integrata di accompagnamento e servizi specifici per le vittime, in cui saranno coinvolti anche i responsabili dei servizi psicosociali.

“Nel Paese si creeranno ed equipaggeranno tre centri regionali di servizio di attenzione alla vittima e una casa rifugio, che si occuperanno di fornire assistenza educativa, psicosociale e legale – conclude Paola Toncich – Inoltre si selezioneranno alcuni spazi informali, costituiti da un certo numero di famiglie che, in modo autonomo e indipendente, accolgono le donne. L’obiettivo è dotare questi differenti spazi d’accoglienza di una metodologia comune, da costruire attraverso la partecipazione dei partner, delle organizzazioni della società civile e dei ministeri competenti”.

Le attività si svolgeranno in collaborazione con la ONG portoghese Fundaçao Fe E Cooperaçao (FEC) e l’associazione italiana Ente Nazionale Giuseppini del Murialdo (ENGIM). La prima si occuperà di educazione parentale e coniugale in 46 comunità di 4 regioni del Paese (Quinara, Tombali, Bafatá e Gabu) attraverso il partner locale Rede Ajuda (RA), che formerà agenti socio-comunitari. Oltre alla formazione, FEC promuoverà anche campagne di sensibilizzazione nelle comunità selezionate sui diritti delle donne e delle ragazze e rafforzerà i centri regionali per il sostegno alle vittime e la linea telefonica esistente per le denunce.

ENGIM si concentrerà principalmente sulla prevenzione della violenza di genere e sull’empowerment delle donne guineensi attraverso l’attivazione di un corso di formazione professionale in hoteleria e gestione domestica rivolto alle ragazze dai 12 ai 14 anni residenti nel settore autonomo di Bissau per favorire l’acquisizione di competenze professionali e garantire nel contempo una celere segnalazione dei casi sospetti di violenza. Inoltre promuoverà il sostegno di 4 microimprese di donne e la creazione della prima agenzia di occupazione per le donne.

I diversi attori coinvolti si riuniranno periodicamente intorno a un tavolo tematico che avrà, come obiettivo, quello di lavorare alla costruzione di un Piano nazionale di prevenzione e lotta contro la violenza domestica e di genere per diffondere una cultura di pace e uguaglianza di genere.

TRAFFICKING: PROSEGUE IL NOSTRO IMPEGNO A POIPET

Lo staff di Damnok Toek nostro partner in Cambogia, visita regolarmente le comunità di Poipet e assiste migliaia di bambini e adolescenti

La Cambogia continua ad essere uno dei Paesi più poveri al mondo: l’ultimo indice di sviluppo umano dell’UNDP lo posiziona infatti al 143esimo posto su un totale di 188 paesi.

In queste foto vediamo la triste realtà di alcune aree di Poipet, città al confine con la Tailandia da cui ogni giorno partono e rientrano decine di migranti cambogiani.

Lo staff di Damnok Toek, nostro partner dal 2008, visita regolarmente le comunità di Poipet e assiste migliaia di bambini e adolescenti. Alcuni di questi, vittime di trafficking e/o abusi, vengono accolti nel Centro di accoglienza. Grazie al progetto “Bambini al sicuro” possono vivere all’interno di un luogo protetto in cui crescere, frequentare la scuola e corsi di inglese, sport, informatica e arte-terapia, ricevere cure mediche e assistenza psicologica e, se le condizioni lo permettono, essere reinseriti nelle proprie famiglie d’origine.

Sostieni il progetto “Bambini al sicuro” partecipando alla Milano Marathon.

poipet_cambogia_damnok toek_2018
Foto di Damnok Toek
poipet_cambogia_damnok toek_2_2018
Foto di Damnok Toek
poipet_cambogia_damnok toek 3_2018
Foto di Damnok Toek

 

PER L’8 MARZO RENDI UNA DONNA LIBERA E INDIPENDENTE

Per la Giornata Internazionale della Donna non limitarti a una mimosa: scegli un dono solidale a sostegno delle donne in Kenya, Guinea Bissau o Cambogia.

Sono tante, nel mondo, le donne vittime di abusi o costrette a vivere in condizioni di povertà. Per la Giornata Internazionale della Donna non limitarti a una mimosa: sostieni l’indipendenza economica delle donne coinvolte dai nostri progetti di sviluppo in Kenya e in Guinea Bissau, o libera le bambine dal trafficking in Cambogia con un dono speciale.

SCEGLI I NOSTRI REGALI SOLIDALI

COMPILA SUBITO IL MODULO D’ORDINE

GUINEA-BISSAU, AL MERCATO CON LA VIDEOCAMERA

Un video girato dai ragazzi del progetto “Antula è giovane!” presso il mercato di Antula durante un corso di riprese

Stefano e Daniele di Narvaloo Routes sono due videomaker toscani che hanno cercato di raccontare attraverso le immagini la Guinea-Bissau e il Senegal.
Li abbiamo incontrati a luglio a Bissau, dove hanno organizzato un corso di riprese video per i giovani del progetto “Antula è giovane!”, che abbiamo recentemente realizzato nel Paese. Una delle attività è stata quella di lasciare girare i ragazzi per il proprio quartiere armati di videocamere.

Ecco il risultato di un video girato al mercato di Antula!