L’infanzia negata dei bambini Talibé

La protezione delle vittime e la prevenzione del fenomeno della tratta dei minori nell’azione di Mani Tese in Guinea-Bissau.

La tratta di esseri umani rappresenta un crimine globale. I gruppi organizzati e i trafficanti che si celano dietro questo fenomeno lucrativo approfittano di individui disperati e in stato di vulnerabilità. Il Protocollo di Palermo del 2000 per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare di donne e bambini, è uno dei tre protocolli associati alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale. La definizione di tratta di persone in esso contenuta costituisce uno strumento vitale per l’identificazione delle vittime e per la prosecuzione di ogni forma di sfruttamento che possa configurare il crimine. I Paesi che ratificano il Protocollo hanno il dovere di perseguire il crimine e adottare misure interne in linea con le previsioni in esso contenute, capaci di fornire protezione e assistenza alle vittime di tratta e assicurando il rispetto dei loro diritti.

La Guinea-Bissau ha ratificato il Protocollo di Palermo nel 2007. Tuttavia, secondo il Rapporto sulla Tratta di Persone del 2020, il Governo della Guinea-Bissau, nonostante abbia adottato un piano di azione volto a regolamentare il fenomeno della tratta, non rispetta ancora sufficientemente gli standard minimi internazionali. In ragione di ciò, per il terzo anno consecutivo, la Guinea-Bissau è stata collocata nella speciale lista di controllo del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America.

Il fenomeno dei bambini Talibé

Nella sezione riguardante il profilo delle vittime di tratta, vengono annoverati i bambini Talibé. Si tratta di bambini che, inviati in Senegal per l’apprendimento dei precetti coranici, sono invece costretti a mendicare nelle strade e diventano vittime di diverse forme di violenza fisica e psicologica perpetrate da maestri coranici provenienti, nella maggior parte dei casi, dalle regioni di Gabu e Bafata. Questi ultimi, conosciuti dalle comunità di provenienza dei bambini, sono spesso stati Talibé a loro volta e approfittano della debolezza delle istituzioni e dei confini terrestri per condurre i minori in Senegal.

Mani Tese dal 2018 interviene nelle regioni ad est della Guinea Bissau, particolarmente colpite dal fenomeno, per assicurare la tutela dei diritti dei minori vittime di tratta, ricalcando il Paradigma delle 4P – Prosecution, Protection, Prevention, Partnership – che continua a fungere da quadro fondamentale di riferimento per combattere la tratta di persone. In linea con le disposizioni contenute nel Protocollo di Palermo, che all’articolo 9 invita gli Stati ad adottare misure protettive e di prevenzione in cooperazione con le organizzazioni internazionali e la società civile, Mani Tese coopera con AMIC, l’Associazione locale Amigos das Crianças, che dal 2005 si batte per la protezione dei diritti dell’infanzia con lo scopo di fortificarne le competenze.

Nell’ambito del progetto “Investire sul futuro: protezione, formazione e occupazione per i migranti di ritorno, i migranti potenziali ed i migranti minori non accompagnati in Senegal, Gambia e Guinea Bissau” cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Codice VIS/REG/11659/5), Mani Tese previene il fenomeno sensibilizzando le comunità di origine dei flussi di tratta attraverso dibattiti comunitari e campagne radiofoniche realizzate in lingua locale, grazie alle quali i genitori vengono a conoscenza delle condizioni degradanti che affliggeranno i bambini una volta giunti in Senegal. Mani Tese crea inoltre dei Comitati Comunitari di Prevenzione e Allerta Precoce presso i villaggi in cui lavora, istruendo i membri che ne fanno parte sulle caratteristiche del fenomeno e esortandoli a contattare istituzioni e associazioni quando i bambini stanno per essere prelevati.

