PROGETTO SEMINA: LA TESTIMONIANZA DI BINTOU

Bintou è una contadina della provincia di Yatenga (Burkina Faso) e verrà sostenuta dal progetto SEmInA per aumentare la propria produzione e imparare le tecniche agroecologiche.

Nella Regione del Nord del Burkina Faso e in particolare nella provincia di Yatenga, siamo attivi con il progetto SEmInA – Superare l’emergenza incentivando l’agricoltura, cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

L’obiettivo è quello di migliorare le condizioni di vita delle comunità locali, riducendo l’insicurezza alimentare e aumentando qualitativamente e quantitativamente le produzioni agricole, in un contesto ambientale e sociale molto difficile.

Oggi vi portiamo la testimonianza di Bintou, una mamma forte e coraggiosa che abita nel villaggio di Noodin, nel Dipartimento di Ouahigouya.

Mi chiamo Bintou Sawadogo, ho 42 anni e tre figli piccoli. Insieme ad altre famiglie vulnerabili del mio villaggio sono stata selezionata come beneficiaria del progetto SEmInA.

Per vivere coltivo un piccolo pezzo di terra vicino a casa, ma non ho buoni attrezzi per lavorare, né il denaro sufficiente per comprarne di nuovi. Per fortuna vicino all’orto c’è un punto per la raccolta dell’acqua, ma l’acqua è poca soprattutto durante la stagione secca.

Non conosco nessuna tecnica per migliorare il mio orto, ma ho tanta voglia di imparare per produrre di più e sostenere meglio la mia famiglia.

Molte donne del villaggio hanno un orto e andiamo a coltivare tutte insieme per farci forza a vicenda e condividere gli strumenti di lavoro.

Coltiviamo soprattutto pomodori, cipolle, patate e cetrioli, ma anche se l’annata è buona e tutto va bene, quello che produco è appena sufficiente per sfamare la mia famiglia.

Tradizionalmente, delimitiamo gli orti con la tecnica della siepe viva, ovvero pratichiamo il taglio di alcuni arbusti per realizzare i perimetri, ma ora questa tecnica non è più consentita e dobbiamo trovare il modo di procurarci delle reti metalliche. Questo è per noi un altro costo da sostenere.

Per tirare su l’acqua dai pozzi tradizionali, facciamo uso di carrucole, corde e catini ricavati da camere d’aria cucite insieme per creare dei secchi.

Per rendere più fertile il terreno, utilizziamo prevalentemente concime chimico e non tanto l’organico perché non conosciamo bene le tecniche di compostaggio.

Bintou insieme ad altri 360 uomini e donne appartenenti a famiglie vulnerabili dei comuni di Thiou, Ouahigouya, Zogore e Thangaya, sarà supportata nella produzione orticola per migliorare le condizioni di vita della sua famiglia. Riceverà una fornitura di semi di pomodoro, cipolla e cavolo e un kit di utensili composto da pala, zappa, rastrello, guanti, annaffiatoio, secchio e carriola. Sarà inoltre formata dal nostro staff locale sulle tecniche di produzione agroecologica.

Sostieni anche tu Bintou e scopri di più sul progetto SEmInA – Superare l’emergenza incentivando l’agricoltura.

Foto di Bintou

DALL’ORTICOLTURA ALLA FRUTTICOLTURA: LA STORIA DI DAVID

Grazie al progetto AGRI-CHANGE, che Mani Tese sta realizzando in Kenya, David Chelal sta sviluppando la sua coltivazione di alberi da frutto.

David Chelal vive nella zona di Kirambach, nella contea di Baringo. Nel 2014 ha cominciato a dedicarsi all’orticoltura, ma inizialmente non aveva sufficienti conoscenze in materia e i suoi raccolti erano poveri. Convinto però che l’orticoltura potesse cambiare la sua vita, David si è trasferito prendendo in affitto un nuovo terreno.

Durante questo periodo di cambiamento, David ha imparato molte cose sulla frutticoltura. Ha iniziato a piantare banani e a prendersi cura degli alberi di mango che già si trovavano in quel terreno. Se durante la prima esperienza come agricoltore l’acqua scarseggiava, dopo il trasferimento David è stato più fortunato perché il nuovo terreno è raggiunto da un piccolo canale proveniente da un vicino fiume.

