Tutto quello che non ti hanno detto sulle ONG

Le 10 indispensabili cose da sapere per affrontare con cognizione di causa un dibattito sulle Organizzazioni Non Governative.

di Elias Gerovasi, Responsabile Progettazione e Innovazione di Mani Tese

 

Le ONG sono colluse con gli scafisti e favoriscono l’immigrazione illegale? Senza ONG arriverebbero meno migranti? Ci sarebbero meno morti in mare? Chi finanzia le ONG? Sono alcune delle domande e critiche più frequenti nel dibattito attuale sulle ONG a cui Mani Tese ha tentato di dare una risposta concisa e puntuale attraverso un mini dossier suddiviso in 10 domande che spiega in modo semplice e chiaro chi sono e cosa fanno le ONG, qual è il loro rapporto con la migrazione e da dove arrivano le risorse che impiegano per finanziare i propri progetti.

1. Che cosa vuol dire ONG?

ONG sta per Organizzazioni Non Governative: le ONG sono organizzazioni private non aventi fini di lucro, indipendenti dai governi e dalle loro politiche che ottengono almeno una parte significativa dei loro introiti da fonti private, per lo più da donazioni. Perseguono obiettivi di utilità sociale e cause politiche in vari settori, tra i più comuni troviamo la tutela dell’ambiente, la difesa dei diritti umani, la protezione delle minoranze e di specifiche categorie, la cooperazione allo sviluppo e l’aiuto umanitario.

L’espressione “organizzazione non governativa” compare per la prima volta nel 1945 nell’articolo 71 della Carta costituzionale dell’ONU che prevede infatti la possibilità che il Consiglio Economico e Sociale possa consultare “organizzazioni non governative interessate alle questioni che rientrano nella sua competenza”.

Le ONG possono avere diverse forme giuridiche a seconda delle legislazioni nazionali. La maggior parte sono costituite sotto forma di associazione o fondazione.

Nonostante la loro indipendenza dagli Stati e dagli organi sovranazionali, le ONG possono collaborare con le istituzioni pubbliche e ricevere contributi e/o finanziamenti per svolgere le loro attività statutarie.

2. Chi sono le ONG in Italia?

Nel nostro paese l’acronimo ONG si usa prevalentemente con riferimento alle organizzazioni che si occupano di cooperazione allo sviluppo e aiuto umanitario. Questo perché l’unico riferimento normativo in Italia era la legge 49 del 1987 “Nuova disciplina della cooperazione dell’Italia con i Paesi in via di sviluppo” che all’articolo 28 normava il “Riconoscimento di idoneità delle organizzazioni non governative”. Era compito del Ministero degli Affari Esteri concedere una specifica idoneità di organizzazione non governativa: le ONG riconosciute idonee erano 232 organizzazioni.

A partire dal 1 gennaio 2016 la legge 49 è stata abrogata in favore della riforma della Cooperazione allo sviluppo emanata con la legge 125 del 2014. Questa nuova legge ha eliminato il riconoscimento di idoneità delle ONG istituendo in sostituzione un elenco delle Organizzazioni della Società Civile (OSC) ed altri soggetti senza finalità di lucro attive nella cooperazione allo sviluppo. L’iscrizione a questo specifico elenco è gestito dall’AICS (Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo). Alla data odierna sono 227 le organizzazioni iscritte.

Mani Tese, per esempio, è costituita come associazione dal 1964 proprio per fare cooperazione allo sviluppo. Dapprima è stata riconosciuta idonea come ONG ai sensi della legge 49/87 e oggi è iscritta all’elenco delle OSC detenuto dall’AICS.

Nonostante questo in Italia la popolarità della parola ONG è molto recente e strettamente legata al caso delle organizzazioni di vario tipo che hanno operato in attività di ricerca e salvataggio di migranti nel Mar Mediterraneo e alle successive polemiche e strumentalizzazioni politiche e mediatiche.

cooperazione dossier ong mani tese 2019
I nostri collaboratori in Guinea-Bissau (Credits: Mirko Cecchi)

 

3. Le ONG sono colluse con gli scafisti e favoriscono l’immigrazione illegale?

Tra le accuse rivolte alle ONG che hanno operato in attività di ricerca e salvataggio di migranti nel Mar Mediterraneo c’è anche quella di collusione con le organizzazioni criminali di trafficanti di uomini e donne che, tra le varie cose, organizzano le traversate in mare dei migranti dalle coste libiche all’Italia.

Dopo circa un anno di proclami, accuse e minacce da parte di esponenti della politica e della magistratura le attività di alcune ONG impegnate nelle operazioni di ricerca e salvataggio sono finite sotto inchiesta da parte della magistratura con l’accusa di favoreggiare l’immigrazione clandestina.