Mani Tese si occupa anche di proteggere i minori soccorrendoli in Senegal, grazie a un approccio integrato e transfrontaliero che, basandosi sulla Rete di protezione dei bambini in mobilità dell’Africa dell’Ovest, consente di identificare le vittime di origine guineense e facilitarne il rientro in sicurezza in Guinea-Bissau. Mani Tese supporta inoltre il processo di riabilitazione dei minori, assicurando supporto psico-sociale e psicologico fin dai primi giorni di presa in carico e dopo la reintegrazione nelle comunità di appartenenza, e facilitando il reinserimento presso le scuole coprendo il pagamento delle tasse di iscrizione e fornendo i materiali scolastici necessari. Consapevole che il coordinamento sia fondamentale per aumentare l’impatto del nostro intervento, Mani Tese opera all’interno di partenariati, nazionali e transfrontalieri, condividendo il suo impegno con istituzioni, organizzazioni internazionali e locali e attori chiave impegnati nella lotta alla tratta dei minori Talibé, come il Comitato Nazionale per l’Abbandono delle Pratiche Nefaste, il Consiglio Nazionale della Gioventù Islamica e la Lega Guineense per i Diritti Umani.

Oltre 160 le vittime salvate dalla tratta

Grazie a un approccio che si è sempre più strutturato nel corso degli anni, Mani Tese ed AMIC hanno facilitato il rientro in sicurezza e la successiva protezione e reintegrazione di più di 160 bambini identificati nei Paesi confinanti con la Guinea-Bissau. Gli sforzi concreti compiuti da Mani Tese nel contrasto del fenomeno sono stati riconosciuti dallo Stato, che nel 2020 ha ammesso l’ONG al Comitato Nazionale per la Prevenzione e il Contrasto alla Tratta di Esseri Umani in veste di osservatore.

Tuttavia, la strada da percorrere è ancora lunga. Nei Paesi a basso reddito come la Guinea-Bissau, le vittime di tratta sono, nella metà dei casi, bambini. Il fenomeno è alimentato da fattori molteplici e difficoltà economiche e povertà costituiscono le ragioni che maggiormente alimentano il crimine.

Dopo lo scoppio della pandemia nell’Africa dell’Ovest, il Governo senegalese ha imposto il copri fuoco e ordinato che tutti i minori venissero accolti nei centri di accoglienza statale. Nella sola città di Dakar, a giugno del 2020, sono stati identificati più di 2000 minori Talibé: di questi, 160 circa erano di origine guineense. I numeri sono aumentati nel corso dei mesi e si presume che a causa della recessione causata dalla pandemia, che certamente amplificherà le ineguaglianze socio-economiche, il bacino delle vittime continuerà ad aumentare. Mani Tese continuerà ad agire in difesa delle vittime di tratta, portando avanti il proprio impegno di giustizia nei confronti dei minori.

Proteggere i vulnerabili: l’azione di Mani Tese

Le équipe di “protection” agiscono in diversi ambiti in difesa dei diritti umani e si interfacciano con le autorità locali con l’obiettivo prioritario del reinserimento familiare e comunitario.

Dal 2016 Mani Tese promuove in Guinea-Bissau interventi volti all’inclusione e al reinserimento di gruppi e persone vulnerabili come vittime di violenza, minori trafficati, rifugiati e migranti di ritorno, per cui ha sviluppato una metodologia di protezione e reintegrazione strutturata e integrata. In particolare le équipe di “protection”, composte da assistenti sociali e giuridici, si sono dedicate a prevenire e rispondere ai casi di SGBV (Sexual Gender Based Violence), creando, da un lato, gruppi di allerta comunitari che, a seguito di sensibilizzazioni e formazioni, siano in grado di rilevare e denunciare eventuali casi di violenza nella propria comunità e, dall’altro, dando risposta ai casi di violenza registrati, assicurando alle vittime un rifugio sicuro per proteggerle dai loro aggressori. Sebbene la legge contro la violenza domestica del 2014 definisca ampiamente il protocollo di assistenza alle vittime, nel Paese non esiste un sistema effettivo di protezione e di assistenza sociale strutturato. Spesso la vittima viene esposta alla comunità. Abusi, violenze e conflitti vengono mediati e per questo frequentemente le donne e le ragazze scelgono di non denunciare.

Una rete per tutelare le vittime di violenza

La tutela delle vittime di violenza deve invece essere garantita dalle istituzioni statali che, attraverso i progetti di Mani Tese, sono state rafforzate nelle loro competenze psicosociali e giuridiche e si sono riunite in una rete, suddivisa per regioni, composta da Istituto Donna e Fanciullo, Polizia Giudiziaria, Polizia locale, Delegati dei Tribunali e dei Ministeri Pubblici, Centri di Accesso alla Giustizia e Ospedali di settore. Durante gli incontri della rete si affrontano questioni legate a eventuali casi registrati da Mani Tese, istituzioni locali, organizzazioni della società civile, singoli cittadini. Gli attori della rete accompagnano il processo di denuncia e di protezione della vittima.