La nuova attività di David è iniziata molto bene, tanto che ha per il momento abbandonato l’orticoltura e il suo desiderio è quello di espandere la frutticoltura e aumentare così il proprio reddito. Vista la sua determinazione, lo staff di Mani Tese in Kenya ha deciso di coinvolgerlo nel progetto “Agri-change: piccole imprese grandi opportunità. Sviluppo di filiere agro-alimentari nel bacino del fiume Molo”, cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la cooperazione allo sviluppo.

Sono state quindi consegnate a David alcune piante da frutto, in particolare 125 piante di papaia, 15 piante di acacia e 10 piante di mango. Ora David vuole diventare un fornitore di frutta per la città di Marigat, dove vi è un importante mercato, e per altre aree vicine, ma non abbandona il progetto di coltivare ortaggi, anzi.

“Questa esperienza – racconta David – mi ha fatto capire che, con le conoscenze, posso avere successo anche con la coltivazione di ortaggi. Adesso, però, la cosa più importante è che i frutti dei miei alberi vengano raccolti e diventino sia cibo nutriente per la mia famiglia sia una fonte di reddito. Ringrazio Mani Tese perché la formazione è stata fondamentale per permettermi di far crescere bene le piantine”.

Al momento della nostra visita alla fattoria di David, gli alberi erano in ottimo stato ed era già cominciato il momento della raccolta. La speranza è che l’esempio di David possa portare altri agricoltori e abitanti della zona a sviluppare le proprie attività aumentando il proprio reddito e migliorando le proprie condizioni di vita.

18. Mariam e il burro di Karité

Grazie al progetto “Imprese”, la cooperativa Song Taaba sta aumentando la produzione e sta rendendo sempre più autonome le donne che ne fanno parte.

In Burkina Faso, le donne della cooperativa Song Taaba di Banko, nella provincia di Boulkiemdé, hanno deciso di rendere il processo di trasformazione del karité in burro il proprio lavoro. Mariam Zongo, una delle protagoniste, ci racconta: “Abbiamo ereditato quest’attività dalle nostre madri che a loro volta trasformavano il karité in burro. Questo prodotto tradizionalmente fa parte delle nostre abitudini di consumo, ma adesso è anche un’importante fonte di guadagno perché, oltre che in Burkina, è richiestissimo ovunque, anche in Europa”.

Il burro di karité, infatti, è alla base di moltissimi prodotti cosmetici, come idratanti o lenitivi, e da sempre viene usato dalle donne burkinabé per curare ed ammorbidire la propria pelle e quella dei bambini. Inoltre, viene utilizzato anche in cucina come grasso alimentare in sostituzione dell’olio, soprattutto in ricette come il benga, un piatto a base di riso e fagioli locali, ma è usato anche per la preparazione delle creme spalmabili alla nocciola o al cioccolato che si trovano nei supermercati.

Mariam e le sue colleghe di Song Taaba sono molto felici perché grazie ai fondi ricevuti dal progetto Imprese sociali innovative e partecipazione dei migranti per l’inclusione sociale in Burkina Faso” (cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e dalla Fondazione Maria Enrica) hanno finalmente potuto acquistare del materiale adeguato e rafforzare la propria capacità produttiva. Inoltre, il corso di alfabetizzazione organizzato dal progetto è stato molto apprezzato dalle donne della cooperativa, infatti la stessa Mariam ci dice che “prima non sapevano nemmeno tenere in mano una penna” mentre ora sono molto più autonome anche nella scrittura.

Il cambiamento più grande che Mariam e le sue colleghe hanno registrato è stato però il passaggio dal lavoro manuale a quello semi-industriale, che ha facilitato e aumentato la produzione trasformando un semplice gruppo in un’impresa. Le donne socie della cooperativa possono ora dare il proprio contributo nella gestione dell’economia domestica, attraverso il pagamento di tasse scolastiche, cure mediche, acquisto di vestiti e del cibo per i propri figli.

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IN BURKINA FASO FORMAZIONI SULLA TRASFORMAZIONE DEL POMODORO E SULLA PREPARAZIONE DI MARMELLATE

Le formazioni che realizziamo sono fondamentali per rendere maggiormente autonomi i produttori locali.

In Burkina Faso, ormai da molti anni, Mani Tese accompagna i 238 membri dell’Unione dei produttori di Loumbila NANGLOBZANGA, in un percorso di consapevolezza e cambiamento verso la transizione agroecologica. In questo percorso, svolge un ruolo chiave il centro di formazione e trasformazione, realizzato nel corso degli anni dall’Unione con il nostro sostegno, che è diventato il fulcro di tante attività dei nostri progetti.