A oggi nessun procedimento delle procure di Trapani, Catania, Ragusa e Palermo ha potuto dimostrare una collusione tra le organizzazioni e gli scafisti. La maggior parte delle inchieste aperte sono state archiviate con il dissequestro delle imbarcazioni delle ONG.

4. Le ONG soccorrono i migranti per lucro?

 Il costo delle operazioni di ricerca e salvataggio di migranti nel Mar Mediterraneo effettuata dalle organizzazioni sopra elencate è stato totalmente a carico delle stesse organizzazioni. Nessuna di queste risulta aver ricevuto fondi pubblici a questo scopo.

Le ONG impegnate nei soccorsi non gestiscono centri di accoglienza in Italia e non accedono in nessun modo ai finanziamenti che il governo italiano riconosce alle organizzazioni che assistono i migranti e richiedenti asilo. È davvero improbabile quindi poter sostenere che ci sia un interesse delle ONG all’aumento dei numeri di migranti presenti sul territorio italiano.

Al contrario bisogna considerare che il costo sostenuto dalle ONG in questi anni di impegno in mare ha fatto risparmiare risorse importanti alle autorità italiane impegnate nelle attività di soccorso. Questo costo è stato quantificato in quasi un miliardo di euro.

5. Senza ONG arriverebbero meno migranti?

Basta analizzare le statistiche negli ultimi 5/6 anni per capire che la presenza delle ONG non è un fattore determinante che può far aumentare o diminuire il numero delle persone in mare. Bisogna infatti considerare che le operazioni delle ONG sono iniziate nel 2015 quando i flussi nel mediterraneo era già altissimi e hanno contribuito a mettere in salvo circa un terzo dei naufraghi. I restanti due terzi sono stati portati in salvo dalla guardia costiera e da altre imbarcazioni private.

Le cause che governano i flussi migratori sono invece da ricercare nei Paesi di partenza e di transito, come la Libia, dove sono le condizioni politiche e gli interessi delle organizzazioni di trafficanti a determinare le partenze.

Il motivo determinante che ha fatto crollare il numero di partenze a partire dal 2018 è invece legato alla politica messa in campo dal governo italiano a partire dall’estate 2017. L’Italia ha infatti siglato degli accordi controversi con la Libia (e con il Niger) che replicano in qualche modo il modello già utilizzato nel 2016 dall’Unione Europea con la Turchia: dare soldi e altre forme di sostegno in cambio di un’azione di contrasto delle partenze.

6. È vero che ci sono meno morti nel Mediterraneo da quando non ci sono più (o quasi più) le ONG?

Secondo i dati ufficiali dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), nel 2018 in Europa sono arrivati dal Mediterraneo 139.300 migranti, un calo di circa il 20 per cento rispetto ai 172.324 del 2017. Una diminuzione ancora maggiore degli sbarchi si è registrata in Italia. Nel 2018, gli arrivi via mare nel nostro Paese sono stati 23.370, un calo di oltre l’80 per cento rispetto ai 119.369 dell’anno prima.

A questa riduzione è corrisposto anche il calo del numero totale dei morti in mare. L’anno scorso, in tutto il Mediterraneo, l’UNHCR ha registrato 2.275 persone che hanno perso la vita o sono finite disperse, una diminuzione di circa il 28 per cento rispetto al 2017 (3.139). Discorso analogo vale per l’Italia: nel 2018, nella rotta centrale del Mediterraneo, sono morte 1.311 persone, meno della metà di quelle del 2017 (2.837).

Eppure oggi più che mai, la rotta del mar Mediterraneo è la più letale al mondo per i rifugiati ed i migranti. La riduzione delle capacità di ricerca e soccorso, insieme ad una risposta agli sbarchi non coordinata né prevedibile, ha portato ad un aumento del tasso di mortalità. Sulla rotta dalla Libia all’Europa, per esempio, il tasso di mortalità è passato da una vittima ogni 38 persone arrivate nel 2017 a uno ogni 14 nel 2018.

Da quando le ONG hanno dovuto sospendere le operazioni di SAR, la Guardia costiera libica ha progressivamente incrementato le proprie operazioni col risultato che l’85% delle persone soccorse o intercettate nella zona libica di ricerca e soccorso, di nuova istituzione, sono state fatte risbarcare in Libia, dove sono state detenute in condizioni tremende.

7. Perché le ONG non aiutano i migranti direttamente in Libia prima che partano?

 Bisogna premettere che La Libia vive ormai da anni una situazione di forte instabilità politica, a causa di guerre e tensioni interne tra le decine di milizie che controllano il territorio. La situazione della sicurezza è instabile, imprevedibile e sta limitando l’accesso delle agenzie umanitarie così come quello dei media.