Questo spazio di concertazione, che riunisce anche differenti associazioni e ONG operanti nelle regioni, si occupa di creare sinergie tra azioni, progetti e istituzioni. I casi più gravi sono inviati al centro di accoglienza della capitale Bissau, sostenuto fino ad aprile del 2021 dal progetto Mani Tese finanziato dall’Unione Europea ed attualmente dalle Fondazioni Modena e Lavazza e prossimamente si potrà contare su quello di Sao Domingos (regione di Cacheu), finanziato da UNHCR e Ambasciata degli Stati Uniti.

La casa di accoglienza è l’ultima istanza soprattutto per le vittime minorenni, per le quali è prioritario l’inserimento nella società, ma in alcuni casi estremi risulta necessaria per un periodo temporaneo che prevede sempre la reintegrazione familiare dopo una fase di accompagnamento. Per ovviare alla mancanza di strutture nel Paese, si sono individuate famiglie di accoglienza temporanea nelle regioni che possano dare rifugio e protezione alle vittime di queste zone.

Attraverso gli interventi di Mani Tese sono stati assicurati appoggio psicosociale e giuridico alle vittime e, allo stesso tempo, si sono sensibilizzate le comunità sul tema della violenza di genere e dei diritti delle donne.

Reintegrare per ricominciare

La reintegrazione familiare e comunitaria, insieme agli altri servizi garantiti alle vittime – ossia l’inserimento scolastico, l’assistenza medica e giuridica – sono assicurati nella stessa logica di protezione anche ai bambini e ragazzi talibé, minori vittime di traffico che attraverso la Rete dell’Africa Occidentale per la protezione del fanciullo vengono identificati in Senegal e riportati alle famiglie di origine in Guinea-Bissau. Anche in questo ambito, infatti, si svolgono dei colloqui con gli interessati e le loro famiglie, per sensibilizzarle sui rischi e gli abusi che i loro figli o nipoti hanno vissuto, coinvolgendo anche leader religiosi e capi comunità a convincere la collettività a denunciare il fenomeno.

Nella stessa logica di rete utilizzata contro la violenza sulle donne, Mani Tese partecipa a un tavolo settoriale contro il traffico assieme all’Istituto Donna e Fanciullo, associazioni locali come il Consiglio Nazionale della Gioventù Islamica e la Lega Guineense per i Diritti Umani e organismi internazionali quali UNICEF e OIM.

Nell’ottica della protezione dei diritti fondamentali, soprattutto di alcune fasce vulnerabili, Mani Tese promuove l’integrazione dei rifugiati senegalesi presenti nella regione di Cacheu, provenienti dall’antico conflitto della Casamance, spesso dimenticato ma sempre presente nel sud del Senegal e dei migranti di ritorno in particolare delle regioni di Gabu e Bafata, per cui sono previste azioni di inclusione economica, attraverso finanziamenti di microimprese, gruppi di risparmio e attività generatrici di reddito.

Trasversalmente a tutte le attività rivolte a queste categorie, Mani Tese ha organizzato nel corso degli anni eventi di comunicazione e sensibilizzazione su questi temi: dalla violenza di genere, al traffico dei minori e ai rischi della migrazione irregolare. In particolare, l’ONG ha contribuito a organizzare manifestazioni in occasione dell’8 marzo, Giornata internazionale della Donna, del 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, del 20 giugno, Giornata mondiale del Rifugiato e tre edizioni del festival culturale di Gabu sui rischi della migrazione irregolare. Inoltre, la sensibilizzazione comunitaria costituisce parte del lavoro quotidiano nei villaggi e viene realizzata attraverso dibattiti rivolti a tutte le fasce della popolazione sulle tematiche affrontate e più in generale, sui diritti umani.

