#apriamolementi: con Mani Tese alla marcia della pace!
Mani Tese aderisce alla Marcia della pace Perugia-Assisi portando il suo messaggio di resistenza educativa al clima di violenza, razzismo e intolleranza.
Mani Tese aderisce alla Marcia della pace Perugia-Assisi portando il suo messaggio di resistenza educativa al clima di violenza, razzismo e intolleranza.
Tutti insieme per marciare
Il ritrovo per tutti i volontari, operatori e simpatizzanti di Mani Tese è alle ore 12.15 nel piazzale di Santa Maria degli Angeli (guardando la Basilica presso il lato destro del sagrato). Da quel momento marceremo tutti e tutte insieme!
Sul nostro striscione sarà scritto un messaggio semplice e chiaro:
VOI CHIUDETE I PORTI NOI APRIAMO LE MENTI
Chi non riuscisse a raggiungerci all’appuntamento di Santa Maria degli Angeli ci troverà alle ore 15 alla Rocca Maggiore di Assisi (guardando il palco sulla destra).
Contro i muri e le paure, noi apriamo le menti
Mentre il consenso si costruisce sempre di più sull’ignoranza e la cultura soffoca tra i “like” e la ricerca di soluzioni semplici a problemi complessi, la nostra risposta, oggi come 50 anni fa, è la resistenza educativa.
Perché nessuno slogan rimetterà al centro i diritti e l’uguaglianza. Solo una generazione formata ai valori della giustizia e della solidarietà.
Nessuna censura informatica ci salverà dalle “fake news”. Solo la costruzione di un sapere critico.
Nessuna legge permetterà di superare la sfida dell’incontro tra culture diverse. Solo la pazienza di conoscere le storie degli altri e la fatica di costruire relazioni. Oggi il nostro impegno di giustizia ci chiede di mobilitarci per non permettere la “normalizzazione” della violenza e dell’intolleranza nei confronti dei più deboli.
Noi ripartiamo da qui.
E restiamo in cammino per abbattere i muri, sconfiggere insieme le paure e costruire un altro mondo possibile.
RINNOVATO L’ACCORDO FRA MANI TESE E IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA DEL BENIN
Il 30 agosto 2018 si è tenuta le cerimonia della firma del terzo accordo fra Mani Tese e il governo della Repubblica del Benin
Il 30 agosto 2018 si è tenuta le cerimonia ufficiale della firma del terzo accordo fra Mani Tese e il governo della Repubblica del Benin, che autorizza Mani Tese a operare come ONG nello stato africano.
La cerimonia si è svolta a Cotonou presso il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione, in presenza delle autorità del Ministero, del personale dell’ONG e del Console onorario d’Italia in Benin, il signor Vitaliano Gobbo.
Il Rappresentate Paese di Mani Tese in Benin, Achille Yotto Tepa, si è dichiarato molto felice di beneficiare, attraverso la firma dell’accordo, della rinnovata fiducia da parte del governo beninese, che rappresenta per Mani Tese un’esortazione al raddoppio del proprio impegno ed entusiasmo, per contribuire in maniera ancor più significativa agli sforzi di sviluppo del Paese africano.
Fin da quando ha incominciato ad operare in Benin, nel 1979, Mani Tese ha sempre beneficiato del sostegno delle autorità beninesi, indispensabile per la mobilitazione delle risorse necessarie per la realizzazione di numerosi progetti a vantaggio delle comunità del Paese.
“La lunga durata della collaborazione fra Mani Tese e il popolo beninese è il miglior esempio della vera cooperazione internazionale – ha dichiarato Valerio Bini, Presidente di Mani Tese, nel discorso riportato da Achille Tepa durante la cerimonia – che non si traduce semplicemente in un trasferimento di tecnologie o di mezzi finanziari ma, prima di tutto, in una relazione fra persone che si impegnano per un futuro più giusto. In questa relazione di amicizia vedo il futuro del Benin ma allo stesso tempo anche quello del mio paese, l’Italia, e dell’Europa, che grazie alla cooperazione potrà ritrovare il proprio vero volto, oggi sfregiato dall’egoismo dei suoi governi”.