Le ONG non possono accedere in Libia se non previo accordo con le autorità di quel paese. A seguito dei contestati accordi tra Italia e Libia il governo libico ha permesso all’Italia di far arrivare il sostegno delle ONG ad alcuni centri di detenzione di migranti nel paese. Sono sette le organizzazioni non governative italiane che hanno aperto dei progetti finalizzati a migliorare le condizioni delle persone migranti nei centri consentiti dal governo libico (Tareka Al Sika, Tarek Al Matar e Tajoura) con risorse stanziate dall’Agenzia italiana per la cooperazione e lo sviluppo.  Si tratta di Cesvi, Cir (Consiglio italiano per i rifugiati), Cefa (Comitato europeo per la formazione e l’agricoltura), Gus (Gruppo umana solidarietà), Helpcode, Emergenza Sorrisi e Fondazione Albero della Vita. Queste ONG non possono comunque inviare personale italiano in loco se non per brevi missioni. Le attività in loco sono quindi svolte da personale locale o organizzazioni partner libiche.

8. Chi finanzia le ONG?

La maggior parte delle ONG operano grazie a una combinazione di finanziamenti privati e pubblici. Per finanziamenti privati si intendono le donazioni liberali di individui, organizzazioni, benefattori, filantropi e/o aziende. I finanziamenti pubblici sono invece contributi alla realizzazione di specifici progetti ad opera di istituzioni quali Unione Europea, agenzie delle Nazioni Unite, Ministeri, enti locali, agenzie governative, ecc.

Secondo i dati del portale Open Cooperazione aggiornati nell’ultimo triennio le principali ONG italiane hanno in media il 55% di entrate da donatori istituzionali e il restante 45% da fondi raccolti da donatori privati. I dati mostrano che i donatori pubblici più rilevanti per le ONG italiane sono (in ordine di importanza) il MAECI/AICS, la UE, Regioni ed enti locali, agenzie delle Nazioni Unite e ECHO. Le fonti più importanti di donazioni da privati sono (in ordine di importanza) gli individui, le fondazioni, le aziende, le chiese e il 5×1000. Esistono alcune organizzazioni che per scelta non utilizzano nessun finanziamento pubblico, operando quindi solo grazie a donazioni private.

9. Dove vanno a finire i soldi delle ONG?

 Le risorse delle ONG vengono spese da ogni organizzazione per realizzare la propria missione statutaria generalmente attraverso la realizzazione di progetti. Una parte dei fondi vengono impegnati nel funzionamento della struttura operativa e in attività di comunicazione e raccolta fondi. Il 33% delle ONG italiane impiega oltre il 90% delle sue risorse nella realizzazione della propria missione. Il 38% ne impiega tra l’80 e il 90%. La maggior parte delle organizzazioni (62%) spende in comunicazione e raccolta fondi meno del 5% delle proprie risorse finanziarie.

10. Le ONG sono poco trasparenti?

 Le ONG esistono grazie alle donazioni da parte di individui o ai contributi delle istituzioni. È quindi loro massimo interesse essere trasparenti e mantenere una buona reputazione con il pubblico. Più sono note e visibili all’opinione pubblica e più dovranno rendere conto delle proprie attività altrimenti i sostenitori smetteranno di finanziarle. La quasi totalità delle organizzazioni pubblica regolarmente sul proprio sito internet un rapporto annuale delle attività e il bilancio economico redatto secondo lo standard europeo in vigore. L’80% delle ONG italiane fa certificare il proprio bilancio da auditor esterni certificati.

In Italia nessuna realtà pubblica o privata è più trasparente delle ONG. A dimostrarlo sono soprattutto i fatti. Provate per esempio a cercare un rapporto di attività e un bilancio economico di un ente dello stato, di un partito politico, di una istituzione religiosa, di una azienda. Vi renderete conto che nessuno di questi attori mette a disposizione i dati al pubblico come fanno la stragrande maggioranza delle ONG italiane.

A partire da quest’anno inoltre, per effetto della riforma del Terzo Settore, in Italia è obbligatorio che ogni organizzazione pubblichi sul proprio sito la lista dettagliata dei finanziamenti ricevuti nell’anno solare precedente dalla pubblica amministrazione. Un’ulteriore garanzia di trasparenza che consente a chiunque di verificare la provenienza dei fondi pubblici che ogni ONG riceve.

Inoltre, le ONG iscritte all’elenco elenco delle Organizzazioni della Società Civile (OSC) attive nella cooperazione allo sviluppo gestito dall’AICS (Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo), devono sottoporre all’Agenzia stessa un rapporto annuale che viene verificato per rinnovare la propria iscrizione all’elenco stesso.

CICLONE IDAI: AIUTACI A GARANTIRE LA SICUREZZA ALIMENTARE DELLE POPOLAZIONI COLPITE

In Mozambico, nella regione della Zambezia, le scorte alimentari si stanno esaurendo: occorrono nuove sementi per far fronte all’emergenza

Siamo vicini in questo momento di estrema sofferenza alla popolazione e agli amici che lavorano nella regione di Sofala e in particolare di Beira, in Mozambico.