I numeri della violenza

I dati UNICEF del 2018 (Global database based on Demographic and Health Surveys (DHS), Multiple Indicator Cluster Surveys (MICS) and other nationally representative surveys) riportano che il matrimonio forzato e precoce colpisce il 24% delle ragazze guineensi che si sono sposate prima dei 18 anni e secondo il “UN Integrated Peacebuilding Office in Guinea-Bissau’s Report” del 2017 la mutilazione genitale femminile ha colpito il 45% della popolazione (percentuale di ragazze e donne di età compresa tra 15 e 49 anni).

Secondo lo “Studio diagnostico sulla situazione del quadro giuridico nazionale e internazionale applicabile alla Guinea-Bissau sulla tratta di minori, diritto economico delle donne e violenza contro le donne” (2015), condotto dalla Guinean League of Human Rights, l’85% della violenza contro le donne avviene in ambito familiare (violenza domestica) e il 71% delle vittime intervistate ha riferito di non aver mai denunciato. Nel centro di accoglienza per vittime di SGBV di Bissau supportato da Mani Tese, sono state accolte in 2 anni (2019-2021) 91 vittime, mentre nelle famiglie di accoglienza nelle 5 regioni di intervento ne sono state ospitate 52.

Cresce nel mondo la critica al vertice onu sui sistemi alimentari

Troppo dominante, secondo le organizzazioni della società civile fra cui Mani Tese, il ruolo delle multinazionali del cibo. Intanto a Roma si sta tenendo presso la FAO il pre-Summit sui Sistemi Alimentari.

In questi giorni dal 26 al 28 luglio si tiene a Roma presso la FAO il pre-Summit sui Sistemi Alimentari, che anticipa il Summit ONU sui Sistemi Alimentari indetto dal Segretario Generale Antonio Guterres e previsto a New York il prossimo settembre.

Il dibattito sui sistemi del cibo è cruciale perché l’80% delle terre agricole in Asia in Africa a Sud del Sahara è gestito da piccoli contadini (<10 ha) che forniscono l’80% del cibo in queste due macro-regioni (FAO).

2,5 miliardi di persone nei paesi poveri dipendono direttamente dal settore agro-alimentare. Al contrario, il 75% del cibo mondiale deriva da sole 12 piante e 5 specie animali. (FAO)

La scelta di quale indirizzo dare ai sistemi alimentari del futuro è pertanto strategica.

In occasione del pre-Summit sui Sistemi Alimentari molte associazioni, organizzazioni internazionali della società civile, associazioni di piccoli produttori e allevatori, comunità indigene ed esperti internazionali, oltre a rappresentanti del mondo scientifico ed accademico stanno si stanno mobilitando per esprimere il loro dissenso, rispetto al ruolo che stanno assumendo le multinazionali del cibo.

Il focus del dissenso consiste nel fatto che nell’organizzazione del Summit ONU, le Nazioni Unite hanno ridimensionato il ruolo della FAO, che è sempre stata al centro del dibattito sulle questioni alimentari, affiancandola con il World Economic Forum, una fondazione privata focalizzata sulle questioni economiche. Questa decisione ha portato a un indebolimento del ruolo della società civile che nella FAO ha degli spazi ufficiali di consultazione (Civil Society Mechanism – CSM). Al contrario, assumono un ruolo, più forte che in passato, le grandi imprese e le grandi fondazioni filantropiche.

Il ruolo di guida del Forum è stato assegnato alla prof.ssa Agnes Kalibata, una figura molto connotata nel dibattito del settore, poiché è la presidente dell’Alleanza per la Rivoluzione Verde in Africa, un’associazione filantropica che propone un modello di agricoltura fondato sull’intensificazione orientata al mercato.

Si è dunque giunti a una sorta di polarizzazione tra due posizioni: una rappresentata dall’Alleanza per la Rivoluzione Verde, maggiormente legata alle reti economiche internazionali, l’altra, rappresentata dalle organizzazioni della società civile presenti nel CSM, che spingono per un modello agroecologico centrato sulle reti locali e regionali.

Per queste ragioni organizzazioni importanti della società civile come “La via Campesina” hanno deciso di boicottare il forum, organizzando un evento alternativo centrato sul ruolo dei movimenti indigeni e contadini.

