Agroecologia, avanti tutta! Un convegno sull’agricoltura sostenibile
Mani Tese promuove un convegno online sul tema dell’agricoltura sostenibile attraverso le esperienze di Padova e del Burkina Faso. Giovedì 17 giugno, a partire dalle 18.
Parleremo di agroecologia, che oggi rappresenta la via maestra per contrastare sia la fame che la crisi ambientale, ma il convegno sarà anche un’occasione di confronto in materia di agricoltura sostenibile, dalla produzione al consumo di cibo, e un momento per raccontare le nostre esperienze a Padova e in Burkina Faso, dove stiamo realizzando il progetto “Agroecologia, avanti tutta!”.
Il convegno prevede gli interventi di:
Francesca Benciolini, Assessora Cooperazione Internazionale del Comune di Padova
Giovanni Sartor, Responsabile Dipartimento Programmi Area Cooperazione Internazionale di Mani Tese
Giulia Polato, Rappresentante Paese in Burkina Faso per Mani Tese
Karim Sawadogo, Agronomo e Coordinatore del progetto “Agroecologia, avanti tutta!” di Mani Tese
Elisa Nicolé, Fattoria sociale “Fuori di campo” di Padova
Matteo Sando, Azienda agricola “Terre Prossime”
Massimo Greggi, Rappresentante Paese in Burkina Faso per We World – GVC
Per partecipare al convegno è necessario registrarsi al seguente link. Per informazioni potete scrivere a cooperazione@manitese.it.
Vi aspettiamo!
LAVORO MINORILE: STORIE DAL TAMIL NADU
Con lo scoppio della pandemia di Covid-19, il fenomeno del lavoro minorile si è ulteriormente aggravato: alcune storie di bambini lavoratori nel Tamil Nadu.
L’India è il Paese dove i dati sul lavoro minorile sono più drammatici. È infatti il Paese con il più elevato numero di lavoratori sotto i 14 anni e, in totale, di 168 milioni di bambini lavoratori nel mondo 78 milioni sono indiani.
Mani Tese è attiva in India con il progetto “Combattere e prevenire le schiavitù moderne in Tamil Nadu”, uno stato a Sud del Paese caratterizzato dalla grande presenza di industrie tessili. Qui lavoriamo, insieme al partner SAVE, per prevenire e contrastare il lavoro minorile.
Purtroppo lo scoppio della pandemia ha aggravato le condizioni economiche delle famiglie e di conseguenza il fenomeno del lavoro minorile. Qui di seguito riportiamo alcune brevi storie arrivateci nelle scorse settimane dal Tamil Nadu.
Alisha
Alisha ha 11 anni e vive a Muthu Nagar. I suoi genitori sono emigrati dal Bihar in cerca di lavoro e la famiglia è composta in totale da 8 membri. In questo momento di grande emergenza per la situazione legata al Covid-19, e per la difficoltà di trovare lavoro da parte dei genitori, Alisha è costretta a lavorare in una fabbrica tessile. In particolare, si occupa di sbrogliare il tessuto di scarto degli indumenti e di realizzare decorazioni per i vestiti. Ogni giorno può realizzare fino a 1000 decorazioni, ma guadagna soltanto 50 rupie, equivalenti a 57 centesimi di euro.
Shanmathi
Shanmathi ha 10 anni e vive a Eswaramoorthy Nagar. I suoi genitori lavorano entrambi in fabbrica: il padre come sarto e la madre nel controllo qualità. La famiglia è composta in totale da 4 membri. Da circa un anno anche Shanmathi lavora in fabbrica e si occupa della rifilatura presso la compagnia Shiva Tex. In un giorno lavora fino a 70 pezzi e può guadagnare al massimo 21 rupie al giorno, pari a circa 24 centesimi di euro.
