Mozambico: le donne contro I cambiamenti climatici
Le donne, guardiane dei semi e della terra, in Mozambico da sempre svolgono un importante ruolo di salvaguardia ambientale e mitigazione degli effetti del riscaldamento globale.
Mani Tese, nell’ambito del suo progetto Katagya in Mozambico cofinanziato dalla Regione Emilia Romagna, nelle scorse settimane ha tenuto una tavola rotonda con l’obiettivo di scambiare esperienze positive sull’uso sostenibile dell’ambiente, valutando le donne come attrici in prima linea nel processo di mitigazione del cambiamento climatico.
La tavola rotonda è stata moderata dalla giovane Fatima Matos, attivista ambientale della città di Quelimane, e Leonel Raimo, coordinatore del progetto Katagya e responsabile delle attività di blue economy di Mani Tese.
All’evento, che mirava a promuovere lo scambio di esperienze tra i gruppi coinvolti nel progetto, hanno partecipato 13 donne e 7 uomini, fra cui rappresentanti di associazioni locali amiche dell’ambiente, del Comune di Quelimane, dell’Unione Provinciale de Contadini della Zambezia (UPCZ) e attivisti ambientali.
Durante il dibattito, l’attenzione principale è stata posta sul ruolo delle donne nella mitigazione del cambiamento climatico. Sono state le donne, infatti, a discutere delle principali cause del cambiamento climatico, evidenziando alcune cattive abitudini da modificare. Fra queste, l’avidità di arricchimento compulsivo e le limitazioni alla gestione del reddito sono state indicate come fattori che inducono gli uomini a optare per l’abbattimento massiccio di alberi a uso commerciale e industriale, abusando delle foreste.
Altre cattive abitudine emerse sono state la pratica dell’agricoltura intensiva, dove il suolo è considerato una mera risorsa da sfruttare, e l’eccessiva produzione di carbone.
Nel dibattito è emerso chiaramente come le donne, pioniere nella pratica dell’agricoltura sostenibile, abbiano inconsapevolmente dato il loro effettivo contributo alla mitigazione degli effetti del cambiamento climatico. La donna contadina, con la sua zappa a manico corto, i semi autoctoni e le piante da frutto, astenendosi dall’uso di fertilizzanti sintetici, lavora i suoi campi in modo naturale rispettando la conservazione ambientale.
Il ruolo delle donne nell’agricoltura è stato proprio l’oggetto specifico di una seconda tavola rotonda, organizzata da Gildo Abu Pires, del team comunicazione di Mani Tese, e moderata sempre da Leonel Raimo, coordinatore del progetto Katagya.
L’evento ha visto la partecipazione di 17 membri di diverse organizzazioni: Comune di Quelimane, Unione provinciale dei contadini di Zambézia, SDAE, NAFEZA, CELIM, Associação das Mulheres Domesticas da Zambézia, Associação Ondas da Maganja da Costa e Senhora Fátima – Attivista sociale.
Il dibattito ha riguardato un’attenta riflessione sul ruolo delle donne in agricoltura, compresi i suoi ostacoli, le sfide e le possibili soluzioni per l’emancipazione delle donne.
Odete Pedro, la rappresentante di NAFEZA-Nucleo das Associações Femeninas da Zambezia, in particolare ha sottolineato come le donne abbiano contribuito positivamente all’agricoltura così come nella società in generale. La maggior parte delle persone dedicate all’agricoltura di sussistenza, infatti, sono donne, mentre gli uomini si dedicano principalmente all’agricoltura per la commercializzazione dei prodotti.
La coltivatrice Gildo ha inoltre affermato che la donna è la Guardiana del seme autoctono e coltiva la terra senza l’uso di fertilizzanti sintetici per produrre cibo per tutta la famiglia.
Ha inoltre aggiunto che il problema principale delle donne è il patriarcato, un sistema che perpetua il potere di decisionale degli uomini in tutti gli aspetti della vita sociale. Si tratta di un contesto radicato su convinzioni familiari, sociali, culturali e religiose, in cui l’uomo è posto come figura superiore alla donna. Un atteggiamento che finisce per disattenere il principio di uguaglianza fra le persone.
Sono molte, infatti, le attività per cui è necessario per le donne avere l’autorizzazione degli uomini, come ad esempio l’acquisizione di machamba per la produzione alimentare, compresa la decisione su cosa può essere venduto e quando.
La società sta quindi perdendo l’opportunità di valorizzare la donna, la principale custode del cibo. Dovrebbe invece formare uomini e donne sull’uguaglianza dei diritti umani educando gli uomini al rispetto.
Tiago Otílio, Rappresentante di Celim, ha sostenuto la creazione massiccia di associazioni di donne per l’agricoltura e la loro formazione affermando come anche la partecipazione degli uomini alle sessioni di formazione possa fare in modo che, insieme alle donne, possano mettere in pratica cambiamenti e miglioramenti positivi tanto in agricoltura quanto nella società.