MANI TESE COMPIE 60 ANNI!
Un anno di iniziative per celebrare lo storico impegno della ONG che dal 1964 si batte per la giustizia nel mondo. Primo appuntamento: un festival dell’agroecologia in Burkina Faso dal 23 al 25 febbraio.
Un anno di iniziative per celebrare lo storico impegno della ONG che dal 1964 si batte per la giustizia nel mondo. Primo appuntamento: un festival dell’agroecologia in Burkina Faso dal 23 al 25 febbraio.
Le nostre raccomandazioni per contrastare la violenza di genere in Guinea-Bissau
Nell’ambito del progetto “Abbiamo diritto a una vita senza violenza”, Mani Tese ha avviato in Guinea-Bissau un’attività di advocacy a favore dei diritti delle donne vittime di violenza. L’intervento mira a garantire, promuovere e tutelare i diritti delle donne e delle ragazze nel Paese.
Obiettivo dell’iniziativa, in particolare, è quello di combattere e prevenire la violenza di genere nelle regioni di Quínara, Tombali, Bafatá, Gabu, Cacheu, Oio e SAB, migliorando il sistema di protezione delle vittime e favorendone il reinserimento socioeconomico.
Una delle attività principali promosse da Mani Tese ha riguardato la creazione di un tavolo di dialogo tra le organizzazioni della società civile e le istituzioni coinvolte nella tutela delle vittime della violenza di genere in Guinea-Bissau, con l’obiettivo di generare cambiamenti sostenibili nella lotta alla violenza di genere e a favore dell’uguaglianza tra uomini e donne.
Sono stati realizzati quattro incontri di discussione, svolti tra settembre e novembre 2023, a conclusione dei quali è stato prodotto un documento contenente varie raccomandazioni, volte in particolare a un’applicazione più effettiva della Legge sulla violenza domestica (Legge 4/2016), da presentare nei prossimi mesi alle autorità locali.
Per il contesto politico, sociale e culturale della Guinea-Bissau, la legge sulla violenza domestica, approvata nel 2016, si presenta come uno strumento originale e innovativo, ma la sua applicazione rimane a oggi carente o mancante e condiziona fortemente l’efficacia delle misure legiferate dal governo.
I limiti riscontrati per una concreta applicazione della legge riguardano, in particolare, barriere culturali, legali e geografiche in quanto la violenza di genere in Guinea-Bissau è una realtà radicata negli usi e nelle tradizioni dei gruppi sociali che popolano il Paese, che condividono la cosiddetta cultura Matchundadi (cultura patriarcale).
La violenza di genere viene quindi per lo più normalizzata, tanto che uno degli aspetti più critici riscontrati nella valutazione del contesto locale riguarda l’atteggiamento delle figure professionali che dovrebbero tutelare le vittime di violenza, come operatori della polizia e medici, e che, invece di salvaguardare, chiedono denaro per i servizi di protezione offerti.
Il documento di raccomandazioni si concentra, tra gli altri, proprio su questo aspetto, chiedendo alle autorità locali di investire sulla formazione di queste figure
professionali e di vigilare sulla concreta attuazione del corretto comportamento da parte loro di fronte alle vittime di violenza.
Dal punto di vista delle barriere legali invece, durante gli incontri è emersa la fragilità del sistema giudiziario della Guinea-Bissau, che non garantisce una riuscita applicazione della legge 6/2014, dal momento che gli avvocati hanno sede principalmente nella capitale, ci sono tribunali solo in 5 regioni (Bafatá, Gabu, Buba, Cacheu e Mansoa) e i giudici sono prevalentemente uomini (solo il 26,7% dei giudici sono donne e solo il 5,8% lavora fuori Bissau).
Infine, dal punto di vista geografico, il numero limitato di tribunali e l’accesso ai centri di giustizia, concentrati solo nelle città principali o nelle aree centrali e urbane, disincentivano i cittadini e le cittadine che vivono più lontani dal recarsi negli istituti, tenendo conto che la lentezza e il cattivo funzionamento sono già fattori scoraggianti che portano a pensare che non ne valga la pena.
Oltre al fattore distanza, il cattivo stato delle strade e la mancanza di trasporti, sia nelle zone terrestri che in quelle insulari, costituiscono un problema geografico nell’accesso alla giustizia.
Nonostante queste barriere, l’approvazione della Legge contro la violenza domestica mostra la volontà del Paese di riconoscere l’urgenza di combattere il fenomeno attraverso la prevenzione, la protezione e la creazione di condizioni per l’uguaglianza di genere.