In questi giorni continua a piovere ma le condizioni stanno lentamente migliorando anche se ormai quasi il 90% della città di Beira è stato devastato dal ciclone, che secondo le Nazioni Unite potrebbe essere «uno dei più gravi disastri ambientali ad aver colpito l’emisfero meridionale» (Aggiornamenti su:https://news.un.org/en/tags/mozambique).

Il Consiglio dei Ministri mozambicano ha decretato lo stato di emergenza nazionale e proclamato tre giorni di lutto nazionale in solidarietà alle vittime provocate dal ciclone, a partire dal 20 marzo 2019.

La situazione in Zambezia

In Zambezia, seppur il ciclone non ha avuto gli stessi effetti, il forte vento e le piogge torrenziali hanno fatto esondare numerosi fiumi costringendo le popolazioni locali ad allontanarsi dalle loro abitazioni per raggiungere luoghi più sicuri. Nei giorni prima del ciclone infatti, come avevamo riportato, numerosi erano già i danni subiti alle abitazioni e alle coltivazioni. Tantissimi i distretti colpiti in questa regione e numerose ancora le comunità isolate in particolare nel distretto di Morrumbala, Maganja da Costa e i due distretti in cui opera Mani Tese: Nicoadala (in foto, dal “il post”) e Namacurra.

Allo stato attuale moltissimi fiumi sono sopra il livello massimo di sicurezza e le piogge continuano a colpire le due regioni.

Emergenza scorte alimentari

Mani Tese sta in queste ore collaborando con il governo ed in particolare con la Direzione Provinciale dell’Agricoltura, insieme con l’Unione dei Contadini della Zambezia (UPC-Z), per verificare i danni reali e per far ripartire nel più breve tempo possibile la seconda epoca di semina nelle comunità colpite.

Le scorte alimentari infatti stanno terminando ma la forza di questo popolo, dei suoi uomini e delle sue donne, sarà il motore della ripresa di questo grave disastro ambientale.

Ad aprile riprenderemo la semina dei principali cereali utilizzando varietà migliorate a ciclo corto (ossia resistenti alla siccità) e ortaggi che possano garantire, seppur a livelli minimi, la sicurezza alimentare di queste comunità.

Aiutaci ad acquistare nuove sementi per risollevare la produzione agricola e garantire la sicurezza alimentare delle popolazioni colpite con una donazione da effettuare nelle seguenti modalità:

– bonifico bancario intestato a Associazione MANI TESE ONG Onlus presso banca Popolare Etica (IBAN: IT 57 F 05018 01600 000010203040)

oppure

– CCP, Conto Corrente Postale: n° 291278 intestato a Associazione Mani Tese ONG ONLUS , P.le Gambara 7/9, 20146 Milano

Inserendo come causale EMERGENZA MOZAMBICO

– Carta di credito sul sito di Mani Tese (https://manitese.it/progetto/dona-ora/) inserendo l’importo che si desidera donare

Grazie per il vostro sostegno!

#estamosjuntos

 

VERSO L’AGROECOLOGIA A GABU E BAFATA

Al via la formazione per la produzione di compost migliorato e bio-repellenti nei nostri orti comunitari in Guinea-Bissau.

In Guinea-Bissau, nell’ambito del progetto “Ritorno alla terra: processi di inclusione agricola, economica e sociale nel corridoio Gabu e Bafatà”, cofinanziato dall’AICS di Dakar e dall’OIM, l’inclusione dei migranti di ritorno e l’occupazione giovanile passano anche attraverso la transizione all’agroecologia.

Negli otto orti comunitari delle regioni di Gabu e Bafata che stiamo seguendo, i lavori per questa transizione sono iniziati già a ottobre, con la costruzione dei pozzi e delle recinzioni. Stanno ora continuando con le formazioni sulla produzione di compost migliorato e di bio-repellenti, impartite da Braima, Delmina e Gilberto, responsabili di Mani Tese per il sostegno agli orti.

Le formazioni sono molto pratiche: le donne e i giovani dei villaggi partecipano con attenzione e preparano il compost. Vengono utilizzati solo prodotti locali, presenti in tutti i villaggi: la materia organica (letame, foglie, resti di ortaggi ecc.) si trasformerà in un ottimo fertilizzante. Produrre del compost di buona qualità è la base per ottenere dei terreni ben strutturati e fertili.

Anche per i bio-repellenti vengono usati solo materiali locali: tabacco, peperoncino, aglio, piante medicinali. Grazie ai macerati prodotti sarà possibile ridurre al minimo gli attacchi agli ortaggi da parte degli insetti.

