IMPARARE DA UNA CIAMBELLA. L’ECONOMIA RIDISEGNATA

LE IMMAGINI CONDIZIONANO LE NOSTRE CONVINZIONI: L’ECONOMISTA KATE RAWORTH FORMULA UNA PROPOSTA EDUCATIVA CHE CONIUGA EQUITÀ E SVILUPPO SOSTENIBILE.

di GIOSUÈ DE SALVO, Responsabile Advocacy, Educazione e Campagne di Mani Tese

LE IMMAGINI CONDIZIONANO LE NOSTRE CONVINZIONI: L’ECONOMISTA KATE RAWORTH FORMULA UNA PROPOSTA EDUCATIVA CHE CONIUGA EQUITÀ E SVILUPPO SOSTENIBILE.

A dieci anni dallo scoppio della crisi del capitalismo, sono in molti a dire che occorre trovare una nuova narrazione economica per garantire un futuro sostenibile all’umanità, ma sono pochi quelli che offrono una via per farlo. Tra questi pochi, noi di Mani Tese, abbiamo deciso di intraprendere il viaggio proposto da Kate Raworth, economista atipica e autrice del fortunatissimo L’economia della ciambella (Edizioni Ambiente, 2017).

La prima tappa del viaggio consiste nel riconoscere il potere delle immagini (rispetto alle parole) nel plasmare la nostra visione del mondo. La seconda nel ridisegnare le immagini che hanno reso l’economia sovrana tra le scienze umane e naturali negli ultimi due secoli. La terza nell’imparare a disimparare.

Dalle pitture rupestri preistoriche alla mappa della metropolitana di Parigi, le immagini e i diagrammi sono sempre stati al centro della storia umana. La ragione è semplice: il nostro cervello è predisposto per la visione. Metà delle sue fibre nervose sono al servizio della visione e, quando abbiamo gli occhi aperti, il guardare occupa il settantacinque per cento della sua attività elettrica. “La visione viene prima delle parole. Il bambino guarda e riconosce prima di imparare a parlare”, scrisse John Berger, studioso della comunicazione nel 1972.

Nel corso dei secoli sono d’altronde innumerevoli i casi in cui le immagini hanno rovesciato credenze profonde e radicate. Pensate all’Imago Mundi incisa nell’argilla nel sesto secolo avanti cristo in Persia che mostrava la Terra come un disco piatto con la Babilonia al centro e alla rappresentazione del sistema solare di Copernico nel 1543 che faceva invece ruotare tutto intorno al Sole. Pensate all’Uomo Vitruviano di Leonardo Da Vinci che, nudo e a braccia aperte, detta da secoli i principi della proporzione. Oppure a quando Charles Darwin disegnò sul suo taccuino nel 1837 un albero irregolare che si ramifica e, annotando le parole “io penso”, catturò l’intuizione che poi divenne L’origine delle specie.

Pensate ora alle curve e alle parabole che costituiscono i diagrammi fondamentali dell’economia. Non sono innocui come sembrano: quello che disegnano sul foglio bianco di un libro di testo o sulla schermata di un telegiornale determina i confini della nostra interpretazione. Attraverso il condizionamento esercitato sui discorsi di accademici, politici e giornalisti, questi diagrammi finiamo per evocarli tutti nel quotidiano: meccanismi di mercato, efficienza economica, crescita, spread, disavanzo primario, sono semplicemente espressioni verbali del pensiero economico dominante e ognuna di queste parole è costruita su un “frame” visuale tanto profondo quanto fallace.

Nel suo libro la Raworth ne seleziona sette. Sette “frame” visuali da ribaltare in sette passi per fondare l’economia del XXI secolo.

Primo, cambiare l’obiettivo. Abbandonare il PIL, e la sua crescita, come misura chiave del progresso e assumere la Ciambella come strumento di monitoraggio degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. La sua essenza consiste in una coppia di cerchi concentrici. Il cerchio interno rappresenta la base sociale, al di sotto della quale si trovano le “privazioni critiche per l’umanità” come la fame, l’analfabetismo, il mancato accesso all’acqua e ai servizi sanitari. Il cerchio esterno rappresenta il “tetto ecologico”, oltre il quale si trova il “degrado ambientale” generato, per esempio, dalla perdita di biodiversità, dal riscaldamento globale e dall’erosione dei suoli. Tra i due cerchi si trova lo “spazio sicuro ed equo per l’umanità” entro il quale si possono soddisfare i bisogni di tutti rispettando i limiti di un pianeta finito.

