UN CORSO DI WEB JOURNALISM PER I GIOVANI DELLA GUINEA-BISSAU

Il corso è stato molto utile non solo per imparare tecniche di web journalism, ma anche per ottenere informazioni su temi delicati quali quello delle migrazioni.

Dal 20 al 25 novembre, nell’ambito del progetto “Ripartire dai giovani: pro-motori dello sviluppo locale e della migrazione consapevole” cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo si è tenuto nel centro multifunzionale di Gabu (Guinea-Bissau) un corso di web journalism in collaborazione con il partner locale PONGAB (Plataforma das ONGs e associações de base da Região de Gabú).

A molti potrebbe sembrare bizzarro il fatto di implementare un corso di web journalism in un Paese come la Guinea-Bissau e, in particolar modo, in una città rurale come Gabu. Infatti l’informazione giornalistica via web viene vista da moltissime persone come una peculiarità dei Paesi sviluppati che possono godere di un collegamento alla rete molto più veloce ed efficace.

Tuttavia, bisogna considerare che il web e i social media sono oggi molto usati anche dai giovani del continente africano, visto che ormai i prezzi degli smartphone e dei pacchetti internet sono talmente competitivi da poterne permettere l’acquisto anche ai membri delle classi popolari africane. E questo vale anche per i giovani della Guinea-Bissau, i quali sono molto attivi su social media come Facebook e Instagram.

Da ciò si può dedurre che formare dei giovani interessati al giornalismo sulla comunicazione via web può essere molto utile sia per fornire ad essi nuove conoscenze e competenze, sia per informare su varie sfide che riguardano la Guinea-Bissau come, ad esempio, la migrazione.

Inoltre, l’utilità di avere dei giovani ben formati sul web journalism è anche quella di evitare che la gioventù guineense caschi nell’inganno delle ormai famose “fake news” che anche in Guinea-Bissau distorcono la realtà, ad esempio per quanto concerne “l’eldorado” Europa e le opportunità che concede, rappresentazione che spinge molti giovani a tentare un viaggio molto rischioso per un sogno che, molto spesso, è lontano dalla realtà.

Tornando al corso, la durata è stata di 6 giorni e hanno partecipato 12 studenti, provenienti da differenti associazioni giovanili di Gabu e provincia, con esperienza pregressa nell’ambito della comunicazione. Il corso è stato tenuto da un giornalista della televisione nazionale che ha garantito un’alta qualità dell’insegnamento.

Il corso ha avuto una forte parte teorica in cui i partecipanti hanno potuto apprendere il ruolo del giornalista nel suo complesso e l’importanza del web journalism per affrontare tematiche complesse come la povertà e le migrazioni. Inoltre, gran parte del corso è stato focalizzato sull’importanza dei social media nella comunicazione giovanile e come renderla accattivante ma al contempo utile per questo target. Tuttavia, importante è stata anche la parte pratica del corso con esercitazioni su come fare video ed articoli che poi saranno postati sui social media.

Concludendo, si può affermare che il corso di web journalism è stato molto utile per dare una formazione basica ad aspiranti giovani giornalisti su un settore in forte espansione e con opportunità sia lavorative che di informazione per il cambiamento sociale ancora inesplorate. La messa in pratica di questi insegnamenti, però, non finisce qui, infatti continuerà con un fondo di 500 euro destinato all’implementazione di una campagna di divulgazione tramite i social network di argomenti come diseguaglianza di genere, migrazione e povertà di cui saranno protagonisti alcuni dei nostri studenti.

Di seguito alcune foto del corso:

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Incontrare la cooperazione – Guida on line per I giovani

È online la guida realizzata nell’ambito del percorso Padovamondo per favorire la partecipazione di ragazze e ragazzi alla vita delle associazioni del vasto mondo della cooperazione di Padova.

Incontrare la cooperazione – Guida on line per i giovani è un progetto sviluppato all’interno del Tavolo 7 Pace Diritti Umani e Cooperazione del CSV – Padova nell’anno di Padova Capitale del Volontariato, per promuovere percorsi di cittadinanza attiva per le nuove generazioni.

L’obiettivo è di valorizzare le possibilità di incontro tra le associazioni padovane che si occupano di cooperazione internazionale e gli studenti e le studentesse dell’Università di Padova ed in generale i giovani, attraverso lo svolgimento di stage e tirocini curriculari nel percorso formativo universitario, il volontariato e le esperienze di conoscenza all’estero.