Il processo di transizione verso l’agroecologia sta portanto buoni frutti e speranze per il futuro. La pensa così anche Fatumata, una delle beneficiarie del progetto, che racconta: “Grazie a queste formazioni e all’accompagnamento costante degli animatori di Mani Tese riusciamo a produrre ortaggi sia per la nostra famiglia che per la vendita. Siamo veramente contenti!”

Benin: la marcia delle donne che celebra la loro nuova autonomia

A Tampégré l’incredibile corteo spontaneo organizzato dalle coltivatrici e trasformatrici destinatarie dei progetti di Mani Tese per celebrare un’emancipazione frutto di dieci anni di cooperazione.

È davanti alla scuola pubblica elementare di Tampégré, un villaggio del comune di Toucountouna nel dipartimento dell’Atacora in Benin, che le donne di cinque gruppi, facenti parte dell’Unione Cooperativa delle donne trasformatrici di manioca, sostenuta da Mani Tese, hanno aperto la grande festa della manioca, organizzata l’8 marzo in occasione della Giornata Internazionale della Donna.

Indossando magliette realizzate per l’evento, le donne hanno dato il via a un corteo gremito e pieno di colori, di tuberi e di foglie di manioca.

«DONNE DEGNE E CONSAPEVOLI DEI NOSTRI DIRITTI E DOVERI: la fierezza di contribuire alla realizzazione delle nostre famiglie» è stato lo slogan del corteo. Una “fierezza” condivisa anche dal Capo del Villaggio di Tampegré, che si è congratulato con le donne per il loro impegno. È grazie a loro, infatti, che il villaggio ha potuto sconfiggere la fame.

 Oltre alle organizzatrici, al corteo hanno sfilato anche Achille Tepa, Rappresentante di Mani Tese in Benin, una delegazione del Consiglio Comunale di Toucountouna (comune di cui fa parte il villaggio di Tampegré) e una consistente delegazione di donne di altri gruppi, venute dai villaggi di Kouba, Maka, Tigninti, Koussocoingou e dalla cittadina di Toucountouna.

Un’esplosione femminile ha percorso la strada principale che attraversa tutto il villaggio, con canti, danze e grida di gioia, per celebrare la manioca, preziosa risorsa che viene trasformata in Garì (farina simile al cous cous) e grazie alla quale oggi le donne possono festeggiare la propria autonomia.

 Dopo circa due ore di spettacolo offerto ai passanti, affascinati dall’ardore delle donne e dalla folla impressionante, il corteo si è concluso all’interno del Centro di Promozione Rurale di Tampegré.

Pauline N’tcha, Presidente del comitato organizzatore del corteo, si è congratulata con le donne che hanno accettato di unirsi nell’organizzazione di questa festa. Ha raccontato la storia della collaborazione tra le donne e Mani Tese nel corso degli anni e ha concluso affermando che questa festa ha voluto essere il segno della loro riconoscenza nei confronti dell’Ong. Pauline ha infine esortato tutte le donne a unirsi a loro per portare avanti la lotta per la completa autonomia della donna.

Yoroto Yoro, la Presidente dell’Unione Cooperativa delle donne trasformatrici di manioca, ha espresso la grande soddisfazione delle donne dei gruppi di Tampegré per i risultati del progetto di Mani Tese, che ha permesso di valorizzare il ruolo della donna all’interno del villaggio. “Oggi grazie ai ricavi delle loro attività – ha dichiarato Yoroto – le donne riescono a contribuire alle spese della famiglia, a sostenere l’istruzione dei figli e a soddisfare i propri bisogni personali. Forti di tutto questo, oggi sono tenute in maggior considerazione dai loro mariti e da tutto il villaggio”.

 

 L’impegno di Mani Tese

Negli ultimi dieci anni Mani Tese in Benin ha sostenuto le associazioni e i gruppi di donne dell’Atacora promuovendo, in particolare, le attività di produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli locali, fra cui soprattutto la manioca. Queste attività hanno permesso alle donne di sviluppare in autonomia un’attività economica che genera reddito e riconoscimento sociale nelle comunità di appartenenza.

Achille Tepa, Rappresentante di Mani Tese in Benin, si è detto profondamente commosso da questa iniziativa spontanea: “Con questo evento le donne di Tampegré e tutte le altre donne dei gruppi venute a sostenerle hanno lanciato un segnale forte. Grazie a questa iniziativa, mi sono potuto rendere conto dell’utilità di tutto il lavoro che è stato fatto con loro, in particolare quello della formazione, della costruzione di infrastrutture, dell’acquisto di equipaggiamenti e attrezzature ed infine della facilitazione per permettere loro di ottenere microcrediti per il finanziamento delle loro attività”.

