L’8 MARZO IN BENIN LE DONNE MARCIANO PER CELEBRARE LA LORO NUOVA INDIPENDENZA

Il corteo organizzato dall’Unione delle cooperative di donne trasformatrici di manioca di Tampègré destinatarie dell’intervento di Mani Tese.

Negli ultimi dieci anni Mani Tese in Benin ha sostenuto le associazioni e i gruppi di donne dell’Atacora promuovendo, in particolare, le attività di produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli locali, fra cui soprattutto la manioca. Queste attività hanno permesso alle donne di sviluppare in autonomia un attività economica che genera reddito e riconoscimento sociale nelle comunità di appartenenza.

Secondo Achille Tepa, Responsabile Paese di Mani Tese in Benin, tutto questo ha permesso dei passi in avanti concreti per quanto riguarda le condizioni materiali di vita delle donne dell’Atacora. “Oggi l’importanza delle donne all’interno delle proprie comunità rurali è una realtà concreta – sostiene Achille – a cui tutti possono assistere giorno per giorno. Nessuno può più contestare che le donne apportino un contributo significativo e spesso determinante alla vita delle proprie famiglie e, di riflesso, dei propri villaggi”.

Per questo motivo, in occasione della Giornata Internazionale della Donna, l’Unione delle cooperative di donne trasformatrici di manioca di Tampègré destinatarie dell’intervento di Mani Tese, ha deciso spontaneamente di celebrare l’importanza che la manioca ha avuto nel migliorare le loro vite organizzando un corteo che attraverserà il villaggio e sarà seguito da una piccola cerimonia.  Come spiega Yoroto Yoro, Presidente dell’Unione: “Vorremmo celebrare la manioca, spiegare come il progetto è iniziato e i risultati che ha prodotto nelle nostre vite e ringraziare i nostri partner, con l’appoggio dei quali abbiamo potuto realizzare questo percorso”.

Alla giornata saranno invitati Achille Tepa di Mani Tese e i suoi collaboratori, il sindaco del comune di Toucountouna alla cui giurisdizione appartiene Tampegré, le responsabili di altri gruppi di donne, il delegato di Tampègré, i saggi del villaggio e altre personalità politiche.

Achille si è detto commosso da quest’iniziativa spontanea delle donne. “Non ho mai assistito a un’iniziativa del genere da quando collaboro con i gruppi di donne. Sono molto fiero di questa idea, che mi ha permesso di constatare l’importanza del lavoro che abbiamo svolto insieme alle donne. Mi auguro che l’evento sia d’esempio per altre donne”.

Nonostante i grandi passi avanti delle donne verso l’autonomia, Achille si dice tuttavia preoccupato delle lacune che ancora permangono sul piano dell’educazione e sui diritti: “Piuttosto che essere celebrate per il proprio ruolo e per i propri successi, le donne del Benin sono mantenute nell’ignoranza dei propri diritti fondamentali e dei propri doveri di cittadine, rimanendo così vulnerabili e manipolabili contro il loro stesso interesse, soprattutto sul piano socio-politico”.

È proprio per contribuire al rafforzamento della marcia irreversibile delle donne verso l’autonomia, per combattere la violenza e le discriminazioni di genere e per promuovere i diritti inalienabili delle donne in Benin che Mani Tese si è impegnata nel progetto “Scuola, diritti e agroecologia per le bambine e le donne del Benin” nell’ambito del quale l’8 marzo verrà lanciato ufficialmente un manuale di educazione civica sui diritti delle donne, destinato alle unioni cooperative femminili sostenute da Mani Tese, e realizzato nell’ambito del progetto.

La Giornata Internazionale della Donna non sarà quindi solo un’occasione per festeggiare i successi raggiunti, ma anche per fare un passo in più. Il manuale servirà di supporto alle attività di sensibilizzazione che si terranno in seno ai gruppi e alle unioni cooperative di donne sul tema dei diritti e dei doveri civici delle donne.

