Inizia la scuola, ecco le nostre proposte educative!

La campanella dei primi giorni di scuola è suonata da poco e anche quest’anno noi di Mani Tese siamo pronti a lavorare insieme agli insegnanti per formare giovani cittadini, attivi, globali e attenti alla sostenibilità. Ci alleneremo per capire e praticare l’Agenda 2030, seguendo le sue 5P chiave. I nostri percorsi educativi, realizzati in collaborazione […]

La campanella dei primi giorni di scuola è suonata da poco e anche quest’anno noi di Mani Tese siamo pronti a lavorare insieme agli insegnanti per formare giovani cittadini, attivi, globali e attenti alla sostenibilità.

Ci alleneremo per capire e praticare l’Agenda 2030, seguendo le sue 5P chiave.

I nostri percorsi educativi, realizzati in collaborazione con Reattiva, sono dei laboratori interattivi di educazione civica, ispirati al Cooperative e al Transformative Learning.

Si tratta di lezioni coinvolgenti costruite in modo ludico-didattico e guidate dai nostri formatori esperti per classi e gruppi di ogni età.

I temi affrontati spaziano dal diritto al cibo, alla fast fashion, al cambiamento climatico.

Parleremo insieme di attualità, di come le sfide del XXI secolo siano tra loro interconnesse e di come possiamo fare la nostra parte.

Le novità di quest’anno

Quest’anno abbiamo ideato e prodotto due giochi didattici, utili per organizzare le lezioni interattive sui temi di educazione civica.

Il gioco “L’ASSEMBLEA DELLE NAZIONI”

Un gioco di ruolo che si basa su una simulazione dei negoziati internazionali e, in particolare, prende spunto dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (ONU) permettendo ai/alle partecipanti di comprendere la complessità delle dinamiche politiche internazionali e di conoscere l’Agenda 2030.  

Il gioco “FA’ UN PASSO AVANTI”

Fa’ un passo avanti è un gioco di ruolo incentrato sul tema dei Diritti dei Ragazzi/e, rivisitato sul tema dell’Agenda 2030. Aiuta a sperimentare le disparità economiche e sociali come fattori di violazione dei diritti oppure come ostacolo al loro pieno raggiungimento.

PER SAPENE DI PIÚ sulla nostra offerta formativa compila il form sul nostro sito.

“Bee my Partner”: giovani apicoltori crescono in Kenya!

La storia di un gruppo di giovani imprenditori con la passione per l’apicoltura e per l’ambiente che sta realizzando i suoi sogni grazie al progetto “Agrichange”.

“Ho capito che quando ci mettiamo insieme succedono grandi cose”, esordisce Robert, mentre ci racconta l’inizio dell’attività del suo gruppo di giovani imprenditori Bee my partner sostenuto da Mani Tese nell’ambito del progetto “Agri-change: piccole imprese grandi opportunità. Sviluppo di filiere agro-alimentari nel bacino del fiume Molo”, cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

Quella di Bee my partner è una storia incoraggiante che parla di persone che hanno iniziato in piccolo e finito per avere successo grazie anche al nostro supporto.

Il gruppo Bee my partner è nato nella contea di Nakuru nel 2019 dall’unione di 13 ragazzi e ragazze (sette donne e sei uomini) che avevano le stesse idee e il medesimo interesse per l’apicoltura. I ragazzi e le ragazze ci raccontano di aver scelto l’apicoltura perché è un’attività rispettosa dell’ambiente e che conserva la natura.  Unendo le loro risorse, questi giovani hanno iniziato costruendo un apiario di 2 metri x 3 con circa 15 arnie Langstroth. L’attività di apicoltura è cominciata bene, i giovani si incontravano due volte al mese per controllare l’apiario e svolgere le necessarie operazioni di gestione. Durante il primo anno sono riusciti a raccogliere tra i 70 e i 120 kg di miele per arrivare, migliorando sempre di più la gestione, a 180-200 kg annui.

Tuttavia, per via della stagionalità dell’apicoltura, i ragazzi avevano bisogno di un’altra attività che generasse reddito anche nel resto dell’anno. Hanno quindi iniziato a produrre fertilizzanti organici su piccola scala utilizzando materiali localmente disponibili come letame, cenere e giacinti d’acqua. Questi giovani imprenditori si sono dedicati alla nuova attività con passione educando la loro comunità sull’importanza di usare fertilizzanti organici rispettosi dell’ambiente.

“Abbiamo saputo che Mani Tese e NECOFA (ndr: nostro partner locale) erogavano un contributo per le attività imprenditoriali innovative, lo abbiamo chiesto e lo abbiamo ottenuto. Per noi è stato come un sogno trasformato in realtà perché avevamo sempre voluto espandere il nostro apiario. La richiesta di miele è in crescita e vogliamo soddisfarla fornendo un prodotto di qualità”, spiega Robert.

Al momento della nostra visita i ragazzi avevano già costruito un apiario e ordinato 40 nuove arnie. Il loro obiettivo è di raccogliere almeno 400 kg alla fine dell’anno e pian piano espandersi fino a produrne 1.200 kg l’anno. L’intento è quello di motivare altri imprenditori che stanno per mollare e nel contempo dare lavoro ad altri giovani.

Alcune delle 40 arnie presenti nell’apiario

“Siamo grati a Mani Tese, NECOFA e E4IMPACT (partner di progetto) per la formazione che ci hanno fornito e che ci ha aperto gli occhi sulla gestione della nostra impresa. Abbiamo imparato moltissimo e siamo grati per i fondi che abbiamo ricevuto. Espanderemo il nostro apiario e inizieremo a lavorare il miele, cosa che a sua volta darà lavoro ad altri giovani” continua Robert “Da quando ci siamo messi insieme, questa esperienza ci ha cambiato la vita. Eravamo dei giovani disoccupati e adesso siamo in grado di avere un reddito per tutto l’anno!”.

La storia e i progressi dei giovani imprenditori di Bee my partner sono davvero incoraggianti. Speriamo di veder presto avverarsi tutti i loro sogni imprenditoriali!

Chanthavy, una bambina che ha ritrovato il sorriso

Dopo un’infanzia di maltrattamenti, Chanthavy, grazie alla Struttura di Assistenza Temporanea di Damnok Toek in Cambogia, ha scoperto la bellezza di studiare, di stare con gli amici, di danzare e fare giardinaggio. La sua vita non è più la stessa!

Chanthavy* indossa un’uniforme scolastica pulita e ben stirata mentre cammina con un’amica della sua classe verso la Struttura di Assistenza Temporanea, dove ha vissuto negli ultimi tre anni. Si tratta di uno spazio molto importante, specifico per minori che sono stati vittime di traffico, migrazione non sicura, abusi domestici, o sono orfani che hanno vissuto per strada.

La Struttura fa parte del programma di accoglienza di Damnok Toek a Poipet, in Cambogia, sostenuto da Mani Tese.

Chanthavy è cresciuta col padre e la matrigna. Il padre non si occupava di lei e faceva uso di droga mentre la matrigna la maltrattava. Quando Chantavy se ne andò di casa per sfuggire ai maltrattamenti, il padre e la matrigna traslocarono senza darle alcuna comunicazione. Chantavy andò così a vivere dalla nonna ma, alla morte di quest’ultima, Chanthavy si ritrovò nuovamente senza casa e senza nessuno che si occupasse di lei.

Grazie a una segnalazione al numero verde ChildSafe, un servizio gestito da Damnok Toek H24 tramite il quale le persone possono riferire di casi di minori in condizioni di non sicurezza agli assistenti sociali, Chantavy venne identificata. Vista la sua situazione, si stabilì che la cosa migliore per lei fosse accoglierla presso la Struttura di Assistenza Temporanea (TCF) di Damnok Toek, dove avrebbe trovato un posto sicuro in cui vivere, cibo sano e regolare, istruzione e assistenza psicologica oltre a tutti gli altri servizi necessari.

Parlando dei cambiamenti del suo ambiente di vita, Chanthavy dice “Adesso posso imparare, frequentare lezioni, ho abiti buoni, buon materiale da usare, ho abbastanza da mangiare e un buon posto in cui stare. Ho un posto per giocare e quando abbiamo una cerimonia (Capodanno Khmer, Pchum Ben) abbiamo un sacco di buon cibo.”

Chanthavy è timida, ma si illumina quando parla dei suoi hobby preferiti: giardinaggio e danze tradizionali Khmer, che il personale della Struttura insegna ai ragazzi. Prima del Covid, lei e gli altri ragazzi si divertivano ad andare in gita nella provincia a visitare pagode o altre città. Ora che le restrizioni del Covid si sono allentate in Cambogia, il personale ha potuto finalmente progettare una nuova gita a Siem Reap, la prima in due anni, che ha suscitato l’entusiasmo di tutti.

Chanthavy danza assieme alle sue compagne e educatrici

Chanthavy si concentra molto nello studio. È una studentessa brillante ed è stata velocemente promossa nella classe 4 frequentata presso la Struttura di Assistenza Temporanea e ora frequenta la classe 5. “Mi piacciono veramente matematica e lingua Khmer” dice.

Il programma di Educazione Non-formale arriva solo fino alla classe 6, dopo di che i ragazzi possono iscriversi a una scuola privata o fare domanda presso una scuola secondaria gestita da un’altra organizzazione, cosa a cui Chanthavy è molto interessata. “Ho in programma di fare domanda e continuare i miei studi.”, racconta.

Alla domanda sui suoi progetti per il futuro, dice che vuole lavorare al casinò.

