IL CENTRO PER LE DONNE VITTIME DI VIOLENZA IN GUINEA-BISSAU: INTERVISTA AD AMIC

Intervista a Fernando Cá del centro di accoglienza per vittime di violenza e matrimoni forzati/precoci di cui Mani Tese sosterrà la riapertura.

La nostra intervista a Fernando Cá, amministratore del centro di accoglienza in Guinea-Bissau per vittime di violenza e matrimoni forzati/precoci di AMIC – Amigos da Criança, di cui Mani Tese sosterrà la riapertura, che avverrà nel mese di marzo in occasione della Giornata Internazionale della Donna, nell’ambito del progetto “Libere dalla violenza – emancipazione e diritti per ragazze e donne in Guinea Bissau”, cofinanziato dall’Unione Europea.

Com’è nato il centro di accoglienza?

Fernando Cá: “Nel 2012 AMIC ha aperto un centro di accoglienza per vittime di matrimonio forzato e precoce, perché all’epoca non esisteva un riferimento per le vittime di violenza di genere. Prima io e i miei colleghi, infatti, ospitavamo queste donne nelle nostre case, dove rimanevano per qualche tempo mentre tentavamo di trovare un modo per reintegrarle.
La casa in realtà era in costruzione dal 2009, con il sostegno dell’ambasciata americana. Nel 2012 ha iniziato a operare con un partenariato con la Chiesa Evangelica che già ospitava ragazze in una struttura affittata a Bissau. Di queste, alcune sono poi state trasferite qui da noi nel centro. Da quel momento abbiamo iniziato a lavorare insieme per la difesa e la promozione dei diritti delle bambine e ragazze.

I nostri strumenti in termini di supporto legale si basano sulle leggi nazionali e sulle convenzioni degli accordi di protezione internazionale firmati dal nostro Paese”.

Perché il centro ha dovuto chiudere?

“C’è stato un tempo, nel 2017, in cui il centro ha ospitato circa 80 vittime di tentativo di matrimonio forzato e precoce. Il funzionamento, a causa della mancanza di fondi, era diventato insostenibile.
Abbiamo dovuto cambiare la nostra filosofia e trasferire le ragazze in un altro centro. Ora stiamo riaprendo il nostro”.

Avete accolto anche donne vittime di violenza domestica?

“Esattamente. A volte queste donne arrivavano da noi con i bambini sulle spalle…Noi le abbiamo accolte perché questo è un centro per tutte le vittime, anche se la maggior parte erano ragazze. Abbiamo accolto donne di tutte l’età e abbiamo sempre cercato di risolvere il problema e, ove questo era possibile, di riportarle in famiglia”.

Quali sono le prospettive che AMIC desidera per il centro?

“Siamo partiti in una situazione molto difficile, ma ora con l’infrastruttura già completa, penso che continueremo a lavorare e ad associarci con altri partner anche perché è un lavoro di portata nazionale. Per una singola realtà è difficile sostenere tutte le spese, quindi vorrei fare un appello a chiunque voglia sostenere il centro e aiutarci a ridurre al minimo la sofferenza delle vittime perché sappiamo che quando non ricevono il sostegno adeguato queste donne si sentono ‘rivittimizzate’.

La nostra struttura può garantire loro rifugio, assistenza psicologica, sociale e legale in collaborazione con la polizia e il tribunale fino ad arrivare ad accertare la responsabilità dell’autore del crimine”.