Burkina Faso: piccole imprenditrici, grandi sogni

La transizione agroecologica
come processo di indipendenza
ed emancipazione delle donne

Di Giulia Tringali, cooperante di Mani Tese in Burkina Faso

“Sono nata nel 1984 e ho frequentato la scuola elementare, non c’era possibilità di continuare, così ho iniziato, un po’ alla volta, a lavorare” racconta Kotine. “Ho cominciato a seguire alcune formazioni sull’agricoltura e l’alimentazione all’interno di vari progetti. Non ho mai smesso di imparare e ora sto cominciando a vendere i miei prodotti, specialmente le verdure e la pasta di arachidi”.
Kotine Compaore è una delle 70 donne dell’Association de soeurs burkinabé de Poedogo, Koubri. Dal 2021 ha cominciato a seguire le formazioni del progetto “Donne al Centro per la Transizione Agroecologica” cofinanziato dalla Regione Emilia Romagna. Lavoratrice intraprendente, madre di quattro figli, collabora attivamente al reddito famigliare e alla gestione della casa. “Ci sono molte ragazze, qui a Koubri, che non hanno lavoro e stanno a casa – afferma Kotine – a volte le famiglie non hanno abbastanza soldi per mandarle a scuola e quindi fanno ancora più fatica poi ad avviare un’attività economica”. In Burkina Faso, in effetti, il tasso di sottoutilizzo della manodopera femminile è del 41,9% rispetto al 30% degli uomini e nelle zone rurali questa percentuale aumenta (INSD, 2018 – Institut National de la Statistique et de la Démographie).

La realtà raccontata da Kotine riguarda molte donne di Koubri. Eveline Rouamba, la presidente dell’Associazione dichiara: “Qui ci sono molte donne che non lavorano anche perché il mercato centrale è lontano, quindi molte si limitano a raccogliere la legna per poi andarla a vendere al mercato di Koubri in modo da ricavare qualche soldo. Altre coltivano a casa propria per sopravvivere e dar da mangiare alla famiglia, ma non a tutte basta il proprio perimetro, soprattutto in una zona come questa, colpita dalla siccità”.

Il dipartimento di Koubri (60.802 abitanti secondo l’ultimo censimento nazionale del 2020) si trova, infatti, in una situazione particolarmente drammatica dal punto di vista dei cambiamenti climatici, essendo una zona particolarmente colpita dalla scarsità di precipitazioni. La regione non può più contare sulle piogge stagionali e la terra è diventata meno fertile. Anche l’accesso all’acqua potabile è difficile: secondo il Programma nazionale di approvvigionamento di acqua potabile (MEA, 2020), il tasso di accesso è del 68,4% e solo il 16,4% dell’acqua utilizzata viene recuperata e trattata correttamente. Tutto questo si ripercuote sulle abitudini alimentari delle famiglie e, in particolare, delle donne nella provincia di Kadiogo, dove si trova il dipartimento di Koubri, le quali hanno un tasso di malnutrizione in età fertile del 4,8% e solo il 25,9% di loro consuma tutti i gruppi alimentari (dati dell’indagine nazionale SMART 2020, Ministero della Salute, Burkina Faso).

Il lavoro portato avanti con l’Association de soeurs cerca di superare il problema permettendo alle donne del gruppo di coltivare, oltre che il proprio orto di casa, anche un ulteriore perimetro fornito di pompa a energia solare, bacini idrici e un edificio adibito a magazzino e sede associativa costruiti grazie al progetto “Donne al centro per lo sviluppo inclusivo e sostenibile” cofinanziato dalla Regione Veneto. “Se avessimo dovuto acquistare da sole un perimetro come questo – afferma Eveline – ci sarebbe costato molto caro, ma grazie al progetto possiamo coltivarlo e piano piano guadagnare qualcosa in più per la nostra famiglia”.

Nel corso dell’anno, inoltre, le donne dell’Associazione, seguite da animatori e formatori, hanno appreso come trasformare alcuni ortaggi, come sviluppare un’alimentazione corretta con una dieta diversificata e come prendersi cura della casa e di ciò che portano a tavola, grazie a una formazione sulla pulizia e l’igiene. “Le tecniche apprese ora le uso anche a casa mia per coltivare il mio orto e ho migliorato anche il modo con cui preparo da mangiare. Ho scoperto che prima non pulivo abbastanza bene le pentole e la verdura e, spesso, mangiavamo le stesse cose. Oggi, invece, sto molto attenta alla pulizia degli spazi e, grazie anche ai risultati raggiunti con l’Associazione, posso cucinare un giorno il riso, quello dopo i fagioli e quello dopo ancora delle verdure, in casa sono tutti molto contenti” racconta Eveline. Le donne dell’Associazione, oltre che ad aver imparato a diversificare la dieta, sono diventate anche un esempio positivo per la loro comunità, delle leader che trasmettono quanto appreso anche agli altri, dando l’esempio e dando consigli ai vicini e alle amiche. “Ho mostrato quello che ho imparato ai miei vicini – racconta Kotine – Così, anche se loro non sono parte del progetto, possono essere informati e imparare. Piano piano vedo che anche da loro le cose stanno cambiando”.
Una transizione lenta ma costante verso l’agroecologia e la sostenibilità alimentare è ciò che le donne di Koubri stanno contribuendo a realizzare nel loro piccolo. Attraverso la coltivazione, l’utilizzo e la vendita dei frutti del loro lavoro, generano reddito per la famiglia e la mantengono in forma, grazie a una corretta alimentazione.

