Non c’è pace per il Burkina Faso: ancora sangue e morti nel “Paese degli uomini integri”
Poco si sa e quasi nessuno ne parla in Italia di questa crisi senza fine.
Sono più di 100, secondo diverse fonti, i civili uccisi nell’attacco avvenuto nella notte tra il 4 e 5 giugno presso il villaggio di Solhan, situato nella provincia di Yagha nella regione del Sahel, situata al confine tra Burkina Faso appunto, Mali e Niger. In questi tre Paesi, purtroppo, è in atto una crisi che al momento sembra inarrestabile e che sta causando immani sofferenze alla popolazione civile: attacchi, morti e migliaia di sfollati che devono fuggire dalle proprie terre sono notizie quotidiane.
Tornando a quanto successo a Solhan secondo l’agenzia di stampa del Burkina Faso i terroristi, diversi gruppi di matrice jihadista operano da anni in questa zona del Paese, sono entrati nel villaggio sparando sulle persone che incontravano, incendiando abitazioni e il mercato del villaggio. È la più grave tragedia dal 2015, anno che viene considerato quello di avvio del processo di destabilizzazione del Burkina Faso, che ha portato fino ad oggi a più di 1400 morti e a più di un milione di sfollati interni.
“Il Paese è sotto shock per questo ulteriore attacco – ci racconta Giulia Polato da Ouagadougou, dove gestisce i progetti di Mani Tese nel Paese – Le persone sono atterrite, stanche e devastate da questa guerra di cui al di là del Mediterraneo nessuno parla. Oggi sono 132 i morti da piangere. E domani?”
Sono tre i giorni di lutto nazionale proclamati dal Presidente Rock Kaboré che ha dichiarato inoltre che le forze di difesa e sicurezza del Paese sono state mobilitate per ricercare e neutralizzare gli autori di questo ignobile atto.
Mani Tese si unisce al dolore del popolo del Burkina Faso e dei famigliari delle vittime in questo momento di grande sofferenza. Resta, inoltre, impegnata con ancor più motivazioni con vari progetti di sviluppo nel Paese per combattere la povertà diffusa che colpisce la sua popolazione. Povertà terreno fertile, purtroppo, per i terroristi che riescono a reclutare giovani, senza prospettive di futuro, per le loro efferate azioni.