La filiera amara della canna da zucchero
Leggi e scopri il nuovo dossier sulle condizioni di lavoro e vita dei lavoratori della canna da zucchero in Nicaragua e Guatemala
di Federica Alfano, Chiara K. Cattaneo, Claudia Zaninelli, Raùl Zecca Castel
Lo zucchero oggi rappresenta uno dei beni di consumo quotidiano più richiesti e diffusi su scala globale.Ā Il suo consumo ĆØ più che raddoppiato dagli anni ā60 al 2009, ed ĆØ prevista una crescita costante nei prossimi anni. Al momento si aggira intorno ai 25 kg annui pro capite, ma i paesi sviluppati superano addirittura i 40 kg, come nel caso americano. Un italiano medio ne consuma circa 27 kg allāanno, pari a 70 gr giornalieri, cifra che comunque supera del 50% il limite massimo consigliato dallāOrganizzazione Mondiale della SanitĆ .
Sempre più studi clinici riconoscono lāeccessivo consumo di zucchero come fattore di rischio non solo rispetto alle patologie metaboliche, ma anche per quelle cardiache e tumorali.
Risulta attualmente meno noto e problematico a livello pubblico il discorso sulle modalitĆ di produzione dello zucchero, in particolare per quanto riguarda le condizioni di lavoro e le gravi violazioni che si verificano allāinterno della filiera, che includono forme di lavoro forzato, minorile, sottopagato e insicuro, abusi e violenze, nonchĆ© fenomeni di accaparramento e contaminazione di terre e acqua.
Il dossierĀ āLa filiera amara della canna da zuccheroā analizza la filiera della canna da zucchero, che sempre più terre, lavoratori e denaro ĆØ andata interessando in tutto il mondo negli ultimi decenni. Lāampliarsi delle terre destinate a questa coltivazione ĆØ proporzionale allāaumento di livelli di malnutrizione, con lāagricoltura famigliare e quella destinata al consumo locale fortemente penalizzate, e con la diffusione di fenomeni come il land grabbing che accentrano ulteriormente la proprietĆ della terra. Inoltre risultano notevoli danni allāambiente dovuti sia allāimpoverimento progressivo del suolo e alla perdita di biodiversitĆ , sia alla contaminazione del terreno e delle risorse idriche a causa dellāuso massiccio di fertilizzanti e diserbanti chimici.

Allāinterno della filiera della canna da zucchero emerge una forte frammentazione e precarizzazione del lavoro. Attraverso un sistema di subappalti informali, la manodopera viene ingaggiata da terzi a seconda della necessitĆ del momento. Questo sistema penalizza ulteriormente i lavoratori, costretti a lavorare in condizioni precarie dal punto di vista della sicurezza nel breve, medio e lungo termine. Si segnalano fenomeni gravi come impiego del lavoro minorile e la violazione dei diritti dei lavoratori.
Abbiamo scelto di studiare con maggiore attenzione, anche sul campo, la filiera della canna da zucchero in due paesi centroamericani ā Guatemala e Nicaragua ā due casi esemplificativi delle gravi conseguenze che la filiera della canna da zucchero può produrre sia sulle risorse umane sia sulla questione della terra.

La coltivazione della canna da zucchero in Guatemala ha assunto unāimportanza enorme per lāeconomia nazionale, fino a trasformare il paese nel principale produttore ed esportatore di zucchero della regione e uno dei quattro esportatori principali su scala mondiale. La manodopera bracciante impiegata nel settore ĆØ costituita quasi al 90% da popolazione indigena. Sono emersi rapporti di lavoro non contrattualizzati e sommersi, salari al di sotto dei minimi legali, negazione dei diritti sindacali, sfruttamento di lavoro minorile e casi di land grabbing con impatti fortemente negativi sulle popolazioni e lāambiente.
Il Nicaragua si ĆØ posto al centro di recenti attenzioni internazionali a causa della significativa incidenza che la patologia di Insufficienza Renale Cronica Per Cause Non Tradizionali (IRCnT) registra nelle aree agricole e in particolare tra i lavoratori delle piantagioni di canna da zucchero. Per quanto sia stata classificata come una malattia multifattoriale, il mondo accademico e della medicina a livello internazionale concorda sul ruolo predominante dellāutilizzo massiccio di agrochimici impiegati nella coltivazione della canna da zucchero, e nelle condizioni di lavoro dei braccianti.