Non sono le sole in Burkina Faso a essersi rimboccate le maniche. Anche nella Provincia di Boulgou, regione di Centre-Est, le donne che fanno parte del progetto “Miglioramento della Sicurezza alimentare e promozione dello sviluppo rurale nella provincia del Boulgou” cofinanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, sono al centro dello sviluppo. Il progetto, in accordo con il Piano Nazionale di Sviluppo Economico e Sociale (PNDES), lavora con le organizzazioni contadine per promuovere alcuni prodotti agricoli in settori strategici come il riso, la cipolla e il pomodoro. Nel Boulgou le donne si sono organizzate in 4 cooperative agricole e stanno mettendo a frutto 10 ettari di terreno.
Inoltre, grazie alle formazioni sulla trasformazione e la commercializzazione dei prodotti, ciò che non viene utilizzato per l’autoconsumo, verrà venduto dalle donne, creando un’ulteriore fonte di reddito per la famiglia. La promozione della piccola imprenditoria è uno dei punti chiave del progetto, che attraverso il lavoro dignitoso punta a migliorare la sicurezza alimentare della provincia, duramente colpita dai cambiamenti climatici e dallo stato di insicurezza costante in cui versa gran parte del Paese.
Con perseveranza, nelle proprie comunità di appartenenza, molte donne Burkinabé stanno lavorando allo sviluppo del Paese. Piccole imprenditrici con il grande sogno di migliorare la propria vita e quella della propria famiglia, del proprio Paese e di lasciare un futuro più degno ai propri figli e figlie. “Molte donne Burkinabé stanno imparando a cavarsela da sole – afferma Eveline – capiscono che non devono essere pigre e aspettare che sia il marito a gestire tutto.
Bisogna, invece, lavorare e imparare a darsi da fare, nulla cambia se si sta sdraiate in attesa che gli uomini ci portino questo o quello. Per avanzare e migliorare la propria vita bisogna imparare a cavarsela con le proprie forze” e mentre conclude la frase ha già in mano l’innaffiatoio pronta a bagnare i nuovi germogli.

Articolo pubblicato nel numero di dicembre 2022 del Giornale di Mani Tese: LINK

Guinea-Bissau, empowerment femminile contro la violenza di genere

I progetti puntano da un lato
a sensibilizzare la popolazione
e dall’altro a rendere le donne
più autonome e consapevoli
favorendo il loro inserimento
sociale e lavorativo

Di Marika Sottile, cooperante di Mani Tese in Guinea Bissau

Mani Tese in Guinea-Bissau ha iniziato a occuparsi dei diritti delle donne dal 2008, focalizzandosi dapprima sul supporto ad attività di sviluppo economico femminile e successivamente abbracciando il tema della protezione e prevenzione nel quadro della violenza basata sul genere (VBG) con una strategia sempre più trasversale e multi-stakeholders che mira a sedimentare la prospettiva di genere nella società attraverso la presa in carico da parte delle istituzioni delle attività, degli strumenti e dei servizi elaborati nei progetti. La protezione e la prevenzione sulla VBG e lo sviluppo di attività economiche femminili costituiscono i due filoni principali di azione. Sebbene ciascuno abbia una propria peculiarità, è sempre presente un’interconnessione tra i due settori di intervento, poiché l’esperienza ha dimostrato che ’integrazione delle due componenti ha un impatto maggiore. Le azioni di Mani Tese sul tema in Guinea- Bissau si sviluppano tra il Settore Autonomo di Bissau e le regioni di Bafatà, Gabu, Cacheu, e Cachungo con un’estensione verso Oio, Tombalì e Quinara grazie alla cooperazione con i partner che operano in queste altre zone. Il primo filone, in modo particolare, ha visto l’implementazione di un progetto pilota “No na cuida de no vida, mindjer” tra il 2018 e il 2021 cofinanziato dall’Unione Europea sviluppato sugli assi della protezione attraverso l’accoglienza nei centri di Bissau e Sao Domingos delle vittime di VBG; reinserimento familiare e lavorativo attraverso accompagnamento psico-sociale, formazione e opportunità di stage; prevenzione con attività di sensibilizzazione sui temi della violenza di genere e dei diritti delle donne quanto per le beneficiarie dirette degli interventi quanto per le loro famiglie e le comunità di appartenenza.