Nella seconda settimana di giugno, nell’ambito dei progetti “TOMATO REVOLUTION” e “DOLCI PRODUZIONI” finanziati rispettivamente dalla Regione Emilia-Romagna e dal Comitato Lecchese per la Pace e la Cooperazione tra i Popoli, si sono tenute due importanti formazioni. Le formazioni sono la chiave del cambiamento, perché danno la possibilità ai partecipanti di imparare nuove tecniche e acquisire nuove competenze.

Come prima cosa, insieme all’Unione NANGLOBZANGA, abbiamo identificato i criteri di selezione dei partecipanti, ovvero: interesse specifico per le attività di trasformazione proposte, precedente esperienza nell’attività di formazione, omogeneità ed equità di distribuzione dei partecipanti fra i vari villaggi rappresentati e considerazione del genere per incentivare la partecipazione di donne.

La prima formazione è stata dedicata al processo di trasformazione del pomodoro ed ha coinvolto 30 donne, mentre la seconda, incentrata sulla realizzazione di confetture, ha visto la partecipazione di 10 donne.

Le formazioni sono sempre guidate da esperti locali accompagnati dagli animatori di Mani Tese e seguono un modello consolidato che permette ai partecipanti di acquisire importanti informazioni generali di base, come l’igiene durante il processo di lavorazione, piuttosto che gli ingredienti da utilizzare, ma soprattutto che consente di mettere in pratica operativamente i processi di trasformazione.

Le partecipanti hanno sperimentato le differenti varietà di pomodori e frutta che possono essere utilizzate, sono stati poi discussi i diversi stadi di maturazione e individuati quelli più idonei a ciascun preparato finale, infine sono state condivise informazioni su ulteriori ingredienti che possono essere integrati. La Stevia rebaudiana, ad esempio, può essere utilizzatain sostituzione dello zucchero per la preparazione di confetture e oltre 200 piante sono già pronte per essere piantate nell’orto dell’Unione per una sperimentazione in questo senso. Questa parte introduttiva della formazione è stata fondamentale per facilitare la comprensione delle norme igieniche da adottare durante la preparazione e il condizionamento al fine di garantire un prodotto sano e sicuro.

Ma la parte pratica rimane il cuore vitale delle formazioni. Le donne, con l’accompagnamento dell’esperta formatrice e della nostra equipe, hanno realizzato tutto il processo di trasformazione della frutta in confettura e del pomodoro in purea, mettendo in pratica tutti i passaggi appresi ed utilizzando tutti i materiali necessari. Il centro di Loumbila è diventato così un vero e proprio laboratorio di trasformazione dove le donne sono protagoniste, impegnatissime a sperimentare, comprendere i vari passaggi, fare prove di condizionamento dei prodotti finali e valutare la qualità dei prodotti ottenuti. Non in ultimo, queste formazioni sono state l’occasione per parlare di come immettere sul mercato questo tipo di prodotti, del loro posizionamento e delle loro potenzialità.

Dopo 6 giorni complessivi di intensa formazione, tutte le partecipanti avevano un grande sorriso sul volto, soddisfatte di avere acquisto nuove competenze, e finalmente si sentivano pronte ad avviare la produzione di una nuova linea di prodotti provenienti da un’agricoltura agroecologica con il marchio dell’Unione NANGLOBZANGA.

Insieme, abbiamo fatto un altro importante passo per rendere maggiormente autonomi i produttori dell’Unione NANGLOBZANGA e per rendere sostenibile questi progetti!

Qui di seguito alcune foto delle formazioni:

Progetti per donne (auto) determinate

Nonostante un ruolo centrale delle donne nella società, nel Paese il divario di genere è molto forte e condiziona le possibilità di autonomia mantenendole in una condizione di subordinazione.

Le donne della Guinea-Bissau sono considerate il motore dell’economia del Paese, ma spesso il loro ruolo e i loro diritti non vengono riconosciuti né valorizzati a causa di una cultura profondamente maschilista. In Guinea-Bissau, infatti, sono le donne che tradizionalmente si occupano del lavoro nei campi, della vendita dei prodotti e della gestione di attività informali e, allo stesso tempo, dell’accudimento dei figli e degli anziani, delle faccende domestiche e dell’amministrazione delle spese famigliari. Il carico di lavoro ricade su di loro insieme alle responsabilità, che, se non portate a termine, possono anche sfociare in episodi di violenza da parte dei compagni o mariti.