Secondo, vedere il quadro complessivo, inserendo l’economia nel contesto più ampio della vita naturale, fuori della quale “non c’è altra ricchezza possibile”. Si supererebbero così i limiti ormai evidenti dell’idea che il mercato sia autosufficiente e i dogmi neoliberisti sulla sua efficienza, l’incompetenza dello Stato e l’inevitabile sacrificio dei beni comuni sull’altare dell’interesse privato.

Terzo, coltivare la natura umana e le sue ricchezze sociali, che la fanno molto più ampia del modello razionale di “homo economicus” che ha dominato il Novecento. Scrive Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’economia: “La maggior parte di noi non vorrebbe corrispondere all’idea di un individuo calcolatore, razionale, egoista che pensa solo a sé stesso e non lascia spazio alcuno all’empatia, al senso civico e all’altruismo. Questo modello descrive più gli economisti che non le altre persone e quanto più a lungo gli universitari studiano economia tanto più tendono ad assomigliare al modello”.

Quarto, comprendere la complessità dei sistemi economici, sociali e naturali, ben più interconnessi e articolati di quando, decenni orsono, furono tracciate in equilibrio meccanico le curve del mercato e della domanda. Un paio di cicli di feedback sembrano più adatti a rappresentare, per esempio, i cicli di espansione e contrazione dei mercati finanziari, la natura aumentativa della disuguaglianza economica e i vicoli ciechi del cambiamento climatico.

Quinto, progettare per ridistribuire, superando la teoria (di Kuznets) sulla diseguaglianza secondo cui “deve andare peggio prima di andare meglio e, alla fine, la crescita migliorerà la situazione”. La diseguaglianza è un fallimento del mercato, un errore di progettazione, e in quanto tale richiede una riprogettazione dell’economia sotto forma di rete di flussi capaci di andare oltre la redistribuzione del reddito e redistribuire ricchezza. In particolare, la ricchezza in termini di accesso alla terra, alle tecnologie e alla conoscenza.

Sesto, creare per rigenerare, poiché nemmeno il degrado ecologico si è rivelato curabile con la crescita (disapplicazione della curva ambientale di Kuznets). Questo secolo ha bisogno di un’economia circolare per restituire agli esseri umani il ruolo di co-protagonisti positivi ai processi ciclici della vita sulla Terra.

Settimo, essere agnostici riguardo la crescita: che non può essere infinita, mentre infinita dovrebbe essere la prosperità umana. Niente in natura cresce per sempre e il tentativo di opporsi a questa regola è la causa principale di disagio nei paesi ad alto reddito ma bassa crescita.

“Questi sette modi di pensare”, scrive la Raworth, “non delineano specifiche prescrizioni o correzioni istituzionali alle politiche. Non promettono risposte immediate sul cosa fare dopo, ma creano un approccio mentale economico che non è mai fisso ma in continua evoluzione”.

Un approccio che consente di adattarsi alla mutevolezza dei valori e degli obiettivi che ci diamo come genere umano. Un approccio, che come Mani Tese riteniamo convincente, per cambiare il “business as usual”, accrescere la funzione sociale e ambientale delle imprese, avere cittadini che consumano in modo responsabile e pubbliche istituzioni che tutelino l’interesse generale, guidando politicamente la transizione verso un futuro sostenibile a 360 gradi.

economia ciambella kate raworth Mani Tese 2018
Fonte: www.kateraworth.com

Prophetic Economy: credere, collaborare, cambiare

Un evento e un concorso per unire i “change-makers“ nel mondo dell’economia sociale e solidale

Prophetic Economy” è un evento che si svolgerà a Roma (Castelgandolfo) dal 2 al 4 novembre 2018, di cui Mani Tese è partner. Obiettivo dell’iniziativa è quello di invitare i “Change-makers“ nel mondo dell’economia sociale e solidale a collaborare a livello internazionale per percorrere insieme nuove strade per combattere la povertà e la crisi ambientale.