Gli incontri organizzati da Mani Tese hanno condotto a preziose raccomandazioni, che riguardano soprattutto l’appropriazione e l’applicazione degli strumenti avviati. In particolare, viene invitato lo Stato a pubblicizzare il contenuto della Legge 6/2014 e a creare meccanismi per controllarne l’effettiva applicazione.
È inoltre importante che venga data una definizione più ampia di violenza, che tenga conto anche del contesto non domestico, che la vittima sia trattata in tutte le fasi dell’assistenza nel massimo rispetto della sua persona e che ci sia un intervento proattivo da parte del settore della giustizia e dei centri sanitari come centri di primo soccorso per le vittime di violenza.
Gli operatori dei settori della sicurezza, della giustizia e della sanità devono sviluppare un approccio psicosociale più sensibile nel trattamento delle vittime della violenza di genere.
Lo Stato è invitato a intervenire nella prevenzione, a sensibilizzare e rassicurare le vittime affinché denuncino e sensibilizzino l’opinione pubblica ad abbandonare le pratiche violente e a denuciare anche in forma anonima qualsiasi violenza domestica
di cui è a conoscenza, in base all’articolo tre, in cui la violenza domestica è definita come reato pubblico.
A questo proposito è emersa la necessità di fare chiarezza tra l’art.3 (la violenza domestica è reato pubblico, pertanto chiunque sia a conoscenza di un caso di violenza domestica è invitato a sporgere denuncia) e l’art. 7 (principio di autonomia della vittima, per cui se la vittima non desidera sporgere denuncia o non desidera proseguire il processo, la sua decisione deve essere rispettata). È importante, infatti, che lo Stato riconosca che il ritiro spesso deriva dall’ignoranza dei diritti o dalla pressione sociale subita dalla vittima e dalla sua famiglia e che di conseguenza, in caso di recesso, è necessario proseguire l’iter per accertarne le ragioni.
Attraverso il documento di raccomandazione si chiede, infine, una più concreta ed effettiva azione contro gli autori di violenza e il sostegno ad azioni volte a proteggere le vittime in tutto il Paese, creando centri di accoglienza e risolvendo ostacoli burocratici e geografici per rendere giustizia alle tante donne che nel Paese subiscono e hanno subito violenza.
Un importante momento di scambio fra i produttori locali per rafforzare la produzione locale agroecologica del Paese.
Il progetto “Mettiamo le ali allo sviluppo”, cofinanziato dall’Unione Europea e gestito da Mani Tese, con il supporto di IMVF, ASAS de Socorro e Universitá di Torino, è giunto al termine.
Il recente programma Ianda Guiné! Galinhas, in particolare, ha previsto 8 azioni in 8 differenti settori della Guinea-Bissau. Tra questi, oltre la salute pubblica, le strade e la coltura del riso, c’è anche il settore avicolo, centro del progetto, i cui risultati finali sono stati presentati alla Delegazione Europea nei giorni scorsi.
Il 24 gennaio la sala riunioni della delegazione dell’Unione europea a Bissau ha accolto ONG nazionali e internazionali, i direttori delle due imprese destinatarie del progetto, i rappresentanti della Direzione Generale dell’Allevamento della Guinea-Bissau e la presidente dell’Unione dei Produttori della Filiera Avicola in Guinea-Bissau. Obiettivo dell’incontro non era solo quello di partecipare alla chiusura ufficiale del progetto ma anche di iniziare a pensare insieme al futuro.
Nonostante la concorrenza dei prodotti importati, infatti, la vendita di uova prodotte sul territorio nazionale, e secondariamente di polli e galline, si è rivelata strategica e molto efficace nel fornire alla popolazione una dieta più completa e nel migliorare l’economia domestica.
In generale, il rendimento delle famiglie destinatarie del progetto è aumentato del 190% circa tra il 2019 e il 2023: un ottimo dato. Dei nostri beneficiari (107 in totale), a oggi, 67 sono ancora attivi nel settore. Nonostante la decisione di alcuni avicoltori di abbandonare l’attività di allevamento polli e di galline ovaiole, non si è comunque registrata una diminuzione del rendimento medio annuale delle famiglie, le quali hanno dimostrato di aver aumentato sia la loro produzione, che il loro reddito.
Questi risultati sono stati possibili grazie anche a un incremento del consumo pro-capite di prodotti locali, generato dalla sensibilizzazione e dal passaparola degli stessi produttori locali che, spargendo la voce, sono riusciti a raggiungere moltissime persone.
Ora si aprono nuove sfide, come quella di ampliare ancora la rete dei produttori e di mantenere vive le realtà avviate rendendo inoltre il settore indipendente da altre fonti di reddito.
È poi necessario che i prodotti locali siano promossi e riconosciuti a livello locale. Questo impegno, portato avanti dall’Unione dei Produttori della Filiera Avicola, dovrà essere abbracciato anche e soprattutto dalle Istituzioni, che dovranno proteggere i prodotti locali da quelli importanti, educando i cittadini e le cittadine al consumo locale, salvaguardandone la salute.
Anche se il programma Ianda Guiné! è ormai agli sgoccioli, crediamo che questa non sarà comunque l’ultima volta in cui Mani Tese verrà coinvolta sullo sviluppo futuro della filiera avicola in Guinea-Bissau, un settore che negli ultimi anni ha davvero dato i suoi frutti, affrontando a testa alta tutte le difficoltà dettate dalle circostanze geopolitiche sia interne che esterne al Paese e migliorando la condizione di tante famiglie.
La Giornata Internazionale dell’Educazione quest’anno è incentrata sull’importanza della scuola come luogo e istituzione determinante nel processo del contrasto all’incitamento all’odio in tutte le sue forme e conseguenze.
La Giornata Internazionale dell’Educazione (24 gennaio 2023) quest’anno è incentrata sull’importanza della scuola come luogo e istituzione determinante nel processo del contrasto all’incitamento all’odio in tutte le sue forme e conseguenze, online e offline, e dell’insegnante come figura fondamentale nel dibattito sulla diversità e sui diritti umani e sulla differenza tra incitamento all’odio e libertà di espressione.
Per Mani Tese l’educazione inclusiva è da sempre un asset estremamente importante. L’ impegno di Mani Tese si concretizza infatti nel raggiungimento dell’SDG 4 – Fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti – e in particolare del target 4.7, attraverso la realizzazione di progetti e campagne di sensibilizzazione.
Mani Tese interviene, in particolare, nell’ambito dei progetti di Educazione alla Cittadinanza Globale, intesa come approccio in grado di agire in maniera olistica sull’individuo ponendolo come motore di cambiamento.
È in quest’ambito che si inserisce il nostro nuovo progetto EUREKA! Le idee delle ragazze e i ragazzi trasformano la scuola. Attraverso il rafforzamento delle competenze di cittadinanza attiva, il progetto intende contrastare la dispersione scolastica dei ragazzi e delle ragazze favorendo la creatività, la consapevolezza di sé e lo sviluppo delle competenze di cittadinanza attiva.
Il progetto, in partenariato con Bipart e Spaziopensiero, sperimenta un percorso di partecipazione e cittadinanza attiva innovativo e replicabile rivolto a circa 2700 studenti e studentesse delle scuole secondarie di primo grado dei 9 Municipi della città di Milano, che non solo pone la scuola al centro ma interviene anche sulla famiglia e sulla comunità educante per generare un cambiamento.
Il progetto si articola in attività di formazione per gli insegnanti sui temi dell’Educazione alla Cittadinanza Globale e sulle metodologie non formali e in percorsi con i ragazzi e le ragazze, anche in orario extrascolastico, volti a rafforzare una dimensione di impegno civico necessaria per lo sviluppo di cittadini e cittadine consapevoli. Come tutti i progetti di Mani Tese che rientrano nel Programma educativo volto a contrastare le Povertà Educative, Eureka prevede inoltre incontri con le famiglie, in collaborazione con la scuola, per favorire un confronto sulle competenze genitoriali e dinamizzare il concetto di Patto Educativo tra scuola, territorio e famiglia
Per Mani Tese infatti è fondamentale ripensare la scuola come motore trainante di una società in crescita, assicurare un impegno di risorse per garantire un progressivo ampliamento del tempo scuola su tutto il territorio nazionale, colmando i divari oggi presenti, e soprattutto sostenere una scuola che favorisca la partecipazione attiva di studenti e studentesse alla vita scolastica, e che favorisca il benessere scolastico e la motivazione allo studio a garanzia del diritto all’istruzione di qualità per tutti.
Per questo è necessario introdurre misure economiche e strategie organizzative e didattiche volte a contenere l’esplosione delle disuguaglianze, investire sulla formazione permanente dei docenti e sui sistemi di reclutamento, promuovere scuole aperte a comunità e territorio, ripensare gli spazi di apprendimento affinché siano più inclusivi oltre che più sicuri e sostenibili, dinamizzare i processi di dialogo e interazione tra i soggetti attivi delle Comunità educanti.