Il lavoro ‘chiave’ per l’autonomia

Mani Tese si impegna da anni a promuovere un cambio di comportamento verso le donne nelle comunità in cui opera, che passa dalla sensibilizzazione rispetto ai loro diritti, ma anche dalla creazione di opportunità economiche come microimprese, accesso al credito e gruppi di risparmio, che, se da un lato consentono di creare condizioni di vita migliori per tutto il nucleo famigliare, dall’altro incentivano processi di autodeterminazione e autonomia.

Attraverso l’acquisizione di una sufficiente entrata economica, non solo possono soddisfare alcune necessità familiari (iscrizione dei figli a scuola, acquisto di prodotti alimentari diversificati per una migliore alimentazione, accesso a cure mediche), ma riescono a risparmiare e investire in attività autonome o collettive che incentivano il percorso verso l’indipendenza riequilibrando le relazioni di genere e accelerando lo sviluppo del Paese.

L’ONG interviene in quasi tutte le 9 regioni del Paese attraverso attività agricole e creazione di opportunità per accedere ad attività generatrici di reddito, supportando la costituzione di un ruolo professionalizzante delle donne che contribuisca alla crescita economica. Nelle regioni est e nord della Guinea-Bissau, le donne si dedicano in particolare al settore agricolo e alla commercializzazione dei prodotti degli orti. È per questo che Mani Tese propone azioni mirate al rafforzamento delle competenze agricole, con un occhio all’ambiente, visto che le destinatarie vengono formate anche sulla produzione agro-ecologica: preparazione di vivai, trapianto, produzione e uso di fertilizzanti naturali, produzione e uso di repellenti naturali, utilizzo degli impianti di irrigazione, calcolo della produzione finale e tecniche semplici di commercializzazione.

Le attività di formazione, rivolte principalmente alle donne, si svolgono attraverso il learning by doing, in cui gli orti delle loro comunità vengono usati come campi scuola. I gruppi creano un comitato di gestione, guidato da una donna, utile sia per il corretto utilizzo dei materiali consegnati che per la commercializzazione dei prodotti in modo collettivo. In queste attività, proprio per creare cambiamenti comportamentali, vengono coinvolti in modo attivo anche gli uomini, soprattutto nella pulizia dei campi e nella loro recinzione.

Oltre all’agricoltura, Mani Tese promuove occasioni di sviluppo economico nell’ambito dell’avicoltura: attualmente 30 donne in 6 regioni del Paese sono responsabili degli aviari in cui allevano galline e polli, vendendo uova e carne nei mercati locali e nei loro villaggi. Altre ancora sono state appoggiate con microfinanziamenti sia individuali che collettivi nell’apertura di attività quali vendita di pesce, ristoranti, negozi di vestiti e alimentari e produzione di saponi.

La strada dei diritti

Le donne guineensi beneficiarie degli interventi supportati da Mani Tese vivono per la maggior parte in condizioni di vulnerabilità, che si acuiscono quando rientrano in categorie specifiche come rifugiate, mogli di migranti, madri di minori trafficati, vittime di violenza e donne con disabilità. Per questo Mani Tese, insieme ai suoi partner, prevede in tutte le sue azioni l’inclusione di questi gruppi di persone, adattando le loro necessità alla promozione di iniziative economiche e incentivando supporti finanziari specifici. I comportamenti generati servono da modello nelle famiglie e nelle comunità e promuovono un approccio sostenibile basato su un maggiore benessere economico e sul rispetto per i diritti delle donne, due assi trasversali a quasi tutti i progetti di Mani Tese.

Il COVID ha certamente compromesso l’economia della Guinea-Bissau e in particolare il commercio, sia interno che transfrontaliero, creando un impatto negativo sulle entrate famigliari. Eventi come fiere agricole, mercati settimanali locali, vendita informale, sono stati sospesi per mesi. Il trasporto pubblico è stato interdetto e le donne, principali responsabili dell’alimentazione, hanno dovuto camminare anche per ore per raggiungere i pochi punti di approvvigionamento aperti o per andare a vendere i loro prodotti dove permesso. Questo ha aumentato i casi di violenza domestica, visto che la donna non rispettava i tempi standard di preparazione dei pasti e della cura della casa.