Masum Raja
Masum Raja ha 9 anni e vive a Muthu Nagar. Come Alisha, anche i genitori di Masum Raja sono emigrati dal Bihar e la famiglia è composta in totale da 6 membri. A causa delle difficoltà economiche dei genitori, Masum Raja ha cominciato a lavorare in una fabbrica tessile dove realizza decorazioni per magliette. In un giorno può lavorare migliaia di decorazioni o sbrogliare un chilo di filo, ma guadagna soltanto 30 rupie, equivalenti a 34 centesimi di euro.
Swetha
Swetha ha 12 anni e vive a Eswaramoorthy Nagar. I suoi genitori sono sarti e lavorano nel settore dell’abbigliamento. Il loro reddito non è però sufficiente a dar da mangiare a tutti i membri della famiglia e così Swetha è costretta a lavorare. In particolare, la ragazza si occupa rifilatura presso la compagnia tessile Divya tex e guadagna 30 paise per ogni pezzo lavorato. In un giorno Swetha può rifilare fino a 100 pezzi e guadagna quindi, al massimo, 30 rupie al giorno, circa 34 centesimi di euro.
Abirami
Abirami ha 12 anni e vive a Thennampalayam. Il papà è un lavoratore giornaliero e la mamma lavora come addetta al controllo qualità in una fabbrica di abbigliamento. La sua famiglia è composta in totale da 5 membri. Abirami, costretta anche lei a lavorare per aumentare il reddito familiare, fa lavori di rifinitura e guadagna 35 paise per pezzo. In un giorno, lavora circa 100 pezzi, quindi di solito riesce a guadagnare 35 rupie al giorno, equivalenti a 40 centesimi di euro.
AIUTACI A SOSTENERE LE FAMIGLIE INDIANE DONANDO ORA TRAMITE UNA DI QUESTE MODALITÀ
Bonifico bancario intestato a Associazione MANI TESE ONG Onlus presso banca Popolare Etica (IBAN: IT 57 F 05018 01600 000010203040)
CCP, Conto Corrente Postale: n° 291278 intestato a Associazione Mani Tese ONG ONLUS, P.le Gambara 7/9, 20146 Milano
Alberto Inácio ci racconta i benefici che la comunità di Mudenga sta avendo, grazie al progetto “Agricoltura Circolare”.
Alberto Inácio è un beneficiario del progetto “Agricoltura circolare per ridurre la fame in Zambezia” che ha l’obiettivo di sviluppare l’agricoltura e l’allevamento nella Provincia della Zambezia, migliorando la sicurezza alimentare e la situazione nutrizionale delle famiglie locali.
Grazie al progetto, cofinanziato dall’8×1000 a gestione statale, Alberto Inácio e gli altri membri della comunità di Mudenga (distretto di Quelimane) hanno ricevuto semi, attrezzi agricoli e formazioni professionali, e ora si preparano a raccogliere il frutto del loro lavoro.
Guarda il video!
BURKINA FASO: EVENTO DI BILANCIO DEL NOSTRO PROGETTO DEDICATO ALLE IMPRESE SOCIALI
All’incontro hanno partecipato, oltre che le autorità locali e AICS, anche i rappresentanti delle 20 imprese e i produttori coinvolti nel progetto.
Mani Tese, capofila del progetto, insieme ai partner FondazioneACRA, Cespi, Chico Mendes, Fenafer-B, FIAB, Comune di Ouagadougou, Comune di Milano e le associazioni Ital-Watinoma e Watinoma, ha lavorato in questi tre anni su più fronti, per rispondere alle sfide di un Paese come il Burkina Faso, la “terra degli uomini integri”, che lotta tutti i giorni per uscire dalla povertà e dall’insicurezza.