Mani Tese, per la sua storia e i suoi valori ha seguito i lavori del CSM e ha sottoscritto le lettere inviate nei mesi scorsi dal CSM al segretario delle Nazioni Unite Guterres per chiedere di rivedere le sue decisioni circa la leadership del processo, sostenendo la centralità della FAO e denunciando i rischi dell’affidamento al WEF.

Inoltre Mani Tese tramite la rete Azione TerrAE partecipa ai lavori del Food System for the People www.foodsystems4people.org

Mani tese promuove le manifestazioni in corso che convergono intorno all’iniziativa. Qui il programma delle tre giornate di Contro-Mobilitazione: Call to action | Peoples’ Counter-Mobilization to Transform Corporate Food Systems

“L’APICOLTURA MI HA CAMBIATO LA VITA”, PAROLA DI JOEL!

Grazie al progetto AGRI-CHANGE che Mani Tese sta realizzando in Kenya, Joel Kiprotich, cieco da quando aveva tre anni, diventerà un grande apicoltore.

Joel Kiprotich è un apicoltore della contea di Baringo (Kenya). Oggi la sua vita è ricca di speranza, ma la sua infanzia è stata molto difficile.

All’età di tre anni gli fu diagnosticato un problema all’occhio e, nonostante l’infezione venne curata, da quell’occhio non riuscì più a vedere. Dopo due anni, in seguito a un grave incidente, Joel perse anche il secondo occhio rimanendo così completamente cieco.

Sebbene dipendente dai suoi genitori, che lo aiutavano a camminare e a svolgere le attività quotidiane, Joel è sempre stato un ragazzo determinato e, crescendo, ha tentato di rendersi autosufficiente lavorando nell’ambito della frutticoltura. Purtroppo la siccità, ricorrente nella zona, ha fatto fallire l’attività.

Joel, allora, ha deciso di sperimentare l’apicoltura, che già il padre praticava e che può essere gestita con meno impegno fisico rispetto alle attività di agricoltura e frutticoltura. Ha iniziato con cinque arnie e, dopo un primo abbondante raccolto, si è comprato un altro alveare.

La determinazione di Joel ci ha spinto a coinvolgerlo nel progetto “Agri-change: piccole imprese grandi opportunità. Sviluppo di filiere agro-alimentari nel bacino del fiume Molo”, cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la cooperazione allo sviluppo. Grazie al progetto, gli sono state fornite tre nuove arnie e attrezzature moderne per la raccolta e la cura degli alveari. Joel è inoltre potuto entrare in contatto con la raffineria di miele di Rabai, che lo stesso progetto ha realizzato nel corso della prima annualità.

L’ultima volta che siamo andati a visitarlo, Joel aveva in totale venti arnie e la produzione stava andando così bene che col ricavato ora può aiutare la propria famiglia e fare anche dei piccoli investimenti nella sua attività.

L’apicoltura si può dire che abbia cambiato la vita di Joel, che adesso ha una moglie, un figlio e coltiva il sogno di diventare un grande apicoltore.

“Ringrazio Mani Tese per avermi supportato – dice Joel – Nella maggior parte dei casi noi persone con disabilità siamo invisibili. Ora spero di migliorare la mia vita e di mostrare a tutti che la disabilità non è incapacità!”

Qui di seguito alcune foto di Joel:

IN BURKINA FASO FORMIAMO LE ORGANIZZAZIONI SULLA VIOLENZA DI GENERE

Nei mesi scorsi abbiamo coinvolto le organizzazioni della società civile di tre regioni del Burkina Faso per far riflettere sul tema della violenza di genere.

Se nasci, cresci e vivi in un contesto dove la donna è considerata inferiore all’uomo, al primo schiaffo non dirai nulla, perché ti sembrerà normale, ti sembrerà di essertelo meritato, ti sembrerà giusto. Se nasci, cresci e vivi in un contesto del genere, quando tuo marito tornerà a casa la sera e urlerà dicendo che la cena non è ancora pronta e c’è della polvere nell’angolo, ti sentirai in colpa per aver fatto tardi a raccogliere quintali di legna nel bosco, trasportandola sulle spalle. Gli darai ragione e ti scuserai. Se nasci, cresci e vivi in un contesto di questo tipo e nessuno te lo dice, semplicemente non puoi sapere che tutto ciò non va bene, non è affatto normale e che hai dei diritti.