Fortunatamente la situazione rispetto alla pandemia in Guinea-Bissau non ha raggiunto livelli di gravità come in altri Paesi. Attualmente le restrizioni sono diminuite e la vita è tornata quasi alla normalità, ancora tuttavia caratterizzata dalla disparità di genere.

L’infanzia negata dei bambini Talibé

La protezione delle vittime e la prevenzione del fenomeno della tratta dei minori nell’azione di Mani Tese in Guinea-Bissau.

La tratta di esseri umani rappresenta un crimine globale. I gruppi organizzati e i trafficanti che si celano dietro questo fenomeno lucrativo approfittano di individui disperati e in stato di vulnerabilità. Il Protocollo di Palermo del 2000 per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare di donne e bambini, è uno dei tre protocolli associati alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale. La definizione di tratta di persone in esso contenuta costituisce uno strumento vitale per l’identificazione delle vittime e per la prosecuzione di ogni forma di sfruttamento che possa configurare il crimine. I Paesi che ratificano il Protocollo hanno il dovere di perseguire il crimine e adottare misure interne in linea con le previsioni in esso contenute, capaci di fornire protezione e assistenza alle vittime di tratta e assicurando il rispetto dei loro diritti.

La Guinea-Bissau ha ratificato il Protocollo di Palermo nel 2007. Tuttavia, secondo il Rapporto sulla Tratta di Persone del 2020, il Governo della Guinea-Bissau, nonostante abbia adottato un piano di azione volto a regolamentare il fenomeno della tratta, non rispetta ancora sufficientemente gli standard minimi internazionali. In ragione di ciò, per il terzo anno consecutivo, la Guinea-Bissau è stata collocata nella speciale lista di controllo del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America.

Il fenomeno dei bambini Talibé

Nella sezione riguardante il profilo delle vittime di tratta, vengono annoverati i bambini Talibé. Si tratta di bambini che, inviati in Senegal per l’apprendimento dei precetti coranici, sono invece costretti a mendicare nelle strade e diventano vittime di diverse forme di violenza fisica e psicologica perpetrate da maestri coranici provenienti, nella maggior parte dei casi, dalle regioni di Gabu e Bafata. Questi ultimi, conosciuti dalle comunità di provenienza dei bambini, sono spesso stati Talibé a loro volta e approfittano della debolezza delle istituzioni e dei confini terrestri per condurre i minori in Senegal.

Mani Tese dal 2018 interviene nelle regioni ad est della Guinea Bissau, particolarmente colpite dal fenomeno, per assicurare la tutela dei diritti dei minori vittime di tratta, ricalcando il Paradigma delle 4P – Prosecution, Protection, Prevention, Partnership – che continua a fungere da quadro fondamentale di riferimento per combattere la tratta di persone. In linea con le disposizioni contenute nel Protocollo di Palermo, che all’articolo 9 invita gli Stati ad adottare misure protettive e di prevenzione in cooperazione con le organizzazioni internazionali e la società civile, Mani Tese coopera con AMIC, l’Associazione locale Amigos das Crianças, che dal 2005 si batte per la protezione dei diritti dell’infanzia con lo scopo di fortificarne le competenze.

Nell’ambito del progetto “Investire sul futuro: protezione, formazione e occupazione per i migranti di ritorno, i migranti potenziali ed i migranti minori non accompagnati in Senegal, Gambia e Guinea Bissau” cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Codice VIS/REG/11659/5), Mani Tese previene il fenomeno sensibilizzando le comunità di origine dei flussi di tratta attraverso dibattiti comunitari e campagne radiofoniche realizzate in lingua locale, grazie alle quali i genitori vengono a conoscenza delle condizioni degradanti che affliggeranno i bambini una volta giunti in Senegal. Mani Tese crea inoltre dei Comitati Comunitari di Prevenzione e Allerta Precoce presso i villaggi in cui lavora, istruendo i membri che ne fanno parte sulle caratteristiche del fenomeno e esortandoli a contattare istituzioni e associazioni quando i bambini stanno per essere prelevati.

