Il Burkina Faso è un Paese dove le difficoltà climatiche del Sahel si concentrano e si evidenziano.
Qui, in generale, il clima è caratterizzato da due grandi macro stagioni e vede una stagione secca sempre più pronunciata e una stagione umida caratterizzata da fenomeni pluviometrici sempre più concentrati.
Quando finisce la stagione umida, la possibilità di coltivare un terreno è subordinata alla presenza di ritenute d’acqua, che sempre più rapidamente si prosciugano. Questa situazione climatica ha come conseguenza, oltre all’avanzata del deserto favorita anche dal disboscamento, una tendenza ormai evidente all’impoverimento delle falde acquifere superficiali sulla quale sono costruiti la stragrande maggioranza dei pozzi tradizionali nei villaggi.
Oggi molti di questi pozzi si prosciugano appena dopo pochi mesi la fine della stagione delle piogge non riuscendo a soddisfare i bisogni di irrigazione dei campi e spesso neanche quelli primari delle famiglie.
Chiunque abbia la possibilità di avere un piccolo fazzoletto di terra, per prima cosa scava un pozzo artigianale di piccolo diametro cercando disperatamente acqua. Questi pozzi però, oltre al fatto di non essere il più delle volte permanenti, espongono chi li scava – che lo fa spesso con minimi mezzi e senza alcuna sicurezza, calandosi in buchi di 80 cm di diametro anche per 10 metri con un alto rischio di crollo – a grande rischio. Inoltre quasi mai questi pozzi sono protetti da un muretto, anche minimo, con un rischio di caduta da parte dei bambini molto alto, ancor di più dopo che i pozzi vengono abbandonati perché prosciugati, dunque lasciati incustoditi.
Anche la capitale Ouagadougou segue in modo abbastanza analogo questa dinamica. Ce ne siamo resi conto lavorando al progetto Nutrire la città: Agricoltura urbana e promozione del cibo sano e locale per lo sviluppo di un sistema agroalimentare sostenibile e inclusivo,finanziato dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo AICS. Il progetto è coordinato dal consorzio delle ONG italiane: Fondazione ACRA (Capofila) e Mani Tese Onlus e in collaborazione con altre organizzazioni italiane (Gnucoop Soc Coop, ITAL Watinoma, Etifor Società Benefit ) nonché da strutture e organizzazioni locali (Comune di Ouagadougou, Associazione Watinoma e Impresa sociale Ké de burkinabé). nell’ambito del quale ci siamo accorti che i tre perimetri di terra 15 Ha tot, oggetto di riabilitazione sono letteralmente disseminati di buchi alla ricerca dell’acqua, che rimangono vuoti, prosciugati dal clima e dallo sfruttamento. Inoltre, questi pozzi sono spesso usati dai bambini e dalle famiglie per dissetarsi nonostante in città il rischio che le acque di superficie siano contaminate è ancora maggiore.
Tutto il ciclo dell’agricoltura è condizionato dalla presenza dell’acqua, da cui quindi dipende anche la sicurezza alimentare della regione. Di conseguenza per Mani Tese uno degli aspetti fondamentali nel lavoro di promozione delle attività agricole è proprio la creazione di infrastrutture adattate al territorio che permettano l’approvvigionamento idrico anche nella stagione secca in modo duraturo.
Per la “Cintura Verde”, una fascia di vegetazione lunga 21 km e che supera i 2000 ettari, sulla base di scambi avuti coni beneficiari, osservazioni di terreno e dello studio Qualité et vulnérabilité des ressources en eau souterraine du centre urbain de Ouagadougou au Burkina Faso (2008), Mani Tese ha sviluppato un sistema idrico basato su 15 pozzi di profondità funzionanti con energia solare, che alimenteranno i 15 Ha di terreni. Ogni pozzo sarà corredato da 4 bacini di irrigazione e da un sistema di canalizzazione sotterranea e rubinetti installati in punti strategici dei perimetri per facilitare le operazioni di irrigazione.
Gli agricoltori beneficiari del progetto saranno inoltre formati sulla gestione dell’acqua al fine di minimizzare gli sprechi e ottimizzare l’irrigazione.
Questi lavori permetteranno di estendere la stagione agricola al di là della stagionalità dando quindi a 750 produttori l’opportunità di coltivare perennemente 15 ettari di cintura verde, contribuendo al recupero di terre che erano da diversi anni in stato di abbandono.