Guerra in Ucraina, a rischio la sicurezza alimentare in molti paesi africani
Il conflitto manda in tilt i prezzi del grano e diventa sempre più centrale il rafforzamento dell’agricoltura di piccola scala e delle produzioni di cereali locali.
di Elias Gerovasi, responsabile progettazione e partenariati di Mani Tese
È di qualche giorno fa la notizia che centinaia di navi partite dall’Ucraina cariche di grano e destinate al mercato africano sarebbero state bloccate nel Mar Nero per ordine del Cremlino.
A denunciare il potenziale disastroso di questa azione russa è stata la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che ha allertato la comunità internazionale sulle conseguenze drammatiche che questo tipo di blocco può provocare in termini di sicurezza alimentare per almeno sedici Paesi africani, il cui approvvigionamento del grano dipende per oltre il 50% dalle importazioni provenienti dall’Ucraina e dalla Russia.
È così che la guerra in Europa mette in allarme le economie di mezzo mondo e inizia a far vedere concretamente le sue ripercussioni negative sulla vita quotidiana di milioni di persone a migliaia di chilometri di distanza.
Il sacco da 50 kg di farina di frumento è passato in poche settimane da 11.000 a 23.000 franchi CFA (35 euro) in Costa d’Avorio, il prezzo dello zucchero e dell’olio è in aumento in maniera esponenziale in Senegal, Mali e Mauritania. Dall’altra parte del continente in Kenya, al porto di Mombasa, i cereali vengono sbarcati a 57.000 scellini (500 dollari) la tonnellata contro i 45.600 scellini (400 dollari) dello scorso gennaio. Dalla settimana scorsa i 5 milioni di abitanti di Abidjan acquisteranno con 150 franchi CFA (23 centesimi di euro) una baguette da 170 g al posto di quella tradizionalmente venduta il cui peso superava i 200 g di peso.
Il conflitto fa saltare gli equilibri dei mercati internazionali; se in Europa la principale emergenza è mettere fine alla dipendenza energetica dalla Russia, in molti paesi del continente africano la preoccupazione è più spostata sulla sicurezza alimentare, urgenza che è stata portata sul tavolo della recente riunione del Consiglio di sicurezza dell’Onu dedicata alla situazione umanitaria in Ucraina. Secondo la FAO, da 8 a 13 milioni di persone in tutto il mondo potrebbero soffrire di malnutrizione se si interrompessero le esportazioni di cibo dall’Ucraina e dalla Russia.
Ecco che in questo contesto preoccupante la produzione agricola di piccola scala diventa ancora più centrale per la sicurezza alimentare delle comunità in molti paesi dell’Africa e tutte le iniziative volte a porre fine alla dipendenza dalla farina di grano sono da incoraggiare.
In diversi paesi africani, anche di fronte alle preoccupazioni climatiche, sono state intraprese iniziative che possano portare alla sostituzione del grano con altri cereali locali come il sorgo e il fonio, un seme autoctono recentemente tornato alla ribalta per il suo profilo nutrizionale e per via della sua tecnica di coltivazione che richiede meno acqua di altri cereali. Una coltivazione che da diversi anni Mani Tese, ed ancora oggi con il progetto Miglioramento della sicurezza alimentare e delle condizioni igienico-sanitarie delle comunità dell’Atacora, sta supportando in Benin. Decine di gruppi di donne si sono organizzate in cooperative per riappropriarsi della coltivazione e del consumo di questo importante cereale.
Altre interessanti alternative in termini di costi benefici rispetto alle sementi importate sono rappresentate dai legumi e dai tuberi che possono anche essere mescolati con farina di frumento per produrre il pane. Il Niebè è uno dei principali legumi prodotti nel continente africano, proveniente dalla famiglia delle lenticchie e dei ceci, è un alimento base importante nell’Africa subsahariana, è noto per la sua ricchezza di proteine (21% contro il 12% della pasta di frumento) e fibre. Anche la farina di manioca può essere utilizzata per la panificazione e la pasticceria, ma l’assenza di glutine ne limita l’uso per il pane al 30% o al 40% della dose.
In Burkina Faso, Mani Tese supporta gruppi di giovani e donne nello sviluppo di attività produttive, imprenditoriali e innovative, che valorizzano proprio le produzioni agricole locali e agroecologiche. Tra queste un focus particolare negli ultimi anni si è sviluppato nell’ambito della produzione e trasformazione del riso locale grazie al Progetto per il miglioramento delle condizioni nutrizionali di donne e bambini nei distretti sanitari di Garango e Tenkodogo, che promuove l’utilizzo del compost e di altre tecniche agroecologiche e la costituzione di centri di trasformazione per il riso paraboiled, tecnica che aumenta notevolmente le proprietà nutritive e le possibilità di conservazione del riso stesso.
Esse rappresentano storie di produzione agricola di piccola scala e di trasformazione di prodotti locali che possono essere in questo momento storico un antidoto importante alla crisi alimentare che sembra destinata a peggiorare con il prolungarsi del conflitto in Ucraina.