“Il senso di questa cooperazione è per me un’esperienza concreta – ha proseguito Bini – che ho avuto la fortuna di poter vivere personalmente nel corso dei miei soggiorni nell’Atacora (regione a nord del Benin dove si sono svolti la maggior parte dei progetti di Mani Tese in questi anni). Si tratta dei visi delle persone che ho incontrato in quest’esperienza di cooperazione come quelli delle donne delle cooperative, che ho visto diventare sempre più determinate o come gli occhi del direttore della scuola del villaggio di Wansokou durante la festa per il venticinquesimo anniversario della scuola finanziata da Mani Tese nel 1987.
Tutto questo è stato possibile grazie all’impegno del popolo beninese e alla presenza del governo del Benin: questo accordo è il segno della fedeltà di una relazione che spero possa diventare in futuro ancora più profonda”.
Il Segretario Generale del Ministero, il signor Hervé D. Djokpe, rappresentante del governo beninese, nel proprio discorso ha illustrato i meriti di Mani Tese nella lotta contro la fame e il sottosviluppo in Benin presentando una sintesi delle azioni dell’ONG nel Paese, che hanno condotto al rinnovo dell’accordo. Un accordo che vuole essere il segno della riconoscenza e della soddisfazione dello Stato beninese per le notevoli azioni intraprese da Mani Tese nei confronti della popolazione del Benin.
BURKINA FASO, VERSO LO SVILUPPO AGROECOLOGICO A LOUMBILA E KOUBRI
Due workshop per ribadire il sostegno allo sviluppo di sistemi agroecologici che forniscano un’alternativa credibile ai modelli agricoli convenzionali
Nell’ambito del progetto “Partenariato per uno sviluppo sostenibile tra Italia e Burkina Faso (IV – V anno)” realizzato grazie al contributo di Fondazioni for Africa Burkina Faso, Mani Tese, in quanto responsabile dell’asse tematico “agroecologia”, ha organizzato due seminari sull’argomento, che si sono svolti il 31 luglio 2018 a Koubri, e l’1 agosto a Loumbila, in collaborazione con i sindaci dei due comuni e a Koubri con l’Associazione Watinoma.
Obiettivo degli eventi è stato quello di rafforzare l’impegno degli opinion leader nella promozione dell’agroecologia nei due comuni. I seminari hanno infatti riunito i sindaci e le autorità municipali, i leader tradizionali e religiosi, i produttori, i servizi decentrati dello Stato e altre ONG e associazioni coinvolte nella promozione dell’agroecologia.
I workshop hanno ribadito la necessità di sostenere lo sviluppo di sistemi agroecologici al fine di fornire un’alternativa credibile ai modelli agricoli convenzionali limitando gli effetti negativi dell’uso improprio dei pesticidi.
Durante i seminari, infatti, il Dr. Mamadou Traoré dell’ente pubblico INERA (Istituto dell’Ambiente e delle Ricerche Agricole) ha trattato i rischi connessi all’uso dei pesticidi dimostrando come, anche se usati con precauzione, i pesticidi possano avere effetti nefasti sulla salute e sull’ambiente. Hado Hima di Watinomaa Koubri e Karim Sawadogo di Mani Tese a Loumbila hanno inoltre illustrato i risultati delle pratiche agroecologiche illustrandone vincoli e opportunità.
Sono state poi trattate le politiche di promozione dell’agroecologia. Per quanto riguarda il comune di Koubri, l’associazione Watinomaha illustrato il percorso di supporto alla produzione, al ristorante biologico e alla ricerca di mercato per i prodotti. A Loumbila Mani Tese ha presentato le tappe del proprio percorso, che include il sostegno alla creazione di trenta aziende agricole agroecologiche e di un centro per il trasferimento di innovazioni agroecologiche insieme alla la ricerca di mercati di nicchia a Ouagadougou.
Un mercato ortofrutticolo agroecologico è possibile ed esiste già, come ha dimostrato, infine, la proiezione del video della prima edizione della fiera di prodotti agroecologici di Loumbila, che si è svolta con successo dal 23 al 25 marzo 2018.
In seguito ai seminari, i rappresentanti dei municipi hanno espresso il loro pieno sostegno alla promozione dell’agroecologia nei rispettivi comuni, oltre a confermare l’assoluta disponibilità dei loro consigli comunali ad accompagnare e sostenere queste azioni.