Achille ha inoltre colto l’occasione per ricordare la necessità di scolarizzare i bambini e, in particolare, le bambine: “La lotta di domani sarà la lotta delle persone istruite e consapevoli. Occorre quindi che le bambine siano ben preparate per poter proseguire questo processo di emancipazione”.

Nonostante i grandi passi avanti delle donne verso l’autonomia, infatti, permangono ancora diverse lacune sul piano dell’educazione e sui diritti. Per questo motivo, Achille Tepa, durante la celebrazione dell’8 marzo, ha presentato il Manuale di educazione civica per le donne curato da Mani Tese nell’ambito del progetto “Scuola, diritti e agroecologia per le bambine e le donne del Benin”.

“Questo manuale – ha spiegato Achille – servirà come supporto allo svolgimento delle sessioni di educazione civica organizzate da Mani Tese rivolte alle donne dei gruppi per il rafforzamento dell’esercizio dei loro diritti e doveri”.

Le donne di Tampégré, al termine della cerimonia, hanno offerto a tutti un pasto, a seguito del quale le presidenti dei gruppi, una dopo l’altra, hanno preso la parola lanciando la proposta di rendere questa bellissima iniziativa una ricorrenza annuale.

FRIDAYS FOR FUTURE: IN MOZAMBICO PER MANI TESE OGNI GIORNO È IL 15 MARZO

di Matteo Anaclerio, Coordinatore Progetto “Quelimane Agricola” in Mozambico “La civiltà viene sacrificata per dare la possibilità a una piccola cerchia di persone di continuare a fare profitti. La nostra biosfera viene sacrificata per far sì che le persone ricche in Paesi come il mio possano vivere nel lusso. Non possiamo risolvere una crisi senza […]

di Matteo Anaclerio, Coordinatore Progetto “Quelimane Agricola” in Mozambico

“La civiltà viene sacrificata per dare la possibilità a una piccola cerchia di persone di continuare a fare profitti. La nostra biosfera viene sacrificata per far sì che le persone ricche in Paesi come il mio possano vivere nel lusso.

Non possiamo risolvere una crisi senza trattarla come una crisi: dobbiamo lasciare i combustibili fossili sotto terra e dobbiamo focalizzarci sull’uguaglianza e se le soluzioni sono impossibili da trovare in questo sistema significa che dobbiamo cambiare il sistema. Non siamo venuti qui per pregare i leader di occuparsene. Tanto ci avete ignorato in passato e continuerete a ignorarci. Voi non avete più scuse e noi abbiamo poco tempo. Noi siamo qui per farvi sapere che il cambiamento sta arrivando, che vi piaccia o no. Il vero potere appartiene al popolo.”

Prendiamo spunto dalle parole di Greta Thunberg alla COP 24 per unirci anche noi nella protesta di questo 15 marzo: lo sciopero mondiale per il futuro. 

E qui in Mozambico, come in molti altri paesi, Mani Tese lavora ogni giorno per mitigare gli effetti del cambiamento climatico, per contrastare fenomeni come la desertificazione, l’erosione dei suoli e il disboscamento, proponendo pratiche agroecologiche di produzione e buone pratiche agricole per assicurare il diritto al cibo, sano e giusto e sostenibile per i contadini e per l’ambiente.

Essere amici dell’ambiente, oggi più che mai, è essere amici di se stessi. Il nostro futuro dipende da quello che facciamo oggi e che faremo domani.

Madre Teresa, nella sua saggezza diceva: “Sappiamo bene che ciò che facciamo non è che una goccia nell’oceano. Ma se questa goccia non ci fosse, all’oceano mancherebbe.” È il momento di assumerci le nostre responsabilità, di essere gocce coscienti, per formare un nuovo oceano e lottare perché i diritti della Terra siano i nostri.

Mani Tese è presente in Mozambico con i progetti  “Quelimane agricola: produce, cresce e consuma sostenibile” e il “Progetto Foreste: contrasto ai cambiamenti climatici”, entrambi cofinanziati dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo.

L’8 MARZO IN BENIN LE DONNE MARCIANO PER CELEBRARE LA LORO NUOVA INDIPENDENZA

Il corteo organizzato dall’Unione delle cooperative di donne trasformatrici di manioca di Tampègré destinatarie dell’intervento di Mani Tese.

Negli ultimi dieci anni Mani Tese in Benin ha sostenuto le associazioni e i gruppi di donne dell’Atacora promuovendo, in particolare, le attività di produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli locali, fra cui soprattutto la manioca. Queste attività hanno permesso alle donne di sviluppare in autonomia un attività economica che genera reddito e riconoscimento sociale nelle comunità di appartenenza.