Un importante momento di scambio fra i produttori locali per rafforzare la produzione locale agroecologica del Paese.
In Guinea-Bissau a dicembre si è tenuta la tanto attesa fiera avicola e agroecologica. Si tratta di un importante momento di condivisione fra i produttori locali, organizzato da Mani Tese nell’ambito del progetto “Mettiamo le ali allo sviluppo” cofinanziato dall’Unione Europea.
Tanti produttori sono arrivati da ogni angolo del Paese. Alcuni si conoscono tra di loro perché si sono incontrati in altre occasioni, durante questi 5 anni di progetto, ma altri non si sono mai visti, proprio a causa della difficoltà che la Guinea-Bissau affronta ogni giorno in termini di infrastrutture e trasporti.
Durante la fiera, i produttori hanno espresso le loro preoccupazioni: la dissoluzione del governo e del parlamento non ha aiutato la già difficile situazione economica. Per fortuna l’evento non è solo un luogo di commercio ma anche un prezioso momento di scambio di esperienze tra vari produttori che scoprono di avere tante cose da condividere per aiutarsi nel mandare avanti i loro pollai o per migliorare il rendimento dei loro orti.
La fiera, organizzata in partnership con i colleghi di Asas de Socorro, Essor, OGD, AVSF e molte altre associazioni locali come, per esempio, la neonata KABAS DE VIDA (associazione di donne contadine di Bissau), rappresenta un punto di partenza per creare un punto vendita stabile per i produttori di uova, polli, verdure, legumi e cereali, e ai conseguenti prodotti trasformati, come succhi di frutta e marmellate.
L’affermarsi di un mercato locale deve concretizzarsi, come dicevamo, in un punto vendita stabile, dove i consumatori riconoscano l’importanza del preferire i prodotti locali da quelli importanti. Questo succederá grazie alle diverse azioni di advocacy, tra le quali, quella di UPCA, l’Unione dei Produttori della Filiera Avicola in Guinea-Bissau, che in questi anni Mani Tese ha contribuito a supportare favorendone lo sviluppo. Si tratta, questo, di un percorso non facile ma necessario per intessere un dialogo con le istituzioni per il miglioramento delle condizioni di vita degli avicoltori e degli orticoltori del Paese. UPCA nello spazio della fiera ha avuto la possibilità di realizzare la sua assemblea annuale. Il morale non è altissimo, complice la prossima fine del nostro progetto, ma l’associazione in questi anni è cresciuta molto e ci auspichiamo che la suddivisione in varie equipe territoriali le permetta di espandersi in ogni angolo del Paese.
Fare squadra fra produttori e istituzioni è di vitale importanza anche per affrontare la concorrenza dei prodotti importati. I polli congelati che arrivano dal Brasile continuano a essere i preferiti dei guineani, a causa del prezzo stracciato al quale vengono venduti, nonostante il lungo viaggio che affrontano. Questo però non è certo sinonimo di agroecologia, tema molto caro a Mani Tese.
In Guinea-Bissau ci sono già tanti esempi di agroecologia, come tutto ciò che è legato alla coltura del riso, ma bisogna arrivare a diffondere le buone pratiche dell’agroecologia in ogni settore della vita guineense, a partire dall’eliminazione totale dei pesticidi chimici, per preferire l’ampia varietà dei biopesticidi e biofertilizzanti, altro argomento di cui si è parlato molto durante la fiera.
I progetti a bando che si realizzeranno presso le sedi di Mani Tese.
È stato pubblicato il bando per operatori e operatrici del Servizio Civile Universale.
Se hai fra i 18 e i 28 anni, hai tempo fino alle ore 14:00 del 15 febbraio 2024 per presentare la tua candidatura.
Ecco i progetti per fare servizio civile con Mani Tese:
IL CLIMA STA CAMBIANDO, E NOI?
Progetto attivo a GORGONZOLA (Milano) – FINALE EMILIA (Modena) – PERAGA DI VIGONZA (Padova) – TREVISO (Treviso) – FAENZA (Ravenna) – SCANDICCI (Firenze) – VERBANIA (Verbania – Cusio – Ossola) – VALDILANA (Biella)
leggi il progetto qui e la sintesi del progetto qui
LA GIUSTIZIA CREA IL FUTURO
Progetto attivo a MILANO (Milano)
leggi il progetto qui e la sintesi del progetto qui
Per ulteriori informazioni vai alla pagina dedicata al servizio civile
In Mozambico una comunità di pescatori affronta la scarsa produzione del suolo e le condizioni climatiche avverse, che rendono insufficiente l’agricoltura per raggiungere il sostentamento delle famiglie, attraverso la piscicoltura praticata in modo sostenibile.