Il progetto si inserisce nel percorso Padovamondo insieme all’iniziativa Raccontare la Cooperazione e il documentario Paesaggi di Cooperazione di Marco Zuin.

La guida è stata realizzata con il contributo dei giovani e delle associazioni padovane dell’Area Pace, Diritti Umani e Cooperazione Internazionale. Contiene i racconti delle esperienze dei ragazzi e delle ragazze che hanno svolto un periodo di stage o volontariato presso queste associazioni tra il 2018 e il 2020 e le schede descrittive delle opportunità di collaborazione per i giovani nel 2021.

La guida è stata presentata in occasione della cerimonia di premiazione del 27° Premio Volontariato internazionale, che si è svolta a Padova sabato 5 dicembre 2020, Giornata Mondiale del Volontariato.

Sfoglia qui la guida:

ZAMBEZIA: DOPO IL CICLONE IDAI, ORA SI AFFRONTANO LE CONSEGUENZE DELLA PANDEMIA

Intervista a Maria Vittoria Moretti, Responsabile del progetto di intervento che ha gestito l’emergenza in Mozambico dopo il Ciclone insieme al World Food Programme.

Nella notte tra il 14 e il 15 marzo del 2019, in Mozambico si è abbattuto il devastante ciclone Idai, con conseguenze tragiche in molte zone del Paese. Nel distretto di Chinde, che si trova sulla foce del fiume Zambezi, il ciclone è stato particolarmente violento e ha provocato forti piogge e numerosi allagamenti, distruggendo abitazioni, infrastrutture e coltivazioni.

Il distretto sta affrontando la delicata fase di ripresa post-emergenza, che ha visto l’avvio del programma, da poco concluso, del World Food Programme “EMERGENZA CIBO DOPO IL CICLONE IDAI” (Food Assistance for Assets – FFA), in cui Mani Tese ha partecipato come partner.

Obiettivo principale dell’intervento è stato quello di migliorare le condizioni di vita della popolazione colpita dal ciclone, fornendo alimenti di prima necessità e al tempo stesso rilanciando attività produttive come la costruzione di pozzi, latrine e strade di collegamento.

All’emergenza ambientale quest’anno si è però purtroppo sommata l’emergenza sanitaria con il diffondersi della Pandemia COVID-19.

Maria Vittoria Moretti è stata Responsabile Paese in Mozambico per Mani Tese e a capo del progetto EMERGENZA CIBO DOPO IL CICLONE IDAI realizzato in partnership con il World Food Programme, e ci ha spiegato cosa è stato fatto.

Maria Vittoria, quali sono state le conseguenze e i danni alla popolazione in Mozambico del ciclone IDAI?

“Non mi trovavo ancora presente sul territorio quando il ciclone IDAI ha colpito il Mozambico, ma, arrivando un paio di mesi dopo, ho potuto constatare con i miei occhi la devastazione che ha creato, ancora molto evidente. Le popolazioni colpite hanno perso tutto e, quando il “tutto” non ha incluso anche la vita, li ha lasciati senza abitazione, senza campi da coltivare, senza bestiame, senza energia, senza infrastrutture né collegamenti stradali e servizi di base e, nelle aree più colpite, senza neppure accesso all’acqua potabile. La situazione è poi degenerata con malattie e infezioni cha hanno causato altre perdite umane e la mobilitazione di vari attori internazionali accorsi nel Paese a supporto del Governo nelle operazioni di pronto intervento e successivamente di recovery”.

In cosa è consistito l’intervento di aiuto alle comunità colpite del progetto “Emergenza cibo dopo il ciclone Idai” realizzato in partnership con il WFP?

“Il lavoro svolto dall’equipe di Mani Tese nel Distretto di Chinde, uno dei più poveri e isolati della Provincia della Zambezia, a sua volta una delle province più colpite dal ciclone IDAI, è stato un intervento di post-emergenza. L’azione ha previsto una consegna mensile di pacchi alimentari (cereali, legumi e olio) in cambio di lavoro da parte dei beneficiari per risolvere insieme problemi infrastrutturali della comunità: riabilitazioni di ponti e strade, apertura di nuovi campi da coltivare, pulizia di canalette di drenaggio, etc…”

Come è nata la partnership con il World Food Programme?

“Come Mani Tese abbiamo partecipato al bando FFA 2020 presentando al WFP il progetto per il Distretto di Chinde. Il progetto è stato ritenuto efficace e così, dopo esserci aggiudicati il bando, abbiamo subito iniziato a lavorare insieme all’equipe WFP con sede in Zambezia fornendo una risposta utile e tempestiva per la popolazione”.