Secondo Achille Tepa, Responsabile Paese di Mani Tese in Benin, tutto questo ha permesso dei passi in avanti concreti per quanto riguarda le condizioni materiali di vita delle donne dell’Atacora. “Oggi l’importanza delle donne all’interno delle proprie comunità rurali è una realtà concreta – sostiene Achille – a cui tutti possono assistere giorno per giorno. Nessuno può più contestare che le donne apportino un contributo significativo e spesso determinante alla vita delle proprie famiglie e, di riflesso, dei propri villaggi”.

Per questo motivo, in occasione della Giornata Internazionale della Donna, l’Unione delle cooperative di donne trasformatrici di manioca di Tampègré destinatarie dell’intervento di Mani Tese, ha deciso spontaneamente di celebrare l’importanza che la manioca ha avuto nel migliorare le loro vite organizzando un corteo che attraverserà il villaggio e sarà seguito da una piccola cerimonia.  Come spiega Yoroto Yoro, Presidente dell’Unione: “Vorremmo celebrare la manioca, spiegare come il progetto è iniziato e i risultati che ha prodotto nelle nostre vite e ringraziare i nostri partner, con l’appoggio dei quali abbiamo potuto realizzare questo percorso”.

Alla giornata saranno invitati Achille Tepa di Mani Tese e i suoi collaboratori, il sindaco del comune di Toucountouna alla cui giurisdizione appartiene Tampegré, le responsabili di altri gruppi di donne, il delegato di Tampègré, i saggi del villaggio e altre personalità politiche.

Achille si è detto commosso da quest’iniziativa spontanea delle donne. “Non ho mai assistito a un’iniziativa del genere da quando collaboro con i gruppi di donne. Sono molto fiero di questa idea, che mi ha permesso di constatare l’importanza del lavoro che abbiamo svolto insieme alle donne. Mi auguro che l’evento sia d’esempio per altre donne”.

Nonostante i grandi passi avanti delle donne verso l’autonomia, Achille si dice tuttavia preoccupato delle lacune che ancora permangono sul piano dell’educazione e sui diritti: “Piuttosto che essere celebrate per il proprio ruolo e per i propri successi, le donne del Benin sono mantenute nell’ignoranza dei propri diritti fondamentali e dei propri doveri di cittadine, rimanendo così vulnerabili e manipolabili contro il loro stesso interesse, soprattutto sul piano socio-politico”.

È proprio per contribuire al rafforzamento della marcia irreversibile delle donne verso l’autonomia, per combattere la violenza e le discriminazioni di genere e per promuovere i diritti inalienabili delle donne in Benin che Mani Tese si è impegnata nel progetto “Scuola, diritti e agroecologia per le bambine e le donne del Benin” nell’ambito del quale l’8 marzo verrà lanciato ufficialmente un manuale di educazione civica sui diritti delle donne, destinato alle unioni cooperative femminili sostenute da Mani Tese, e realizzato nell’ambito del progetto.

La Giornata Internazionale della Donna non sarà quindi solo un’occasione per festeggiare i successi raggiunti, ma anche per fare un passo in più. Il manuale servirà di supporto alle attività di sensibilizzazione che si terranno in seno ai gruppi e alle unioni cooperative di donne sul tema dei diritti e dei doveri civici delle donne.

Oltre a elencare i principali diritti delle donne, il manuale spiega la storia e il significato della Giornata Internazionale della Donna, introduce l’approccio di genere, elenca i doveri delle cittadine e sottolinea il loro ruolo nello sviluppo locale. Contiene anche alcuni consigli pratici per gli uomini che desiderino contribuire in maniera attività all’uguaglianza di genere. Infine, il manuale introduce la legge del Benin N°2011-26 del 9 gennaio 2012 per la repressione della violenza contro le donne e le bambine.

Il messaggio di speranza, riportato nella conclusione, è che le donne delle unioni cooperative, alle quali il manuale e i corsi di educazione civica sono destinati, possano contribuire alla costruzione di un nuovo  modello di riferimento per le donne delle zone rurali del Benin.

Nelle foto, alcuni momenti dell’organizzazione della giornata dell’8 marzo

8 marzo benin mani tese 2019

 

achille benin mani tese 2019

15 marzo: cambiare il sistema per cambiare il clima!

Mani Tese aderisce allo Sciopero Mondiale per il Futuro del 15 marzo 2019

Anche Mani Tese aderisce allo Sciopero Mondiale per il Futuro del 15 marzo 2019 e invita i suoi volontari e simpatizzanti a scendere in piazza in tutte le città d’Italia, partecipando alle decine di iniziative che si stanno organizzando dal basso.

’Cambiare il sistema per cambiare il Clima’ è diventato negli anni per Mani Tese una declinazione fondamentale del proprio Impegno di Giustizia – dichiara Sara de Simone, Presidente di Mani Tese – Greta Thunberg e gli studenti di tutto il mondo ne fanno oggi il loro manifesto generazionale e noi non possiamo che schierarci, orgogliosi, al loro fianco e sostenerli con ogni mezzo”.