L’implementazione della piscicoltura nella comunità di Inhangome, in Mozambico, ha segnato un notevole successo nell’ambito del progetto “KATAGYA (SPERIMENTA!) – Donne al centro, per la diversificazione alimentare e la salvaguardia ambientale della città di Quelimane”, promosso da Mani Tese insieme a Fondazione E-35, Municipio Di Quelimane e Associazione Mani Tese Faenza ed è cofinanziato dalla Regione Emilia Romagna.
Nella regione della Zambesia, infatti, persistono sfide come la scarsa produzione del suolo e le condizioni climatiche avverse. La comunità di Inhangome soffre di queste difficoltà e deve fare i conti con un’agricoltura insufficiente per garantire il sostentamento delle famiglie.
Uno dei problemi principali è la deforestazione delle mangrovie nei dintorni del villaggio, un’azione compiuta dagli stessi abitanti per ottenere il carbone necessario per la cucina e il riscaldamento. La deforestazione riduce anche le possibilità di pesca, un’attività tradizionale in questa comunità di pescatori.
Oltre al ripristino delle mangrovie, Mani Tese ha puntato, fra le altre cose, anche sullo sviluppo di allevamento di tilapia come pratica alternativa sostenibile per garantire la sicurezza alimentare della comunità.
Il sistema di pesca adottato è sostenibile in quanto la rete utilizzata e la tecnica di cattura consentono di selezionare solo i pesci più grandi, lasciando i pesci più piccoli nelle vasche.
Le razioni per i pesci sono state inoltre prodotte con scarti di alimenti locali (patata dolce, resti di mais e banana). Si tratta poi di un’attività facilmente replicabile a livello familiare.
L’inziativa ha raggiunto inoltre l’obiettivo di aumentare le capacità e la partecipazione delle donne e di promuovere l’attivismo giovanile contribuendo a migliorare le competenze delle donne locali e stimolando l’interesse e la partecipazione attiva dei giovani nella comunità.
In totale sono state costruite tre vasche piscicole, due in un primo momento e la terza successivamente. La costruzione è stata affidata ai membri della comunità di Inhangome, attraverso la creazione di un gruppo di lavoro composto da giovani (15 donne e 11 uomini). Questo gruppo è stato prima formato per acquisire competenze relative alla costruzione delle vasche, alle tecniche di pesca e alla produzione delle razioni alimentari.
Mani Tese ha fornito gli avannotti iniziali, 1000 per vasca, che sono stati acquistati e trasportati a Inhangome dopo la costruzione delle vasche.
Dopo 4 mesi dal popolamento delle vasche con avannotti, l’equipe di Mani Tese ha supportato il gruppo per la pesca e la commercializzazione. Una parte del pesce pescato (1,5 kg per persona) è stato distribuito ai beneficiari, mentre il resto è stato destinato alla vendita diretta a commercianti all’ingrosso che si sono recati nella comunità.
Quali prospettive di sostenibilità presenta la piscicoltura nella comunità di Inhangome?
Nonostante l’iniziale scetticismo tra i membri della comunità nei confronti del progetto, il completamento delle prime due vasche e il successo delle vendite hanno stimolato la fiducia e l’entusiasmo nella popolazione, rivelando i benefici e il potenziale di questa pratica. Le persone della comunità, dopo essere state formate, sono ora in grado di gestire autonomamente l’allevamento di tilapia e di formare gli altri membri della comunità per espandere l´attività.
La comunità di Inhangome cerca così di trasformare il suo destino socio-economico, puntando a una crescita sostenibile e a una maggiore resilienza alle sfide ambientali e agricole.
Il report di Mani Tese realizzato nell’ambito del progetto “Food Wave” evidenzia gli impatti ambientali della filiera nel Paese, le cui importazioni in Europa sono aumentate del 111 per cento in dieci anni.