Per questo negli ultimi due mesi, con il progetto Promozione sociale e dei diritti delle donne e dei bambini per il miglioramento dei servizi sanitari e di stato civile, cofinanziato dall’Unione Europea nell’ambito del programma “Population”, abbiamo formato le organizzazioni della società civile di 7 province in 3 regioni del Burkina Faso su cosa sono le violenze di genere, come riconoscerne i segni, quali sono gli strumenti di tutela e come accompagnare le vittime ad avere il supporto psicologico e giuridico che serve loro.

La formazione, rivolta a persone, sia uomini sia donne, con un certo livello di formazione e apertura mentale di modo da responsabilizzarli in seno alle comunità di appartenenza, partiva da una domanda molto semplice ovvero: qual è un compito prettamente maschile e uno prettamente femminile? Le risposte sono state quelle che immaginiamo: “la donna deve occuparsi dei bambini”, “la donna deve cucinare”, “la donna deve curare la casa”, “l’uomo lavora”.

La formatrice ha quindi chiesto agli uomini presenti se fosse mai capitato loro di spazzare il cortile o lavare i piatti. La maggior parte di loro ha risposto di sì. Lei allora ha chiesto loro di alzarsi e di mostrarsi per bene: in effetti non sembravano aver subito danni permanenti. Risate in sala. È stato poi mostrato visivamente, con l’aiuto di cartelli, il numero di incarichi e compiti che tradizionalmente incombono sulla donna e quelli che invece sono attribuiti all’uomo. Sono stati letti e ad ognuno è stato assegnato un tempo di esecuzione realistico. Alla fine c’era il silenzio in sala. E a quel punto, di fronte ad un lieve imbarazzo ma soprattutto ad una maggiore comprensione, abbiamo iniziato a parlare di violenza, che è sbagliata a prescindere dal contesto culturale e dalle abitudini, che va denunciata e le cui vittime vanno individuate e supportate.

I partecipanti hanno accettato la sfida: si sono confrontati su casi molto crudi e duri delle loro comunità (parliamo di spose bambine, di ragazzine di 11 anni messe incinte da un familiare e poi allontanate dalla famiglia in quanto streghe, di mutilazione genitale femminile e tanto altro) e si sono impegnati ad essere un punto di riferimento, sia per sensibilizzare le persone della propria zona, sia per farsi carico di individuare e supportare le vittime con gli strumenti che la legge mette a disposizione.

Nei prossimi mesi organizzeremo delle sessioni di teatro per arrivare direttamente al cuore delle comunità e diffondere il messaggio, in modo che le stesse potenziali vittime sappiano a chi rivolgersi in caso di bisogno. E speriamo che il cambiamento inizi da qui, dalla consapevolezza che NO!, non è giusto.

Qui sotto alcune foto della formazione:

17. Moumini e l’olio di sesamo

La cooperativa Koumare ha un progetto ambizioso: realizzare un centro di trasformazione del sesamo in olio. Scopri la storia di Moumini.

Moumini ha 35 anni ed è il giovane presidente della cooperativa “Koumare”, che in lingua bissa significa “l’intesa”. Koumare si trova nel villaggio di Sampema, nel comune di Zabré, in Burkina Faso, e per arrivare la strada è difficile, bisogna attraversare la savana e ad un certo punto ti viene quasi da pensare che non ci arriverai più. E invece, ecco in fondo alla strada spuntare il villaggio, dove la cooperativa lavora per dare una speranza ai giovani, sfruttando la materia prima a disposizione: il sesamo.

Il progetto di Moumini e di Koumare, ambizioso e particolare, è quello di realizzare un centro di trasformazione del sesamo in olio, un prodotto prezioso, molto pregiato e costoso. Per questo si è impegnato e ha ottenuto, grazie al progetto “Imprese sociali innovative e partecipazione dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso” cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e da Fondazione Maria Enrica, un supporto per la realizzazione della sua idea.