Mani Tese si occupa anche di proteggere i minori soccorrendoli in Senegal, grazie a un approccio integrato e transfrontaliero che, basandosi sulla Rete di protezione dei bambini in mobilità dell’Africa dell’Ovest, consente di identificare le vittime di origine guineense e facilitarne il rientro in sicurezza in Guinea-Bissau. Mani Tese supporta inoltre il processo di riabilitazione dei minori, assicurando supporto psico-sociale e psicologico fin dai primi giorni di presa in carico e dopo la reintegrazione nelle comunità di appartenenza, e facilitando il reinserimento presso le scuole coprendo il pagamento delle tasse di iscrizione e fornendo i materiali scolastici necessari. Consapevole che il coordinamento sia fondamentale per aumentare l’impatto del nostro intervento, Mani Tese opera all’interno di partenariati, nazionali e transfrontalieri, condividendo il suo impegno con istituzioni, organizzazioni internazionali e locali e attori chiave impegnati nella lotta alla tratta dei minori Talibé, come il Comitato Nazionale per l’Abbandono delle Pratiche Nefaste, il Consiglio Nazionale della Gioventù Islamica e la Lega Guineense per i Diritti Umani.

Oltre 160 le vittime salvate dalla tratta

Grazie a un approccio che si è sempre più strutturato nel corso degli anni, Mani Tese ed AMIC hanno facilitato il rientro in sicurezza e la successiva protezione e reintegrazione di più di 160 bambini identificati nei Paesi confinanti con la Guinea-Bissau. Gli sforzi concreti compiuti da Mani Tese nel contrasto del fenomeno sono stati riconosciuti dallo Stato, che nel 2020 ha ammesso l’ONG al Comitato Nazionale per la Prevenzione e il Contrasto alla Tratta di Esseri Umani in veste di osservatore.

Tuttavia, la strada da percorrere è ancora lunga. Nei Paesi a basso reddito come la Guinea-Bissau, le vittime di tratta sono, nella metà dei casi, bambini. Il fenomeno è alimentato da fattori molteplici e difficoltà economiche e povertà costituiscono le ragioni che maggiormente alimentano il crimine.

Dopo lo scoppio della pandemia nell’Africa dell’Ovest, il Governo senegalese ha imposto il copri fuoco e ordinato che tutti i minori venissero accolti nei centri di accoglienza statale. Nella sola città di Dakar, a giugno del 2020, sono stati identificati più di 2000 minori Talibé: di questi, 160 circa erano di origine guineense. I numeri sono aumentati nel corso dei mesi e si presume che a causa della recessione causata dalla pandemia, che certamente amplificherà le ineguaglianze socio-economiche, il bacino delle vittime continuerà ad aumentare. Mani Tese continuerà ad agire in difesa delle vittime di tratta, portando avanti il proprio impegno di giustizia nei confronti dei minori.

Proteggere i vulnerabili: l’azione di Mani Tese

Le équipe di “protection” agiscono in diversi ambiti in difesa dei diritti umani e si interfacciano con le autorità locali con l’obiettivo prioritario del reinserimento familiare e comunitario.

Dal 2016 Mani Tese promuove in Guinea-Bissau interventi volti all’inclusione e al reinserimento di gruppi e persone vulnerabili come vittime di violenza, minori trafficati, rifugiati e migranti di ritorno, per cui ha sviluppato una metodologia di protezione e reintegrazione strutturata e integrata. In particolare le équipe di “protection”, composte da assistenti sociali e giuridici, si sono dedicate a prevenire e rispondere ai casi di SGBV (Sexual Gender Based Violence), creando, da un lato, gruppi di allerta comunitari che, a seguito di sensibilizzazioni e formazioni, siano in grado di rilevare e denunciare eventuali casi di violenza nella propria comunità e, dall’altro, dando risposta ai casi di violenza registrati, assicurando alle vittime un rifugio sicuro per proteggerle dai loro aggressori. Sebbene la legge contro la violenza domestica del 2014 definisca ampiamente il protocollo di assistenza alle vittime, nel Paese non esiste un sistema effettivo di protezione e di assistenza sociale strutturato. Spesso la vittima viene esposta alla comunità. Abusi, violenze e conflitti vengono mediati e per questo frequentemente le donne e le ragazze scelgono di non denunciare.

Una rete per tutelare le vittime di violenza

La tutela delle vittime di violenza deve invece essere garantita dalle istituzioni statali che, attraverso i progetti di Mani Tese, sono state rafforzate nelle loro competenze psicosociali e giuridiche e si sono riunite in una rete, suddivisa per regioni, composta da Istituto Donna e Fanciullo, Polizia Giudiziaria, Polizia locale, Delegati dei Tribunali e dei Ministeri Pubblici, Centri di Accesso alla Giustizia e Ospedali di settore. Durante gli incontri della rete si affrontano questioni legate a eventuali casi registrati da Mani Tese, istituzioni locali, organizzazioni della società civile, singoli cittadini. Gli attori della rete accompagnano il processo di denuncia e di protezione della vittima.