All’origine del progetto c’è una rete internazionale composta da sette organizzazioni: Comunità Papa Giovanni XXIII, Nomadelfia, Movimento globale cattolico del clima, Movimento ATD Quarto Mondo, Associazione Mondo di Comunita e Famiglia, l’iniziativa SlotMob e il Movimento dei Focolari con le sue iniziative Economia di Comunione e Teens for Unity. La collaborazione punta a far rete, a proporre modelli economici alternativi, a dar vita ad una piattaforma per conoscersi e ispirarsi a vicenda.

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Largo spazio nel programma verrà dato ai giovani, fra i cui progetti ci saranno anche le azioni per l’iniziativa “FameZero” promosso dalla FAO.

Interverranno anche Jeffrey Sachs, esperto di tematiche ambientali americano ed economista di rilievo internazionale e Luigino Bruni, economista italiano e coordinatore internazionale del progetto Economia di Comunione.

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Legato all’iniziativa è anche il concorso “Prophetic practices award 2018” che punta a far emergere e mettere in contatto esperienze già esistenti di “economia profetica”, da qualsiasi parte del mondo. La caratteristica che accomunerà i partecipanti sarà quella di essere artefici e protagonisti di pratiche o progetti guidati da una visione “profetica” sul futuro, che ci parla di un “già” e di un “non ancora”

La giuria è composta da Vandana Shiva (India), Jeff Sachs (USA), Cristina Calvo (Argentina) e Stefano Zamagni (Italia).
I vincitori presenteranno la loro storia a tutti i partecipanti dell’ evento. I successivi 10 classificati potranno presentare i propri progetti in “short side events”, incontri tematici divisi per aree.

Le condizioni per partecipare al concorso sono sul sito www.propheticeconomy.org/award e la scadenza per l’invio delle candidature è il 1 agosto 2018.

www.propheticeconomy.org

CAMBOGIA, PEGGIORA LO SFRUTTAMENTO DEI BAMBINI. LA DENUNCIA DEL NOSTRO PARTNER

Intervista a Sam Sovannarith, Direttore dell’organizzazione Damnok Toek, ONG impegnata nell’accoglienza e la reintegrazione di minori

Damnok Toek, che in lingua khmer significa goccia d’acqua, dal 2008 è l’organizzazione partner di Mani Tese in Cambogia, con la quale stiamo realizzando il progetto “Bambini al sicuro” che prevede il supporto a un Centro di Accoglienza per minori vittime di trafficking e a rischio di abusi.

Sam Sovannarith, Direttore di Damnok Toek dal 1997, è stato ospite a giugno presso la nostra sede di Milano, dove ha tenuto un incontro pubblico sul tema delle schiavitù moderne in Cambogia durante il quale ha presentato le attività di Damnok Toek nell’ambito della lotta contro la tratta e lo sfruttamento dei bambini e, nel dettaglio, i progetti sostenuti da Mani Tese.

incontro sovannarith_mani tese 2018

In quell’occasione lo abbiamo intervistato per aggiornarci sulla situazione dei bambini e delle bambine vittime di trafficking in Cambogia.

Redazione: Quali sono i dati attuali della migrazione verso la Tailandia dei minori non accompagnati?
Sam Sovannarith: Attualmente si stima che ogni giorno 250 migranti cambogiani privi di documenti siano rimpatriati in Cambogia dalla Tailandia. Il 10% di questi migranti sono bambini, dei quali circa il 10% non sono accompagnati.

R: In questi ultimi 20 anni come sono cambiate le dinamiche del trafficking e come è riuscito ad inserirsi il Centro di Accoglienza in questo contesto?
S: Le condizioni per i migranti diventano ogni anno più difficili e lo sfruttamento peggiora: i trafficanti non si pongono limiti nell’uso e nell’abuso dei bambini. La novità è rappresentata dal fatto che i migranti ora vengono deportati senza preavviso. I minori, catturati dalla polizia mentre elemosinano o lavorano nelle strade, vengono immediatamente portati nei centri di detenzione e tornano in Cambogia separati dalla loro famiglia, spesso rimasta in Tailandia, e si ritrovano senza alcun posto dove andare. Il Centro di Accoglienza diventa quindi fondamentale per questi minori. Damnok Toek offre assistenza e un luogo sicuro per riprendersi da abusi e traumi, sia fisici che psichici. Il nostro personale ha le competenze per accoglierli e i mezzi necessari per rintracciare le famiglie dei bambini non accompagnati e quindi reintegrarli oppure, qualora non fosse fattibile, trovare per loro la miglior soluzione possibile.