Nel quadro dell’empowerment femminile in area rurale, invece, il progetto “Juntas” realizzato da Mani Tese insieme alla ONG italiana AIFO e cofinanziato dall’ Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo per il biennio 2019-2021, è l’ultimo di una serie di interventi precedenti in cui si è contribuito a consolidare l’agroecologia come strumento di sviluppo economico per le donne delle aree rurali. Da una ricerca che ho condotto per la mia tesi di Laurea Magistrale è emersa l’importanza delle attività economiche delle donne per il benessere proprio e della famiglia di appartenenza. Non soltanto le tecniche agro-ecologiche – e in primo luogo, la sostituzione degli input chimici con quelli naturali – si sono rivelate la prima fonte di sviluppo economico delle donne, non dovendo più queste investire denaro per l’acquisto degli fertilizzanti chimici, ma le attività di ©Flavio Gomes Sambù, FL Produções sviluppo economico hanno anche giovato alla realizzazione personale delle donne e a una valorizzazione a livello familiare e sociale.

Nelle interviste sul campo, le donne hanno raccontato come lavorando abbiano ottenuto molti benefici, tra cui riuscire a pagare le tasse scolastiche dei figli, acquistare cibo e vestiti o pensare a qualche nvestimento, come la casa. Allo stesso tempo, il progetto ha previsto l’inserimento di strumenti di protezione come il Sistema di Allarme Comunitario (SAC), e di prevenzione della violenza basata sul genere nelle stesse comunità del progetto attraverso azioni di sensibilizzazione quali i djumbai (dibattiti organizzati nelle comunità, ndr) e campagne di sensibilizzazione radiofoniche. Altrettanto eloquente è uno dei risultati di una ricerca compiuta nel quadro del progetto “Protection and Durable Solution for Refugees and Asylum Seekers in Guinea Bissau” cofinanziato da UNHCR tra il 2017-2022, che ha messo in luce che nelle comunità in cui le donne sono indipendenti dal punto di vista economico la frequenza della VBG è ridotta. Nell’ultimo anno, Mani Tese si è anche impegnata nell’introduzione della prospettiva di genere nel progetto Ianda Guiné Galinhas. In questo contesto, Mani Tese lavora a stretto contatto con
l’Unità di Coordinamento del programma UE per la formazione degli animatori del progetto sulle questioni di genere. Infine, un passo avanti rispetto ai progetti fin qui menzionati è stato compiuto nella progettazione di prossimo avvio con l’introduzione della componente di advocacy. “No na tene diritu a um vida sim violencia” e “Coinvolgiamo tuttə per costruire il nostro futuro: Politiche, formazione e lavoro
per un business inclusivo!” sono due futuri interventi, di cui Mani Tese è capofila, cofinanziati rispettivamente da UE e AICS che, oltre a dare continuità alle azioni di protezione e sviluppo
economico per le donne, creeranno dei tavoli di concertazione tra le organizzazioni nazionali, internazionali e istituzioni locali per sviluppare proposte e azioni di politica pubblica sinergiche che mettano le donne al centro, rispettandone il diritto all’auto-determinazione in tutte le sfere della vita quotidiana.

Articolo pubblicato nel numero di dicembre 2022 del Giornale di Mani Tese: LINK

Minacce di genere

La condizione delle donne nel mondo, tra violenze, discriminazioni e lotte.

Di Stefania Prandi, giornalista e fotografa (sito web)

La foto di Mahsa Amini, stretta tra le mani di migliaia di manifestanti per le strade di Teheran, è diventata l’emblema della resistenza delle donne iraniane, oppresse dalle rigide regole del potere maschile. L’arresto e l’uccisione di Mahsa Amini per mano della Polizia morale, perché aveva liberato dall’hijab delle ciocche di capelli, hanno provocato un movimento che sta scuotendo le coscienze in alcune parti del mondo. La reazione del regime è stata feroce: si stima che dall’inizio delle proteste, in Iran, siano state assassinate oltre 280 persone, con più di 14mila arresti (sui quali pende il rischio della pena di morte).
La lotta delle donne in Afghanistan, dove dallo scorso anno, con la presa del Paese dei talebani, è stato spazzato via il percorso di ricostruzione dei diritti femminili degli ultimi vent’anni, è diventata di nuovo di piazza dopo l’attacco suicida del settembre scorso al centro educativo Kaaj di Kabul. L’attentato, di probabile matrice talebana, avvenuto mentre le studentesse della minoranza hazara dovevano sostenere l’esame di ammissione all’università, ha provocato 53 vittime, la maggior parte delle quali ragazze, e centodieci feriti. Immediate le proteste nelle province di tutto l’Afghanistan, da Teheran a Ghazni e Nangarhar. Le autorità hanno risposto picchiando le manifestanti e usando armi per disperderle.
Negli Stati Uniti, lo scorso 24 giugno, la Corte suprema ha ribaltato la storica sentenza del 1973 che aveva riconosciuto il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza, legalizzandolo a livello federale. La cancellazione dell’accesso legale all’aborto – fondamentale per l’autodeterminazione individuale femminile – è un segnale inquietante e, di fatto, legittima le scelte antiabortiste di Paesi come l’Ungheria e
la Polonia.