Tante sono state le attività promosse e fra queste vogliamo citare: la formazione e strutturazione di 20 piccole imprese di donne e giovani della filiera agro alimentare nelle regioni Centro-Est e Centro-Ovest del Burkina Faso; il supporto alle associazioni della diaspora burkinabè in Italia per coinvolgerla maggiormente nei progetti di sviluppo del proprio Paese; le campagne di sensibilizzazione sull’alimentazione sana e sul reinvestimento utile delle rimesse della diaspora; l’accompagnamento di un’impresa sociale di commercializzazione di prodotti burkinabè e dei suoi fornitori; la formazione di oltre 900 giovani e 60 insegnanti sull’informatica di base e le nuove tecnologie; l’organizzazione del Forum Africano del Milan Urban Food Policy Pact, a cui hanno aderito diverse città africane raccogliendo la sfida per una prospettiva sostenibile di urban food system; l’installazione di un impianto di irrigazione sulla cintura verde della città di Ouagadougou, la distribuzione di kit di orticoltura e motopompe a 201 donne agricoltrici della capitale e la lista sarebbe ancora lunga.
L’incontro si è svolto alla presenza delle autorità locali, che hanno sempre accompagnato il progetto, e del direttore e dello staff dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo in Burkina Faso e Niger, che hanno seguito da vicino tutti gli interventi realizzati in questi tre anni.
Dopo un primo momento di condivisione dei risultati raggiunti e delle prospettive future per i beneficiari del progetto, gli invitati hanno potuto toccare con mano quanto discusso: erano infatti presenti tutte le 20 imprese, e alcuni dei produttori sostenuti dal progetto, con degli stand in cui esponevano e vendevano i loro prodotti che sono stati utilizzati anche per il momento conviviale di rinfresco al termine dell’evento.
Nel suo intervento, il dott. Domenico Bruzzone, direttore della sede AICS di Ouagadougou, ha espresso la sua soddisfazione per il lavoro svolto, complimentandosi per l’impegno profuso dai partner nell’iniziativa e sottolineando come le tematiche relative all’inserimento lavorativo dei giovani e allo sviluppo dell’imprenditorialità siano due temi chiave della stessa agenzia.
Il dott. Mirko Tricoli, ora funzionario di supporto alla sede AICS di Ouagadougou ma prima referente per AICS del Summit Nazionale delle Diaspore in Italia, ha rimarcato quanto anche il coinvolgimento attivo della diaspora in questo progetto sia da apprezzare. Nel nostro Paese, infatti, la diaspora burkinabè è un attore attivo, integrato e partecipe dello sviluppo economico, lo stesso coordinatore del Summit è attualmente un burkinabè, e pertanto integrare questo tipo di soggetto nel progetto, non solo dimostra un’attenzione particolare e una conoscenza delle dinamiche relazionali Italia-Burkina, ma anche “un perfetto allineamento con il lavoro e la strategia dell’agenzia”.
La soddisfazione da parte dello staff in loco è stata invece espressa da Giulia Polato, capo progetto di Mani Tese, che ha dichiarato: “È stato un lavoro impegnativo, ma pensiamo di aver dato tutti gli strumenti alle imprese formate, affinché possano essere solide e continuare a crescere e non possiamo che augurare un beog neere (“avvenire migliore” in lingua locale mooré) per tutto ciò che aspetta loro”.
Non c’è pace per il Burkina Faso: ancora sangue e morti nel “Paese degli uomini integri”
Poco si sa e quasi nessuno ne parla in Italia di questa crisi senza fine.
Sono più di 100, secondo diverse fonti, i civili uccisinell’attacco avvenuto nella notte tra il 4 e 5 giugno presso il villaggio di Solhan, situato nella provincia di Yagha nella regione del Sahel, situata al confine tra Burkina Faso appunto, Mali e Niger. In questi tre Paesi, purtroppo, è in atto una crisi che al momento sembra inarrestabile e che sta causando immani sofferenze alla popolazione civile: attacchi, morti e migliaia di sfollati che devono fuggire dalle proprie terre sono notizie quotidiane.
Tornando a quanto successo a Solhan secondo l’agenzia di stampa del Burkina Faso i terroristi, diversi gruppi di matrice jihadista operano da anni in questa zona del Paese, sono entrati nel villaggio sparando sulle persone che incontravano, incendiando abitazioni e il mercato del villaggio. È la più grave tragedia dal 2015, anno che viene considerato quello di avvio del processo di destabilizzazione del Burkina Faso, che ha portato fino ad oggi a più di 1400 morti e a più di un milione di sfollati interni.