Quanti beneficiari ha interessato il progetto e quante tonnellate di cibo sono state distribuite? Puoi darci qualche dato?

“Il progetto è iniziato il 20 novembre 2019 nella località di Chinde raggiungendo 4000 famiglie su 25 comunità. Il totale dei beneficiari direttamente coinvolti nell’intervento è stato di 20.000 persone.

Mensilmente ciascuna delle 4000 famiglie beneficiarie ha ricevuto per 16 giorni di lavoro, compresi corsi di formazione e sessioni di sensibilizzazione, una razione composta da 40kg di cereali tra riso e mais, 6 kg di fagioli e 3,75 kg di olio, corrispondenti circa a 267 grammi di cereali, 40 grammi di fagioli e 25 grammi di olio al giorno per persona.

Ci sono state delle variazioni dovute a una carenza di pacchi alimentari nel Paese dal mese di febbraio, che ha comportato inizialmente la riduzione della razione mensile, fino alla sua completa sospensione, con la ripresa in aprile della distribuzione e l’estensione di 2 mesi di progetto, che si è concluso il 31 di maggio 2020.

Prima dell’avvio del progetto è stata svolta una valutazione per la selezione dei beneficiari in base ai criteri di vulnerabilità definiti dal WFP insieme al governo locale e in stretta collaborazione con l’INGC (Istituto gestione calamità naturali).

Durante il progetto è stato svolto un monitoraggio continuo.”

Per quanto riguarda i lavori realizzati insieme ai destinatari del progetto, quali sono stati i principali risultati?

“Tra le varie attività svolte con i beneficiari di progetto è stata realizzata la pulizia di tre strade secondarie nel distretto di Chinde nella comunità di Maguiguane, Chacuma e Matilde, la costruzione di un ponte con materiale locale che fungerà da via di evacuazione, la costruzione di aule scolastiche con materiale locale nella comunità di Pambane, l’installazione di numerosi Tipy Taps nelle scuole (stazioni lavaggio mani, realizzate con materiali locali e di recupero), la riforestazione di mangrovie nel distretto costiero di Chinde”.

Dopo il COVID, come è cambiato il vostro intervento? Quali sono state le conseguenze sulle attività del progetto?

“In seguito all’emergenza COVID19 è stato necessario rimodulare le attività di progetto e, insieme al WFP, abbiamo deciso di sospendere le attività lavorative delle comunità beneficiarie, implementando invece azioni di informazione e sensibilizzazione sulla pandemia coadiuvati dal Dipartimento della Salute di Chinde. Il Dipartimento ci ha assistiti durante la distribuzione dei pacchi alimentari dal mese di marzo supportandoci nell’applicazione delle misure di sicurezza anti COVID19 imposte dal governo. Il governo ha anche imposto la riduzione degli spostamenti marittimi e terrestri per ridurre il rischio di contagio interno al distretto, ma la nostra equipe ha avuto dei permessi speciali per continuare le operazioni di distribuzione”.

Quali sono state le difficoltà che avete incontrato?

“Le difficoltà incontrate sono state innumerevoli iniziando dalla posizione geografica del distretto, che si trova isolato e con collegamenti terrestri e marittimi quasi inesistenti con il resto della provincia. I mezzi di trasporto sono limitati anche sull’isola e il loro noleggio per le operazioni di distribuzione di materiali e alimenti non è sempre stato facile. Complesso è stato anche l’ottenimento del combustibile, che deve essere trasportato dalla terra ferma poiché non esiste una stazione di servizio nel distretto di Chinde.

Il distretto inoltre non ha energia elettrica, che viene fornita solo attraverso generatori che, durante i temporali, vengono spesso staccati facendo scomparire anche la rete telefonica. Potete immaginare la precarietà di un distretto che si trova a corto dei servizi di base, anche solo pensando a scuole e ospedali che si ritrovano privi di elettricità per lunghi periodi.

Le difficoltà non si sono limitate al distretto: ci sono stati ritardi anche di giorni da parte dei trasportatori locali per la consegna dei materiali a Chinde, dove poi venivano presi in carico da Mani Tese. Abbiamo dovuto anche affrontare la perdita di un carico alimentare dovuto a un naufragio!