©Stefania Prandi

Secondo le Nazioni Unite, l’impatto della pandemia Covid-19, le conseguenze del global warming e i conflitti geopolitici rappresentano una minaccia per l’uguaglianza di genere e i diritti delle donne in tutto il mondo. Ma, nonostante diversi rapporti internazionali abbiano sollecitato interventi a livello governativo, la maggior parte dei Paesi non ha prestato sufficiente attenzione alle dinamiche di genere.
I dati sull’occupazione femminile restano poco incoraggianti: le donne lavorano in molti casi ancora part-time per “conciliare” vita familiare e pubblica, continuano a svolgere la maggior parte delle attività domestiche e di cura e sono retribuite meno degli uomini. Il 75% della forza lavoro femminile nel Sud globale appartiene all’economia informale, dove è più difficile avere contratti regolari, diritti legali o protezione sociale; spesso le paghe non sono sufficienti per sfuggire alla povertà. Nei paesi a basso reddito solo un terzo delle ragazze conclude la scuola secondaria, contro quasi la metà dei ragazzi.
Durante i numerosi lockdown, le bambine e le adolescenti sono state le più penalizzate anche per il carico delle faccende domestiche, tra pulizie, preparazione dei pasti e cura dei fratelli.
Le gravidanze precoci tra le under quattordici, dovute alle violenze sessuali, sono aumentate di circa il 25% tra il 2020 e il 2021, con conseguente abbandono scolastico. Nel mondo 736 milioni di donne – quasi una su tre – hanno subito, almeno una volta nella vita, una violenza maschile. I tassi di depressione, disturbi d’ansia, suicidi, gravidanze non pianificate, infezioni sessualmente trasmesse e HIV sono più alti in chi ha vissuto abusi, molesti e stupri. La maggior parte degli “abusanti” sono partner o mariti. Al fenomeno non sfuggono le nuove generazioni: quasi una ragazza adolescente su quattro che ha avuto una relazione, è stata maltrattata, picchiata o violentata dal fidanzato. Lo stupro continua a essere uno dei crimini più diffusi nei conflitti in corso. Le Nazioni Unite, l’Unione Europea e molte associazioni hanno chiesto di indagare e punire le violenze sessuali utilizzate dai russi in Ucraina come arma da guerra. Il problema è l’estrema difficoltà di raccogliere prove e ottenere giustizia.

©Stefania Prandi

I movimenti internazionali delle donne da quasi un decennio prendono spunto da quelli dall’America latina che registra i tassi di femminicidio – termine con cui si intende l’uccisione di una donna a causa del suo genere di appartenenza, per motivi di odio, disprezzo, piacere o senso del possesso – più alti al mondo. Dal 2015, quando a Buenos Aires c’è stata la prima manifestazione femminista che ha dato origine al movimento Ni una menos, le mobilitazioni hanno coinvolto diversi paesi sudamericani, raggiungendo in poco tempo il resto del mondo.
Nel 2019 una ripresa della lotta è giunta dal Cile, con gli slogan del collettivo cileno Las Tesis: “La colpa non è mia, né di dov’ero, né di come ero vestita”; “lo stupratore sei tu”. Ma le azioni delle attiviste causano sempre dei contraccolpi, i cosiddetti “backlash”. Nel 2020, appena approvata la legge sull’“aborto sicuro” in Argentina, paesi come l’Honduras hanno blindato la costituzione
in chiave antiabortista.

L’ultimo rapporto dell’European Institute for Gender Equality (Eige) indica che nemmeno in Italia la situazione è rosea, per usare un eufemismo. In certi ambiti, come quello del lavoro, i dati italiani sono tra i peggiori dell’Unione Europea: soltanto circa il 30% delle donne è occupata a tempo pieno rispetto alla metà degli uomini. Le donne italiane continuano a guadagnare meno, con un salario medio mensile inferiore del 16%, che sale al 35% tra le laureate. Nonostante per la prima volta nella storia d’Italia una donna sia diventata presidente del Consiglio, la percentuale femminile in Parlamento è scesa del 3% rispetto alla legislatura precedente e soltanto un ministro su quattro è donna. Scrive la rivista online di informazione www.ingenere.it: “La destra di Giorgia Meloni ha già lanciato una serie di messaggi chiari e precisi sul fronte della libertà delle donne e dei diritti civili”, in nome di una certa retorica fondata sul mito
della “vera femminilità”, della “buona madre” e del perbenismo, “sulla difesa di una rinnovata idea di nazione che chiude le frontiere agli altri, chiunque siano”.

Articolo pubblicato nel numero di dicembre 2022 del Giornale di Mani Tese: LINK

Molto più di un Natale a scuola 2022!

“Molto più di un Natale a Scuola” è una proposta di partecipazione ad un contest fotografico ideato per coinvolgere le scuole medie in un percorso di avvicinamento degli alunni e delle alunne al tema della solidarietà, della pace e della cooperazione internazionale.

MOLTO PIÙ DI UN NATALE A SCUOLA 2022!