Molti gli spunti e le necessità emerse durante gli eventi da parte dei partecipanti, come la mappatura gli attori coinvolti nella promozione dell’agroecologia nei due comuni, l’organizzazione di una fiera annuale di agricoltura agroecologica nel comune di Loumbila, l’istituzione di un premio per il miglior produttore agroecologico del comune e di un quadro di consultazione comunitaria per gli attori di sviluppo dell’agroecologia, la capillare sensibilizzazione degli agricoltori sull’agroecologia.
LA STORIA DI VANTHY: DALLE STRADE THAILANDESI ALLA SCUOLA IN CAMBOGIA
“Da grande voglio diventare uno chef che lavora nei migliori hotel e ristoranti. Vorrei ringraziare Damnok Toek che ogni giorno si prende cura di me”
Le migrazioni sono antiche come l’uomo e riguardano tutto il mondo. Se potessimo osservare la terra dall’alto vedremmo puntini impazziti che si spostano da un luogo all’altro, sempre e ovunque.
C’è una migrazione di cui si parla poco ma che coinvolge da anni migliaia di cambogiani. Ogni giorno, infatti, decine di bambine e bambini, uomini e donne, lasciano la Cambogia per raggiungere la Thailandia nella speranza di una vita migliore. Quello che li aspetta, però, è spesso ancor peggio dell’estrema povertà da cui tentano di fuggire. In molti casi, infatti, diventano vittime di trafficking.
Vanthy (nome di fantasia) è uno di questi bambini. È nato a Samaki, un villaggio nella provincia di Pursat, ad ovest della Cambogia. Sua madre è morta subito dopo il parto e qualche tempo dopo suo padre si è risposato con un’altra donna. Incuriosita dalle parole di un vicino di casa, che le raccontava di facili guadagni nella vicina Thailandia, la matrigna di Vanthy decide di pagare 3000 bath (circa 80 euro) a un trafficante per entrare illegalmente nel Paese insieme alle sue figlie e a Vanthy, che a quel tempo aveva 7 anni. Una volta in Thailandia, però, la vita di Vanthy non è stata affatto migliore: costretto a chiedere l’elemosina, non poteva andare a scuola e diventava sempre più denutrito. Ci ha raccontato che mangiava solo una piccola ciotola di riso al giorno, con conseguenti problemi di crescita che tuttora lo fanno sembrare più piccolo per la sua età.
“Ero costretto a sedermi ogni giorno sul ponte per chiedere l’elemosina – racconta Vanthy – Di solito guadagnavo tra i 300 e i 500 bath (tra i 7 e i 13 euro) che di sera consegnavo alla mia matrigna“. Vanthy ricorda perfettamente il giorno in cui è stato arrestato: “Un giorno, mentre ero sul ponte a ‘lavorare’ come al solito, sono comparsi 4 uomini da entrambi i lati del ponte. In realtà erano poliziotti in borghese e mi hanno arrestato. Prima mi hanno portato alla stazione di polizia e in seguito mi hanno mandato al centro di Ban Phum Vet“.
Dopo 2 anni e mezzo trascorsi al centro di Ban Phum Vet, le autorità thailandesi hanno deciso di rimandare Vanthy in Cambogia. Vanthy è arrivato al Poipet Transit Center e, non essendo in grado di rintracciare la sua famiglia, è stato poi trasferito dalle autorità cambogiane al Centro Accoglienza di Damnok Toek sostenuto da Mani Tese.
Qui, gli assistenti sociali di Damnok Toek lo hanno fatto partecipare a una sessione di terapia psicologica e lo hanno invitato a unirsi alle varie attività e alle lezioni offerte all’interno del Centro. Durante le prime settimane Vanthy continuava ad essere ancora molto spaventato: non si ricordava la sua lingua natale, il Khmer, perché ormai era troppo abituato al tailandese,e rimaneva in silenzio per la maggior parte del tempo. Nelle settimane successive, tuttavia, Vanthy ha iniziato a cambiare atteggiamento. Ora si relaziona tranquillamente con gli altri bambini del Centro, ha iniziato a riparlare la lingua Khmer e partecipa con entusiasmo alle attività ludiche e formative del Centro.
“Vorrei rivedere la mia famiglia e soprattutto mio padre. Voglio vivere con lui e le mie sorelle. Da grande voglio diventare uno chef che lavora nei migliori hotel e ristoranti. Infine, vorrei ringraziare Damnok Toek che ogni giorno si prende cura di me e mi offre tante opportunità“.
Damnok Toek dal 2001 ha accolto centinaia di bambini come Vanthy, cercando di ridare loro una vita nonostante i traumi subiti. Mani Tese supporta le attività di Damnok Toek dal 2008: grazie al progetto “Bambini al sicuro” sono circa 100 le bambine e i bambini vittime di trafficking che vengono accolti ogni anno. All’interno del Centro di accoglienza possono ritornare a scuola e vivere all’interno di un luogo sicuro e protetto in cui crescere, frequentare corsi di inglese, sport, informatica e arte-terapia, ricevere cure mediche e assistenza psicologica e, se le condizioni lo permettono, essere reinseriti nelle proprie famiglie d’origine.
TERRA RICCA: IL NUOVO PROGETTO PARTE ALL’INSEGNA DELL’ARTE
Presentato ufficialmente il progetto per la sensibilizzazione sui rischi della migrazione irregolare in Guinea-Bissau attraverso l’arte, la radio, il cinema…
Dopo la presentazione da parte della capomissione di OIM e dei rappresentanti e coordinatori di Mani Tese e AMIC, i “Netos de Bandim” hanno presentato un numero artistico. È stato inoltre proiettato il video del cantante Bigs Lion, un migrante di ritorno destinatario del progetto “Antula è jovem”, promosso da Mani Tese e finanziato dall’OIM nel 2017.
La musica e il teatro degli artisti del gruppo Netos saranno i protagonisti della sensibilizzazione sui rischi della migrazione irregolare e sulle opportunità offerte dalla Guinea-Bissau, le cui attività coinvolgeranno otto regioni del Paese.
Nell’ambito di queste, nel prossimo semestre sarà proiettato in 33 comunità un film recitato e prodotto dagli attori del gruppo guineense. Il film racconta la storia di due giovani che prendono strade diverse: uno decide di migrare, l’altro di dedicarsi a un’attività economica nella propria regione.
Il film sarà oggetto di dibattito e offrirà spunti di riflessione per i destinatari, in particolare i giovani, che risultano essere i più attratti dalla possibilità di intraprendere il viaggio, rischiando la propria vita nell’intento di migrare.
Gli adolescenti e i giovani di tre scuole saranno, inoltre, i beneficiari di una campagna di sensibilizzazione specifica per questo target, che adotterà il teatro dell’oppresso come mezzo di comunicazione e partecipazione alla tematica. Seguiranno visite a imprese di successo nel territorio locale.
Intanto, all’inizio di luglio è cominciato il programma radiofonico “Guinè Bissau i terra rico” (la Guinea Bissau è una terra ricca). Il programma prevede 18 puntate, che verranno trasmesse ogni 15 giorni durante il sabato pomeriggio, su una delle radio più conosciute a livello nazionale: “Radio Sol Mansi”. Essendo la radio il mezzo di comunicazione più diffuso in Guinea-Bissau, il programma potrà raggiungere un ampio pubblico.
La prima puntata è stata dedicata alle interviste al personale dell’OIM, che ha condiviso informazioni sul concetto di migrazione, sui dati specifici relativi alla Guinea-Bissau, sulle possibilità di reinserimento e sul lavoro portato avanti dall’organizzazione, sia a livello mondiale che nel Paese.
Mani Tese ha presentato i progetti sulla reintegrazione dei migranti di ritorno, realizzati in collaborazione con l’OIM, mentre AMIC ha condiviso gli obiettivi e le attività del progetto.
Uno spazio è stato infine dedicato all’intervento di un ascoltatore, che ha ricordato il lavoro di Mani Tese e IOM nel 2017. È proprio questo l’obiettivo del programma: sensibilizzare, informare e coinvolgere gli ascoltatori, che possono partecipare telefonando in diretta e sottoponendo dubbi, domande e contributi.
A partire dalla seconda puntata, sarà previsto uno spazio anche per il teatro radiofonico creato dai “Netos di Bandim” sul tema del giorno. Verrano inoltre intervistati degli esperti che offriranno informazioni sulle normative nazionali e internazionali, sugli aspetti legali di base (come l’ottenimento dei visti nelle ambasciate), e sulle opportunità di migrazione regolare. Saranno infine raccontati dei casi di successo, attraverso le testimonianze di giovani imprenditori e imprenditrici del Paese.
Sempre all’insegna dell’arte e della musica, a fine anno sarà organizzato un festival culturale per i giovani, su cui vi terremo informati…
Come si direbbe in radio, “stay tuned!”
IMPARARE DA UNA CIAMBELLA. L’ECONOMIA RIDISEGNATA
LE IMMAGINI CONDIZIONANO LE NOSTRE CONVINZIONI: L’ECONOMISTA KATE RAWORTH FORMULA UNA PROPOSTA EDUCATIVA CHE CONIUGA EQUITÀ E SVILUPPO SOSTENIBILE.
di GIOSUÈ DE SALVO, Responsabile Advocacy, Educazione e Campagne di Mani Tese
LE IMMAGINI CONDIZIONANO LE NOSTRE CONVINZIONI: L’ECONOMISTA KATE RAWORTH FORMULA UNA PROPOSTA EDUCATIVA CHE CONIUGA EQUITÀ E SVILUPPO SOSTENIBILE.
A dieci anni dallo scoppio della crisi del capitalismo, sono in molti a dire che occorre trovare una nuova narrazione economica per garantire un futuro sostenibile all’umanità, ma sono pochi quelli che offrono una via per farlo. Tra questi pochi, noi di Mani Tese, abbiamo deciso di intraprendere il viaggio proposto da Kate Raworth, economista atipica e autrice del fortunatissimo L’economia della ciambella(Edizioni Ambiente, 2017).
La prima tappa del viaggio consiste nel riconoscere il potere delle immagini (rispetto alle parole) nel plasmare la nostra visione del mondo. La seconda nel ridisegnare le immagini che hanno reso l’economia sovrana tra le scienze umane e naturali negli ultimi due secoli. La terza nell’imparare a disimparare.
Dalle pitture rupestri preistoriche alla mappa della metropolitana di Parigi, le immagini e i diagrammi sono sempre stati al centro della storia umana. La ragione è semplice: il nostro cervello è predisposto per la visione. Metà delle sue fibre nervose sono al servizio della visione e, quando abbiamo gli occhi aperti, il guardare occupa il settantacinque per cento della sua attività elettrica. “La visione viene prima delle parole. Il bambino guarda e riconosce prima di imparare a parlare”, scrisse John Berger, studioso della comunicazione nel 1972.
Nel corso dei secoli sono d’altronde innumerevoli i casi in cui le immagini hanno rovesciato credenze profonde e radicate. Pensate all’Imago Mundi incisa nell’argilla nel sesto secolo avanti cristo in Persia che mostrava la Terra come un disco piatto con la Babilonia al centro e alla rappresentazione del sistema solare di Copernico nel 1543 che faceva invece ruotare tutto intorno al Sole. Pensate all’Uomo Vitruviano di Leonardo Da Vinci che, nudo e a braccia aperte, detta da secoli i principi della proporzione. Oppure a quando Charles Darwin disegnò sul suo taccuino nel 1837 un albero irregolare che si ramifica e, annotando le parole “io penso”, catturò l’intuizione che poi divenne L’origine delle specie.
Pensate ora alle curve e alle parabole che costituiscono i diagrammi fondamentali dell’economia. Non sono innocui come sembrano: quello che disegnano sul foglio bianco di un libro di testo o sulla schermata di un telegiornale determina i confini della nostra interpretazione. Attraverso il condizionamento esercitato sui discorsi di accademici, politici e giornalisti, questi diagrammi finiamo per evocarli tutti nel quotidiano: meccanismi di mercato, efficienza economica, crescita, spread, disavanzo primario, sono semplicemente espressioni verbali del pensiero economico dominante e ognuna di queste parole è costruita su un “frame” visuale tanto profondo quanto fallace.
Nel suo libro la Raworth ne seleziona sette. Sette “frame” visuali da ribaltare in sette passi per fondare l’economia del XXI secolo.
Primo, cambiare l’obiettivo. Abbandonare il PIL, e la sua crescita, come misura chiave del progresso e assumere la Ciambella come strumento di monitoraggio degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. La sua essenza consiste in una coppia di cerchi concentrici. Il cerchio interno rappresenta la base sociale, al di sotto della quale si trovano le “privazioni critiche per l’umanità” come la fame, l’analfabetismo, il mancato accesso all’acqua e ai servizi sanitari. Il cerchio esterno rappresenta il “tetto ecologico”, oltre il quale si trova il “degrado ambientale” generato, per esempio, dalla perdita di biodiversità, dal riscaldamento globale e dall’erosione dei suoli. Tra i due cerchi si trova lo “spazio sicuro ed equo per l’umanità” entro il quale si possono soddisfare i bisogni di tutti rispettando i limiti di un pianeta finito.
Secondo, vedere il quadro complessivo, inserendo l’economia nel contesto più ampio della vita naturale, fuori della quale “non c’è altra ricchezza possibile”. Si supererebbero così i limiti ormai evidenti dell’idea che il mercato sia autosufficiente e i dogmi neoliberisti sulla sua efficienza, l’incompetenza dello Stato e l’inevitabile sacrificio dei beni comuni sull’altare dell’interesse privato.
Terzo, coltivare la natura umana e le sue ricchezze sociali, che la fanno molto più ampia del modello razionale di “homo economicus” che ha dominato il Novecento. Scrive Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’economia: “La maggior parte di noi non vorrebbe corrispondere all’idea di un individuo calcolatore, razionale, egoista che pensa solo a sé stesso e non lascia spazio alcuno all’empatia, al senso civico e all’altruismo. Questo modello descrive più gli economisti che non le altre persone e quanto più a lungo gli universitari studiano economia tanto più tendono ad assomigliare al modello”.
Quarto, comprendere la complessità dei sistemi economici, sociali e naturali, ben più interconnessi e articolati di quando, decenni orsono, furono tracciate in equilibrio meccanico le curve del mercato e della domanda. Un paio di cicli di feedback sembrano più adatti a rappresentare, per esempio, i cicli di espansione e contrazione dei mercati finanziari, la natura aumentativa della disuguaglianza economica e i vicoli ciechi del cambiamento climatico.
Quinto, progettare per ridistribuire, superando la teoria (di Kuznets) sulla diseguaglianza secondo cui “deve andare peggio prima di andare meglio e, alla fine, la crescita migliorerà la situazione”. La diseguaglianza è un fallimento del mercato, un errore di progettazione, e in quanto tale richiede una riprogettazione dell’economia sotto forma di rete di flussi capaci di andare oltre la redistribuzione del reddito e redistribuire ricchezza. In particolare, la ricchezza in termini di accesso alla terra, alle tecnologie e alla conoscenza.
Sesto, creare per rigenerare, poiché nemmeno il degrado ecologico si è rivelato curabile con la crescita (disapplicazione della curva ambientale di Kuznets). Questo secolo ha bisogno di un’economia circolare per restituire agli esseri umani il ruolo di co-protagonisti positivi ai processi ciclici della vita sulla Terra.
Settimo, essere agnostici riguardo la crescita: che non può essere infinita, mentre infinita dovrebbe essere la prosperità umana. Niente in natura cresce per sempre e il tentativo di opporsi a questa regola è la causa principale di disagio nei paesi ad alto reddito ma bassa crescita.
“Questi sette modi di pensare”, scrive la Raworth, “non delineano specifiche prescrizioni o correzioni istituzionali alle politiche. Non promettono risposte immediate sul cosa fare dopo, ma creano un approccio mentale economico che non è mai fisso ma in continua evoluzione”.
Un approccio che consente di adattarsi alla mutevolezza dei valori e degli obiettivi che ci diamo come genere umano. Un approccio, che come Mani Tese riteniamo convincente, per cambiare il “business as usual”, accrescere la funzione sociale e ambientale delle imprese, avere cittadini che consumano in modo responsabile e pubbliche istituzioni che tutelino l’interesse generale, guidando politicamente la transizione verso un futuro sostenibile a 360 gradi.
Prophetic Economy: credere, collaborare, cambiare
Un evento e un concorso per unire i “change-makers“ nel mondo dell’economia sociale e solidale
“Prophetic Economy” è un evento che si svolgerà a Roma (Castelgandolfo) dal 2 al 4 novembre 2018, di cui Mani Tese è partner. Obiettivo dell’iniziativa è quello di invitare i “Change-makers“ nel mondo dell’economia sociale e solidale a collaborare a livello internazionale per percorrere insieme nuove strade per combattere la povertà e la crisi ambientale.
All’origine del progetto c’è una rete internazionale composta da sette organizzazioni: Comunità Papa Giovanni XXIII, Nomadelfia, Movimento globale cattolico del clima, Movimento ATD Quarto Mondo, Associazione Mondo di Comunita e Famiglia, l’iniziativa SlotMob e il Movimento dei Focolari con le sue iniziative Economia di Comunione e Teens for Unity. La collaborazione punta a far rete, a proporre modelli economici alternativi, a dar vita ad una piattaforma per conoscersi e ispirarsi a vicenda.
Largo spazio nel programma verrà dato ai giovani, fra i cui progetti ci saranno anche le azioni per l’iniziativa “FameZero” promosso dalla FAO.
Interverranno anche Jeffrey Sachs, esperto di tematiche ambientali americano ed economista di rilievo internazionale e Luigino Bruni, economista italiano e coordinatore internazionale del progetto Economia di Comunione.
Legato all’iniziativa è anche il concorso “Prophetic practices award 2018” che punta a far emergere e mettere in contatto esperienze già esistenti di “economia profetica”, da qualsiasi parte del mondo. La caratteristica che accomunerà i partecipanti sarà quella di essere artefici e protagonisti di pratiche o progetti guidati da una visione “profetica” sul futuro, che ci parla di un “già” e di un “non ancora”
La giuria è composta da Vandana Shiva (India), Jeff Sachs (USA), Cristina Calvo (Argentina) e Stefano Zamagni (Italia).
I vincitori presenteranno la loro storia a tutti i partecipanti dell’ evento. I successivi 10 classificati potranno presentare i propri progetti in “short side events”, incontri tematici divisi per aree.
Le condizioni per partecipare al concorso sono sul sito www.propheticeconomy.org/award e la scadenza per l’invio delle candidature è il 1 agosto 2018.
CAMBOGIA, PEGGIORA LO SFRUTTAMENTO DEI BAMBINI. LA DENUNCIA DEL NOSTRO PARTNER
Intervista a Sam Sovannarith, Direttore dell’organizzazione Damnok Toek, ONG impegnata nell’accoglienza e la reintegrazione di minori
Damnok Toek, che in lingua khmer significa goccia d’acqua, dal 2008 è l’organizzazione partner di Mani Tese in Cambogia, con la quale stiamo realizzando il progetto “Bambini al sicuro” che prevede il supporto a un Centro di Accoglienza per minori vittime di trafficking e a rischio di abusi.
Sam Sovannarith, Direttore di Damnok Toek dal 1997, è stato ospite a giugno presso la nostra sede di Milano, dove ha tenuto un incontro pubblico sul tema delle schiavitù moderne in Cambogia durante il quale ha presentato le attività di Damnok Toek nell’ambito della lotta contro la tratta e lo sfruttamento dei bambini e, nel dettaglio, i progetti sostenuti da Mani Tese.
In quell’occasione lo abbiamo intervistato per aggiornarci sulla situazione dei bambini e delle bambine vittime di trafficking in Cambogia.
Redazione: Quali sono i dati attuali della migrazione verso la Tailandia dei minori non accompagnati?
Sam Sovannarith: Attualmente si stima che ogni giorno 250 migranti cambogiani privi di documenti siano rimpatriati in Cambogia dalla Tailandia. Il 10% di questi migranti sono bambini, dei quali circa il 10% non sono accompagnati.
R: In questi ultimi 20 anni come sono cambiate le dinamiche del trafficking e come è riuscito ad inserirsi il Centro di Accoglienza in questo contesto?
S: Le condizioni per i migranti diventano ogni anno più difficili e lo sfruttamento peggiora: i trafficanti non si pongono limiti nell’uso e nell’abuso dei bambini. La novità è rappresentata dal fatto che i migranti ora vengono deportati senza preavviso. I minori, catturati dalla polizia mentre elemosinano o lavorano nelle strade, vengono immediatamente portati nei centri di detenzione e tornano in Cambogia separati dalla loro famiglia, spesso rimasta in Tailandia, e si ritrovano senza alcun posto dove andare. Il Centro di Accoglienza diventa quindi fondamentale per questi minori. Damnok Toek offre assistenza e un luogo sicuro per riprendersi da abusi e traumi, sia fisici che psichici. Il nostro personale ha le competenze per accoglierli e i mezzi necessari per rintracciare le famiglie dei bambini non accompagnati e quindi reintegrarli oppure, qualora non fosse fattibile, trovare per loro la miglior soluzione possibile.
R: C’è stato un evento in particolare che l’ha spinta a fondare e lavorare con Damnok Toek?
S: La mia esperienza con i Khmer Rossi ha accresciuto la mia empatia con i bambini che soffrono e la volontà e la motivazione per superare le sfide. Il mio background come medico, inoltre, mi ha consentito la necessaria “distanza” emotiva per affrontare la sofferenza cui assistiamo ogni giorno ma alla quale, attraverso il nostro lavoro, rispondiamo dando speranza e prospettive future a bambini che altrimenti non ne avrebbero. Damnok Toek mi ha permesso di lavorare non solo come medico ma anche come educatore, assistente sociale, terapista e poi dirigente. Amo il mio lavoro, che per me è un privilegio.
R: Quali sono state le maggiori difficoltà iniziali e quali sono quelle attuali?
S: La mia difficoltà iniziale è stata la gestione dell’organizzazione. Ho imparato e continuo a imparare molto da Damnok Toek. Attualmente la situazione in cui operiamo si è fatta più difficile non solo per l’acuirsi dei problemi ma anche per il peggioramento del contesto generale del Paese, che rende particolarmente complicato il lavoro dell’organizzazione con ripercussioni negative anche sulla raccolta fondi.
R: Nonostante le problematiche da affrontare, quali sono le soddisfazioni più grandi fino ad oggi?
S. Siamo lieti di fornire una piccola speranza per i bambini vittime di trafficking, in particolare con i nostri programmi di “Educazione non formale” – un programma di studi basato sul sistema scolastico pubblico statale, che consente che consente il successivo inserimento nelle scuole pubbliche – e quello di “Formazione professionale” per i ragazzi più grandi, che, oltre ad assicurare servizi e cure mediche, offre loro la possibilità di rendersi economicamente autonomi. Un’altra grande soddisfazione è quella di poter collaborare con i donor che supportano i nostri progetti, in particolare con Mani Tese.
R: Attingendo dalla sua lunga esperienza sul campo, quali sono i sogni e le paure dei bambini e delle loro famiglie?
S: Il nostro primo obiettivo è il reinserimento dei minori delle famiglie di origine. Facciamo tutto il necessario per supportare questi bambini in modo da renderli indipendenti dal nostro aiuto. Rintracciamo le loro famiglie, li riuniamo e rafforziamo le capacità dei genitori di prendersi cura dei propri figli. Grazie al programma di “Educazione non formale”, i bambini possono essere inseriti nella scuola elementare “regolare”. Per i ragazzi più grandi, troviamo opportunità di formazione che permettano loro di imparare una professione e guadagnare uno stipendio. Cerchiamo di usare le nostre risorse per rafforzare questi bambini e far condurre loro una vita indipendente e autosufficiente.
R: Cosa potrebbe ancora fare la cooperazione internazionale per supportare ulteriormente i progetti di Damnok Toek?
S: La cooperazione internazionale può continuare a sollecitare il rispetto della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e a supportare finanziariamente e tecnicamente i nostri progetti.
R: Anche se il trafficking di minori è un fenomeno complesso, cosa potrebbero fare le persone comuni e che ruolo hanno in questo gli occidentali (anche e non solo da turisti)?
S: È importante che le ONG compiano un lavoro di sensibilizzazione e informazione per rendere più sicura la migrazione. Quanto alle persone comuni in Occidente, i suggerimenti principali sono quelli di evitare i matrimoni con ragazze minorenni, adoperarsi a rafforzare le leggi in quest’ambito e i meccanismi per proteggere le vittime di trafficking, supportare finanziariamente le organizzazioni che si occupano del tema, costruire reti e condividere informazioni sul trafficking e/o sulla migrazione.
R: Volendo fare una proiezione nel futuro, come vede Damnok Toek tra 10 anni?
S: Abbiamo una nostra strategia: il nostro primo pilastro è la riabilitazione e il reinserimento dei minori; il secondo, la salute e l’istruzione; il terzo, aiutare le persone con disabilità, sia fisiche che psichiche; e il quarto, che è un obiettivo al quale teniamo in modo particolare, riguarda il social business nell’ambito del quale stiamo creando la Kep Farm – una fattoria sociale nella località di Kep – per ospitare giovani adulti con gravi disabilità mentali dove possano lavorare e vendere i prodotti agricoli che coltivano.