Infine c’è stata la sospensione della distribuzione di pacchi alimentari nel mese di febbraio, che ha comportato alcuni problemi con i beneficiari che avevano già svolto il lavoro per il ricevimento mensile dei pacchi. La nostra equipe, insieme al governo locale, l’INGC e l’equipe locale del WFP, è però sempre stata pronta dimostrandosi all’altezza delle varie difficoltà. Un risultato evidente dall’ottimo rapporto che abbiamo mantenuto sin dall’inizio con le istituzioni locali, molto soddisfatte dell’intervento ricevuto”.

Maria Vittoria Moretti
Maria Vittoria Moretti, Responsabile Paese in Mozambico per Mani Tese e capo del progetto EMERGENZA CIBO DOPO IL CICLONE IDAI
Attività di piantumazione di mangrovie per combattere l'erosione del terreno a Chinde
Attività di piantumazione di mangrovie per combattere l’erosione del terreno a Chinde

Distribuzione di pacchi alimentari nella comunità Jorge

Monitoraggio e valutazione delle attività da parte dello staff di progetto
Monitoraggio e valutazione delle attività da parte dello staff di progetto

UN PREMIO A MANI TESE PER L’INTEGRAZIONE DEI RIFUGIATI IN GUINEA-BISSAU

L’UNHCR ha consegnato allo staff di Mani Tese un premio per l’impegno a favore del miglioramento delle condizioni di vita dei rifugiati in Guinea-Bissau.

L’8 dicembre l’UNHCR ha celebrato per la prima volta in Guinea-Bissau la commemorazione della “Dichiarazione ufficiale di integrazione locale effettiva dei rifugiati di lunga durata”, firmata dal governo del Paese il 5 dicembre 2017.

Questa dichiarazione ha permesso ai rifugiati presenti in Guinea-Bissau di iniziare un processo di naturalizzazione che si è concretizzato in questi anni con la consegna di documenti di identità guineensi e la partecipazione a progetti di integrazione locale.

Si tratta di un evento molto importante per i rifugiati e per la Guinea-Bissau, in quanto unico paese nel continente africano a compiere un passo così importante nell’ambito dei diritti umani e, in particolare, del diritto alla cittadinanza, che rappresenta il risultato dello sforzo e del lavoro di diverse istituzioni.

Anche l’equipe di Mani Tese, che dal 2017 lavora nella regione di Cacheu a fianco di più di 35 comunità, ha ricevuto un riconoscimento per lo sforzo profuso in questi anni per il miglioramento delle condizioni di vita dei rifugiati naturalizzati.

Tutto lo staff è quindi salito sul palco. Da quattro anni molti di loro sono impegnati  giorno dopo giorno, per permettere il raggiungimento di questo storico traguardo per i rifugiati naturalizzati e per la Guinea-Bissau e contribuiscono alla realizzazione di questo progetto d’integrazione.

 “Tutto il successo è frutto di un lavoro di equipe” si legge sulla motivazione del premio a Mani Tese “La meta più distante è raggiunta da chi ha una saggia speranza. Per trovare la strada, non importa tanto dove si è stati, ma dove si vuole arrivare. Grazie per la dedizione e il contributo per il processo di naturalizzazione”.

“Per Mani Tese – dichiara Sara Gianesini, capo progetto – ricevere questo premio è davvero motivo di grande soddisfazione, perché rappresenta il riconoscimento del grande impegno della nostra ONG e dei risultati che ha prodotto”.

Per saperne di più sull’attività di Mani Tese con i rifugiati in Guinea-Bissau, sul nostro sito trovate la pagina dedicata al progetto “Integrazione dei richiedenti asilo e dei rifugiati senegalesi” promosso da Mani Tese e cofinanziato dall’UNHCR.

Qui alcune immagini dell’evento e della premiazione:

Sul palco il Ministro degli Interni Botche Candé, la rappresentante UNHCR in Guinea-Bissau S.ra Eunice Queta Esteves e il rappresentante dei rifugiati senegalesi in Guinea-Bissau.
Gruppo Culturale Pilar140 formato da ragazzi/e rifugiati e nazionali
Lo staff di Mani Tese sul palco riceve il premio
Il premio a Mani Tese

Il finto e-commerce a prezzi stracciati di mani tese per riflettere sulla fast fashion

Mani Tese lancia una campagna social per sensibilizzare sulle conseguenze dell’acquisto frequente di capi d’abbigliamento a basso costo.