Moumini e i suoi colleghi hanno seguito tutto il percorso di incubazione e formazione d’impresa previsto dal progetto e hanno potuto acquistare l’estrattore dell’olio e un triciclo a motore per il trasporto dei propri prodotti. La cooperativa ha anche ricevuto un sostegno particolare dall’Associazione della  diaspora burkinabé in Italia UABT (Unione delle Associazioni del Burkina Faso di Treviso), che li ha accompagnati durante tutto il progetto, non solo con un contributo economico, ma anche con visite e consigli. Il suo Presidente Idriss Tarabure, che si è recato in Burkina Faso nell’ambito del progetto proprio per sostenere Koumare, è da anni impegnato con la sua associazione per il suo Paese ed in particolare per i giovani e le donne che sono per lui i soggetti sui cui investire per un vero sviluppo.

Ovviamente le sfide non sono state poche, ma Moumini e i membri di Koumare, piano piano, le stanno affrontando tutte: dapprima l’estrattore dell’olio ordinato dalla Cina non arrivava, causa pandemia; poi il prezzo del triciclo è aumentato ed ora stanno cercando una struttura in affitto più grande da poter trasformare in laboratorio; ma grazie all’impegno e al contributo di tutti, il futuro sembra radioso per quest’impresa così ambiziosa. Moumini, in conclusione della nostra chiacchierata, si rivolge direttamente agli amici italiani: “Innanzitutto, la nostra associazione desidera ringraziare i partner in Italia per il loro sostegno finanziario. Come sapete, siamo in un paese in via di sviluppo dove le sfide sono enormi e lo Stato da solo non può fare tutto subito. A ciò si aggiungono l’insicurezza e la pandemia che incidono negativamente sulla marcia verso lo sviluppo. In questo contesto, la presenza di amici come voi è un fatto di cui essere riconoscenti e orgogliosi. Osiamo credere che avremo ancora e sempre il vostro supporto per commercializzare il nostro olio di sesamo in Italia e nel mondo. Da parte nostra, vi rassicuriamo che faremo tutto il possibile per meritare la fiducia che avete riposto in noi”.

Qui sotto alcune foto di Moumini:

Moumini con l’estrattore dell’olio
Moumini con il triciclo a motore

CONTINUA A SEGUIRE IL BLOG “L’IMPRESA DI CRESCERE INSIEME”

L’IMPRESA DI CRESCERE INSIEME IN BURKINA FASO

Online l’evento conclusivo del progetto “Imprese sociali innovative e partecipazione sociale dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso”.

Il 13 luglio 2021 Mani Tese ha ospitato online il convegno conclusivo del progetto “Imprese sociali innovative e partecipazione sociale dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso”.

Il progetto, promosso dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e dalla Fondazione Maria Enrica, ha avuto inizio nel 2018 con la prospettiva di contribuire al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione rurale in Burkina Faso, favorendo lo sviluppo di attività produttive, imprenditoriali e innovative, valorizzando soprattutto il ruolo dei giovani, delle donne e dei migranti in Italia.

Nel corso di tre anni ha portato allo sviluppo di 20 imprese sociali, coinvolgendo direttamente le associazioni della diaspora burkinabé in Italia, e formato più di 900 giovani sull’informatica di base e le nuove tecnologie.

L’evento ha visto la partecipazione di quasi tutte le realtà che hanno contribuito alla implementazione del progetto (ACRA, CeSPI, una delle Associazioni della Diaspora che ha partecipato al progetto UABT – Unione delle Associazioni del Burkina Faso di Treviso, Chico Mendes, Watinoma e il Comune di Milano) che sono intervenute, non solo per condividere i risultati raggiunti, ma anche per individuare e mettere in evidenza le pratiche che hanno portato ad una realizzazione positiva dell’attività e che hanno messo le fondamenta per la sostenibilità dell’iniziativa.

L’evento è riuscito nel suo intento di dare un assaggio di tutte le componenti di progetto: dalla formazione dei giovani imprenditori e imprenditrici e l’accompagnamento delle imprese nel loro sviluppo, dal coinvolgimento della diaspora burkinabé residente in Italia, l’esperienza del Teatro Forum e di altre campagne per la sensibilizzazione delle comunità a più temi, fino alla presentazione di alcuni dei prodotti alimentari realizzati dalle imprese.