“Molto più di un Natale a Scuola” è una proposta di partecipazione ad un contest fotografico ideato per coinvolgere le scuole medie in un percorso di avvicinamento degli alunni e delle alunne al tema della solidarietà, della pace e della cooperazione internazionale.
Ogni alunno/a ha scattato fotografie che ritraggano elementi che fanno pensare alla propria concezione di pace e solidarietà fra le persone, in sintonia con la propria sensibilità.

Per Mani Tese la Pace non si costruisce con la Guerra, ma con la cultura del rispetto dell’altro, con la cooperazione e con la promozione di stili di vita responsabili per l’ambiente e per la giustizia. La Pace è per tutti o non è per nessuno e questo vale per tutte le guerre, dovunque scoppino, qualunque sia la loro forma e qualsiasi il nome che viene dato loro.

Mani Tese lavora da tantissimi anni in Africa e in Burkina Faso contrasta guerra e terrorismo con il progetto “SEMINA: SUPERARE L’EMERGENZA INCENTIVANDO L’AGRICOLTURA” che ha l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita delle comunità locali, con particolare attenzione agli sfollati interni, in fuga a causa della presenza sempre più frequente di gruppi radicali armati, che sta mettendo in pericolo la vita quotidiana delle persone.

Le fotografie sono state valutate da una giuria interna di Mani Tese, tutti i partecipanti riceveranno un attestato di partecipazione ed i vincitori del concorso un gadget Mani Tese.

LA FOTO VINCITRICE PER LA CATEGORIA PRIMA MEDIA
UNITI NEL MONDO di Lara Fibbi, David Cucurazan, Paolo Filistrucchi, Armando Pezzano
Istituto Comprensivo “Le Cure” 1C – Firenze

La nostra foto rappresenta l’unione e l’aiuto tra i continenti.

LA FOTO VINCITRICE PER LA CATEGORIA SECONDA MEDIA
LE FOGLIE DELLA DIVERSITÀ di Clotilde Scarpato, Bianca Ciani, Vittoria Piacentini, Alessandro Pirri
Istituto Comprensivo “Le Cure” 2A – Firenze

Con la nostra foto abbiamo voluto rappresentare la solidarietà tramite l’unione e quindi la “considerazione” tra le foglie “meno belle” o “sciupate” con quelle che sembrano invece “perfette” che insieme formano il simbolo della pace: chiunque deve avere la possibilità di far parte di un gruppo e di venire accolto a prescindere da come è esteriormente, perché a chiunque fa piacere sentirsi parte dell’insieme.

LA FOTO VINCITRICE PER LA CATEGORIA TERZA MEDIA
LA DECADENZA DELL’ INCOMPRESO di Arianna Federici Barcelò e Sara Rapisarda
Istituto comprensivo “Masaccio” Classe 3E – Firenze

La foto rappresenta un diritto  fondamentale, quello dell’istruzione. In molti paesi questa è negata a causa delle grandi guerre che costringono i  giovani all’impotenza. Ad essi è stata privata ogni tipo di scolarizzazione. In questa foto si illustra quindi che senza PACE, quindi senza giustizia, tutti i diritti fondamentali di cui ha bisogno l’ uomo per garantirsi il ‘benessere’ sono assenti. Così vogliamo diffondere un senso di cosmopolitismo e pace.

Grazie per la partecipazione e ci vediamo l’anno prossimo con un nuovo progetto di solidarietà!

Il nuovo impianto fotovoltaico unisce italia e Burkina Faso

Nell’ambito del progetto di Mani Tese, la collaborazione fra un’azienda italiana, un’impresa locale e la diaspora burkinabè genera sviluppo sostenibile ed emancipazione delle donne.

Sabato 12 novembre nel villaggio di Podeogo, a Koubri, è avvenuto un incontro importante, quello fra l’impresa italiana EQUA s.r.l. e l’impresa burkinabè Yandalux, che si sono incontrate per collaborare, insieme, all’installazione dell’impianto fotovoltaico che servirà alle donne dell’Association des femmes burkinabè de Podeogo per dare energia al loro centro di trasformazione di prodotti agricoli.

L’impianto è stato realizzato nell’ambito del progetto “Donne al centro per uno sviluppo inclusivo e sostenibile” cofinanziato dalla Regione Veneto. EQUA s.r.l. è l’azienda italiana partner tecnico del progetto mentre Yandalux è l’impresa locale che ha vinto la gara per l’assegnazione dei lavori.

Micheal Metzger, fondatore di EQUA srl, ha potuto così incontrare Banyala P OUOBA, capa cantiere di Yandalux. Insieme hanno portato a termine l’installazione aiutati anche da Aicha Cissé, giovane italo-burkinabè con radici ivoriane, che ha fatto loro da interprete traducendo dall’italiano al francese e al mòrée.

Erano sei anni che non venivo in Burkina ed essere qui, oggi, a fare da interprete tra un’impresa locale che vende pannelli solari e un’impresa italiana che si occupa di energie rinnovabili mi rende molto felice e ottimista” racconta Aicha Cissé. Da Treviso è arrivata in Burkina Faso per ritrovare le sue radici, salutare la famiglia e osservare con la madre Kadiatou come prosegue il progetto sul perimetro di terra donato all’Association des femmes burkinabè de Podeogo da parte dell’Associazione delle sorelle burkinabè di Treviso.

Le donne dell’associazione di Podeogo, grazie all’appezzamento di terra donato dalla diaspora di Treviso, oggi possono infatti coltivare diversi ortaggi come le cipolle, i cavoli, i pomodori, ma anche colture tradizionali come l’amaranto e alberi da frutto come mango e papaya. Le donne utilizzano i prodotti raccolti, da un lato, per diversificare la dieta in famiglia; dall’altro, per venderli e aumentare così il proprio reddito. Lo stesso 12 novembre, durante la Festa del Raccolto  organizzata presso la sede del partner di progetto Association Watinoma a Koubri, le donne dell’associazione sono riuscite a vendere tutti i prodotti che avevano preparato per l’evento!

Con l’installazione dei nuovi pannelli fotovoltaici le donne potranno avere maggior energia disponibile per pompare l’acqua dal pozzo ed elettrificare il centro di trasformazione.

Giovanni Sartor, responsabile dei progetti in Africa Occidentale di Mani Tese, presente in Burkina Faso in quei giorni, ha osservato come sia particolarmente importante ed efficace il partenariato di questo progetto che vede collaborare insieme, con la regia di Mani Tese, un’azienda italiana, un‘associazione della diaspora del Burkina Faso in Italia, un soggetto locale (association Watinoma, partner di progetto)  e un’impresa burkinabè. “Vedere questi soggetti sul campo operare insieme per un obiettivo comune è particolarmente gratificante”, afferma Giovanni, che aggiunge: “Fa parte della strategia di Mani Tese coinvolgere le aziende e le Associazioni della diaspora negli interventi di cooperazione internazionale e mi auguro che questo progetto, visti i buoni risultati, possa fare da modello per altri nel prossimo futuro”.

 “Sono felice di essere qui finalmente. Da diverso tempo coltivavo l’idea di collaborare con Mani Tese nel campo delle energie rinnovabili” afferma Micheal Metzger, fondatore di EQUA srl “Come azienda, credo che questo sia un buon modo di gestire il denaro: investendolo nello sviluppo attraverso la condivisione di conoscenze e tecniche, e oggi, lavorando con Yandalux ho apprezzato ancora di più il fatto che siano le donne e i giovani a puntare sullo sviluppo di questo settore in Burkina Faso”.

Anche Banyala P OUOBA, capa cantiere di Yandalux, è d’accordo: “Non è semplice essere una donna giovane e lavorare nell’ambito tecnico-scientifico. I clienti, quando mi vedono, a volte mi sottostimano. Poi, però, dopo l’installazione rimangono piacevolmente colpiti e capiscono che le donne possono fare anche questo lavoro”.

Banyala ha studiato come elettricista a Ouagadougou e poi all’università si è specializzata in energia solare. Racconta che sin da piccola le piaceva armeggiare con gli attrezzi e che sua madre l’ha quindi spinta a fare una scuola tecnica. Dal 2016 lavora con Yandalux ed è una delle due donne ingegnere presenti nell’impresa.

Donne al centro per uno sviluppo inclusivo e sostenibile” è un vero e proprio approccio che Mani Tese sta adottando nel corso del progetto più che un semplice titolo. Un approccio in cui le giovani donne hanno un ruolo fondamentale. “Tocca noi ora lavorare per cambiare le cose in Italia e in Africa” afferma Aicha Cissé “Tocca a noi impegnarci per l’emanciparci dai retaggi coloniali e riprendere a costruire un futuro sostenibile insieme”.

Guatemala: lotta alla denutrizione nel dipartimento di Chiquimula

Mani Tese, insieme al partner locale ASSAJO (Asociacion Santiago de Jocotan), lavora in tre comunità del comune di Mocotàn per prevenire la malnutrizione e favorire l’accesso al cibo.

Di Riccardo Mulas, inviato di Mani Tese

In Guatemala siamo presenti con il progetto LOTTA ALLA DENUTRIZIONE NEL DIPARTIMENTO DI CHIQUIMULA cofinanziato dai fondi 8 per 1000 della Chiesa Cattolica Italiana e Associazione Mani Tese Firenze e collaboriamo con ASSAJO, una locale organizzazione nella regione di Chiquimula, nel comune di Cocotan.

Il Guatemala presenta tassi elevatissimi di denutrizione cronica infantile: quasi 1 bambino su 2 (49.6%) ne risulta colpito e presenta valori che rientrano nella definizione di denutrizione cronica, secondo i dati Unicef. Chiquimula risulta essere la quinta regione del Paese per tasso di denutrizione cronica.

Il Guatemala è anche uno dei Paesi al mondo maggiormente esposti alle catastrofiche conseguenze del cambiamento climatico. Frequentemente, negli anni passati, il Paese è stato attraversato da tormente tropicali che hanno provocato devastazione e danni, peggiorando ulteriormente la capacità di raccolta di numerose comunità. Nella regione di Chiquimula, in particolare, le conseguenze del cambiamento climatico sono una prolungata canicola, cioè il tempo di secca durante la stagione delle piogge, che ha c effetti nefasti sui raccolti. Una canicola particolarmente lunga può infatti seccare completamente i raccolti di mais e fagioli piantati durante la stagione delle piogge, debilitando fortemente la dieta delle comunità.  

La regione, inoltre, negli ultimi 25 anni ha abusato delle soluzioni chimiche da apportare in agricoltura, ottenendo degli ottimi risultati nell’immediato ma rovinando alla lunga i terreni, che a oggi si presentano poco produttivi e con bisogno di riposo per vari anni. La scarsezza di terre disponibili obbliga le persone del luogo a utilizzare gli stessi campi tutti gli anni.

Mani Tese, insieme al partner locale ASSAJO (Asociacion Santiago de Jocotan), lavora in tre comunità del comune di Mocotàn per prevenire la malnutrizione, con particolare focus sulla malnutrizione infantile, e per favorire l’accesso al cibo attraverso la promozione dell’agroecologia e della sovranità alimentare. Nel progetto lavoriamo su due filoni principali, quello della promozione dell’agroecologia e quello del miglioramento delle condizioni igienico-domestiche nelle comunità interessate.

Il progetto si propone di rafforzare la produzione di mais e fagioli, attraverso la fornitura di fertilizzanti organici, e gli orti domiciliari costruendo depositi di acqua piovana per garantire l’irrigazione, distribuendo stufe migliorate per permettere ai beneficiari di cucinare in un ambiente più salutare ed ecofiltri per rendere pulita l’acqua per uso domestico, promuovendo inoltre corsi di formazione in agroecologia e in sovranità alimentare per rafforzare le conoscenze in ambito di produzione e consumo di grani antichi e prodotti tipici delle comunità e combattere la diffusione di cibi preparati di scarsa qualità.

Lavoriamo in tre comunità principali, Muyurco, Marimba e Rodeo, coinvolgendo direttamente 100 famiglie e 200 persone e raggiungendo indirettamente più di 500 membri delle famiglie.

I risultati intermedi del progetto hanno mostrato già un aumento di quantità di mais e fagioli disponibile nei campi coltivati con materiale organico, ma soprattutto una crescente coscienza nei partecipanti dell’importanza di coltivare il proprio cibo per offrire ai propri figli una dieta adeguata.

Ariel Cristiana Marin Rodriguez, nicaraguense emigrata in Guatemala e nutrizionista, è la formatrice del progetto in sovranità alimentare e diritto al cibo. Ha promosso un ciclo di 6 incontri per 28 beneficiari, quasi tutte donne. Considerando l’alto tasso di analfabetismo tra i partecipanti, è stata studiata una metodologia ad hoc per il corso, utilizzando disegni, discussioni e momenti di animazione.

“Le formazioni che il progetto propone sono fondamentali perché i beneficiari prendano coscienza che gli alimenti comunitari, le coltivazioni tradizionali, tutto ciò che la terra conferisce loro, sono fondamentali per proteggerli dalla denutrizione – afferma Ariel Cristiana Marin Rodriguez – È importante che comprendano cosa coltivare e come consumarlo, perché spesso la denutrizione è figlia di un’alimentazione errata e non solo di mancanza di cibo. La sensibilizzazione delle popolazioni locali e comunitarie è il primo passo per prevenire la denutrizione infantile cronica rompendo così la catena dell’insicurezza alimentare che storicamente colpisce queste comunità”.

A Poipet riaprono le frontiere ma rimane la povertà

In Cambogia proseguono le attività di Mani Tese presso il centro di accoglienza Damnok Toek dopo la riapertura post Covid per recuperare i bambini vittime di traffico attraverso l’educazione e la socializzazione.

In Cambogia sosteniamo il centro di accoglienza Damnok Toek per bambini e bambine vittime di trafficking, dal quale riceviamo aggiornamenti periodici sulla situazione locale. Da maggio di quest’anno il posto di frontiera Poipet-Aranyaprathet, fra la Cambogia e la Thailandia, è stato finalmente riaperto ai viaggiatori, dopo un periodo di chiusura di due anni causato dal Covid-19.

Per il momento la frontiera è stata riaperta solo per chi ha un passaporto. Le autorità però non hanno ancora iniziato a rilasciare i documenti di immigrazione per lavoratori migranti e questo è un problema che impedisce alle famiglie povere di attraversare il confine in sicurezza.

La povertà delle famiglie

La situazione delle famiglie vulnerabili a Poipet in questo periodo è rimasta precaria. Molte hanno perso il lavoro come risultato della crisi socioeconomica derivata dal Covid-19. Molte si sono indebitate pesantemente e hanno dovuto tornare alle loro province o migrare in un’altra per sfuggire agli strozzini, portando con sé i bambini, e quindi interrompendo il loro percorso scolastico.