Mani Tese è impegnata da tempo nella promozione della giustizia climatica occupandosi da sempre del tema dell’impatto delle attività umane sul pianeta, sia in termini di equità che in termini di sostenibilità.

In Kenya, ad esempio, Mani Tese sta lavorando per la tutela del bacino del fiume Molo, una zona strategica per la sicurezza alimentare del Paese sempre meno resiliente a causa dello sfruttamento intensivo delle risorse forestali.

In Mozambico sta promuovendo un progetto di riforestazione che consenta di mitigare gli effetti del riscaldamento globale.

In Ecuador ci siamo attivati contro lo sfruttamento petrolifero nel Parco Nazionale dello Yasuní, nel cuore della foresta pluviale, uno dei punti del pianeta a più alto indice di biodiversità, realizzando un film documentario e una campagna di denuncia.

A Taranto dal 2017 seguiamo e supportiamo le mobilitazioni delle associazioni e dei comitati locali che chiedono la chiusura e la riconversione di un acciaieria che è tra le più inquinanti in Europa e nel 2018 abbiamo realizzato una Summer School sulla giustizia ambientale.

L’appuntamento per gli amici e le amiche di Milano per il 15 marzo 2019 è alle 17.40 davanti alla fontana di Piazza Castello. Chi è interessato può scrivere a milano@manitese.it oppure chiamare al numero 346 0122334.

IL CENTRO PER LE DONNE VITTIME DI VIOLENZA IN GUINEA-BISSAU: INTERVISTA AD AMIC

Intervista a Fernando Cá del centro di accoglienza per vittime di violenza e matrimoni forzati/precoci di cui Mani Tese sosterrà la riapertura.

La nostra intervista a Fernando Cá, amministratore del centro di accoglienza in Guinea-Bissau per vittime di violenza e matrimoni forzati/precoci di AMIC – Amigos da Criança, di cui Mani Tese sosterrà la riapertura, che avverrà nel mese di marzo in occasione della Giornata Internazionale della Donna, nell’ambito del progetto “Libere dalla violenza – emancipazione e diritti per ragazze e donne in Guinea Bissau”, cofinanziato dall’Unione Europea.

Com’è nato il centro di accoglienza?

Fernando Cá: “Nel 2012 AMIC ha aperto un centro di accoglienza per vittime di matrimonio forzato e precoce, perché all’epoca non esisteva un riferimento per le vittime di violenza di genere. Prima io e i miei colleghi, infatti, ospitavamo queste donne nelle nostre case, dove rimanevano per qualche tempo mentre tentavamo di trovare un modo per reintegrarle.
La casa in realtà era in costruzione dal 2009, con il sostegno dell’ambasciata americana. Nel 2012 ha iniziato a operare con un partenariato con la Chiesa Evangelica che già ospitava ragazze in una struttura affittata a Bissau. Di queste, alcune sono poi state trasferite qui da noi nel centro. Da quel momento abbiamo iniziato a lavorare insieme per la difesa e la promozione dei diritti delle bambine e ragazze.

I nostri strumenti in termini di supporto legale si basano sulle leggi nazionali e sulle convenzioni degli accordi di protezione internazionale firmati dal nostro Paese”.

Perché il centro ha dovuto chiudere?

“C’è stato un tempo, nel 2017, in cui il centro ha ospitato circa 80 vittime di tentativo di matrimonio forzato e precoce. Il funzionamento, a causa della mancanza di fondi, era diventato insostenibile.
Abbiamo dovuto cambiare la nostra filosofia e trasferire le ragazze in un altro centro. Ora stiamo riaprendo il nostro”.

Avete accolto anche donne vittime di violenza domestica?

“Esattamente. A volte queste donne arrivavano da noi con i bambini sulle spalle…Noi le abbiamo accolte perché questo è un centro per tutte le vittime, anche se la maggior parte erano ragazze. Abbiamo accolto donne di tutte l’età e abbiamo sempre cercato di risolvere il problema e, ove questo era possibile, di riportarle in famiglia”.

Quali sono le prospettive che AMIC desidera per il centro?

“Siamo partiti in una situazione molto difficile, ma ora con l’infrastruttura già completa, penso che continueremo a lavorare e ad associarci con altri partner anche perché è un lavoro di portata nazionale. Per una singola realtà è difficile sostenere tutte le spese, quindi vorrei fare un appello a chiunque voglia sostenere il centro e aiutarci a ridurre al minimo la sofferenza delle vittime perché sappiamo che quando non ricevono il sostegno adeguato queste donne si sentono ‘rivittimizzate’.

La nostra struttura può garantire loro rifugio, assistenza psicologica, sociale e legale in collaborazione con la polizia e il tribunale fino ad arrivare ad accertare la responsabilità dell’autore del crimine”.