Poipet è una città piena di casinò che pagano anche alti stipendi e molti ragazzi sono ammagliati dal loro fascino, di cui sentivano parlare fin da quando vivevano per strada. Nonostante gli insegnanti e gli assistenti di Damnok Toek cerchino di proteggerli da questi luoghi insegnando loro i pericoli che si nascondono, molti ragazzi sono ancora convinti che i casinò siano il loro lasciapassare per un futuro migliore.

Nella Struttura di Assistenza Temporanea il personale lavora sodo per tenere i ragazzi al sicuro nella speranza di riuscire a rompere il ciclo di povertà nel quale sono nati. Phattana suggerisce a Chanthavy che, poiché le piace moltissimo la matematica ed è ancora tanto giovane, la ragazza ha ancora tempo per imparare di più sia sulla realtà del lavoro al casinò sia su altre possibili professioni.

Chanthavy è molto intelligente e ha molti interessi e, con un accesso costante a un’istruzione di qualità, un posto sicuro in cui vivere, un ambiente stimolante per esplorare i suoi interessi, ora ha tutte le opportunità per aspirare a un futuro meraviglioso.

* Il nome della bambina è stato cambiato per proteggerne l’identità.

Benin: I bambini e le bambine che non possono andare a scuola

In alcuni comuni dell’Atacora, in Benin, ogni anno 30 bambini su 100 in media abbandonano la scuola. Questo grave fenomeno ha subito un ulteriore incremento a causa dell’impoverimento generato dalla pandemia. Di seguito le testimonianze dei direttori scolastici e di due ex bambine costrette ad abbandonare la scuola.

In Benin, secondo la legge, l’istruzione primaria è obbligatoria. Tuttavia il diritto all’istruzione non è ancora garantito a tutti i bambini e le bambine. Nel dipartimento dell’Atacora, uno dei più poveri del Paese, dove Mani Tese combatte la povertà e la fame da oltre 40 anni, molti bambini in età scolare vengono spesso tenuti a casa anziché andare a scuola. Diverse località rurali, in particolare, sono colpite dalla piaga dell’abbandono scolastico.

Secondo i dati raccolti nel 2020 grazie a un progetto precedentemente sviluppato da Mani Tese nella regione, in nove scuole primarie pubbliche del dipartimento dell’Atacora, in media 30 bambini su 100 abbandonano la scuola ogni anno nei comuni di Natitingou, Toucountouna e Kouandé. In queste zone Mani Tese dal 2018 ha intrapreso diversi progetti per sensibilizzare le comunità sull’importanza del diritto all’istruzione e ridurre in modo significativo la piaga dell’abbandono scolastico. Tuttavia nel dipartimento di Atacora permangono sfide importanti a cui Mani Tese sta rispondendo con il progetto ‘‘Promozione dei diritti dei bambini nell’Atacora”  sostenuto con i fondi Otto per Mille della Chiesa Valdese.

“Dobbiamo continuare a sensibilizzare la popolazione sull’importanza e l’impatto positivo della scuola” ha dichiarato Wanta Sammadori, direttore della Scuola Primaria Pubblica di Tampègré “La missione della scuola non è per nulla conosciuta dai genitori, soprattutto da quelli che non l’ hanno potuta frequentare. Per loro la scuola di oggi forma solo disoccupati ed è meglio mandare i bambini nei campi. Eppure la missione della scuola è innanzitutto quella di fornire un’istruzione completa combattendo l’analfabetismo, che aggrava la povertà”.

Le famiglie che sostengono di tenere i figli a casa per mancanza di mezzi finanziari spesso usano questa scusa come giustificazione per lo sfruttamento dei bambini. Anche per questo l’attività di sensibilizzazione di Mani Tese con le famiglie sull’importanza della scolarizzazione è molto importante.Frequentavo la sesta classe quando mio padre mi ha comunicato che non avrei potuto continuare la scuola” racconta Nèkito, 19 anni. “Mi disse che ero già grande e che la mia formazione scolastica non era più utile. Gli dissi che volevo andare a scuola e almeno ottenere il certificato di scuola primaria per poi imparare un mestiere, ma lui non mi volle ascoltare. Da quel momento in poi mio padre non si occupò più della mia istruzione scolastica. Non mi dava più i soldi per la colazione a scuola e non mi comprava il materiale scolastico necessario. Alla fine dell’anno, a causa di tutte le sofferenze che avevo passato, decisi di interrompere gli studi. Andai con mia madre a lavorare nel campo e l’anno successivo incontrai un giovane uomo con cui oggi sono sposata da due anni. Rimpiango però amaramente di non aver potuto continuare gli studi. Se avessi almeno terminato la scuola primaria, avrei imparato un mestiere e la mia vita oggi sarebbe diversa”.