Questo spazio di concertazione, che riunisce anche differenti associazioni e ONG operanti nelle regioni, si occupa di creare sinergie tra azioni, progetti e istituzioni. I casi più gravi sono inviati al centro di accoglienza della capitale Bissau, sostenuto fino ad aprile del 2021 dal progetto Mani Tese finanziato dall’Unione Europea ed attualmente dalle Fondazioni Modena e Lavazza e prossimamente si potrà contare su quello di Sao Domingos (regione di Cacheu), finanziato da UNHCR e Ambasciata degli Stati Uniti.

La casa di accoglienza è l’ultima istanza soprattutto per le vittime minorenni, per le quali è prioritario l’inserimento nella società, ma in alcuni casi estremi risulta necessaria per un periodo temporaneo che prevede sempre la reintegrazione familiare dopo una fase di accompagnamento. Per ovviare alla mancanza di strutture nel Paese, si sono individuate famiglie di accoglienza temporanea nelle regioni che possano dare rifugio e protezione alle vittime di queste zone.

Attraverso gli interventi di Mani Tese sono stati assicurati appoggio psicosociale e giuridico alle vittime e, allo stesso tempo, si sono sensibilizzate le comunità sul tema della violenza di genere e dei diritti delle donne.

Reintegrare per ricominciare

La reintegrazione familiare e comunitaria, insieme agli altri servizi garantiti alle vittime – ossia l’inserimento scolastico, l’assistenza medica e giuridica – sono assicurati nella stessa logica di protezione anche ai bambini e ragazzi talibé, minori vittime di traffico che attraverso la Rete dell’Africa Occidentale per la protezione del fanciullo vengono identificati in Senegal e riportati alle famiglie di origine in Guinea-Bissau. Anche in questo ambito, infatti, si svolgono dei colloqui con gli interessati e le loro famiglie, per sensibilizzarle sui rischi e gli abusi che i loro figli o nipoti hanno vissuto, coinvolgendo anche leader religiosi e capi comunità a convincere la collettività a denunciare il fenomeno.

Nella stessa logica di rete utilizzata contro la violenza sulle donne, Mani Tese partecipa a un tavolo settoriale contro il traffico assieme all’Istituto Donna e Fanciullo, associazioni locali come il Consiglio Nazionale della Gioventù Islamica e la Lega Guineense per i Diritti Umani e organismi internazionali quali UNICEF e OIM.

Nell’ottica della protezione dei diritti fondamentali, soprattutto di alcune fasce vulnerabili, Mani Tese promuove l’integrazione dei rifugiati senegalesi presenti nella regione di Cacheu, provenienti dall’antico conflitto della Casamance, spesso dimenticato ma sempre presente nel sud del Senegal e dei migranti di ritorno in particolare delle regioni di Gabu e Bafata, per cui sono previste azioni di inclusione economica, attraverso finanziamenti di microimprese, gruppi di risparmio e attività generatrici di reddito.

Trasversalmente a tutte le attività rivolte a queste categorie, Mani Tese ha organizzato nel corso degli anni eventi di comunicazione e sensibilizzazione su questi temi: dalla violenza di genere, al traffico dei minori e ai rischi della migrazione irregolare. In particolare, l’ONG ha contribuito a organizzare manifestazioni in occasione dell’8 marzo, Giornata internazionale della Donna, del 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, del 20 giugno, Giornata mondiale del Rifugiato e tre edizioni del festival culturale di Gabu sui rischi della migrazione irregolare. Inoltre, la sensibilizzazione comunitaria costituisce parte del lavoro quotidiano nei villaggi e viene realizzata attraverso dibattiti rivolti a tutte le fasce della popolazione sulle tematiche affrontate e più in generale, sui diritti umani.

I numeri della violenza

I dati UNICEF del 2018 (Global database based on Demographic and Health Surveys (DHS), Multiple Indicator Cluster Surveys (MICS) and other nationally representative surveys) riportano che il matrimonio forzato e precoce colpisce il 24% delle ragazze guineensi che si sono sposate prima dei 18 anni e secondo il “UN Integrated Peacebuilding Office in Guinea-Bissau’s Report” del 2017 la mutilazione genitale femminile ha colpito il 45% della popolazione (percentuale di ragazze e donne di età compresa tra 15 e 49 anni).

