Gli Accordi di Parigi del 2015 furono salutati come una svolta storica. Gli Stati, riuniti nella Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), si impegnarono a contenere l’aumento della temperatura media globale sotto i 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e a fare di tutto per di limitare tale incremento a 1,5 °C, poiché questo avrebbe ridotto sostanzialmente i rischi e gli effetti dei cambiamenti climatici. Sei anni dopo, gli impegni concreti annunciati da quegli stessi Stati sono ampiamente insoddisfacenti.
L’opinione pubblica è scossa dalle calamità naturali che ormai battono duro ad ogni latitudine ma, anche a causa di decenni di informazione negazionista e di greenwashing da parte delle imprese multinazionali energetiche, fatica a comprendere fino in fondo le connessioni con la crisi climatica e le conseguenze dell’inazione dei governi.
Mani Tese è parte di una rete nazionale e internazionale che promuove la Giustizia Climatica, un cambiamento economico e sociale volto a fermare le cause ed invertire gli effetti del riscaldamento globale, ridistribuendo in modo equo i rischi e ridando un ruolo forte al settore pubblico e alla partecipazione della società civile e dei movimenti ambientalisti.
Un impegno di giustizia che conferisce alla crisi climatica una dimensione etica e politica e che esige di considerare che coloro che subiscono le conseguenze più gravi del cambiamento climatico sono coloro che hanno contribuito in misura minore a crearlo.
Sulla scorta di questo principio, siamo impegnati a chiedere con ogni mezzo, pacifico e non violento
- a livello internazionale che i principali Stati emettitori, a partire da quelli che storicamente hanno più inquinato:
- si dotino, senza ulteriori ritardi, di piani vincolanti e monitorabili per mantenere l’innalzamento delle temperature sotto 1,5°;
- finanzino, senza ulteriori ritardi, il Fondo Verde per il Clima (100 miliardi all’anno) per aiutare i paesi in via di sviluppo a ridurre le loro emissioni e ad adattarsi al cambiamento climatico;
- a livello italiano che la ripartenza post-Covid sia improntata a:
- investire veramente nella transizione ecologica, puntando su energia rinnovabile diffusa, mobilità sostenibile, efficientamento energetico degli edifici;
- vincolare i sussidi pubblici alle imprese alla loro riconversione ecologica e istituire un programma di monitoraggio che preveda tempi certi e indicatori chiari;
- tutelare i lavoratori e le lavoratrici che rischiano di perdere il loro posto nel corso della transizione ecologica,
- attraverso ammortizzatori sociali universali,
- formazione permanente e riqualificazione professionale;
- ripensare il sistema agroalimentare, sostituendo il modello industriale basato su chimica, petrolio e monoculture con il modello agroecologico basato sulla circolarità della produzione, la tutela dell’agrobiodiversità e la dignità delle persone che producono, trasformano e distribuiscono il cibo;
- garantire a tutte e a tutti il diritto di vivere in ambienti salubri, liberi da fonti inquinanti di qualsiasi natura, e mettere in sicurezza dell’intero territorio nazionale, contrastando il dissesto idrogeologico, l’abuso edilizio, il consumo di suolo e la deforestazione.