R: C’è stato un evento in particolare che l’ha spinta a fondare e lavorare con Damnok Toek?
S: La mia esperienza con i Khmer Rossi ha accresciuto la mia empatia con i bambini che soffrono e la volontà e la motivazione per superare le sfide. Il mio background come medico, inoltre, mi ha consentito la necessaria “distanza” emotiva per affrontare la sofferenza cui assistiamo ogni giorno ma alla quale, attraverso il nostro lavoro, rispondiamo dando speranza e prospettive future a bambini che altrimenti non ne avrebbero. Damnok Toek mi ha permesso di lavorare non solo come medico ma anche come educatore, assistente sociale, terapista e poi dirigente. Amo il mio lavoro, che per me è un privilegio.intervista sovannarith mani tese 2018

R: Quali sono state le maggiori difficoltà iniziali e quali sono quelle attuali?
S: La mia difficoltà iniziale è stata la gestione dell’organizzazione. Ho imparato e continuo a imparare molto da Damnok Toek. Attualmente la situazione in cui operiamo si è fatta più difficile non solo per l’acuirsi dei problemi ma anche per il peggioramento del contesto generale del Paese, che rende particolarmente complicato il lavoro dell’organizzazione con ripercussioni negative anche sulla raccolta fondi.

R: Nonostante le problematiche da affrontare, quali sono le soddisfazioni più grandi fino ad oggi?
S. Siamo lieti di fornire una piccola speranza per i bambini vittime di trafficking, in particolare con i nostri programmi di “Educazione non formale” – un programma di studi basato sul sistema scolastico pubblico statale, che consente  che consente il successivo inserimento nelle scuole pubbliche – e quello di “Formazione professionale” per i ragazzi più grandi, che, oltre ad assicurare servizi e cure mediche, offre loro la possibilità di rendersi economicamente autonomi. Un’altra grande soddisfazione è quella di poter collaborare con i donor che supportano i nostri progetti, in particolare con Mani Tese.

R: Attingendo dalla sua lunga esperienza sul campo, quali sono i sogni e le paure dei bambini e delle loro famiglie?
S: Il nostro primo obiettivo è il reinserimento dei minori delle famiglie di origine. Facciamo tutto il necessario per supportare questi bambini in modo da renderli indipendenti dal nostro aiuto. Rintracciamo le loro famiglie, li riuniamo e rafforziamo le capacità dei genitori di prendersi cura dei propri figli. Grazie al programma di “Educazione non formale”, i bambini possono essere inseriti nella scuola elementare “regolare”. Per i ragazzi più grandi, troviamo opportunità di formazione che permettano loro di imparare una professione e guadagnare uno stipendio. Cerchiamo di usare le nostre risorse per rafforzare questi bambini e far condurre loro una vita indipendente e autosufficiente.

sam sovannarith mani tese 2018

R: Cosa potrebbe ancora fare la cooperazione internazionale per supportare ulteriormente i progetti di Damnok Toek?
S: La cooperazione internazionale può continuare a sollecitare il rispetto della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e a supportare finanziariamente e tecnicamente i nostri progetti.

R: Anche se il trafficking di minori è un fenomeno complesso, cosa potrebbero fare le persone comuni e che ruolo hanno in questo gli occidentali (anche e non solo da turisti)?
S: È importante che le ONG compiano un lavoro di sensibilizzazione e informazione per rendere più sicura la migrazione. Quanto alle persone comuni in Occidente, i suggerimenti principali sono quelli di evitare i matrimoni con ragazze minorenni, adoperarsi a rafforzare le leggi in quest’ambito e i meccanismi per proteggere le vittime di trafficking, supportare finanziariamente le organizzazioni che si occupano del tema, costruire reti e condividere informazioni sul trafficking e/o sulla migrazione.

