L’ultimo rapporto Global Gender Gap pubblicato dal World Economic Forum evidenzia un triste dato statistico: il divario di genere globale nel 2023 era del 68,4%, nel 2024 68,5%, una crescita a un ritmo glaciale che non fa ben sperare circa il raggiungimento degli obiettivi fissati per il 2030, sebbene esistano esempi decisamente positivi, come l’Islanda, che, con i suoi 396 187 abitanti, ottiene un fantastico primato con il 93,5%. Dobbiamo, per contro, constatare un’Italia ancora sottotono, 69,2%, nonostante abbia registrato uno dei progressi più significativi dal 2010, con un aumento di 15,9 punti percentuali. Rispetto all’educazione e formazione, solo un terzo sceglie materie scientifiche: il rapporto fra specialisti ICT è 1 donna su 6. E le donne guadagnano quasi il 20% in meno degli uomini. Ci vorranno 134 anni per raggiungere la piena parità, sottolinea il rapporto del World Economic Forum.
Le diseguaglianze di genere in India
Espandendo lo sguardo oltre i confini europei e concentrandosi su uno dei Paesi che ha registrato una notevole crescita economica negli ultimi anni, ma che allo stesso tempo affronta crescenti disuguaglianze sociali, emerge un quadro complesso. L’India, infatti, si posiziona al 129° posto su 146 Paesi nel Global Gender Gap Index, e, nonostante alcuni progressi apparenti in alcuni settori, la disuguaglianza di genere rimane una questione centrale. Il Global Gender Gap Index, è una misura sintetica che raccoglie informazioni da quattro aree principali: partecipazione economica e opportunità, livello di istruzione, salute e sopravvivenza, e empowerment politico. Ogni area è composta da più indicatori specifici. Il punteggio dell’indice va da 0 a 1, dove 1 rappresenta la parità totale tra i generi. Tuttavia, è importante sottolineare che questo indice si concentra sulle differenze di genere, mettendo in evidenza la posizione relativa delle donne rispetto agli uomini, piuttosto che una valutazione assoluta delle loro condizioni.
In India, quasi il 90% della forza lavoro è impiegata nel settore informale, dove le donne, in particolare, si trovano a fronteggiare enormi difficoltà. Questa situazione è alimentata da un profondo squilibrio nelle relazioni di potere che caratterizzano il mondo del lavoro. L’asimmetria di potere tra datori di lavoro e lavoratrici ha un impatto diretto sull’accesso delle donne a condizioni di lavoro dignitose e sulla loro capacità di mantenerle, creando una barriera invisibile ma solida che ostacola ogni tipo di progressione sociale ed economica. Le donne nel settore informale sono, infatti, tra le più vulnerabili: spesso non hanno accesso a contratti ufficiali, diritti lavorativi garantiti o protezioni legali. Non solo sono escluse dai benefici delle politiche di welfare, ma sono anche privi di potere contrattuale, il che le espone a forme di sfruttamento quotidiano, abuso e discriminazione. Questo scenario perpetua un ciclo di povertà, disuguaglianza e marginalizzazione che, con il passare del tempo, diventa sempre più difficile da interrompere. Il mondo del tessile, ad esempio, tanto esplorato in più circostanze da Mani Tese, storicamente, ha visto un’alta partecipazione femminile, e sebbene in contesti diversi, continuano a essere le principali protagoniste di un mercato profondamente segnato da dinamiche di sfruttamento e disuguaglianza.