Nèkito con suo figlio
Nèkito con suo figlio

A Tectibayaou, un villaggio situato a una decina di chilometri dal capoluogo del comune di Toucountouna, oltre alla situazione di abbandono scolastico, lo sfruttamento dei bambini è una seria preoccupazione per il preside della scuola, il signor TANTOUKOUTE Evariste.

Ogni anno assistiamo impotenti allo spostamento dei bambini nella regione del cotone di Alibori, dove vengono sfruttati per attività di produzione agricola” dichiara il preside “A volte si tratta di bambini di 6 e 7 anni che vengono trasportati su moto che viaggiano a tutta velocità. Vengono reclutati a Tampègré, Toucountouna, Boribansifa, Tchakalakou, Tampatou, Tectibayaou, e inoltre a Wabou, Kouarfa, Kouba, Maka, Tansé, Kabaré e altri villaggi. Quest’anno, con il sostegno dei membri del comitato che Mani Tese ci ha aiutato a creare, ho organizzato delle sessioni di sensibilizzazione per spiegare ai genitori i rischi che corrono lasciando andar via i loro figli in questo modo. Diversi genitori che volevano mandare i loro figli lontani a lavorare ci hanno rinunciato, ma altri non ci hanno dato ascolto. Di conseguenza anche quest’anno abbiamo purtroppo registrato diversi casi di abbandono”.

A Kouba, sempre nel comune di Toucountouna, oltre al problema dell’abbandono scolastico, si registra anche un basso tasso di scolarizzazione dei bambini e delle bambine.

Secondo BIAOU Antoine, direttore della scuola locale, “per un villaggio che conta più di 500 bambini in età scolare, solo il 20% è iscritto a scuola. Stiamo sensibilizzando i genitori affinché i loro figli vengano iscritti, ma molti di loro non hanno ancora capito che nessun bambino può avere successo nella vita di oggi se non va a scuola”. 

La situazione è comune a diversi villaggi rurali del dipartimento di Atacora. In seguito agli effetti della pandemia di Covid-19 che hanno impoverito le comunità, inoltre, c’è da temere che il fenomeno dell’abbandono scolastico si aggravi negli anni a venire se non si attuano azioni concrete per arginarlo. Ecco perché è fondamentale proseguire con l’attività di promozione dell’istruzione e di protezione dell’infanzia.

“Non sono andata a scuola perché i miei genitori non ne capivano l’utilità. Solo ora l’hanno compresa, ma per me è troppo tardi.” racconta Kassapé, 24 anni Incoraggio tutti i bambini e le bambine ad andare a scuola, in modo che non restino al buio come me. Io ho quattro figli e i primi due stanno già andando a scuola”.

Kassapé con suo figlio
Kassapé con uno dei suoi figli più piccoli

Sostieni i nostri progetti e aiutaci a mandare i bambini e le bambine a scuola sottraendoli dalla povertà e dallo sfruttamento!

Sei anni in Guinea-Bissau a fianco delle donne e dei rifugiati

Si è conclusa con successo la nostra collaborazione con UNHCR per la naturalizzazione dei rifugiati senegalesi in Guinea-Bissau e per la protezione dei diritti umani delle comunità locali, in particolare delle donne vittime di violenza. Il resoconto della nostra cooperante e coordinatrice di progetto.

Di Giulia Giovagnoli, Coordinatrice del progetto di Mani Tese “INTEGRAZIONE DEI RICHIEDENTI ASILO E DEI RIFUGIATI SENEGALESI” in Guinea-Bissau

In Guinea-Bissau è cominciata la stagione delle piogge e anche la campagna di raccolta degli anacardi, il principale prodotto di esportazione del paese, nella cui coltivazione e raccolta è impegnata gran parte della popolazione delle zone rurali, incluse le donne. Durante l’epoca della raccolta, le donne e ragazze guineensi si trovano a essere ancora più vulnerabili che in altri periodi dell’anno. Spesso rimangono da sole in casa, mentre i membri maschili del gruppo familiare si assentano tutto il giorno per la raccolta dei frutti nelle zone boschive. In altri momenti della giornata loro stesse si allontanano per realizzarla. L’alta mobilità che caratterizza questo periodo dell’anno e la repentina disponibilità di denaro derivante dalla vendita degli anacardi, che spesso si traduce in acquisto immediato e consumo di prodotti alcolici da parte principalmente della popolazione maschile, fanno sì che le donne si trovino a essere ancora più isolate e suscettibili di aggressioni.

La Guinea-Bissau è uno dei paesi più poveri al mondo: occupa il 175º posto, su un totale di 188, nell’Indice dello Sviluppo Umano del 2020. In un contesto di povertà estrema, causata essenzialmente da una carenza di lavoro e di risorse, la condizione femminile è gravemente penalizzata e le violenze di ogni tipo su donne e bambine sono all’ordine del giorno. La società locale è essenzialmente patriarcale e storicamente indifferente alla tutela dei diritti e dei bisogni delle donne, sebbene il benessere e il progresso economico di intere comunità dipendano quasi esclusivamente dal lavoro femminile. Disparità, assenza di opportunità, abusi e violenze, con scarsissime protezioni giuridiche, si registrano in ogni settore. Fin dalla tenera età, alle bambine è limitata la possibilità di esprimere il loro potenziale e di acquisire gli strumenti che consentirebbero loro di uscire da uno stato di indigenza opprimente. Rispetto agli uomini, le donne hanno un limitatissimo accesso ai servizi sanitari, un minore accesso ai servizi educativi, ridotte entrate economiche, un maggiore tasso di disoccupazione e più ampie difficoltà nella lotta alla povertà. Sono inoltre vittime delle più diverse forme di violenza di genere, dalle mutilazioni genitali femminili ai matrimoni forzati, agli abusi psicologici, economici, fisici e sessuali perpetrati spesso da familiari o membri delle comunità.

Mani Tese lavora sin dal 2017 nella regione di Cacheu, nella zona nord del paese, alla frontiera con il Senegal, per cercare di intervenire e costruire una risposta articolata con le istituzioni e la società civile per l’assistenza e la protezione delle donne e ragazze vittime di violenza di genere e di un altro gruppo di popolazione altamente vulnerabile, i rifugiati e richiedenti asilo. Come segnalato nel portale della Missione delle Nazioni Unite per il Consolidamento della Pace in Guinea-Bissau -UNIOGBIS, nel 2017, “La Guinea-Bissau ha ratificato a febbraio del 1976 la Convenzione delle Nazioni Unite sui Rifugiati, ed ha rispettato i suoi obblighi di paese firmatario, accogliendo rifugiati da differenti paesi della sub-regione, com’è il caso di Liberia, Gana, Serra Leone e Senegal (…) Il paese accoglie attualmente più di ottomila rifugiati, dei quali il 98% è composto da individui provenienti dal Casamance, la regione sud del Senegal, situata tra il Gambia e la Guinea-Bissau, in conflitto da più di 30 anni con il Governo del Senegal per la sua indipendenza.”[1] (t.d.r)

Sin dal 1979 Mani Tese interviene in varie regioni della Guinea-Bissau nell’implementazione di progetti principalmente sui temi dei diritti umani e della sovranità alimentare, e dal 2017 ad oggi abbiamo mantenuto una presenza costante in 42 villaggi della zona con più presenza di rifugiati nel paese, la regione di Cacheu, nella frontiera con la regione indipendentista senegalese del Casamance, lavorando come partner di implementazione di UNHCR, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Le principali aree di intervento sono state la promozione di processi ed attività socio-economiche per accompagnare l’integrazione locale e la costruzione di forme pacifiche e sostenibili di convivenza e coesistenza tra la popolazione rifugiata e le comunità locali di accoglienza nonché l’impegno attraverso azioni di sensibilizzazione, advocacy e protezione nella lotta contro ogni forma di violenza di genere e nell’assistenza alle vittime e sopravvissute.

villaggi di intervento
Villaggi di intervento di Mani Tese nella regione di Cacheu, con parziale dettaglio di attività realizzate nella comunità di Varela. Credits: Bissau Economic Lab – BELAB, SARL.
riunione

Il 2022 vale la pena di essere ricordato per due importantissimi risultati in ciascuna di queste due aree di intervento e di impegno di Mani Tese nella regione di Cacheu.

A fine febbraio 2022 si è concluso il processo di naturalizzazione dei rifugiati di lunga durata in Guinea-Bissau, predisposto e guidato da UNHCR e Governo della Guinea-Bissau sin dal 2017 e condotto in partenariato con Mani Tese. A dicembre del 2017, infatti “UNHCR, la Commissione Nazionale di Rifugiati e Sfollati Interni, una struttura del Governo della Guinea-Bissau, hanno lanciato le basi per la concessione della nazionalità guineense a circa 10.000 rifugiati. Ufficializzando questa integrazione locale, il governo guineense restituisce così dignità umana ai displaced, togliendo loro lo status di rifugiati e permettendo che godano del diritto fondamentale all’identità (…) La decisione ha un potenziale di prevenzione dell’insicurezza, trattandosi di un mezzo efficace di lotta alla apatridia, fonte di reclutamento di persone per il mondo del crimine organizzato e transnazionale, includendo attività terroristiche”. [2] (t.d.r)

L’importantissima iniziativa, che, come naturalizzazione di massa, si annovera tra le poche realizzate sinora nel mondo, ha preso quindi piede ormai cinque anni fa con l’inizio del processo di identificazione e registro dei rifugiati e si è conclusa nei primi mesi del 2022. Mani Tese negli ultimi anni ha accompagnato il Governo della Guinea-Bissau edUNHCR tanto nell’implementazione e finalizzazione dell’esercizio di registro[3] (t.d.r) come nella realizzazione di missioni nelle più remote comunità rurali per la consegna di documenti di identificazione ai nuovi cittadini, attività che si è conclusa a giugno 2022.

foto di gruppo assieme ai cooperanti

Oltre a questo prezioso risultato, il primo semestre del 2022 ha visto anche il consolidamento di un ulteriore intervento costruito negli anni dall’equipe di Mani Tese di São Domingos, cittadina di frontiera e base di lavoro nella regione di Cacheu, e delle altre sedi in Guinea-Bissau. Sin dal 2017 nella regione di Cacheu, infatti, e nelle decadi anteriori anche in altre regioni del paese, Mani Tese si è impegnata nella definizione ed implementazione di azioni per la promozione e protezione dei diritti umani. Come partner di implementazione di UNHCR abbiamo lavorato con dedizione, tra le altre azioni, alla lotta alla violenza di genere ed all’assistenza delle sopravvissute. L’equipe locale, formata da assistenti sociali, psicologhe e professioniste dell’ambito giuridico, ha registrato negli ultimi quasi sei anni più di 200 casi di donne, ragazze e bambine vittime di violenza di genere, offrendo loro assistenza psicosociale, opportunità di formazione e supporto economico, accompagnamento per il recupero dell’equilibrio psicofisico e il reinserimento sociale.

protezione sociale grafico
Attività di prevenzione, advocacy e sensibilizzazione su SGBV (Sexual and Gender Based Violence) e protezione sociale implementate da Mani Tese dal 2017 al 2021 nei villaggi della regione di Cacheu. Credits: Bissau Economic Lab – BELAB, SARL.

Come già raccontato in altri resoconti[4], il lavoro pluriennale svolto a livello interistituzionale e nell’assistenza diretta alle donne vittime di violenza ha dato i suoi frutti con l’apertura della prima Casa di Accoglienza per vittime di violenza di genere nella regione di Cacheu. Dalla sua apertura si è lavorato incessantemente alla formazione e all’action learning dei membri delle associazioni locali partner di Mani Tese nella gestione della Casa. Si è capitalizzato il background di esperienze nella prevenzione e protezione svolto negli anni e le molteplici relazioni con istituzioni locali, nazionali e internazionali, della società civile e con le autorità statali favore della consolidamento del nuovo spazio e delle competenze degli attori locali coinvolti nell’acquisizione di expertise per poter guidare autonomamente l’iniziativa. La Casa è stata in questi mesi teatro di numerose attività formative per le donne sopravvissute, sessioni di accompagnamento psicosociale, incontri istituzionali e “scuola in azione” per le associazioni locali.

Un solo articolo non permette di dare voce e risalto a tutti gli interventi sviluppati in quasi sei anni, ma comunque speriamo che questo accenno stimoli un pizzico di curiosità nei confronti degli oltre 40 gruppi di microcredito che Mani Tese ha supportato nella regione di Cacheu sin dal 2017, degli oltre 25 orti e pollai realizzati con pratiche agroecologiche e guidati principalmente da gruppi di donne rurali, rifugiate e delle comunità di accoglienza.

A giugno 2022 si è conclusa la collaborazione di Mani Tese e UNHCR grazie all’ottimo risultato del processo di naturalizzazione. L’Agenzia ONU continuerà a dare accompagnamento e follow-up alle politiche e pratiche di protezione della Guinea-Bissau dal suo ufficio transnazionale di Dakar. Come team di Mani Tese siamo sicuri di aver fatto il possibile per fornire alle comunità e agli attori locali gli strumenti per garantire la sostenibilità delle azioni promosse in questi anni, ma siamo  altresì consapevoli della necessità di continuare gli sforzi per il rafforzamento, tra gli altri, della Casa di Accoglienza, con la volontà di camminare ancora insieme alle associazioni locali e alle donne sopravvissute alla violenza per proteggerle nel modo più efficace.

foto di gruppo delle donne ospiti del centro

Sostieni la casa di accoglienza delle donne vittime di violenza di Cacheu: LINK

Scopri di più sul progetto INTEGRAZIONE DEI RICHIEDENTI ASILO E DEI RIFUGIATI SENEGALESI” in Guinea-Bissau: LINK


[1] https://uniogbis.unmissions.org/pt/guin%C3%A9-bissau-empenhada-em-resolver-situa%C3%A7%C3%A3o-dos-refugiados

[2] ONU News- Perspectiva Global Reportagens Humanas: https://news.un.org/pt/story/2017/12/1604122-guine-bissau-e-acnur-firmam-parceria-para-integrar-refugiados

[3] https://manitese.it/un-premio-per-integrazione-dei-rifugiati-in-guinea-bissau

[4] https://manitese.it/guinea-bissau-una-nuova-casa-per-le-donne-vittime-di-violenza

In memoria di Samuel

Mani Tese ricorda e celebra il lavoro e la dedizione di Samuel Karanja Muhunyu per il proprio Paese, il Kenya.

Samuel Karanja Muhunyu è quello che in inglese definiremmo an unsung hero.

È perché anche se la morte lo ha strappato al suo caro Kenya, il suo esempio e le sue parole sono ancora con noi.

Per quasi un decennio abbiamo lavorato fianco a fianco. È stato un onore e privilegio aver vissuto con vero leader comunitario che tanto ha contribuito allo sviluppo di un angolo importante di Kenya.

Samuel ha ricoperto incarichi importanti, in seno a Slow Food, prima coordinatore in Kenya, poi membro del Consiglio Internazionale e del Collegio Arbitrale. Ed è stato direttore e fondatore di NECOFA, Network for Ecofarming in Africa Kenya dal 1998 ad oggi.

NECOFA è una ONG che ha trasformato le vite in una zona particolare del Kenya, il bacino del fiume Molo, dagli altipiani a oltre 2500 metri sino alle aride zone di Baringo. Qui si è sviluppata la partnership con Mani Tese, iniziata da un incontro con Bruna Sironi e i primi progetti, cementatasi poi con l’apertura dell’ufficio in Kenya nel 2014.

Samuel aveva una profondità culturale, una capacità di visione e una etica del lavoro fuori dal comune. Non era inusuale vederlo sotto una pianta, con il suo diario prendere appunti e dirigendo le azioni dei molti progetti, tra una pausa e l’altra del lavoro di campo.

Insieme a Mani Tese NECOFA ha sviluppato numerose partnership con associazioni italiane e non. Samuel è stato strumentale nel creare un nucleo di giovani formati presso l’università di Pollenzo, ha guidato innumerevoli delegazioni presso Terra Madre e altri convegni internazionali.

Amava Baringo e le società pastorali, che gli ricordavano i suoi anni al ministero della agricoltura nelle zone di Isiolo. E aveva esteso l’azione di NECOFA proprio ad Isiolo, Meru e Kajado.

Ma nel suo cuore portava Mariashioni, il luogo di nascita di sua madre. Un piccolo villaggio arroccato nel Mau, dove il suo lavoro ha portato una trasformazione enorme, con la creazione di una radio comunitaria, una guest house e un centro per la promozione del miele Ogiek.

Nei momenti più bui del Kenya, le violenze del 2007-8, ha giocato un ruolo fondamentale nel supporto agli sfollati, e non era un caso che per molte di queste comunità egli fosse come un padre.

Nell’ultimo incontro mi strinse la mano, era stanco ma ancora forte, con una visione per un nuovo progetto per risolvere i problemi delle comunità. Nella nostra ultima conversazione, mano nella mano, mi disse della sua visione per un lavoro integrato sulla catena del latte e approccio agroecologico. 

In questi anni fra noi, e qui parlo a livello personale, si è sviluppata più di una semplice relazione fra colleghi e partner di lavoro.  È nata una profonda amicizia, stima, sinergia e modo di pensare. Innumerevoli volte, al telefono o durante le riunioni ci siamo chiesti se uno o l’altro avessero letto il pensiero altrui, tanta era l’unità di vedute.

È stato un onore stare al suo fianco dalle strade fangose della foresta Mau a quelle polverose di Baringo.

Un uomo la cui visione, carisma e guida mancheranno. Per lui, le comunità e gli oltre 30 anni di lavoro è necessario ora più che mai portare avanti il suo impegno per la giustizia sociale e la conservazione ambientale Riposa in pace Samuel.

Samuel mentre gioca con due bimbi

Mozambico: la testimonianza del coltivatore Abu Antonio

Il capo del gruppo di produzione agricola nella comunità di Mazuere spiega come il progetto sull’agricoltura circolare di Mani Tese stia dando i suoi frutti anche dopo un periodo di inondazioni, sempre più frequenti a causa dei cambiamenti climatici, che hanno distrutto i campi agricoli.

“Mi chiamo Abu António, capo del gruppo di produzione agricola nella comunità di Mazuere in Mozambico. Sono padre di due bambini e uno dei destinatari del progetto Agricoltura Circolare per ridurre la fame in Zambezia promosso da Mani Tese e co-finanziato con i fondi dell’8×1000 allo stato italiano.

Il progetto ci sta aiutando molto e stiamo imparando davvero tanto. Per quanto riguarda l’agricoltura, la difficoltà principale attualmente sta nell’affrontare i problemi dovuti alle inondazioni che hanno allagato i nostri campi. Rispetto alle campagne agricole passate, interessate da una maggiore produzione di cereali e conseguentemente da prezzi più bassi dei prodotti sia per la vendita che per il consumo, la situazione è peggiorata. Quest’anno, infatti, tutti i campi sono così inondati che non è ancora possibile cominciare a coltivare gli ortaggi. Come alternativa, stiamo provando a seminare patate dolci.