R: Volendo fare una proiezione nel futuro, come vede Damnok Toek tra 10 anni?
S: Abbiamo una nostra strategia: il nostro primo pilastro è la riabilitazione e il reinserimento dei minori; il secondo, la salute e l’istruzione; il terzo, aiutare le persone con disabilità, sia fisiche che psichiche; e il quarto, che è un obiettivo al quale teniamo in modo particolare, riguarda il social business nell’ambito del quale stiamo creando la Kep Farm – una fattoria sociale nella località di Kep – per ospitare giovani adulti con gravi disabilità mentali dove possano lavorare e vendere i prodotti agricoli che coltivano.

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IN GUINEA-BISSAU IN TRE ANNI ABBIAMO MESSO LE ALI ALLO SVILUPPO!

Cumba, la “mamma delle galline”: “Le donne portano avanti la Guinea-Bissau”

Il 21 maggio si è tenuto a Bissau l’evento di presentazione dei dati finali di quasi 3 anni del nostro progetto di promozione della filiera agricola in Guinea-Bissau.
Questo evento era atteso da mesi da tutta l’equipe di progetto!

Alla presentazione hanno partecipato più di 100 persone, in maggioranza allevatori e allevatrici. C’erano anche persone appartenenti a diverse ONG e rappresentanti di vari ministeri.

L’evento è stato aperto con la visione in anteprima del cortometraggio “Chiken run-Guinea Bissau” realizzato dai videomaker “Narvaloo Routes”, che ha illustrato in maniera semplice come la produzione di polli possa cambiare l’economia e l’alimentazione di un Paese.
Claudia, desk office di Mani Tese, ha poi tenuto il discorso di apertura dell’evento, seguito da quello del presidente della ONG ASAS DE SOCORRO, dal referente dell’Unione Europea e dal Segretario di Stato di gioventù, cultura e sport.

Per la presentazione dei risultati del progetto abbiamo coinvolto tutta l’equipe: tecnici, animatori e gli stessi destinatari si sono alternati sul palco per spiegare e raccontare il loro lavoro e le loro attività di questi tre anni e i risultati raggiunti, che sono stati divisi in 5 parti: impresa sociale CEDAVES SARL, programma avicoltura famigliare, avicoltura & donne, avicoltura & agricoltura, avicoltura & sicurezza alimentare.

Uno dei risultati raggiunti è stato il coinvolgimento delle donne nell’attività avicola. A questo proposito, quattro donne hanno raccontato la loro esperienza. Una è Joana, che lavora nel pollaio della sua associazione nel villaggio Pundam. Un’altra è Segunda che gestisce un pollaio famigliare a Bissau. Un’altra ancora è Ludimilla, animatrice del progetto e responsabile commerciale del CEDAVES.

E poi c’è Cumba, una signora anziana che in tutto il suo villaggio viene chiamata “mamma delle galline” perché gestisce il pollaio comunitario di Mansaba, a cui dedica la maggior parte del suo tempo.
Cumba parla solo Mandinga e di solito non parla in pubblico, ma questa volta è voluta salire sul palco per raccontare, con l’aiuto di suo nipote, la sua storia.
La sua energia è stata contagiosa e la platea continuava ad applaudirla.

Le donne portano avanti la Guinea- Bissau ma forse anche tutto il mondo” ha detto Cumba “anche se io non posso dirlo perché non conosco gli altri Paesi. Per me essere chiamata ‘mamma delle galline’ è un orgoglio perché grazie a questa attività posso pagare la scuola ai miei figli e investire nel loro futuro”.

presentazione risultati avicoltura donne Guinea Bissau Mani Tese 2018

BAMBINE UNITE CONTRO LA DESCOLARIZZAZIONE IN BENIN!

Le bambine della scuola di Tampègré cercano insieme, con l’aiuto di Mani Tese, le soluzioni ai problemi che minano la loro istruzione.

Il villaggio di Tampègré, in Benin, non è molto distante dalla città di Natitingou eppure la popolazione vive ancora in una situazione d’isolamento. L’uso della tecnologia, in particolare, è ancora una leggenda per molti abitanti del villaggio e soprattutto per le bambine della scuola primaria.

Ecco perché le alunne di Tampègré hanno prestato la massima attenzione durante la proiezione delle foto dei corsi di educazione civica a cui hanno partecipato, realizzati con Mani Tese nell’ambito del progetto “Bambine istruite e donne imprenditrici in Benin”.