Secondo lo “Studio diagnostico sulla situazione del quadro giuridico nazionale e internazionale applicabile alla Guinea-Bissau sulla tratta di minori, diritto economico delle donne e violenza contro le donne” (2015), condotto dalla Guinean League of Human Rights, l’85% della violenza contro le donne avviene in ambito familiare (violenza domestica) e il 71% delle vittime intervistate ha riferito di non aver mai denunciato. Nel centro di accoglienza per vittime di SGBV di Bissau supportato da Mani Tese, sono state accolte in 2 anni (2019-2021) 91 vittime, mentre nelle famiglie di accoglienza nelle 5 regioni di intervento ne sono state ospitate 52.

Cresce nel mondo la critica al vertice onu sui sistemi alimentari

Troppo dominante, secondo le organizzazioni della società civile fra cui Mani Tese, il ruolo delle multinazionali del cibo. Intanto a Roma si sta tenendo presso la FAO il pre-Summit sui Sistemi Alimentari.

In questi giorni dal 26 al 28 luglio si tiene a Roma presso la FAO il pre-Summit sui Sistemi Alimentari, che anticipa il Summit ONU sui Sistemi Alimentari indetto dal Segretario Generale Antonio Guterres e previsto a New York il prossimo settembre.

Il dibattito sui sistemi del cibo è cruciale perché l’80% delle terre agricole in Asia in Africa a Sud del Sahara è gestito da piccoli contadini (<10 ha) che forniscono l’80% del cibo in queste due macro-regioni (FAO).

2,5 miliardi di persone nei paesi poveri dipendono direttamente dal settore agro-alimentare. Al contrario, il 75% del cibo mondiale deriva da sole 12 piante e 5 specie animali. (FAO)

La scelta di quale indirizzo dare ai sistemi alimentari del futuro è pertanto strategica.

In occasione del pre-Summit sui Sistemi Alimentari molte associazioni, organizzazioni internazionali della società civile, associazioni di piccoli produttori e allevatori, comunità indigene ed esperti internazionali, oltre a rappresentanti del mondo scientifico ed accademico stanno si stanno mobilitando per esprimere il loro dissenso, rispetto al ruolo che stanno assumendo le multinazionali del cibo.

Il focus del dissenso consiste nel fatto che nell’organizzazione del Summit ONU, le Nazioni Unite hanno ridimensionato il ruolo della FAO, che è sempre stata al centro del dibattito sulle questioni alimentari, affiancandola con il World Economic Forum, una fondazione privata focalizzata sulle questioni economiche. Questa decisione ha portato a un indebolimento del ruolo della società civile che nella FAO ha degli spazi ufficiali di consultazione (Civil Society Mechanism – CSM). Al contrario, assumono un ruolo, più forte che in passato, le grandi imprese e le grandi fondazioni filantropiche.

Il ruolo di guida del Forum è stato assegnato alla prof.ssa Agnes Kalibata, una figura molto connotata nel dibattito del settore, poiché è la presidente dell’Alleanza per la Rivoluzione Verde in Africa, un’associazione filantropica che propone un modello di agricoltura fondato sull’intensificazione orientata al mercato.

Si è dunque giunti a una sorta di polarizzazione tra due posizioni: una rappresentata dall’Alleanza per la Rivoluzione Verde, maggiormente legata alle reti economiche internazionali, l’altra, rappresentata dalle organizzazioni della società civile presenti nel CSM, che spingono per un modello agroecologico centrato sulle reti locali e regionali.

Per queste ragioni organizzazioni importanti della società civile come “La via Campesina” hanno deciso di boicottare il forum, organizzando un evento alternativo centrato sul ruolo dei movimenti indigeni e contadini.

Mani Tese, per la sua storia e i suoi valori ha seguito i lavori del CSM e ha sottoscritto le lettere inviate nei mesi scorsi dal CSM al segretario delle Nazioni Unite Guterres per chiedere di rivedere le sue decisioni circa la leadership del processo, sostenendo la centralità della FAO e denunciando i rischi dell’affidamento al WEF.

Inoltre Mani Tese tramite la rete Azione TerrAE partecipa ai lavori del Food System for the People www.foodsystems4people.org

Mani tese promuove le manifestazioni in corso che convergono intorno all’iniziativa. Qui il programma delle tre giornate di Contro-Mobilitazione: Call to action | Peoples’ Counter-Mobilization to Transform Corporate Food Systems