Oltre a elencare i principali diritti delle donne, il manuale spiega la storia e il significato della Giornata Internazionale della Donna, introduce l’approccio di genere, elenca i doveri delle cittadine e sottolinea il loro ruolo nello sviluppo locale. Contiene anche alcuni consigli pratici per gli uomini che desiderino contribuire in maniera attività all’uguaglianza di genere. Infine, il manuale introduce la legge del Benin N°2011-26 del 9 gennaio 2012 per la repressione della violenza contro le donne e le bambine.

Il messaggio di speranza, riportato nella conclusione, è che le donne delle unioni cooperative, alle quali il manuale e i corsi di educazione civica sono destinati, possano contribuire alla costruzione di un nuovo  modello di riferimento per le donne delle zone rurali del Benin.

Nelle foto, alcuni momenti dell’organizzazione della giornata dell’8 marzo

8 marzo benin mani tese 2019

 

achille benin mani tese 2019

15 marzo: cambiare il sistema per cambiare il clima!

Mani Tese aderisce allo Sciopero Mondiale per il Futuro del 15 marzo 2019

Anche Mani Tese aderisce allo Sciopero Mondiale per il Futuro del 15 marzo 2019 e invita i suoi volontari e simpatizzanti a scendere in piazza in tutte le città d’Italia, partecipando alle decine di iniziative che si stanno organizzando dal basso.

’Cambiare il sistema per cambiare il Clima’ è diventato negli anni per Mani Tese una declinazione fondamentale del proprio Impegno di Giustizia – dichiara Sara de Simone, Presidente di Mani Tese – Greta Thunberg e gli studenti di tutto il mondo ne fanno oggi il loro manifesto generazionale e noi non possiamo che schierarci, orgogliosi, al loro fianco e sostenerli con ogni mezzo”.

Mani Tese è impegnata da tempo nella promozione della giustizia climatica occupandosi da sempre del tema dell’impatto delle attività umane sul pianeta, sia in termini di equità che in termini di sostenibilità.

In Kenya, ad esempio, Mani Tese sta lavorando per la tutela del bacino del fiume Molo, una zona strategica per la sicurezza alimentare del Paese sempre meno resiliente a causa dello sfruttamento intensivo delle risorse forestali.

In Mozambico sta promuovendo un progetto di riforestazione che consenta di mitigare gli effetti del riscaldamento globale.

In Ecuador ci siamo attivati contro lo sfruttamento petrolifero nel Parco Nazionale dello Yasuní, nel cuore della foresta pluviale, uno dei punti del pianeta a più alto indice di biodiversità, realizzando un film documentario e una campagna di denuncia.

A Taranto dal 2017 seguiamo e supportiamo le mobilitazioni delle associazioni e dei comitati locali che chiedono la chiusura e la riconversione di un acciaieria che è tra le più inquinanti in Europa e nel 2018 abbiamo realizzato una Summer School sulla giustizia ambientale.

L’appuntamento per gli amici e le amiche di Milano per il 15 marzo 2019 è alle 17.40 davanti alla fontana di Piazza Castello. Chi è interessato può scrivere a milano@manitese.it oppure chiamare al numero 346 0122334.

IL CENTRO PER LE DONNE VITTIME DI VIOLENZA IN GUINEA-BISSAU: INTERVISTA AD AMIC

Intervista a Fernando Cá del centro di accoglienza per vittime di violenza e matrimoni forzati/precoci di cui Mani Tese sosterrà la riapertura.

La nostra intervista a Fernando Cá, amministratore del centro di accoglienza in Guinea-Bissau per vittime di violenza e matrimoni forzati/precoci di AMIC – Amigos da Criança, di cui Mani Tese sosterrà la riapertura, che avverrà nel mese di marzo in occasione della Giornata Internazionale della Donna, nell’ambito del progetto “Libere dalla violenza – emancipazione e diritti per ragazze e donne in Guinea Bissau”, cofinanziato dall’Unione Europea.

Com’è nato il centro di accoglienza?