Si chiama “Prezzi dell’altro mondo” ed è la nuova campagna online lanciata da Mani Tese per sensibilizzare sugli impatti sociali e ambientali legati alla fast fashion, una riflessione utile soprattutto in questo periodo di acquisti natalizi.

Attraverso delle finte promozioni social con offerte di capi d’abbigliamento a prezzi stracciati, i potenziali consumatori vengono indirizzati su una piattaforma di e-commerce fittizia dove, al momento dell’acquisto, potranno riflettere sulle conseguenze provocate da questo tipo di moda “usa e getta”.

La campagna si rivolge soprattutto ai giovani tra i 18 e i 35 anni che effettuano abitualmente acquisti online di vestiti, spinti dal bassissimo costo e dalle strategie pubblicitarie dei grandi marchi che stimolano un impulso costante all’acquisto.

L’obiettivo della campagna – spiega Riccardo Rossella, responsabile del progetto Cambia MODA! per Mani Teseè quello di indurre una riflessione su ciò che si nasconde dietro ai ritmi di consumo sempre più frenetici che caratterizzano il modello fast fashion, facendo leva proprio sulle dinamiche tipiche degli acquisti online di capi d’abbigliamento”.

La campagna, che nel primo mese di vita ha raggiunto oltre 715.000 persone, è stata lanciata il 16 novembre e durerà fino alla fine del 2020. La scelta delle date non è casuale: il periodo del Black Friday, prima, e quello natalizio poi, sono occasioni in cui lo stimolo allo shopping sfrenato raggiunge il suo apice.

La campagna “Prezzi dell’altro mondo”

Attraverso promozioni mirate su Facebook e Instagram, “Prezzi dell’altro mondo” intercetta i giovani consumatori proponendo loro delle offerte imperdibili legate a 5 capi (una t-shirt e una felpa per il pubblico maschile; una t-shirt, una maglia a maniche lunghe e un cardigan per quello femminile), venduti a pochi euro.

Gli utenti interessati vengono quindi indirizzati sul sito www.prezzidellaltromondo.it, progettato per simulare in tutto e per tutto una piattaforma di e-commerce, al fine di completare l’acquisto dei vestiti desiderati, che è possibile visionare in dettaglio grazie alle foto di due finti modelli.

Una volta aggiunto il capo selezionato al carrello, ecco che entra in gioco l’effetto sorpresa: le immagini dei modelli si animano e i due attori si rivolgono direttamente al consumatore, invitandolo a porsi delle domande sulle dinamiche sottostanti la produzione dei capi che permettono di mantenere prezzi di vendita così bassi.

“Anche io compravo, compravo, compravo…Tanto costa poco!” dice la finta modella “Poi ho scoperto i danni causati dagli acquisti così frequenti dei capi fast fashion…”.

Contemporaneamente, accanto al prezzo originario compaiono una serie di costi aggiuntivi che non hanno la pretesa di esattezza scientifica, ma che intendono dare un’idea degli impatti legati alle ripercussioni sull’ambiente e sul rispetto dei diritti umani che spesso si celano dietro i vestiti fast fashion.

La fast fashion

La fast fashion è un settore dell’abbigliamento basato sulla grande rapidità di produzione e consumo attraverso l’offerta continua di nuovi vestiti a prezzi stracciati, ma generalmente di scarsa qualità.

Gli impatti globali dell’industria dell’abbigliamento riguardano molteplici aspetti quali emissioni di gas serra, produzione di rifiuti, consumo e inquinamento idrico, sfruttamento dei lavoratori e delle lavoratrici e violazione dei loro diritti.

Sul sito www.prezzidellaltromondo.it l’utente, invitato dal finto modello o dalla finta modella, può approfondire ognuno di questi temi grazie a 5 video che riportano dati e informazioni salienti.

Nella stessa pagina è anche possibile scaricare un utile “Decalogo della slow fashion”, contenente dieci consigli alla portata di tutti per cambiare il modo di approcciarsi al proprio abbigliamento.

Non solo: attraverso il sito è possibile registrarsi per entrare a fare parte della comunità di attivisti #CambiaMODA! per impegnarsi in prima persona a favore di un’industria dell’abbigliamento più giusta, etica e sostenibile.

La campagna Prezzi dell’altro mondo è curata dall’agenzia di comunicazione Nikura e rientra all’interno del progetto Cambia MODA! – Dalla fast fashion a una filiera tessile trasparente e sostenibile, promosso da Mani Tese e realizzato grazie al contributo dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

UNA FORMAZIONE IMPORTANTE PER LE IMPRESE SOCIALI DEL BURKINA FASO

Nel mese di novembre, le imprese sociali sostenute da Mani Tese hanno usufruito di un’importante formazione sulle norme e tecniche di lavoro per ottenere un prodotto di qualità.