In quell’occasione, le ventidue bambine partecipanti hanno avuto l’opportunità non solo di rivedersi nella piccola “scatola di immagini” ma anche di osservare per la prima volta alcuni strumenti tecnologici come il tablet, il computer portatile e il proiettore rimanendone affascinate.

In un contesto nel quale vi è una fortissima differenza di accesso alle nuove tecnologie in ambito giovanile tra la città e le zone rurali che rischia di condizionare fortemente le opportunità di futuro, per coloro che vivono nelle zone periferiche utilizzare alcuni strumenti come quelli citati per i corsi di educazione civica, oltre a facilitare la possibilità di comprensione e apprendimento, è un primo tentativo di colmare questa differenza.

Al termine della proiezione, è stato organizzato un dibattito educativo nel corso del quale le ragazze hanno esposto i problemi con i quali devono confrontarsi più frequentemente. Si tratta soprattutto della mancanza di sostegno da parte dei genitori, che in alcuni casi sfocia nel vero e proprio abbandono, della scarsa comunicazione fra genitori e figlie sulle difficoltà delle bambine e della fatica nel comprendere alcune delle lezioni.

Poiché l’approccio di Mani Tese non consiste nel fornire direttamente alle bambine delle soluzioni “preconfezionate” ai problemi ma di facilitare un processo che consenta loro di cercare da sole il modo di affrontare le difficoltà che incontrano, la riflessione si è orientata sulla ricerca di possibili soluzioni da parte delle ragazze.

Le bambine hanno formulato alcune proposte, fra cui, innanzitutto quella di parlare dei propri problemi con i genitori senza aspettare che siano loro a parlarne (cosa che può apparire scontata, ma che in molti casi non lo è). In secondo luogo, rendere partecipi delle proprie difficoltà gli insegnanti, che possono aiutare le alunne a dialogare più facilmente con i genitori, con l’associazione dei genitori degli alunni o le autorità locali competenti. Infine, restare unite di fronte ai problemi per cercare insieme delle soluzioni.

Le alunne delle scuole, oltre a partecipare ai corsi di educazione civica, hanno anche potuto toccare con mano come le donne possano intraprendere delle attività generatrici di reddito sperimentando le attività di trasformazione della manioca in gari e tapioca, che le loro mamme praticano per sostenere le proprie famiglie e l’istruzione delle figlie.

Le ragazze hanno potuto assistere e partecipare a tutte le fasi del processo, sotto la guida attenta dei gruppi di donne sostenuti da Mani Tese.

La lotta alla dispersione scolastica in Benin prosegue inoltre attraverso le trasmissioni radiofondiche di sensibilizzazione realizzate nell’ambito del progetto e diffuse dalle due radio comunitarie Tuko Sari di Kouandé e Nanto FM di Natitingou, rispettivamente in lingua Bariba e Waama.
Iniziate a febbraio, le trasmissioni si sono articolate attorno a due temi principali: l’istruzione delle bambine e i diritti di cittadinanza per la componente femminile della popolazione.

Il secondo tema, in particolare, si è aperto con una trasmissione dal titolo “Lo status della donna nella società di oggi” nella quale si è ribadito come le donne africane, oggi, abbiano inequivocabilmente dato inizio a un cammino irreversibile verso l’autonomia. La posizione e l’immagine della donna sono nettamente migliorate rispetto a un secolo fa: oggi le donne esercitano, a livelli diversi, attività generatrici di reddito, attività tecniche o professionali a forte impatto socio-economico.
La trasmissione si è conclusa esortando tutte le donne a mobilitarsi ancor di più per far progredire il proprio status.

educazione civica istruzione bambine Benin Mani Tese 2018

trasformazione manioca atelier formazione Benin Mani Tese 2018

trasformazione manioca formazione bambine Benin Mani Tese 2018

WELCOMING EUROPE: SALVARE VITE NON È REATO

Anche Mani Tese aderisce a Welcoming Europe, l’iniziativa dei cittadini europei (ICE) per un’Europa che accoglie.