Fernando Cá: “Nel 2012 AMIC ha aperto un centro di accoglienza per vittime di matrimonio forzato e precoce, perché all’epoca non esisteva un riferimento per le vittime di violenza di genere. Prima io e i miei colleghi, infatti, ospitavamo queste donne nelle nostre case, dove rimanevano per qualche tempo mentre tentavamo di trovare un modo per reintegrarle.
La casa in realtà era in costruzione dal 2009, con il sostegno dell’ambasciata americana. Nel 2012 ha iniziato a operare con un partenariato con la Chiesa Evangelica che già ospitava ragazze in una struttura affittata a Bissau. Di queste, alcune sono poi state trasferite qui da noi nel centro. Da quel momento abbiamo iniziato a lavorare insieme per la difesa e la promozione dei diritti delle bambine e ragazze.

I nostri strumenti in termini di supporto legale si basano sulle leggi nazionali e sulle convenzioni degli accordi di protezione internazionale firmati dal nostro Paese”.

Perché il centro ha dovuto chiudere?

“C’è stato un tempo, nel 2017, in cui il centro ha ospitato circa 80 vittime di tentativo di matrimonio forzato e precoce. Il funzionamento, a causa della mancanza di fondi, era diventato insostenibile.
Abbiamo dovuto cambiare la nostra filosofia e trasferire le ragazze in un altro centro. Ora stiamo riaprendo il nostro”.

Avete accolto anche donne vittime di violenza domestica?

“Esattamente. A volte queste donne arrivavano da noi con i bambini sulle spalle…Noi le abbiamo accolte perché questo è un centro per tutte le vittime, anche se la maggior parte erano ragazze. Abbiamo accolto donne di tutte l’età e abbiamo sempre cercato di risolvere il problema e, ove questo era possibile, di riportarle in famiglia”.

Quali sono le prospettive che AMIC desidera per il centro?

“Siamo partiti in una situazione molto difficile, ma ora con l’infrastruttura già completa, penso che continueremo a lavorare e ad associarci con altri partner anche perché è un lavoro di portata nazionale. Per una singola realtà è difficile sostenere tutte le spese, quindi vorrei fare un appello a chiunque voglia sostenere il centro e aiutarci a ridurre al minimo la sofferenza delle vittime perché sappiamo che quando non ricevono il sostegno adeguato queste donne si sentono ‘rivittimizzate’.

La nostra struttura può garantire loro rifugio, assistenza psicologica, sociale e legale in collaborazione con la polizia e il tribunale fino ad arrivare ad accertare la responsabilità dell’autore del crimine”.

IN KENYA DAI RIFIUTI NASCE LA LUCE

Gli studenti che partecipano al corso di formazione sull’energia solare costruiscono una lampada con materiali di recupero nell’ambito del progetto IMARISHA

In Kenya continuano le lezioni in tecnologie solari, propedeutiche all’avvio di un’impresa sociale di giovani per la commercializzazione e la manutenzione di kit fotovoltaici e la realizzazione di piccoli circuiti a led con materiali di riciclo previste nell’ambito del progetto “Imarisha, Energie rurali per la lotta al cambiamento climatico e la salvaguardia dell’ambiente” cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la cooperazione allo sviluppo.

Uno degli ultimi temi trattati è stata la costruzione di piccole lampade solari a partire da materiali di recupero.

Si tratta di un modo per sviluppare la maestria e la creatività dei giovani e per fornire sul mercato locale alternative low cost alle lampade solari attualmente commercializzate. In più, è un’occasione per promuovere il riciclo e riuso di materiali altrimenti destinati a essere dispersi nell’ambiente: una priorità da sempre nel cuore di Mani Tese.

Ma lasciamo parlare il video in cui il formatore e i ragazzi mostrano a Samuele, il capo progetto di Mani Tese in Kenya, il primo prototipo. Davvero sorprendente!

I MIGRANTI BURKINABÉ DIVENTANO UNA RISORSA PER LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Mani Tese lancia un progetto di sviluppo d’imprese sociali innovative in Burkina Faso con la partecipazione dei migranti in Italia.

Non solo attentati e rapimenti, che purtroppo stanno riempendo le cronache quotidiane del piccolo Paese africano, esiste un Burkina Faso che cerca di reagire, un Paese in cui si dà vita a nuove opportunità economiche e a uno sviluppo inclusivo e sostenibile. È questo l’obiettivo del nuovo progetto lanciato nelle scorse settimane da Mani Tese nel Paese.

Imprese sociali innovative e partecipazione dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso è un progetto cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la cooperazione allo sviluppo e dalla Fondazione Maria Enrica e realizzato da Mani Tese in partenariato con Fondazione ACRA, CeSPI, Chico Mendes, Ital-Watinoma, Comune di Milano, Comune di Ouagadougou, Associazione Watinoma, FIAB (Federazione nazionale delle industrie agroalimentari e di trasformazione del Burkina Faso) e FENAFERB (Federazione nazionale delle donne rurali del Burkina Faso).

I territori interessati sono le province del Boulgou e del Boulkiemdé e la capitale Ouagadougou.

“In Burkina Faso l’incidenza della povertà riguarda il 40% della popolazione, in particolar modo nelle aree rurali, dove vive più del 90% delle persone sotto la soglia della povertà” dichiara Giovanni Sartor, Responsabile della Cooperazione Internazionale di Mani Tese “Per questo motivo il progetto si pone come obiettivo quello di migliorare le condizioni di vita della popolazione rurale in Burkina Faso e intende farlo attraverso uno sviluppo inclusivo e sostenibile”.

Il progetto vuole infatti favorire lo sviluppo di attività produttive, imprenditoriali e innovative, valorizzando le produzioni agricole locali e agro-ecologiche e promuovendo il coinvolgimento di donne, giovani e migranti in Italia.

Quello dei migranti burkinabé in Italia, in particolare, è un ruolo importante nel quadro del progetto.

“Il progetto intende favorire lo sviluppo di piccole e medie imprese anche nei luoghi di origine dei migranti in Italia attraverso la valorizzazione delle loro competenze e delle loro risorse relazionali ed economiche.” spiega Sartor “Sono sei le associazioni di migranti, da Treviso a Napoli passando per Fiorenzuola, che stanno partecipando al progetto grazie a un percorso di formazione condotto da CeSPI e che sosterranno altrettante piccole medie imprese in Burkina Faso contribuendo, al contempo, allo sviluppo del loro Paese d’origine”.

Sono 40 le piccole e medie imprese in Burkina Faso che beneficeranno di formazione e orientamento e incontri con imprenditori ed esperti.  In queste settimane parteciperanno alla progettazione del piano d’impresa, a sessioni di formazione gestionale, amministrativa e di promozione e a incontri con gli istituti di microfinanza per facilitarne l’accesso al credito. Per 20 di loro, quelle con il piano d’impresa più promettente, al termine del percorso formativo ci sarà la possibilità di ottenere un finanziamento. Sono in totale 154.000 euro i fondi messi a disposizione per migliorare la produzione attraverso l’acquisto di equipaggiamenti e attrezzature.

“Il nostro intento è quello di promuovere soprattutto i prodotti di qualità di piccoli produttori locali che difficilmente riescono a collocarsi sul mercato” aggiunge Sartor.

Per questo motivo, il progetto prevede, grazie al lavoro del partner Fondazione ACRA, lo sviluppo dell’Impresa sociale Ke de Burkinabé che promuove il consumo di prodotti locali e si occupa della loro commercializzazione sostenendo i produttori, curando in particolare gli aspetti relativi alla qualità e al packaging del prodotto. La promozione di prodotti locali avviene inoltre con il coinvolgimento delle Istituzioni, in particolare con il comune di Ouagadougou che intende promuovere l’agricoltura urbana e uno scambio di buone pratiche con il comune di Milano a partire dall’esperienza del Milan Urban Food Policy Pact.

Il progetto prevede infine il coinvolgimento dei giovani in attività di miglioramento delle loro competenze NTIC (Nuove Tecnologie di Informazione e Comunicazione) applicate nell’attività di impresa anche con l’uso di materiale informatico di recupero.

IN BURKINA FASO PIANTIAMO I SEMI DI UN NUOVO PROGETTO

Al via le attività di agricoltura urbana del progetto “Imprese sociali innovative e partecipazione dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso”

Lunedì 11 febbraio 2019 si è tenuto l’evento di lancio delle attività di agricoltura urbana a Ouagadougou che ha inaugurato anche nella capitale il progetto “Imprese sociali innovative e partecipazione dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso, cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la cooperazione allo sviluppo e dalla Fondazione Maria Enrica. Nei mesi scorsi il progetto era stato presentato a Koudougou e Tenkodogo, capoluoghi delle due regioni, Centro Ovest e Centro Est, dove si svolgono le attività di sostegno alle imprese agroalimentari e di coinvolgimento della diaspora burkinabè in Italia previste dall’intervento.

La cerimonia si è svolta alla presenza del sindaco di Ouagadougou Armand Béouindé ed è stata aperta con i saluti delle autorità pubbliche e tradizionali del quartiere di Tanghin, area che fa parte della cosiddetta cintura verde della capitale dove si è svolto l’evento. Le autorità hanno sottolineato l’importanza di investire in agricoltura anche in ambito cittadino, con un’attenzione particolare ai soggetti più vulnerabili.

È poi intervenuto il rappresentante della Federazione degli orticoltori urbani ricordando che sono migliaia gli aderenti che praticano attività orticole a Ouagadougou e che c’è ancora molta terra disponibile per essere coltivata.

La parola è poi passata a Giovanni Sartor, Responsabile cooperazione internazionale di Mani Tese, che ha dichiarato come sia fondamentale investire in agricoltura in ambito urbano promuovendo la transizione agroecologica e ha portato come esempio la città di Milano, partner di progetto con cui è prevista un’attività di scambio, seconda città agricola d’Italia che ha costituito il parco agricolo sud Milano e attua politiche attente al consumo di cibo locale, sano e di qualità. Rispetto a quest’ultimo aspetto è intervenuta anche Elena Scanferla, direttrice di ACRA, partner di progetto, che ha brevemente introdotto la componente dell’intervento riguardante l’impresa sociale Ké de burkinabé, che si occupa di promuovere e commercializzare produzioni locali, sane e di qualità nella capitale.

La parola è quindi passata al sindaco della città che, ringraziando Mani Tese e ACRA per l’impegno nel progetto, ha ricordato brevemente le attività previste a Ouagadougou, tra le quali lo studio cartografico e il censimento dei perimetri orticoli, il sostegno alle donne produttrici e il concorso per i giovani nell’ambito delle nuove tecnologie. Ha infine ricordato che anche il comune ha impegnato delle risorse per le attività, che si aggiungono a quelle messe a disposizione dal progetto, in particolare per quanto riguarda la formazione dei produttori urbani.

Il primo cittadino ha chiamato ad affiancarlo per dare l’avvio ufficiale al progetto il dott. Domenico Bruzzone, direttore della sede AICS di Ouagadougou, che ha ricordato la solida amicizia che lega Italia e Burkina Faso, testimoniata anche dalla presenza positiva di migliaia di burkinabé in Italia, alcuni dei quali sono coinvolti nel progetto, e che ha elogiato questo tipo di interventi innovativi frutto di un partenariato ampio e di un positivo scambio di esperienze.

Il dott. Bruzzone e il sindaco Béouindé, insieme alle altre autorità presenti, hanno dato il via ufficiale al progetto piantando alcuni semi, in segno di augurio per la sua buona riuscita, mentre Wendy Lenarduzzi, la responsabile Paese di Mani Tese in Burkina Faso, ha piantato il primo albero.

A proposito del progetto

Il progetto “Imprese sociali innovative e partecipazione dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso di durata triennale, è nel corso della sua prima annualità ed è realizzato da Mani Tese in partenariato con Fondazione ACRA, CeSPI, Chico Mendes, Ital-Watinoma Comune di Milano, Comune di Ouagadougou. Ass. Watinoma, FIAB (Federazione nazionale delle industrie agroalimentari e di trasformazione del Burkina Faso) e FENAFERB (Federazione nazionale delle donne rurali del Burkina Faso). Il progetto è cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la cooperazione allo sviluppo  e dalla Fondazione Maria Enrica.

 

Business e diritti umani: 6 seminari per il terzo settore

Come vincolare la libertà di impresa al rispetto dei diritti umani e dell’ambiente.

Nell’ambito del progetto “New Business 4 Good” finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, Mani Tese, in collaborazione con Oxfam, Fondazione Finanza Etica, Action Aid, HRIC e WWF, propone un ciclo di 6 seminari di “knowledge & capacity building” per associazioni e ONG, che mira a rafforzare le capacità del Terzo Settore di promuovere un cambio di paradigma produttivo e di attivarsi in favore delle comunità impattate dall’attività di impresa.

IL PROGRAMMA

Milano, 4 marzo 2019, ore 14.30-17.30
“La definizione del problema: il quadro giuridico internazionale, gli impatti del ‘business as usual’, i limiti dell’auto regolazione del settore privato, il ruolo della società civile”
Intervengono: Martina Buscemi (Università Statale di Milano), Roberto Antonietti (Università Statale di Padova), Nicoletta Dentico (Fondazione Finanza Etica), Giosuè De Salvo (Mani Tese).

Roma, 21 marzo 2019, ore 10.00-13.00
“Principi guida ONU, focus 1° pilastro: State Duty to Protect”
Intervengono: Marta Bordignon (Temple University, HRIC), Giada Lepore (Human Rights International Corner), Fulvia Gravame (Peacelink), Monica Di Sisto (Campagna Stop TTIP).

Milano, 28 marzo 2019, ore 10.00-13.00
“Principi guida ONU, focus 2° pilastro: Corporate Responsibility to Respect”
Intervengono: Angelica Bonfanti (Università Statale di Milano), Martina Rogato (Human Rights International Corner), Deborah Lucchetti (FAIR/Campagna Abiti Puliti), Mauro Meggiolaro (Fondazione Finanza Etica).

Firenze, 9 aprile 2019, ore 10.00-13.00
“Principi guida ONU, focus 3° pilastro: Access to Remedy”
Intervengono: Deborah Russo (Università Statale di Firenze), Marco Fasciglione (CNR), Luca Saltalamacchia (Studio Saltalamacchia di Napoli), Francesca Casella* (Survival International).

Firenze, 16 aprile 2019, ore 10.00-13.00
“Il ruolo del Terzo Settore nella transizione verso il business giusto e sostenibile: il caso dell’Azionariato Critico”
Intervengono: Alessandra Smerilli (Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione Auxilium), Eleonora Dal Zotto (Equo Garantito), Francesco Martone (In Difesa Di), Simone Siliani (Fondazione Finanza Etica).

Roma, 22 maggio 2019, ore 10.00-13.00
“Il ruolo del Terzo Settore nella transizione verso il business giusto e sostenibile: i casi dello Human Rights Impact Assesment e delle Multi-Stakeholders Initiatives”
Intevengono: Leonardo Becchetti* (Università di Roma Tor Vergata), Laura Renzi* (Amnesty International), Giosuè De Salvo (Mani Tese), Giorgia Ceccarelli (Oxfam Italia), Alessandra Prampolini (WWF Italia).

*in attesa di conferma

La partecipazione è libera e gratuita previa iscrizione all’indirizzo desalvo@manitese.it

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TRATTA: IL MONDO DEVE SAPERE. E SI DEVE MOBILITARE

Riflessioni e materiali dal convegno dell’8 febbraio 2019

Il mondo deve sapere. Il mondo deve avere coscienza che oltre 40 milioni di persone vivono in schiavitù, vittime di varie forme di sfruttamento. E che fra questi schiavi ci sono molti bambini (il cui numero, secondo i dati di Unodc, è in aumento: il 5% in più rispetto al periodo compreso fra il 2007 e il 2010).

Sono i piccoli protagonisti di storie di violenza quasi inenarrabili. Eppure Antonio Maria Costa, ex vice segretario generale Onu e direttore Ufficio Onu droga e crimine, Unodc (dal 2002 al 2010), queste storie le ha raccontate senza sconti al pubblico del convegno “NUOVI MURI, NUOVI SCHIAVI” organizzato in occasione della Giornata mondiale contro la tratta dal Centro Pime di Milano, Mani Tese e Caritas Ambrosiana con il contributo dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e la collaborazione di Ucsi Lombardia e Fesmi.

Il mondo deve sapere. Ma deve anche mobilitarsi. Perché sfruttamento, servitù, violenza sono minacce che non possono essere affrontate solo dai Governi ma da una coalizione e mobilitazione di tutti, ciascuno consapevole delle proprie responsabilità. Innanzitutto, secondo Costa, la responsabilità delle potenze europee che si sono spartite l’Africa ponendo le basi della violenza e della povertà di oggi. Un dramma proseguito poi da Washington e da Pechino. “I muri servono a poco e sono moralmente ripugnanti – afferma Costa – I migranti continuano a muoversi perché il rischio di morire in viaggio è meno grave di morire giorno per giorno in un miserabile villaggio”.

Ma c’è anche la responsabilità di noi consumatori per i beni prodotti da schiavi perché “Non c’è una singola cosa che non sia contaminata dal sangue e dal sudore di vittime di sfruttamento”.

“Fra il lavoratore e un frutto come la pesca che compriamo al supermercato c’è una lunga catena di sfruttamento su cui è necessario intervenire” ha ricordato Virginia Sabbatini del Progetto Presidio Caritas Italiana di Saluzzo. Uno sfruttamento lavorativo che non tocca solo il Sud del mondo o, per guardare a casa nostra, il Sud Italia, ma che è diffuso a livello nazionale. Lo testimonia il Progetto Presidio, che offre dal 2014 un servizio di informazione, orientamento e aiuto ai lavoratori migranti vittime di sfruttamento in 18 territori nazionali, da Saluzzo in Piemonte fino a Melfi in Basilicata o Ragusa in Sicilia. “Non pensiamo a schiavisti che tengono in catene. C’è una zona di grigia di illegalità in cui approfittare del lavoro di un migrante non è visto come una macchia sociale perché il migrante è considerato un lavoratore di serie B e che può essere sfruttato”.

Di muri ha parlato anche il prof. Marco A. Quiroz Vitale, sociologo del diritto dell’Università di Milano e autore di “Diritti umani e cultura giuridica”: “Dopo la caduta del muro di Berlino, il ‘muro’ non è stato più in grado di sopperire alle funzioni sociali di mantenimento della pace di un tempo. I nuovi muri ora sono il risorgere delle razze e l’etnicizzazione, che creano distinzioni fra le persone”.

“Ma serve prudenza nel sottolineare le differenze etniche e culturali – sostiene Vitale – Perché in termini di differenze è molto ciò che ci unisce e poco ciò che ci divide. Il rischio è il razzismo, la logica dello sfruttamento che assegna a un colore diverso dal bianco un segno di inferiorità che lo giustifica”.

Occorre dunque prestare molta attenzione alle parole che usiamo quando si affronta la questione migratoria, come ricorda il Prof. Marco Valbruzzi, politologo dell’Università di Bologna e coordinatore dell’Istituto Cattaneo, che ha dimostrato come sui quotidiani italiani il tema dei migranti venga trattato in termini di emergenza e di sicurezza e quasi mai in termini di integrazione. Solo 5,5% degli articoli ne parla. Non è quindi un caso se gli Italiani risultino, fra i cittadini europei, quelli che sbagliano di più nella percezione del fenomeno migratorio: la percentuale di residenti stranieri nel nostro Paese è il 10%. Noi pensiamo sia il 25%.

“La nostra percezione distorta del fenomeno delle migrazioni deriva dai nostri pregiudizi. Cerchiamo nei fenomeni sociali una sorta di conferma degli stessi” afferma Valbruzzi. Infatti nel 2013 solo il 5% degli italiani affermava che l’immigrazione fosse un tema prioritario. Oggi invece per gli italiani l’immigrazione è un problema urgente in generale che tuttavia, nei contesti a loro vicini, non viene percepito come tale.

Chi invece pesa bene le parole è René Manenti degli Scalabriniani della Casa del Migrante di Tijuana (Messico): “A Tijuana abbiamo creato una casa per accogliere le persone perché prima esiste la persona poi le sue varie accezioni e non ‘l’illegale’ o ‘l’indocumentato’ ha dichiarato “Madre natura non ha confini. Siamo noi uomini che li abbiamo creati”.

Un’altra testimonianza dal mondo è venuta dalla voce di Laudolino Carlos Medina, direttore di AMIC Associaçào dos Amigos da Criança, partner di Mani Tese in Guinea-Bissau che fra il 2005 e il 2018 ha reinserito nelle famiglie di origine 2.206 bambini vittime di tratta.

“In Guinea la tratta di minori assume molte forme: la più visibile è quella dei talibé, bambini inviati con l’intenzione di apprendere il Corano in altri Paesi, ma che quando arrivano a destinazione vedono cambiare totalmente il proposito del loro viaggio e vengono e sfruttati e destinati alla mendicità a cui si dedicano tutto il giorno perché devono portare una certa somma di denaro la sera al trafficante, altrimenti vengono severamente puniti. Ma ci sono anche le ragazze inviate in Senegal per lavorare come domestiche e poi costrette a prostituirsi”.

Secondo Laudolino l’88% dei bambini (4-17 anni) in Guinea-Bissau ha sofferto aggressioni psicologiche e punizioni fisiche e umilianti. Solo 2 bambini su 5 nel Paese vanno a scuola e fra le ragioni dell’abbandono scolastico vi è il matrimonio forzato e precoce, il lavoro nei campi della famiglia, i rituali etnici, la mutilazione genitale femminile.

Di fronte a tutto questo, non basta più la verità e non è sufficiente la compassione. Occorre giustizia.

“La convenzione di Palermo impone agli Stati di adottare misure di contrasto a traffico e schiavitù, in coerenza con la dichiarazione dei diritti umani universali” ha ricordato il prof. Vitale, specificando che vi è tratta anche se la vittima è consenziente e a prescindere dalle forme di schiavitù.

Per approfondire, scarica le presentazioni disponibili dei relatori:

UN MONDO DI MURI: TRATTA E SCHIAVITÙ NEL XXI SECOLO
Antonio Maria Costa, ex vice segretario generale Onu e direttore Ufficio Onu droga e crimine, Unodc (2002-2010)

IL MURO DELLA PROPAGANDA (E LA CARTA DI ROMA)
Prof. Marco Valbruzzi, politologo Università di Bologna e coordinatore Istituto Cattaneo

IL MURO DEI DIRITTI UMANI NEGATI (Video)
Prof. Marco A. Quiroz Vitale, sociologo del diritto Università di Milano, autore di “Diritti umani e cultura giuridica”

I CASI

Laudolino Carlos Medina, Associaçào dos Amigos da Criança (AMIC), Guinea-Bissau

Virginia Sabbatini, Progetto Presidio Caritas Italiana, grave sfruttamento lavorativo, Saluzzo:

Vite sottocosto – 2° rapporto Presidio

Progetto Presidio – le immagini