Continua il sostegno di Mani Tese alle 20 imprese locali selezionate dal progetto “Imprese sociali innovative e partecipazione dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso” cofinanziato da AICS e Fondazione Maria Enrica.

Durante il mese di novembre, i 20 gruppi di imprenditori, insieme ad altre 4 organizzazioni di produttori sostenute dall’impresa sociale Ké du Burkinabé (KDB), hanno partecipato a una sessione di formazione specifica sulle norme e le tecniche di lavoro per ottenere un prodotto di qualità.

Si sono svolti 24 momenti formativi diversi, uno per ogni impresa, dedicati agli specifici prodotti che le imprese producono o trasformano. Oltre a spiegare le norme igieniche per lavorare la materia prima, il formatore ha anche presentato gli standard di produzione nazionali, che il partner ACRA ha provveduto a fornire, in quanto la loro elaborazione è una delle componenti di progetto di cui si occupa.

Sicuramente si è trattata di un’esperienza interessante, che era stata fortemente richiesta dalle imprese stesse, per migliorare e rendere quindi più appetibile sul mercato il loro prodotto.

La sinergia con il partner ACRA e l’impresa sociale KDB è stata poi particolarmente utile, visto che alcune delle imprese coinvolte nel progetto vendono già nel mercato della capitale con marchio KDB e per il futuro si prevede che anche altre possano essere contattate, in quanto i loro prodotti sono interessanti per ampliare la gamma dell’impresa sociale.

L’unico requisito richiesto è che il prodotto finale rispetti le norme qualitative previste a livello nazionale (che vengono verificate tramite analisi) e quindi questa formazione è risultata fondamentale in quest’ottica.

Di seguito alcune foto della formazione:

PREVENIRE IL CORONAVIRUS ANCHE NEI MERCATI DI QUELIMANE

Il sindaco di Quelimane, Manuel de Araújo, spiega le misure adottate dalla città per contrastare la diffusione del Covid-19 nei mercati comunali.

Dopo la riqualificazione di quattro mercati nell’ambito del progetto “Quelimane Agricola”, cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, nuovi interventi sono stati effettuati dal Comune di Quelimane per garantire la sicurezza sanitaria ed evitare la diffusione del Coronavirus.

Ce ne parla in questo video proprio il sindaco di Quelimane, Manuel de Araújo, che ricorda gli interventi di riqualificazione, realizzati assieme a Mani Tese, ed elenca le misure di prevenzione introdotte fra cui la sensibilizzazione sul lavaggio delle mani e sull’uso della mascherina.

CAMBOGIA: IL LOCKDOWN NON FERMA LE ATTIVITÀ DI DAMNOK TOEK

Damnok Toek ha riorganizzato le proprie attività per sopperire alla chiusura delle scuole e continuare ad assistere i bambini più vulnerabili.

Nelle ultime settimane, in Cambogia, si è registrato un aumento dei casi di Coronavirus e il Ministro dell’Istruzione ha deciso di chiudere le scuole fino all’inizio dell’anno nuovo.

Le restrizioni hanno colpito anche le attività dell’associazione Damnok Toek che, col supporto di Mani Tese, accoglie i bambini e le bambine cambogiani/e vittime di traffiking e abusi.

L’associazione, attiva da oltre 20 anni, ha dovuto sospendere le lezioni a Neak Loeung, città a sud della Cambogia, e a Poipet, città di confine con la Thailandia. 

Insegnanti e assistenti sociali si sono allora organizzati per incontrare gli studenti uno per uno nelle loro case per distribuire e correggere i compiti e, al tempo stesso, per valutare se i bambini si trovano in condizioni di sicurezza.

Se necessario, tutti i beneficiari delle attività di Damnok Toek potranno ancora accedere ai servizi medici offerti dall’associazione

Inoltre, tutti i membri dello staff di Damnok Toek sono stati formati e comprendono l’importanza delle misure igieniche per prevenire la diffusione del Covid-19: durante le attività indosseranno mascherine e guanti e utilizzeranno disinfettanti per le mani, incoraggiando i bambini e le loro famiglie a fare lo stesso.

Qui alcune foto dello staff di Damnok Toek al lavoro: