NICARAGUA. SFATARE LE CREDENZE POPOLARI PER CURARE L’INSUFFICIENZA RENALE
Il nostro impegno nella prevenzione e cura dell’insufficienza renale cronica, una malattia frequente nei lavoratori della canna da zucchero
In Nicaragua siamo impegnati in un progetto per prevenire e curare l’insufficienza renale cronica, una grave malattia altamente invalidante, frequente nei lavoratori della canna da zucchero (per approfondire, leggi il nostro dossier sulle condizioni di lavoro in questa filiera).
Lo staff di progetto è al momento impegnato nella redazione di due manuali destinati a chi è già malato e alle persone a rischio, per informare sulla cura e sulla prevenzione della malattia.
Una delle testimonianze raccolte sul campo, che sarà inclusa nel manuale, è quella del signor Porfirio. Affetto da insufficienza renale cronica, Porfirio ha superato le credenze popolari secondo cui la dialisi peritoneale farebbe sì che i pazienti della malattia muoiano più velocemente, e si è sottoposto al trattamento per 12 anni riuscendo a vivere una vita abbastanza serena.
Ecco il suo racconto:
“Il dottore disse a mio figlio maggiore e a mia moglie e che sarei potuto sopravvivere solo iniziando la dialisi peritoneale, ma la mia famiglia ha avuto paura e così firmarono perché non lo facessi. Quando il dottore mi dimise, gli chiesi perché mi mandavano a casa se non stavo bene, e lui mi spiegò la situazione.
Pensai a mia figlia che aveva solo 9 anni e che avrei voluto vedere crescere.
Non ero ancora pronto a morire: volevo continuare a vivere. Così mi armai di buona volontà e chiesi al dottore di farmi la dialisi, visto che il malato ero io ed ero l’unico che doveva decidere della propria salute.
Il dottore rispettò la mia decisione e mi sottopose al trattamento.
Sono passati già 12 anni in cui, giorno per giorno, lotto con questa malattia. Mia figlia ora ha 20 anni e sta finendo il quarto anno di università in scienze naturali.
È stato difficile per me e per la mia famiglia, ma ho preso la decisione migliore. Il modo migliore per continuare a vivere è seguire le indicazioni dei dottori.”
(Nella foto, un momento di lavoro dello staff di progetto)