AGENDA 2030: PRESENTATE LE LINEE GUIDA DELLA COMMISSIONE EUROPEA. DURE CRITICHE DALLE ONG
Ad una manciata di giorni dalla conclusione della COP 22 di Marrakech, il 22 novembre scorso, la Commissione Europea ha reso pubblico il suo documento di indirizzo per l’implementazione dell’Agenda 2030 sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs). Ci si aspettava una pianificazione certosina di misure operative e coerenti con i valori dell’Agenda. Ci si è […]
Ad una manciata di giorni dalla conclusione della COP 22 di Marrakech, il 22 novembre scorso, la Commissione Europea ha reso pubblico il suo documento di indirizzo per l’implementazione dell’Agenda 2030 sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs). Ci si aspettava una pianificazione certosina di misure operative e coerenti con i valori dell’Agenda. Ci si è ritrovati con un testo in cui prevale vaghezza e contraddittorietà tra SDGs e politiche, interne ed esterne, dell’Unione. Ad aggravare il giudizio, l’irragionevole esclusione della “società civile” dal processo di elaborazione del documento. Una scelta che non solo trascura l’articolo 11 dei Trattati sull’Unione Europea – che stabilisce l’obbligo per le istituzioni europee di consultarsi con associazioni e ONG al fine di garantire approcci aperti e partecipativi – ma che contravviene uno dei principi cardine dell’Agenda 2030, laddove richiama al doveroso impegno di coinvolgere la società civile nella sua implementazione.
A sottolinearlo è SDG Watch Europe, un network che riunisce più di 90 ONG – tra cui Mani Tese, rappresentata da Concord Italia – con il fine di assicurare la piena attuazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile da parte dell’Unione Europea. In una nota stampa diffusa il giorno successivo, SDG Watch Europe critica la comunicazione della Commissione in particolare su tre punti.
Il primo è quello delle così dette misure d’implementazione: “manca qualsiasi dettaglio nuovo o concreto su come un tale piano con obiettivi e scadenze potrà essere sviluppato o su come l’effettivo coordinamento tra Unione e Stati Membri potrà essere realizzato”, si legge nella nota. Allo stesso modo non vengono specificate le modalità che possano rendere operativi i “nuovi meccanismi multi-partenariali e i processi che devono coinvolgere società civile, settore privato, mondo accademico, sindacati e gli altri settori”.
Il secondo punto riguarda il nodo del settore privato, del ruolo che esso è chiamato a giocare e delle responsabilità che è chiamato ad assumere nell’implementazione dell’Agenda 2030. In particolare, “la comunicazione non dice nulla dell’eventualità che la Commissione Europea supporti lo sviluppo di un quadro di riferimento internazionale e vincolante per la responsabilità aziendale, per garantire che gli agenti del settore privato (in particolare le multinazionali) aderiscano e determinati standard di rispetto dell’ambiente e dei diritti umani”. Parimenti, manca “una chiara attribuzione di priorità a modelli economici che mettono al centro le persone e il rispetto per l’ambiente, come le cooperative o il commercio equo e solidale”.
Vi è infine un terzo ordine di questioni che la comunicazione solleva e che, giocoforza, si inserisce nel contesto delle politiche vigenti in Europa le quali appaiono in larga misura sganciate dagli obiettivi prefissati nell’Agenda. La “Lista delle Dieci Priorità” indicata dal presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, il rafforzamento della linea dell’Austerity, l’imporsi di una tendenza generalizzata al respingimento dei migranti e richiedenti asilo, sono tutte misure che disegnano un quadro di forte incompatibilità tra Obiettivi di Sviluppo Sostenibile e politiche comunitarie. La chiusura programmatica delle frontiere appare un meccanismo funzionale a quel “piano d’investimento esterno” preannunciato dalla Commissione e che sembra quasi alimentare una logica neocolonialista. Tant’è che quei fondi destinati allo sviluppo vengono adesso dirottati così da supportare le aziende europee nella pianificazione di investimenti in quegli stessi Paesi, come l’Africa, da cui ha origine l’afflusso migratorio.
Come SDG Watch Europe pensiamo che sarà impossibile implementare il progetto dell’Agenda 2030 senza cambiare i paradigmi di riferimento delle politiche attuali dell’UE e dei suoi membri, rendendoli coerenti con i valori fondativi degli Obiettivi di sviluppo sostenibile: solidarietà, rispetto dei diritti umani, transizione verso le fonti rinnovabili, impegno a “non lasciare nessuno indietro”.