In questo momento siamo quindi molto concentrati sull’allevamento, un’altra attività del progetto. Ci prendiamo cura di polli, anatre e maiali, come pure del porcile e del pollaio costruiti nei mesi scorsi. Abbiamo ricevuto una formazione su come possiamo essere dei buoni allevatori, occupandoci in maniera corretta di alimentazione degli animali, del loro stato di salute, dell’igiene e della cura dei nuovi nati. Nonostante le difficoltà iniziali, ora stiamo riuscendo anche in questa attività.

Ci auguriamo che gli animali crescano e si riproducano in modo da poterli distribuire a tutti i membri della comunità e iniziare così a guadagnare sia dall’allevamento degli animali che dalla coltivazione dei campi.

Il nostro obiettivo è quello di mantenere viva l’associazione agricola anche una volta terminato il progetto. Avendo appreso i vantaggi dell’unione fra le pratiche di agricoltura e allevamento, non solo ora possiamo incrementare il nostro reddito ma anche migliorare la qualità del cibo che noi e le nostre famiglie consumiamo. A progetto terminato, intendiamo dare continuità a tutte le attività che ci sono state insegnate!”

Burkina Faso: inaugurata la sede delle donne “Soeur Burkinabe di Poedogo”

Con grande soddisfazione nel mese di giugno Mani Tese ha inaugurato la sede dell’associazione di donne coltivatrici SOEUR BURKINABE DI POEDOGO con il magazzino annesso.
La realizzazione di questo edificio è stata possibile grazie ai progetti “Donne al centro per uno sviluppo inclusivo e sostenibile” e “Donne al centro per la transizione agroecologica”.

Con grande soddisfazione nel mese di giugno abbiamo inaugurato la sede dell’associazione di donne coltivatrici SOEUR BURKINABE DI POEDOGO con il magazzino annesso.

La realizzazione di questo edificio è stata possibile grazie ai progetti “Donne al centro per uno sviluppo inclusivo e sostenibile” e Donne al centro per la transizione agroecologica”, co-finanziati rispettivamente da Regione Veneto e Regione Emilia-Romagna e ha visto un percorso di progettazione piuttosto complesso. Il progetto infatti prevedeva inizialmente la costruzione di una struttura di circa 28 m quadri. Con lo sviluppo delle attività, ci siamo però resi conto che questa metratura non era sufficiente a ospitare il gran gruppo di donne destinatarie dei progetti, costituito da 70 coltivatrici, che avevano bisogno di un ampio spazio per riunirsi, che le proteggesse dal sole durante le riunioni e le pause dal lavoro nei campi e che fosse al contempo idoneo a realizzare alcune prime attività di trasformazione dei prodotti.

Il progetto iniziale è stato così modificato ampliandone la metratura attraverso la realizzazione di un grande spazio esterno coperto da una tettoia.

Un importante criterio per la realizzazione della sede era quello di limitare l’uso del cemento e di rispettare la bellezza naturale del contesto: il perimetro orticolo dove lavorano faticosamente queste donne che si trova in aperta campagna, non distante da un barrage (bacino d’acqua il cui livello varia con le stagioni). Abbiamo quindi iniziato a informarci per capire quali fossero i materiali e la tecnica costruttiva più adatti oltre che la massima metratura edificabile con il budget a disposizione.

La consegna delle chiavi dell’edificio

In questa fase abbiamo potuto beneficiare del supporto dell’Ordine degli Architetti di Ouagadougou e di quello degli Ingegneri del Genio Civile, che si sono dimostrati disponibili a fornirci alcuni preziosi consigli tecnici. Siamo quindi riusciti a costruire un edificio di circa 75 mq di cui 10 adibiti a magazzino, 25 a sala riunione e circa 40 per lo spazio esterno coperto.

L’edificio è stato costruito su una piattaforma in cemento di circa 60 cm che lo protegge da eventuali piogge che si potrebbero accumulare nel terreno, ed è costruito quasi esclusivamente in mattoni di laterite. La laterite è una pietra locale molto resistente, dal bellissimo colore rosso, il cui uso garantisce una maggiore durata dell’edificio. Il tetto è stato inoltre dotato di controsoffittature di cannucciato naturale.

La sede dell’associazione

L’uso di questi materiali contribuisce a rendere la struttura confortevole, abbassandone le temperature interne. Siamo davvero contenti che queste donne, impegnate in un’importante attività di transizione agroecologica, ora possano usufruire di un centro non solo utile al loro lavoro ma anche rispettoso del contesto naturale sia dal punto di vista dell’impatto ambientale che di quello visivo.

Per sostenere il progetto dona a questo LINK  tramite la sezione “Dove c’è più bisogno” e inserisci nelle note il testo “Donne al centro in Burkina Faso”.