Inoltre, il costo della vita è aumentato in modo drammatico da febbraio 2022 in diretta conseguenza dello scoppio della guerra e della crisi umanitaria in Ucraina, costringendo molte famiglie cambogiane a lottare più di prima per potersi permettere anche un minimo di cibo e di carburante.

Con l’allentamento delle restrizioni relative al Covid-19 a partire da gennaio, il Centro di Accoglienza Damnok Toek ha ripreso tutte le attività in programma. Tutti i bambini ospitati sono stati coinvolti in attività ricreative come artigianato, orticoltura, danze tradizionali Khmer, meditazione; nello sport come pallavolo, calcio, badminton, pallacanestro e tennis; nelle lezioni (aritmetica, grammatica, lingua Khmer e inglese).

I bambini al Centro di Accoglienza hanno anche partecipato a sessioni di sensibilizzazione sulla migrazione sicura, i rischi dell’uso di droga, la protezione dei bambini e sulle competenze relazionali (come imparare a vivere insieme e rispettarsi a vicenda).

Per sviluppare autonomia e responsabilità, i bambini sono stati anche incoraggiati a partecipare ai lavori domestici a fianco del personale del Centro di Accoglienza, come lavare i propri indumenti e le lenzuola e preparare la prima colazione a turno insieme al personale.

La gita in montagna

A settembre, 32 bambini hanno partecipato a una gita di tre giorni per visitare i paesaggi e le cascate nelle montagne Phnom Mouy Pan Brahma, nella Cambogia occidentale, circa 270 km a sud di Poipet. La gita ha permesso ai bambini e alle bambine di sperimentare passeggiate e campeggio in montagna imparando competenze formative di vita e di agricoltura di sussistenza in montagna. Per la maggior parte dei bambini del Centro di Accoglienza questa è stata la prima gita di piacere a cui abbiano mai partecipato. Un’opportunità unica di esplorare e conoscere la biodiversità della Cambogia.

Nel 2022 sei famiglie dei bambini che erano stati in precedenza reintegrati hanno ricevuto sostegno sotto forma di pacchi di cibo di emergenza. Di questi sei casi, tre sono ragazzi di 16 e 17 anni che hanno ora trovato un buon impiego o lavorano in proprio.

I bambini con il personale del Centro in gita

Il progetto Mobile Rehabilitation

Il progetto Mobile Rehabilitation di Damnok Toek è dedicato alle comunità con un gran numero di bambini di strada e di ragazzi che fanno uso o sono a rischio di uso di droga. La squadra degli assistenti sociali di Damnok Toek identifica bambini e ragazzi vulnerabili e li manda al Centro di Ascolto di Damnok Toek che offre rifugio, cibo, attività recreative ed educative, sport e altri servizi per ridurre il livello di stress dei bambini e la loro dipendenza da sostanze stupefacenti.

Nel corso del terzo trimestre del 2022 gli assistenti sociali di Damnok Toek del Progetto Mobile Rehabilitation hanno raggiunto un totale di 22 bambini e ragazzi.

Pace, cibo e ambiente in Burkina Faso

Le risposte della cooperazione internazionale e il ruolo delle donne. Mani Tese ne parla, assieme ad altre associazioni, in un evento che si terrà il 3 dicembre 2022 a Padova.

Il Burkina Faso è uno dei paesi più poveri al mondo. Alla povertà estrema, si sono aggiunti gli effetti dei cambiamenti climatici e il degrado delle risorse ambientali, che hanno un forte impatto sulla sicurezza alimentare della popolazione burkinabé. Non solo, negli ultimi anni la crescente insicurezza e il conseguente spostamento di grandi masse di popolazione ha dato origine anche a una crisi umanitaria senza precedenti, che coinvolge milioni di persone.

In questo scenario diventa fondamentale il ruolo delle popolazioni locali, in particolare delle donne, sostenute dalla cooperazione internazionale. L’evento “PACE, CIBO E AMBIENTE IN BURKINA FASO. Le risposte della cooperazione internazionale e il ruolo delle donne“, che si terrà il 3 dicembre, dalle 10.00 alle 13.00, presso il Centro Universitario in via Zabarella 82, a Padova, si pone l’obiettivo di condividere e valorizzare l’impegno delle donne bukinabé che lottano ogni giorno per garantire un futuro migliore ai propri villaggi.

L’evento, gratuito con iscrizione obbligatoria, è organizzato nell’ambito dei progetti di cooperazione internazionale “Progetto per il miglioramento delle condizioni nutrizionali di donne e bambini nei distretti sanitari di Garango e Tenkodogo, Burkina Faso”, in collaborazione con AICS, e “Donne al centro per uno sviluppo inclusivo e sostenibile” e con Regione Veneto.

Le iscrizioni online chiuderanno venerdì 2 dicembre alle ore 23.

Di seguito la locandina con il programma dell’evento:

Locandina dell’Evento