“Il Paese è sotto shock per questo ulteriore attacco – ci racconta Giulia Polato da Ouagadougou, dove gestisce i progetti di Mani Tese nel Paese – Le persone sono atterrite, stanche e devastate da questa guerra di cui al di là del Mediterraneo nessuno parla. Oggi sono 132 i morti da piangere. E domani?”
Sono tre i giorni di lutto nazionale proclamati dal Presidente Rock Kaboré che ha dichiarato inoltre che le forze di difesa e sicurezza del Paese sono state mobilitate per ricercare e neutralizzare gli autori di questo ignobile atto.
Mani Tese si unisce al dolore del popolo del Burkina Faso e dei famigliari delle vittime in questo momento di grande sofferenza. Resta, inoltre, impegnata con ancor più motivazioni con vari progetti di sviluppo nel Paese per combattere la povertà diffusa che colpisce la sua popolazione. Povertà terreno fertile, purtroppo, per i terroristi che riescono a reclutare giovani, senza prospettive di futuro, per le loro efferate azioni.
SENSIBILIZZARE I GIOVANI E LE DONNE DI GABU AI RISCHI DELLA MIGRAZIONE IRREGOLARE
Il nostro lavoro in Guinea-Bissau per rendere consapevoli le persone sulle opportunità locali per uscire dalla povertà e sui pericoli della migrazione senza documenti.
La Guinea-Bissau è uno dei Paesi più poveri e al mondo, con una instabilità politica permanente e una popolazione estremamente giovane. È quindi uno dei tanti Paesi africani in cui le persone sognano di raggiungere la ricca Europa per migliorare il proprio tenore di vita e quello dei loro familiari.
Il problema non è la migrazione in sé, un fenomeno costante nella storia dell’umanità, in quanto le persone si sono sempre spostate in cerca di migliori condizioni economiche. Il problema sonole conseguenze della migrazione irregolare, cioè quel fenomeno in cui le persone migrano da un Paese all’altro senza i necessari documenti.
Chi migra irregolarmente compie un viaggio altamente rischioso, in cui è possibile morire o subire violenze di qualsiasi tipo. Nel caso in cui riuscisse a raggiungere la destinazione, non avrebbe possibilità di trovare un lavoro regolare e finirebbe inevitabilmente nelle grinfie di gente e organizzazioni senza scrupoli.
Il progetto è basato a Gabu, città in cui il fenomeno migratorio è molto forte. Molte persone qui hanno parenti e amici che vivono in Europa. Assanatu, ad esempio, ha il padre in Spagna che lavora nell’agricoltura. Bubaca ha gli zii che vivono in Italia, a Verona.
Camminando per Gabu è facile notare alcune case molto belle e confortevoli, che contrastano con la maggior parte delle altre abitazioni. Molte di queste residenze appartengono proprio a migranti che hanno avuto successo, o presunto tale, fuori dal Paese. Questo, unito ai racconti dei familiari e degli amici, può indurre a pensare che raggiungere la ricchezza nel vecchio continente sia una cosa semplice.
Ma non è affatto così. Il sogno di una vita migliore si scontra invece con la dura realtà. Mustafà, ad esempio, ci racconta di suo cugino, che ha raggiunto l’Italia in barcone, ma che vuole tornare in Guinea-Bissau a causa dell’impossibilità di trovare un lavoro decente. Anche Mustafà avrebbe voluto partire per l’Europa, ma ha desistito proprio a causa dell’esperienza del cugino.
Il lavoro di Mani Tese consiste nel sensibilizzare la popolazione più colpita dal fenomeno migratorio, quella giovanile, spiegando i pericoli della migrazione irregolare e le opportunità che può offrire la Guinea-Bissau. Si tratta di un’attività di sensibilizzazione che avviene tramite programmi radio, il media più utilizzato dai guineensi, e i Djumbai.