“Tutti dicono che gli anacardi sono il nostro petrolio, io credo siano il nostro inferno”. A detta dell’ex capo dell’agenzia forestale della Guinea-Bissau, Costantino Correia, la coltivazione dell’anacardio sta portando il Paese verso l’autodistruzione. In Guinea-Bissau, dove l’85% della popolazione vive di agricoltura, disboscare da sempre è sinonimo di sopravvivenza. Perciò, ogni anno decine di ettari di vegetazione vengono dati alle fiamme per lasciare spazio alle coltivazioni di riso. Nello specifico, si tratta di coltivazioni itineranti: si sfrutta il suolo per qualche anno, dopodiché ci si sposta, per dare alla terra il tempo di rigenerarsi. Da quando però al riso è stato affiancato il caju, l’albero di anacardio, il cambiamento è diventato irreversibile. Oggi l’anacardo è diventato molto popolare, tanto da far parlare di boom della domanda di anacardi nei Paesi europei. Secondo Eurostat, in Europa in dieci anni le importazioni sono aumentate del 111 per cento e le previsioni parlano di una crescita stabile, con l’Italia quarta tra i consumatori.Altrettanto rapidamente, sono cresciuti anche gli ettari coltivati ad anacardio su scala globale, passati da poco più di un milione nel 1988 ai 7,1 milioni del 2020. Attualmente, circa la metà della produzione si concentra in Africa, in particolare in Africa Occidentale, dove genera impatti ambientali significativi. Innanzitutto perché, al pari delle monocolture di cacao e caffè, l’espansione incontrollata delle piantagioni di anacardio sta contribuendo al disboscamento nei Paesi di origine della materia prima. In secondo luogo, poiché l’87,5 per cento della lavorazione avviene all’estero, il trasporto concorre in maniera significativa alle emissioni globali. Per l’Unione Europea al momento, però, l’impatto ambientale degli anacardi non sembra essere un problema e anche i consumatori sembrano ignorare le conseguenze delle proprie scelte alimentari. La Guinea-Bissau, più di altri stati, si presenta come un caso studio particolarmente interessante per l’analisi della filiera di produzione dell’anacardo e delle sue conseguenze sull’ambiente. Perciò, Mani Tese e lavialibera, nell’ambito del progetto “Food Wave” cofinanziato dalla Commissione Europea e coordinato dal Comune di Milano, hanno condotto una ricerca sul campo in Guinea-Bissau, con l’obiettivo di avere un quadro completo della filiera, nonché delle sue ricadute ambientali e sociali. La Guinea-Bissau, infatti, è tra i primi dieci produttori al mondo di anacardi e, nel continente africano, per qualche tempo è stata seconda soltanto alla Costa d’Avorio che, però, è otto volte più grande. Oggi, il caju rappresenta il 90 per cento delle esportazioni del Paese, dà da vivere al 70 per cento della sua popolazione e copre la quota più alta di superficie coltivata, superando il riso: l’alimento base. I governi guineensi hanno iniziato a puntare sul caju come prodotto di esportazione quando gli anacardi hanno cominciato ad avere un valore economico. Presto si è passati da un’agricoltura di sussistenza a un’agricoltura di scambio in cui tutto il prodotto, o quasi, viene venduto in cambio del riso necessario a soddisfare il fabbisogno interno in crescita. Così, piantare il caju è diventato il piano di tutti i contadini che speravano in guadagni facili. Eppure, la maggior parte di loro esporta il caju come materia prima, la cui vendita produce un valore, a livello locale, di oltre il 4000 per cento più basso rispetto al prezzo che ha l’anacardo nella vendita al dettaglio sul mercato europeo. Secondo Giovanni Sartor, responsabile di Mani Tese per l’Africa occidentale, per tutelare le foreste e la biodiversità in Guinea-Bissau, è necessario lavorare per la transizione agroecologica adottando un approccio ecosistemico attraverso il quale valorizzare la biodiversità. Dalle interviste con i ricercatori sono emerse la necessità di fissare limiti chiari all’estensione delle piantagioni di anacardi, nonché l’implementazione migliorata delle aree protette per limitare l’impatto ambientale entro un perimetro di sostenibilità. Per la ricercatrice specializzata in biodiversità tropicale, Filipa Monteiro, uno sviluppo auspicabile potrebbe prevedere la pianificazione di una filiera etica degli anacardi in cui tutti gli attori, governo e agricoltori, siano coinvolti con l’obiettivo di aumentare il valore della materia prima, assicurando che non sia frutto di disboscamento e sfruttamento, e contribuire, da un lato, alle necessità di sussistenza e, dall’altro, al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione.
Dossier Mani Tese in collaborazione con La Via Libera