Molti i concetti chiave che sono emersi durante l’evento. Tra questi, il fatto che il progetto sia stato in grado di fare leva sui segmenti della società che più hanno potenzialità nel contesto burkinabé: i giovani, le donne che compongono la maggior parte della popolazione e i migranti burkinabé in Italia, di cui si è cercato di riconoscere e rafforzare le capacità e il protagonismo. Idriss Tarabure, portavoce dell’Associazione Diaspora di Treviso, ha evidenziato l’importanza del coinvolgimento della diaspora nel progetto che, grazie al riconoscimento come attore di sviluppo, ha potuto rafforzare il legame con i propri luoghi di nascita e le proprie comunità.

L’evento ha così dato l’opportunità di evidenziare che il lavoro in partenariato con più attori diversi costituisca un enorme vantaggio per rendere concreto il cambiamento.

Qui sotto puoi riguardare l’evento completo:

SAPIENS A 5P: IL KIT DIDATTICO PER PARLARE DI SVILUPPO SOSTENIBILE

Mani Tese propone a docenti e formatori uno strumento per parlare ai ragazzi e alle ragazze di cittadinanza globale, diritto al cibo, economia, clima e migrazioni.

A partire dalle lezioni apprese durante i “percorsi di ricerca azione nella scuola secondaria di primo grado” sviluppati in 5 regioni italiane grazie al progetto “Piccoli che Valgono!”, finanziato dall’Impresa Sociale Con i Bambini, Mani Tese ha realizzato il kit didattico “Sapiens a 5P: proposte di Educazione Civica nell’era dell’antropocene” per parlare ai ragazzi e alle ragazze di cittadinanza globale, diritto al cibo, scelte economiche consapevoli, clima e migrazioni.

Obiettivo del kit didattico, che si inserisce entro il quadro di insegnamento dell’Educazione Civica promosso dal MIUR attraverso la legge n.92 del 2019, è l’integrazione dell’insegnamento delle materie curriculari con moduli specifici incentrati sul tema dello sviluppo sostenibile come definito dai 17 obiettivi dell’Agenda ONU 2030. Una collaborazione volta ad aumentare il potenziale impatto dell’Educazione Civica come motore di un cambiamento che, muovendo dalla scuola, abbraccia il resto della comunità e del mondo.

Attraverso questa nuova lettura, l’Educazione Civica supera i canoni di una tradizionale disciplina, assumendo più propriamente la valenza di matrice valoriale trasversale che va coniugata con le discipline di studio, per evitare superficiali e improduttive aggregazioni di contenuti teorici e per sviluppare processi di interconnessione tra saperi disciplinari ed extradisciplinari.

I percorsi proposti all’interno del kit invitano i ragazzi e le ragazze ad attivarsi per compiere il salto evolutivo necessario a contrastare l’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo, proponendo nuovi modelli educativi in grado di coinvolgere i loro pari in un processo di attivismo, rinnovamento ed interscambio continuo.

Il kit didattico rappresenta uno strumento utile a formatori e docenti per proporre percorsi, fuori e dentro la scuola, in cui i reali protagonisti siano i ragazzi e le ragazze. La metodologia proposta vuole superare il sistema classe, inteso come uno spazio fisico fisso abitato da un gruppo di ragazzi intorno a cui girano gli insegnanti che impostano la didattica, a favore di un modello più diffuso, fruibile a piccoli gruppi e in spazi diversi, magari in parte gestiti fuori dalla scuola, in collaborazione con tutti gli attori delle comunità educanti territoriali.

Come Mani Tese crediamo che, nella lotta alla dispersione scolastica, soprattutto durante questo periodo di emergenza, sia necessaria una rinnovata alleanza tra scuola e terzo settore. Attraverso questo kit didattico, vogliamo mettere a disposizione attività, metodi, spazi e capacità progettuale, per facilitare lo sviluppo di competenze, conoscenze e abilità al fine di migliorare il benessere degli studenti attraverso la sperimentazione di meccanismi partecipativi.

Siamo convinti, infatti, che sia fondamentale essere presenti per lavorare insieme a docenti e studenti nella costruzione di un nuovo modello di scuola, più creativo e partecipato.

“Piccoli che Valgono!”  è un progetto selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile promosso da Mani Tese  insieme ad altri partner.

SCARICA GRATUITAMENTE IL KIT DIDATTICO