Chi ha paura dell’economia?
Il sistema scolastico “ignora” l’educazione economica, eppure si tratta di un tema centrale per affermare diritti e scelte etiche. Con il portale educativo “Jacky può”, Mani Tese propone, soprattutto ai più giovani, un modo per imparare l’economia scardinando i luoghi comuni.
IL SISTEMA SCOLASTICO “IGNORA” L’EDUCAZIONE ECONOMICA, EPPURE SI TRATTA DI UN TEMA CENTRALE PER AFFERMARE DIRITTI E SCELTE ETICHE.CON IL PORTALE EDUCATIVO “JACKY PUÒ”, MANI TESE PROPONE, SOPRATTUTTO AI PIÙ GIOVANI, UN MODO PER IMPARARE L’ECONOMIA SCARDINANDO I LUOGHI COMUNI.
Cosa sai di economia? Sembra una domanda innocua, invece provoca reazioni interessanti nei ragazzi. C’è chi fa spallucce, chi dice “soldi”, chi prova a lanciarsi in improbabili definizioni. Molti rispondono “niente”, ma non è vero. Tutti ne abbiamo esperienza, ne usiamo i principi base per vivere, ne subiamo gli effetti negativi nei momenti di crisi o di instabilità. Eppure, nonostante l’economia sia al centro della vita quotidiana di ciascuno di noi, il sistema scolastico non l’ha mai recepita come un insegnamento organico. Per questo Mani Tese ha lanciato un portale educativo dedicato ai ragazzi “per diventare cittadini e cittadine senza paura dell’economia”. Si chiama “Jacky può” e si rivolge alle ragazze e ai ragazzi tra i 14 e i 99 anni, con un percorso interattivo, divertente e che fa riflettere, fruibile da smartphone e tablet. Per diventare cittadini, senza paura dell’economia.
Il dovere di spendere
D’altronde, come cittadini siamo costantemente soggetti al condizionamento che i meccanismi economici e finanziari esercitano nella vita reale, tanto che spendere è diventato una sorta di dovere di cittadinanza a cui siamo costantemente chiamati, se vogliamo che l’economia continui a “girare” e che venga quindi mantenuto il rapporto tra crescita, lavoro e benessere. Ciononostante la scuola secondaria non sembra ritenere l’economia tra i fondamentali dell’insegnamento. Nei licei italiani se ne trova pochissima, mentre negli istituti tecnici la si affronta senza dare conto delle sue implicazioni politiche e sociali. I risultati? Gli studenti nella fascia 14-19 anni sono a rischio di analfabetismo economico, e l’apprendimento delle conoscenze di base avviene (se avviene) fuori dalla scuola, nei contesti educativi informali. Secondo l’ultima indagine PISA sull’alfabetizzazione finanziaria, in Italia il 20% degli studenti non riesce a raggiungere il livello minimo di riferimento per le competenze finanziarie, nonostante oltre il 35% dei quindicenni sia titolare di un conto corrente. La questione non va affrontata, come molti credono, sul piano esclusivo delle conoscenze, ma su quello delle competenze necessarie alla formazione di cittadini informati e consapevoli. Non a caso il Ministero dell’Istruzione ha inserito la cittadinanza economica tra le aree “finalizzate all’innalzamento delle competenze trasversali di cittadinanza globale”. Una buona definizione di cittadinanza economica è contenuta in un disegno di legge presentato in Senato il 23 gennaio 2018 che la definisce come: “Un insieme di capacità e competenze che permetta al cittadino di divenire agente economico rispettoso delle regole del vivere civile e consapevole, grazie allo sviluppo dei processi cognitivi e degli aspetti emotivi e psicologici che influiscono sulle scelte economiche, al fine di contribuire al benessere economico individuale e al benessere sociale”.
Cittadinanza competente
Un’educazione trasversale, quindi, che non è fatta solo di numeri e grafici ma anche di una seria riflessione su ciò che influisce sulle scelte economiche e sui loro risvolti politici e sociali. Una competenza di cittadinanza decisiva, che però a scuola non si impara, se non in ambito universitario. Il problema si fa ancora più serio quando ci accorgiamo che sia le università che le fonti di apprendimento non scolastiche offrono in maniera pressoché univoca lo stesso punto di vista, contribuendo attraverso l’uso del linguaggio economico a disegnare una cornice mentale che modella la società e a convincerci che può esistere un solo tipo di economia, quella che funziona con le regole attuali. Le parole chiave dell’economia neoliberista condizionano le politiche, invadono i mezzi d’informazione, lanciano allarmi e danno consigli per gli acquisti. Il bersaglio di questo bombardamento siamo noi, o meglio la rappresentazione che i modelli economici danno dell’essere umano: individualista, calcolatore, orientato alla massimizzazione del profitto.
A lezione da Jacky Può
Siamo davvero così? Non è detto, ma il problema è che più ci viene ripetuto che siamo fatti come questo modello, più tendiamo ad assomigliargli. Come scrive Kate Raworth, economista di fama mondiale: “L’uomo economico razionale è il protagonista di ogni libro di testo di economia mainstream; condiziona le politiche decisionali di tutto il mondo; modella il modo in cui parliamo di noi; e, senza fare rumore, ci dice come dobbiamo comportarci”. Secondo la Raworth, viviamo una situazione in cui come cittadini siamo condizionati da meccanismi economici che conosciamo in modo superficiale e che rispondono a un unico disegno, ripetuto e insegnato in modo pressoché identico nelle facoltà di economia di tutto il mondo, alla cui base c’è l’immagine dell’homo oeconomicus, definito come “razionale”, nel senso che persegue come obiettivo la massimizzazione del proprio benessere (definita da una funzione matematica detta funzione di utilità). Ma è ancora razionale essere individualisti nel 2020, nell’era dei cambiamenti climatici, della crescita esponenziale delle città, della sfida di nutrire una popolazione che raggiungerà i 10 miliardi di persone nel 2050? Il percorso didattico Jacky Può – diventare cittadini senza paura dell’economia prova a rispondere a questa domanda, proponendo una chiave di lettura per scardinare gli assunti del business as usual come modello che influenza il nostro modo di essere cittadini e di immaginare un futuro prospero e sostenibile per il pianeta. L’obiettivo generale del percorso è fornire al sistema scolastico strumenti e metodi per educare a una cittadinanza economica, ricostruendo una nuova idea di homo oeconomicus contemporaneo che mette al centro il benessere, le relazioni, l’equilibrio dinamico con gli altri esseri umani e con l’ecosistema. Altrimenti, a vincere, sarà la paura. Di quello che non capiamo, di ciò che è diverso da noi, delle cose troppo difficili. E invece di giovani capaci di futuro ci ritroveremo sempre più spaventati e frustrati, incapaci di formulare un’opinione superiore ai 160 caratteri e quindi più probabilmente vittime di decisioni prese da altri. Se sommiamo incapacità di comprensione dei problemi, superficialità e paura, il risultato può essere uno solo: meno democrazia.
Articolo pubblicato sul numero di Dicembre 2019 del Giornale di Mani Tese.