Nello scegliere questi due paesi Mani Tese ha inteso però anche proseguire una relazione nata rispettivamente nel 1969 in Guatemala e nel 1973 in Nicaragua e che nei decenni si ĆØ concretizzata nel sostegno a organizzazioni e movimenti della societĆ civile locale su diversi fronti: dallāacqua alla terra, dal sostegno allāimprenditoria agricola alla valorizzazione della medicina tradizionale, a fianco delle comunitĆ indigene e delle vittime di violenza politica.
La filiera della canna da zucchero e lo sfruttamento del lavoro minorile nella sua coltivazione in Brasile sono stati al centro dellāimpegno di Mani Tese durante la Global March Against Child Labour. Nel 1998 ONG, associazioni di lavoratori e altre realtĆ della societĆ civile hanno deciso di lanciare una campagna internazionale per la difesa dei diritti dei minori, e per richiamare lāattenzione di opinione pubblica e istituzioni sul problema dello sfruttamento del lavoro minorile; la marcia ha attraversato 90 paesi, per arrivare a Ginevra e contribuire allāadozione della Convenzione ILO 182 sulle peggiori forme di sfruttamento del lavoro minorile. Mani Tese ĆØ stata coordinatrice europea della campagna, svolgendo unāazione di lobby politica, di sensibilizzazione dellāopinione pubblica e contemporaneamente di promozione di progetti di cooperazione a tutela dellāinfanzia e contro lo sfruttamento del lavoro minorile.
Allāinterno di questo progetto si ĆØ inserita, nel 1998, la pubblicazione del fumetto āLo zucchero amaro di Carlos JosĆ©ā su diverse filiere produttive che sfruttano il lavoro minorile. In particolare la storia di Carlos JosĆ© tratta dello sfruttamento nella filiera della canna da zucchero in Brasile e il mancato accesso alla terra per i contadini. Questa azione di sensibilizzazione racconta per immagini il lavoro e lāimportante partenariato tra Mani Tese e il movimento politico Sem Terra che si batteva per la riforma agraria.
Lāimpegno di Mani Tese
Se da un lato ĆØ necessario acquisire e promuovere consapevolezza sulle molteplici violazioni che avvengono allāinterno della filiera della canna da zucchero, auspicando azioni che la rendano più sostenibile dal punto di vista ambientale e umano, occorre anche tenere presente che queste criticitĆ non possono essere affrontate e risolte con un approccio monotematico.
Il ruolo del business è sicuramente centrale nella complessa sfida di rendere più trasparente e sostenibile la filiera della canna da zucchero, così come devono esserlo la consapevolezza e sensibilità dei consumatori nel domandare che lo zucchero che utilizzano sia prodotto nel pineo rispetto della legislazione che tutela lavoro e ambiente.
Occorre tuttavia ricordare il ruolo preminente che possono e devono ricoprire le istituzioni politiche nazionali e internazionali nellāesigere che la libertĆ di impresa sia vincolata al rispetto dei diritti umani, e che tale responsabilitĆ ricada sugli attori del business.
Mani Tese ha scelto di operare sui seguenti tre livelli: diversi, complementari, e tutti necessari.
In Nicaragua ĆØ impegnata nella prevenzione e nel miglioramento delle cure per i lavoratori malati di Insufficienza Renale Cronica, e della popolazione a rischio di contrarre la malattia. Partner locale ĆØ il Centro de Investigacion de Salud, Trabajo y Ambiente (CISTA), della FacoltĆ di Scienze Mediche dellāUniversitĆ Nazionale Autonoma del Nicaragua-Leon (UNAN), i cui ricercatori sono impegnati nellāanalisi della letteratura internazionale in materia, integrandola con interviste e dati raccolti sul campo. Attraverso il coinvolgimento di leader informali e autoritĆ locali competenti, si ĆØ avviato un processo per lāelaborazione e adozione di strategie comuni per affrontare la malattia con lāobiettivo ultimo di farla riconoscere come patologia professionale e produrre norme atte a prevenirne lāulteriore diffusione.
In Guatemala da più di 10 anni, Mani Tese sostiene diversi movimenti sociali e contadini, tra cui la Coordinadora Nacional IndĆgena y Campesina (CONIC), che si occupano di sovranitĆ alimentare e accesso alla terra, promuovendo il recupero di tecniche e produzioni locali tradizionali, lāeducazione nutrizionale e il rafforzamento delle loro capacitĆ di ingaggio con le autoritĆ locali.
In Italia Mani Tese realizza la campagna di sensibilizzazione āiĀ exist ā say no to modern slaveryā, per informare e sensibilizzare i cittadini e le istituzioni sulle diverse manifestazioni delle forme moderne di schiavitù ā in particolare il lavoro minorile, il traffico di esseri umani e lo sfruttamento del lavoro nelle filiere. Parallelamente abbiamo di recente promosso un Coordinamento strategico nazionale di associazioni, accademici e Ong (tra queste Amnesty International, Fondazione Finanza Etica, Action Aid, Focsiv e Cospe) con lāobiettivo di incidere su due processi determinanti sul fronte ābusiness & human rightsā: il Piano di Azione Nazionale sui Principi Guida dellāONU su Imprese e Diritti Umani e i negoziati in corso a Ginevra, Consiglio ONU per i Diritti Umani, per un āTrattato vincolante per le societĆ transnazionali ed altre imprese in tema di diritti umaniā.
A livello europeo, Mani Tese ĆØ infine membro attivo di due importanti network, accreditati presso la Commissione e il Parlamento Europeo: lāEuropean Coalition for Corporate Justice (ECCJ) e la Copenhagen Initiative for Central America and Mexico (CIFCA). ECCJ si batte sin dalla sua fondazione, avvenuta nel 2006, per rendere le imprese legalmente responsabili delle proprie filiere di produzione e fornitura globali e per dare accesso ai tribunali europei alle vittime di abusi commessi da imprese europee in paesi terzi. CIFCA ha come focus il monitoraggio degli accordi politici e commerciali tra lāUnione Europea e lāAmerica Latina e del loro impatto in termini di giustizia sociale e ambientale.
Se lāobiettivo di una filiera della canna da zucchero sostenibile e rispettosa dei diritti ĆØ indubbiamente ambizioso, rimane pur sempre un obiettivo raggiungibile attraverso strategie e azioni che sappiano attivare i singoli cittadini, la societĆ civile organizzata, le istituzioni e gli operatori di impresa più sensibili, e riescano a convogliare sforzi e sguardi nella direzione di un sistema economico e produttivo più equo e, in ultima istanza, un mondo più giusto.