Il Djumbai è un ritrovo tradizionale in cui le persone di una comunità si riuniscono e discutono di un argomento. Nel nostro caso, i Djumbai sono tenuti dall’animatore sociale, Lourenço Mané, dalla psicologa Paula Sim Najute e dal parner locale, il Focal Point di PONGAB.
Questa pratica di scambio di idee è rivolta, in particolare, alla popolazione giovanile, poiché sono i più convolti dal fenomeno migratorio, e a quella femminile. La migrazione femminile in Guinea-Bissau in realtà è quasi assente, ma il coinvolgimento delle donne è importantissimo: sono madri e mogli che hanno un ruolo importante nella scelta o nella rinuncia alla migrazione da parte di un membro della famiglia. Il coinvolgimento dei famigliari nella corretta informazione sulla migrazione irregolare è molto importante, perché spesso è la famiglia ad appoggiare e perfino spingere un giovane a emigrare, sperando così di poter migliorare le proprie condizioni di vita.
I Djumbai organizzati da Mani Tese non si limitano solamente a informare sui rischi della migrazione irregolare, ma anche a spiegare le opportunità che ci sono in Guinea-Bissau e come usare le proprie competenze, capacità e abilità per migliorare le proprie condizioni di vita. Le opportunità sono diverse, l’importante è capire come cercarle e sfruttarle. È possibile, per esempio, sfruttare la terra per una agricoltura che non si limiti alla sussistenza ma che miri alla vendita dei propri prodotti ai Paesi confinanti, essenzialmente desertici (come il Senegal).
Rita, detta Tchampu è una persona che ha preso coscienza delle proprie capacità. Ha capito che era molto brava a cucinare e che la sua cucina era molto apprezzata quando lavorava in un ristorante di Gabu. Così, con un piccolo prestito, è riuscita ad aprire un suo piccolo ristorante in centro città, in cui prepara pietanze locali e con il quale riesce a mantenere sé stessa e la figlia di 4 anni.
C’è ancora molto lavoro da fare per far comprendere i rischi della migrazione irregolare e le opportunità che la Guinea-Bissau offre, ma le sensibilizzazioni di Mani Tese hanno di certo aumentato la consapevolezza su questo tema e suscitato dibattito e confronti fra le persone, che si sono accorte di avere opinioni e storie comuni. I Djumbai non fermeranno il flusso migratorio, che è un fenomeno umano, ma stanno rendendo più consapevoli le persone. Ora sanno che la migrazione non è l’unica via per fuggire dalla povertà e che possono trovare opportunità nuove e alternative nel loro Paese.
Qui di seguito alcune foto dei tradizionali Djumbai e di una stazione radiofonica che trasmette i nostri messaggi di sensibilizzazione alla migrazione irregolare:
INDIA: L’EMERGENZA COVID A TIRUPPUR È ALLARMANTE
L’ospedale principale conta circa 100 morti al giorno mentre il lockdown ha aumentato il lavoro minorile in casa e nelle fabbriche: circa 20.000 i bambini coinvolti. Occorre aiuto urgente!
La situazione Covid-19 è gravissima. A metà maggio circa erano 7.092 le persone in cura all’ospedale del distretto. Ovunque stanno emergendo problemi: negli ospedali mancano i letti e la disponibilità d’ossigeno. Il tasso di mortalità, inoltre, aumenta ogni giorno: il solo ospedale governativo principale conta circa 100 morti al giorno.
Nonostante la chiusura delle fabbriche, ogni giorno vengono infettati, in media, 650 lavoratori. Alcuni sono ancora attivi. La maggior parte di coloro che hanno bambini, in particolare, non è in grado di abbandonare il posto mentre circa il 40% dei lavoratori migranti interstatali è rientrato a casa.
Un’altra piaga da affrontare è quella del lavoro minorile, aumentato a causa del coprifuoco. SAVE stima infatti che circa 20.000 bambini siano coinvolti in qualche tipo di lavoro in casa o in piccole o medie imprese che producono abbigliamento o in altri luoghi come officine, hotel, allevamenti di pollame, vendita di verdure, ecc.
