COP28, l’impegno non basta
Le nostre considerazioni al termine della recente COP28.
Si è chiusa il 13 Dicembre a Dubai la 28esima Conferenza delle Parti sul Clima delle Nazioni Unite con l’accordo sul global stocktake (la chiusura era prevista il 12 ma la mancanza di un accordo tra i Paesi ha fatto slittare il termine) firmato da 158 Paesi, che menziona l’abbandono dei combustibili fossili entro il 2050. Il testo finale parla di una transizione giusta ed equa dai combustibili fossili.
“Il termine allontanarsi gradualmente non vuol dire nulla di specifico. Più che di un vincolo formale si parla ancora di impegno dei governi anziché di azioni specifiche” afferma Samuel Mue, giovane delegato kenyota dell’AYCA 2023 – Africa Youth Climate Assembly, attivista ambientale e collaboratore di Mani Tese presente a Dubai.
Ma nonostante questo accordo lasci, per tanti aspetti, un senso di amaro in bocca, poiché ancora una volta la politica risulta fragile nelle azioni rispetto a un’esigenza scientifica, tuttavia un segnale importante potrebbe esserci. Dopo un primo momento di forte opposizione da parte dell’Arabia Saudita, grazie a un processo di negoziazione che ha molto insistito sul wording finale, anche i Paesi primi esportatori di combustibili fossili sono dentro l’accordo.
Il Global Stocktake affronta diversi aspetti che pongono numerosi dubbi, forse più scientifici che politici. Si parla di transizione, in modo giusto, ordinato ed equo, per raggiungere lo zero netto entro il 2050 in linea con la scienza, ma non appare nessun termine di rimando ad un processo di sanzioni nel caso di un mancato adempimento dell’accordo. Dopotutto, neanche un giorno dopo, tra il 13 e il 14 dicembre a Bruxelles, i colegislatori UE raggiungono un accordo sulla Corporate Suistainability Due Diligence Directive (CSDDD) che, lasciando fuori gli Accordi di Parigi e la responsabilità civile per le imprese che arrecano danni ambientali, confermano una posizione politica generale pigra e statica. Si parla, inoltre, di un aumento dell’uso delle rinnovabili e di utilizzo del nucleare della cattura del carbonio nei settori più problematici.
Allo stesso tempo, si registra un segnale importante sulla sostenibilità e resilienza dei sistemi agroalimentari. Entra, infatti, nell’agenda politica il sistema agroalimentare, con un impegno inedito per ridurre le emissioni di carbonio nel sistema alimentare globale e soprattutto che riconosce come fondamentale la necessità di politiche agrarie volte alla riduzione delle emissioni e alla costruzione di sistemi agroalimentari orientati a una produzione e consumo più atteni all’ambiente.
“La sfida ora è quella di garantire che queste dichiarazioni si traducano in azioni concrete e misurabili, in un decennio definito cruciale per il nostro pianeta”, afferma Samuel Mue.
Come Mani Tese, noi continueremo a lavorare insieme alle Organizzazioni della Società Civile di tutto il mondo affinché i governi possano trasformare in azioni concrete gli impegni dichiarati.
Per maggiori approfondimenti