Anche Mani Tese aderisce a Welcoming Europe, una raccolta firme europea (ICE). con cui i cittadini europei chiedono alla Commissione europea di agire per decriminalizzare la solidarietà, creare passaggi sicuri per i rifugiati, proteggere le vittime di abusi e violazioni e garantire accesso alla giustizia.

Salvare vite non è reato
Vogliamo decriminalizzare la solidarietà. In ben 12 paesi dell’Unione Europea distribuire alimenti e bevande, dare un passaggio, comprare un biglietto o ospitare un migrante sono comportamenti per cui è possibile ricevere una multa o addirittura essere arrestati dalle autorità. Punire questi comportamenti significa punire l’aiuto umanitario e riconoscere il reato di solidarietà.

Liberi di accogliere i rifugiati
Vogliamo creare passaggi sicuri.I migranti sfruttati spesso non sporgono denuncia perché corrono il rischio di essere arrestati, detenuti e rimpatriati a causa della loro condizione irregolare e perché incontrano difficoltà nel fornire delle prove e ricevere effettivamente un risarcimento e spesso non hanno accesso all’assistenza legale.

I diritti umani sono inviolabili
Vogliamo proteggere. Molti migranti sono vittime di sfruttamento lavorativo, abusi o violazioni dei diritti umani, in particolare alle frontiere, ma trovano grandi difficoltà nell’accesso alla giustizia. Eppure tutte le persone, indipendentemente dalla loro condizione, devono essere tutelate.

Per informarsi e firmare l’iniziativa: www.welcomingeurope.it.
#welcomingeurope #lumanitànonsiarresta #liberidiaccogliere

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IN UN VOLUME I RISULTATI DELL’INTERVENTO DI FONDAZIONI FOR AFRICA BURKINA FASO

I risultati di tre anni di Fondazioni for Africa Burkina Faso sono stati raccolti nel volume “La Terra. Le Persone. Il Futuro”.

I risultati di tre anni di Fondazioni for Africa Burkina Faso, l’intervento per il diritto al cibo promosso in Burkina Faso da 28 Fondazioni di origine bancaria associate all’Acri, sono stati raccolti nel volume “La Terra. Le Persone. Il Futuro“.

Con una dotazione di 4,5 milioni di euro stanziati dalle Fondazioni in tre anni, dal 2014 al 2016, e ulteriori 1,8 mln di euro, stanziati in vista della conclusione dell’intervento nel 2017 e 2018 a sostegno del consolidamento dei processi virtuosi avviati, e in collaborazione con 6 organizzazioni italiane e 1 centro di ricerca – Acra, Cisv, Fondazione Slow Food per la Biodiversità, Lvia, Mani Tese, Watinoma, CeSPI -, Fondazioni for Africa Burkina Faso dal 2014 al 2017 ha contribuito a migliorare le condizioni di vita di 9.500 beneficiari diretti e di circa 60.000 indiretti, in 7 Regioni rurali del Paese, puntando sul miglioramento della qualità e della quantità delle produzioni locali e sull’attivazione di meccanismi capaci di dare basi solide a uno sviluppo sostenibile, endogeno e duraturo.

Tra gennaio 2014 e febbraio 2017, in particolare, le azioni promosse da Fondazioni for Africa Burkina Faso hanno consentito di migliorare la produzione e la commercializzazione di 4 prodotti fondamentali per l’alimentazione locale, quali miele, soia, riso, ortaggi e dei loro derivati con 18.750 tonnellate prodotte e 1,9 mln € di vendite generate; hanno rafforzato 25 organizzazioni contadine e migliorato le competenze di 7.500 produttori e produttrici; hanno promosso l’agroecologia e il valore della biodiversità in 80 villaggi del Paese; hanno migliorato l’inclusione finanziaria di oltre 1500 contadini grazie all’introduzione di sistemi di microfinanza rurale; hanno promosso 3 nuove imprese sociali rurali e hanno coinvolto oltre 2.000 donne nei processi produttivi e nei meccanismi decisionali delle organizzazioni contadine. Di quanto raggiunto solo nei primi tre anni di progetto è stata fatta una valutazione dall’ente di monitoraggio punto.sud.

Mani Tese ha svolto il ruolo di referente per la tematica dell’agroecologia, che ha sviluppato con attività di recupero e sensibilizzazione di tecniche tradizionali e locali rispettose di questo principio. Allo stesso tempo ha operato presso il comune di Loumbilà accompagnando la costituzione dell’Unione di produttori orticoli con diverse attività di formazione a beneficio dei membri. Ha inoltre favorito l’aumento e il miglioramento qualitativo della produzione, promuovendo la transizione verso la produzione agroecologica. E’ stata costruita la sede dell’Unione, avviato un sistema di credito rurale a favore dei membri della stessa, costruiti 3 magazzini per la conservazione dalla cipolla e favorita la commercializzazione dei prodotti stessi. Mani Tese ha infine lavorato anche nei comuni di Thiou, Siglé Nanoro e Ramongo dove si è occupata di promuovere sistemi di finanzia rurale quali il Warrantage ovvero la costruzione di magazzini dove depositare cerali a garanzia di crediti e la costruzione di un centro agrario con un fondo di rotazione per l’acquisto di sementi e input agricoli di qualità, successivamente venduti agli stessi contadini ad un prezzo calmierato. (Qui per saperne di più sull’attività di Mani Tese nel Paese)

A questo link  è scaricabile il volume, al cui interno è descritta anche l’azione di Mani Tese che ha curato, in particolare, l’attività degli orti comunitari.

Copertina La Terra. Le Persone. Il Futuro
La copertina del volume “La Terra. Le Persone. Il Futuro”

MORIRE A 18 ANNI PER FUGGIRE DA UNA FABBRICA DI FILATURA

La terribile morte di Sravani, una ragazza di 18 anni folgorata mentre scavalcava il muro di recinzione dell’impianto di filatura in cui lavorava

Solo poche settimane fa avevamo denunciato la difficile condizione delle adolescenti impiegate nelle fabbriche tessili in India.
A distanza di breve tempo, purtroppo, Save, il nostro partner di progetto nel Paese, ci comunica la terribile morte di Sravani, una ragazza di 18 anni migrata dallo stato confinante dell’Andhra Pradesh, folgorata mentre scavalcava il muro di recinzione dell’impianto di filatura in cui lavorava nel tentativo di fuggire di nascosto.
Attualmente sulla vicenda è in corso un’indagine della polizia.

Attualmente sulla vicenda è in corso un’indagine della polizia.

Sravani lavorava e risiedeva presso un’azienda di filatura a Kangeyam, nel distretto di Tirupur, che attualmente impiega oltre 200 donne che presso l’ostello interno all’azienda stessa.

L’8 maggio 2018, verso le 6 di mattina, Sravani avrebbe dovuto iniziare il suo turno di lavoro. Le colleghe residenti nell’ostello però, non riuscendo a trovarla, hanno informato il supervisore della sua scomparsa. Sono quindi iniziate le ricerche della ragazza all’interno dell’azienda. Il ritrovamento di una scarpa di Sravani in un angolo della proprietà ha destato sospetti e dirottato la ricerca presso il muro di recinzione, dove sono stati ritrovati del sangue sugli spuntoni di vetro e delle tracce di colore scuro sul cavo della linea dell’alta tensione.

Sravani è stata infine ritrovata morta all’esterno della proprietà con ferite multiple causate dalla folgorazione.

Alle compagne di stanza la ragazza aveva riferito che la madre sarebbe venuta a prenderla per portarla a casa ma di questo non aveva comunicato nulla al responsabile dell’ostello.
Sravani, dunque, intendeva scappare.
Ha scalato il cancello di ferro e si è spostata sul muro per fuggire. Non sapeva però del cavo elettrico che scorreva più in basso e purtroppo è rimasta folgorata.

Si spegne così la vita dell’ennesima giovane donna impiegata nel tessile in India, dove Mani Tese da tempo promuove un progetto di prevenzione del lavoro minorile e di traffico di esseri umani nonché di miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro nel settore (“Tamil Nadu, combattere le schiavitù moderne nel settore tessile”).

Con ancora maggiore convinzione pensiamo che sia necessario cambiare le modalità con cui l’industria tessile recluta e gestisce le risorse umane, e che i committenti internazionali siano più trasparenti e responsabili nella loro filiera produttiva. Nel frattempo non possiamo che proseguire, con maggior forza, il nostro impegno in Tamil Nadu.