SAVE si sta occupando di circa 30 famiglie che vivono in alcune piccole capanne temporanee e che hanno chiesto aiuto per potersi sfamare.
Si tratta di persone di Indiranagar venute dal vicino stato di Uttrapradesh per pulire le strade grazie a un contratto municipale. Il pagamento del loro salario è purtroppo in ritardo. Solitamente, queste persone mettono da parte un po’ di denaro grazie alla vendita di materiali di scarto, che raccolgono dalla spazzatura comunale. Ora però il coprifuoco proibisce questa attività impedendo loro di guadagnare qualche soldo.
I bambini di queste famiglie stanno ora ricevendo un’istruzione presso le strutture di SAVE.
ABBIAMO BISOGNO DEL TUO AIUTO PER ARGINARE L’EMERGENZA COVID!
In questo momento, attraverso il nostro partner SAVE, stiamo provvedendo a:
Garantire una fornitura di Kabsura kudineer* a 2.250 persone vulnerabili
*Il “Kabsura kudineer” è una composizione tradizionale usata dai praticanti Siddha per gestire efficacemente i comuni disturbi respiratori come l’influenza e il raffreddore. I praticanti Siddha utilizzano questo composto a base di erbe per alleviare i sintomi respiratori tra cui catarro grave, tosse secca e umida e febbre.
Acquistare un pulsiossimetro e un termometro per assistere le famiglie colpite dal Covid con il controllo dell’ossigeno e della temperatura
Fornire kit alimentari di segale e miglio ai lavoratori infetti
Fornire kit alimentari di riso e grano alle famiglie con bambini a carico colpite da povertà e disoccupazione.
AIUTACI A SOSTENERE LE FAMIGLIE INDIANE DONANDO ORA TRAMITE UNA DI QUESTE MODALITÀ
bonifico bancario intestato a Associazione MANI TESE ONG Onlus presso banca Popolare Etica (IBAN: IT 57 F 05018 01600 000010203040)
CCP, Conto Corrente Postale: n° 291278 intestato a Associazione Mani Tese ONG ONLUS, P.le Gambara 7/9, 20146 Milano
Qui di seguito trovate le foto di bambine e bambini che in questi mesi sono costrette/i a lavorare presso imprese tessili. Si occupano di rifilatura, taglio, controllo qualità e molto altro e guadagnano solo dalle 20 alle 200 rupie al giorno (equivalenti a pochi centesimi di euro). Con la tua donazione puoi aiutare anche loro!
MOZAMBICO, RIDURRE L’EMISSIONI DI C02 NELLA CITTÀ DI QUELIMANE
A fine aprile si è tenuta la prima missione in Mozambico dopo la pandemia per promuovere a Quelimane l’adozione delle azioni del “Patto dei sindaci”, che mira a ridurre entro il 2030 le emissioni di gas a effetto serra delle città coinvolte.
Tra il 26 e il 29 aprile 2021 si è svolta la prima missione internazionale sul progetto in Mozambico da quando è scoppiata la pandemia. Stefano Cigarini di Fondazione E35, partner di Mani Tese nel progetto Quelimane Agricola, è venuto a Quelimane per rafforzare le relazioni con il municipio della città e stabilire i prossimi passi nella collaborazione con Mani Tese.
Durante la missione, un consulente tecnico di E35, con la facilitazione di Stefano, ha tenuto una formazione a distanza con i funzionari del municipio di Quelimane sull’adozione delle principali azioni strategiche del “Patto dei Sindaci”. Uno degli obiettivi del patto è infatti la riduzione entro il 2030 di almeno il 40% dei gas a effetto serra. Durante la formazione sono stati quindi illustrati i criteri e gli strumenti per la misurazione di emissioni di CO2 della città che permetteranno di capire l’impatto ecologico della città di Quelimane.
Alla formazione hanno partecipato circa 15 funzionari municipali che hanno dimostrato grande interesse e partecipazione. Qui di seguito alcune foto della formazione: